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Articolo 741 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 28/02/2023]

Collazione di assegnazioni varie

Dispositivo dell'art. 741 Codice Civile

È soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio(1), per avviarli all'esercizio di una attività produttiva o professionale(2), per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita(3) [1919, 1923 c.c.] a loro favore o per pagare i loro debiti.

Note

(1) Sono tali quelle che eccedono notevolmente la misura ordinaria, anche in considerazione delle condizioni economiche del donante. Tali spese sono soggette a collazione in base al loro valore nominale, oltre agli interessi di legge dall'apertura della successione.
(2) Deve trattarsi di spese, diverse da quelle di educazione e mantenimento, che eccedono notevolmente la misura ordinaria, anche in considerazione delle condizioni economiche del donante.
(3) Tali donazioni sono considerate indirette ed assumono la forma del contratto a favore di terzo.
Se il defunto mette a disposizione delle somme affinchè l'erede paghi il premio assicurativo la donazione è, invece, diretta.
Tale previsione si ritiene estendibile per via analogica al coniuge.

Ratio Legis

La collazione opera anche in relazione alle donazioni effettuate dal donante per far fronte ad esigenze particolari del donatario, in quanto queste sembrano costituire un'anticipazione di eredità.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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Consulenze legali
relative all'articolo 741 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. P. chiede
venerdė 25/02/2022 - Sardegna
“Mia moglie ha assistito e curato l'anziana madre per 13 anni e fino al decesso a 96 anni, giorno e notte per 365 gg /anno e per sdebitarsi la de cuius ha stipulato nel 2009 una assicurazione sulla sua vita beneficiaria mia moglie, che ha incassato alla fine dello scorso anno. Ora i coeredi che hanno chiesto gli estratti conto hanno trovato la movimentazione e rivendicano l'importo del premio da apportare alla massa. Come deve comportarsi mia moglie per difendersi da questa rivendicazione? In alternativa può chiedere le venga riconosciuto il lavoro svolto per 13 anni? Tutti gli altri figli si sono scaricati del problema e addirittura un'altra figlia che con lei conviveva da venti anni , gratuitamente nell'abitazione della de cuius, la ha abbandonata andando a vivere lontano.
Grazie anticipatamente.”
Consulenza legale i 03/03/2022
Dall’esposizione dei fatti che viene fatta nel quesito, si ritiene che il modo migliore per contrastare le pretese dei coeredi sia quello di portare avanti la tesi della c.d. liberalità d’uso.
Si tratta di una particolare forma di liberalità, che trova il suo fondamento normativo nel secondo comma dell’art. 770 del c.c., rubricato “Donazione rimuneratoria”, e che si viene a configurare tutte le volte in cui il genitore, in considerazione dei servizi resi dal figlio, attenendosi ai costumi sociali in uso, abbia fatto un dono al suo discendente.

Presupposto essenziale della liberalità d’uso è che la stessa sia di modico valore e comunque proporzionata al servizio ricevuto, dovendosi altrimenti configurare una donazione rimuneratoria, assoggettabile come tale a collazione.
Infatti, la differenza tra liberalità d’uso e donazione rimuneratoria (prevista dal primo comma dell’art. 770 c.c.), consiste nella circostanza che in quest’ultima il donante, al preciso fine di ringraziare il donatario, gli devolve qualcosa, senza però che il valore della donazione sia proporzionato o comunque correlato al servizio reso.

Pertanto, può dirsi che, se l'importo donato è proporzionale al servizio reso (ovvero se il figlio ha percepito quanto avrebbe percepito una badante per prestargli la medesima assistenza), si è di fronte ad una liberalità d'uso, non assoggettabile a collazione; se, invece, l'importo è sproporzionato al servizio reso, si configura una donazione rimuneratoria, che, a differenza delle liberalità d'uso, è assoggettabile a collazione.

