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Articolo 742 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 03/08/2024]

Spese non soggette a collazione

Dispositivo dell'art. 742 Codice Civile

Non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione(1) [147] e quelle sostenute per malattia, né quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze [809].

Le spese per il corredo nuziale e quelle per l'istruzione artistica o professionale sono soggette a collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto(2).

Non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo comma dell'articolo 770(3).

Note

(1) Queste spese riguardano il diritto del minore a ricevere l'insegnamento necessario per una preparazione e una maturità adeguate alle sue inclinazioni. Al contrario, sono soggette a collazione le spese attinenti a corsi post-universitari o di perfezionamento.
(2) Le spese individuate dal comma 2 della norma in esame sono soggette a collazione solo se si presentano eccessive alla luce di un giudizio sulla normalità sociale della spesa, avuto riguardo anche alle condizioni economiche effettive del defunto.
(3) La norma si riferisce alle c.d. liberalità d'uso tra le quali possono ricomprendersi quelle per servizi resi [v. 770]. L'esclusione da collazione può essere giustificata per la trascurabile entità che normalmente caratterizza tale liberalità, nonché per il fatto che esse rispondono ad un costume sociale.

Ratio Legis

La norma si giustifica considerando che gli atti dispositivi in essa enumerati non sono dettati dall'intento di beneficiare qualcuno (animus donandi), bensì si presentano come dovuti in esecuzione di doveri familiari giuridicamente tutelati.

Spiegazione dell'art. 742 Codice Civile

La legge esclude dalla collazione:
a) le spese di mantenimento, educazione e malattie. Le due prime categorie erano già previste dall’articolo #1009# del vecchio codice del 1865, mentre l’ultima è, in sostanza, un'esplicazione della prima, dal momento che l’obbligo alimentare comprende i medicinali e le cure.
b) le spese ordinarie per abbigliamento e nozze. Sono ordinarie le spese che si suole fare e nella misura che è consueta; esse rientrano, in sostanza, nel mantenimento, concepito però in senso ampio: dunque la dottrina esclude, generalmente, dall’obbligo della collazione non soltanto il comune vestiario, ma anche gli oggetti, arredi ed indumenti occorrenti per talune cariche e funzioni civili, militari, ecclesiastiche, diplomatiche etc. sempre, beninteso, nei limiti dell’uso.
Il vecchio codice del 1865, articolo #1007#, dichiarava in ogni caso soggetto a collazione il corredo nuziale. La legge attuale lo esclude, salvo per la parte che ecceda notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto. Occorre, pertanto, proporzionare il corredo alle condizioni del de cuius in rapporto alle consuetudini sociali per vedere se vi sia eccesso notevole e quindi conferibile.
Lo stesso codice precedente, all’art. #1009#, escludeva le spese di istruzione. La norma in esame ha reso deteriore la condizione del discendente, dichiarando soggetto a collazione soltanto l’eccesso, commisurato nel modo appena descritto alle sostanze del de cuius ed alle consuetudini sociali.
L’art. #1009# escludeva i regali d’uso, cioè quelli soliti a farsi in certe occasioni (Natale, Pasqua, Compleanno, etc.). Il codice attuale ha fatto riferimento all’art. 770, il quale dichiara che non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi. La Commissione parlamentare aveva proposto di sostituire alla formula “in occasione di servizi” quella “a causa di servizi”; ma il Ministro respinse la proposta, osservando che essa avrebbe snaturato il concetto di liberalità d’uso ed avrebbe piuttosto richiamato il concetto di atto oneroso. Deve quindi trattarsi di quei doni, naturalmente modici, che si fanno a colui che rende un servizio o anche fuori di questa ipotesi, ma sempre in obbedienza ad una norma del costume, in cui l’animus donandi consiste, più che in un senso di benevolenza, in un atto di obbedienza ai mores.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

359 Alcuni rilievi sono stati formulati dalla Commissione delle Assemblee legislative sull'art. 281 del progetto, che considerava ai fini della collazione le spese di mantenimento e di educazione o sostenute per nozze o per malattia. E' stato proposto di sottrarre all'obbligo della collazione, qualsiasi caso, tanto la spesa per il corredo nuziale, quanto quelle per l'istruzione artistica e professionale. Mi è sembrata però più equa la soluzione accolta nel progetto definitivo, che ho mantenuta nell'art. 742 del c.c.. Se è vero infatti che, per morale e per legge, i genitori hanno l'obbligo di mantenere, educare e istruire i figli in proporzione delle loro sostanze e avuto riguardo alla loro condizione sociale, sembra ovvio che quanto si è speso per il corredo o per l'istruzione artistica o professionale costituisce adempimento di un obbligo solo se sia mantenuto nella misura corrispondente alle, condizioni economiche del genitore, mentre l'eccedenza rappresenta un vero e proprio atto di liberalità, che turba il rapporto di uguaglianza tra i figli. E' stato inoltre osservato che, secondo l'ultimo comma dell'art. 281 del progetto, non sono soggette a collazione le liberalità «fatte in occasione di servizi resi all'ascendente», ed è stato espresso il dubbio che potrebbe essere sufficiente un servizio di lieve entità per giustificare liberalità anche ingenti. Pertanto la Commissione ha ritenuto preferibile usare la formula «donazioni fatte a causa di servizi resi all'ascendente» come quella che richiederebbe l'esistenza di una certa proporzione fra il servizio reso e la donazione. Ho però considerato che le donazioni, di cui si parla la questo articolo, sono quelle indicate nel secondo comma dell'art. 770 del c.c., e ho ritenuto necessario rendere più evidente il coordinamento fra i due articoli, stabilendo nell'ultimo comma dell'art. 742 che non sono soggette a collazione le liberalità previste nel secondo comma dell'art. 770, e cioè le liberalità fatte in occasione di servizi e i donativi di uso. Con questo generico richiamo al secondo comma dell'articolo 770, ho potuto anche sopprimere nel primo comma dell'art. 742 la menzione dei donativi di uso, che sarebbe stata altrimenti riprodotta due volte nella stessa disposizione.

Massime relative all'art. 742 Codice Civile

Cass. civ. n. 27259/2017

In tema di successione necessaria, la quota spettante al legittimario rinunciante non si accresce a favore degli altri legittimari accettanti, dovendo l'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria essere effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o per prescrizione, dell'azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari.

Cass. civ. n. 1/1997

La norma di cui all'art. 742 c.c. che dispensa dalla collazione le liberalitą e le spese in essa previste non pone un principio inderogabile che non possa essere superato dalla volontą contraria del testatore, dovendosi riconoscere a questi la facoltą di imporre la collazione anche nei casi previsti dalla norma cit., quale strumento per incidere sulla misura dell'attribuzione patrimoniale a favore dell'erede. La suddetta facoltą incontra il solo limite posto dall'ordinamento, con gli articoli 536 e segg. c.c., alla libertą del de cujus di disporre dei propri beni dopo la sua morte, a tutela dei diritti dei congiunti pił stretti. (Nella specie trattavasi di clausola testamentaria prescrivente la collazione di ordinarie spese nuziali, ritenuta valida dai giudici di merito, con sentenza confermata dalla S.C.).

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Chiara D. B. chiede
martedģ 25/02/2020 - Veneto
“Un pianoforte può essere considerato un acquisto per motivi di studio per chi segue studi musicali principali di pianoforte presso il Conservatorio e poi ha intrapreso una carriera musicale anche se non pianistica, al fine di non considerarlo una donazione del de cuius ad un erede??
Grazie

Consulenza legale i 02/03/2020
Due sono le norme del codice civile che occorre prendere in esame, e precisamente gli artt. 741 e 742 c.c.
L’art. 741 del c.c. dispone che sono oggetto di collazione, e dunque vanno considerate come vere e proprie donazioni, le c.d. donazioni di sistemazione (siano esse dirette o indirette, a seconda che sia versato o meno al discendente direttamente il denaro), nella misura in cui eccedono il normale obbligo di mantenere ed istruire la prole.

Il successivo art. 742 c.c., invece, elenca una serie di previsioni, relative a spese sostenute dal defunto, non soggette a collazione.
Tra queste, il secondo comma vi comprende le spese che il de cuius ha affrontato per l’istruzione artistica o professionale, precisando che le stesse sono soggette a collazione (e, quindi, vanno considerate come vere e proprie donazioni, di cui tenere conto ai fini del calcolo della quota di riserva) solo se eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto.

Come può chiaramente evincersi dalla lettura di quest’ultima norma, la loro configurazione non ha dei confini del tutto nitidi, in quanto per riuscire a stabilire se si è in presenza o meno di una donazione, occorre tenere conto dell’uso, delle condizioni economiche del donante, dei rapporti tra le parti e della loro posizione sociale (così Cass. N. 6720/1988).
Il principio fondamentale su cui si deve ragionare è quello secondo cui la diminuzione del patrimonio del de cuius, conseguente a tali spese, non può comportare una proporzionale diminuzione delle quote di tutti i coeredi, dovendo essere imputata alla sola porzione di quello a cui favore l’erogazione fu compiuta.