Un altro aspetto rilevante di cui tener conto, qualora ci si decidesse a seguire la soluzione della liberalità d'uso, è che, non essendo questa forma di liberalità considerata dalla legge equiparabile alla donazione, non può neppure ritenersi soggetta al rispetto, sotto pena di nullità, della forma dell’atto pubblico, come invece imposto dall'art. 782 del c.c. nel caso di donazioni dirette di somme di denaro e che non siano di modico valore.

E’ bene precisare, tuttavia, che la costruzione giuridica che viene proposta può costituire soltanto un estremo rimedio per tentare di dissuadere gli altri eredi dal portare avanti una causa volta al recupero alla massa ereditaria dei premi assicurativi, e ciò perché, purtroppo, è la stessa legge, ed in particolare l’art. 741 c.c., a sancire la collazione di ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti “…per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore…”.
Anche la Corte di Cassazione ha già da molto tempo chiarito che le polizze sulla vita, nelle quali sia designato come beneficiario un soggetto terzo, non legato da vincolo di mantenimento, sono configurabili come “donazioni indirette” a favore dei beneficiari delle polizze stesse, in quanto il pagamento del premio costituisce il negozio mezzo (contratto di assicurazione) per conseguire gli effetti del negozio fine (donazione).

Va a questo proposito posto in evidenza quanto precisato dalla S.C. con sentenza n. 29853 depositata il 22/10/2021, e di cui si suggerisce di tener conto qualora dovesse insorgere una controversia giudiziaria con gli altri eredi.
Nelle polizze vita in genere può accadere che il capitale assicurato risulti di fatto inferiore ai premi nel tempo versati, che costituiscono l’oggetto del conferimento ex art. 2923, comma 2, c.c.
Ciò comporta, secondo la S.C., che l’obbligo di collazione, cioè del conferimento della donazione fatta dal defunto nei confronti di un legittimario per il calcolo della massa ereditaria, va assolto mediante conferimento della minor somma tra l’ammontare dei premi pagati e il capitale, non potendo la collazione avere per oggetto che il vantaggio conseguito dal discendente.

Purtroppo, è bene prendere coscienza del fatto che morale e diritto non sempre vanno di pari passo e che, per quanto possa essere eticamente biasimevole la condotta noncurante di un figlio che si disinteressa del proprio genitore, la circostanza che uno solo dei figli si sia occupato in via esclusiva del genitore anziano o malato, non incide sulle quote del patrimonio ereditario e non gli dà il diritto di pretendere una quota maggiore dello stesso.
Si tenga presente, infatti, che a carico dei figli grava l’obbligo di prestare gli alimenti in favore dei propri genitori (ex art. 433 n. 2 c.c.) e l’obbligo di prestare agli stessi assistenza; sotto quest’ultimo profilo costituisce perfino reato l’abbandono di una persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia o per vecchiaia, o per altra causa, della quale si debba avere cura (tale fattispecie di reato è punita, ex art. 591 comma 4 c.p., con la reclusione da 6 mesi a 5 anni e le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal figlio).

Pertanto, a meno che non conduca ad un buon esito la tesi della liberalità d'uso, è impensabile che si possa avere diritto ad una retribuzione per aver assolto ad obblighi imposti dalla stessa legge, con la conseguenza che se il genitore intende “ricompensare” il figlio che si è preso cura di lui, può farlo tramite testamento, con il quale disporre in suo esclusivo favore della quota disponibile del patrimonio ereditario.

Michele T. chiede
mercoledė 08/04/2020 - Veneto
“Mio padre è morto alla fine di febbraio 2020, era già vedovo e siamo due figli. Mio fratello a sua volta ha 3 figli.
Il patrimonio comprende beni mobili (arredamento), una automobile, 22900 euro sul conto corrente e 4 polizze vita, 3 identiche che presumiamo avere come beneficiari i tre nipoti e una della quale al momento non conosciamo i beneficiari ma sospetto, per i rapporti che avevamo, che sia intestata o ai nipoti o a mio fratello.
Ho ricevuto lo storico dei movimenti bancari.
Il notaio di fiducia di mio padre dice, a voce, che ha in custodia un testamento dove il de cuius lascia il contenuto dell'appartamento, nel quale viveva in affitto, ai nipoti con il vincolo che non vada venduto a rigattieri. Il testamento non è stato ancora pubblicato.
Vorrei sapere se, secondo voi, vi sono possibilità di applicare la collazione ai premi assicurativi a suo tempo versati dal defunto ex art. 741 cc (risultano effettuati tra il 2018 e il 2019) e se per fare questo eventualmente fosse necessario/indispensabile/utile la accettazione di eredità da parte di fratello e nipoti. grazie.”
Consulenza legale i 15/04/2020
Il richiamo che nel quesito viene correttamente fatto all’art. 741 c.c. deve essere anche coordinato con quanto disposto all’art. 1920 del c.c..
Quest’ultima norma, dopo aver attribuito piena validità giuridica all’assicurazione sulla vita contratta in favore di un terzo e dopo aver disposto che la designazione del beneficiario può anche costituire oggetto di una disposizione testamentaria, precisa all’ultimo comma che, per effetto della designazione, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione.

In conseguenza di tale disposizione, tutte le somme che a seguito del decesso dell’assicurato verranno corrisposte dall’assicurazione al beneficiario o ai beneficiari non rientrano nell’asse ereditario, non sono soggette ad imposta di successione e non vanno computate per determinare la quota degli eredi o per calcolare se vi sia stata o meno lesione di legittima.

Ciò, invece, non vale per l’ammontare dei premi pagati dallo stesso de cuius, i quali, proprio per effetto di quanto disposto all’art. 741 c.c., sono assoggettati a collazione e, quindi, si imputano nell’asse ereditario, al fine di poter correttamente determinare la quota di riserva e la quota di c.d. disponibile.

Per quanto concerne l’operatività dell’istituto giuridico della collazione, occorre fare riferimento a quanto disposto dall’art. 737 del c.c., rubricato “Soggetti tenuti alla collazione”, in cui si legge che sono tenuti a collazione, salvo che ne siano dispensati, i figli, i loro discendenti ed il coniuge del de cuius.
La stessa norma, però, dispone che essi sono tenuti a conferire ai coeredi, il che presuppone l’esistenza di una comunione ereditaria, la quale si realizza solo a seguito dell’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, da parte di coloro che sono obbligati alla collazione.

Quindi, rispondendo alla domanda posta, può dirsi che per far valere la collazione di ciò che il de cuius ha speso in premi assicurativi in favore del fratello e dei nipoti (figli del fratello), è indispensabile che gli stessi accettino l’eredità, poiché soltanto in tal modo potranno assumere la qualità di coeredi.
A seguito dell’insorgere della comunione ereditaria, quanto donato deve essere conferito indipendentemente da una specifica domanda in tal senso da parte dei condividenti (così di recente Cass. n. 8510/2018), incombendo eventualmente su coloro che sono tenuti a collazione e che intendono eccepire un fatto ostativo alla stessa, fornire la relativa prova nei confronti di tutti gli altri condividenti.

Si consideri che il diritto alla collazione verso un coerede si configura come un diritto di credito, in quanto tale soggetto a prescrizione estintiva decennale.

Infine, si ritiene opportuno fare un’ultima considerazione: qualora il de cuius avesse leso la quota di riserva di uno dei figli, colui il quale ha subito la lesione avrà, ovviamente, tutto il diritto, per reintegrare la sua quota, di chiedere la riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive, a prescindere dal fatto che gli eventuali beneficiari delle donazioni abbiano accettato o meno l’eredità.
Al fine di poter stabilire se vi è stata o meno lesione di legittima occorre determinare con esattezza la porzione disponibile, ossia quella parte di patrimonio di cui il defunto poteva liberamente disporre, ciò che va fatto seguendo il disposto dell’art. 556 del c.c., secondo cui occorre formare una massa di tutti i beni che appartengono al defunto al momento della morte, a cui vanno detratti i debiti e riuniti fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, tra cui rientreranno anche i premi assicurativi ex art. 809 del c.c..