Ora, nel caso di specie l’acquisto del pianoforte si ritiene che debba farsi rientrare più che nella previsione dell’art. 741 c.c., in quella di cui al secondo comma dell’art. 742 c.c., poichè trattasi di bene acquistato dal de cuius non tanto per avviare l’erede all’esercizio di una attività professionale, quanto piuttosto per la sua istruzione artistica o professionale.
Ciò risulta palese dal fatto stesso che di quel pianoforte l’erede si è avvalso per seguire gli studi musicali, avendo poi intrapreso una carriera musicale diversa da quella pianistica (quindi, non può di certo affermarsi che si tratti di bene acquistato per avviare l’erede all’esercizio della sua attività professionale).

Una volta individuato l’uso, occorre prendere in considerazione le condizioni economiche del donante e la sua posizione sociale.
Si tratta di elementi da porre in stretta correlazione tra loro, in quanto sulla scorta di essi non vanno considerate soggette a collazione quelle spese che sarebbero eccessive secondo un metro di normalità, ma che non sono tali tenuto conto delle condizioni economiche del defunto.
Così, non sono soggette a collazione spese che, pur gravosissime per una persona particolarmente indigente, non lo sono secondo un metro di normalità.

Con ciò vuol dirsi che, al fine di poter qualificare quella liberalità come non donativa, è necessario rapportare il valore del pianoforte alle condizioni economiche del de cuius.
Sembra evidente che, in casi come questi, l’interprete, ai fini dell’applicazione delle norme in tema di legittimari e di collazione, si trova dinanzi ad un perimetro della nozione dell’istituto della liberalità non donativa estremamente incerto e sfuocato.
Per tale ragione, occorre individuare un tracciato il più possibile preciso, nel quale l’operatore del diritto possa in un certo senso muoversi con una certa sicurezza argomentativa.

Degna di rilievo, a tal proposito, si ritiene la tesi secondo cui in tanto può esistere una liberalità donativa in quanto all’arricchimento del beneficiario si accompagni un impoverimento del disponente.
Tale tesi, del resto, trova fondamento, sul piano letterale, nella parte finale della norma che dà la definizione stessa di donazione contrattuale, ossia l’art. 769 del c.c., secondo cui per aversi donazione (ma anche liberalità diversa dalla donazione) occorre che, a fronte dell’arricchimento del beneficiario, vi sia in ogni caso un impoverimento da parte del disponente o assuntore dell’obbligazione.
Soltanto chi si è impoverito può sopportare le conseguenze di una azione di riduzione da parte di uno dei legittimari o la pretesa a titolo di collazione da parte di uno dei familiari coeredi.

Ma un ulteriore argomento normativo si può trarre anche dal D.lgs. 346/1990. c.d. Testo unico dell’imposta sulle successioni e donazioni, il cui art. 57 esclude espressamente dal campo di applicazione di tale imposta le donazioni di al quarto comma dell’art. 1 dello stesso decreto legislativo, il quale, a sua volta, fa espresso riferimento agli art. 742 e 783 c.c.
Come può notarsi, il legislatore ha voluto accomunare l’ipotesi di cui all’art. 742 c.c. a quella di cui al successivo art. 783 del c.c., relativa alle donazioni di modico valore, la quale ultima, almeno secondo l’orientamento prevalente, si sostanzia in una donazione manuale relativa a beni mobili.

Anche per quest’ultima forma di donazione si è posta la necessità di stabilire con esattezza quando si può parlare di “modicità” del bene donato.
In linea di principio è stata riconosciuta a tale concetto una rilevanza oggettiva, nel senso che il bene donato deve essere di ridotto valore economico.
La giurisprudenza, però, ha preferito dare maggiore risalto al criterio soggettivo, nel senso che l’oggetto della donazione ed il suo valore devono essere parametrati alla capacità economico-patrimoniale del donante.
Si è così sostenuto che, con riguardo ad un notevole patrimonio personale del donante, può fondatamente sostenersi che anche una donazione di denaro di entità non ridotta potrebbe essere sottratta alla disciplina del coacervo delle donazioni attraverso l’inserimento nel novero delle donazioni di modico valore.

Come può notarsi, si ritorna anche qui al concetto espresso in relazione all’art. 742 c.c., ossia: l’acquisto di quel piano da parte del de cuius per consentire alla figlia, per la quale è stato acquistato, di portare avanti i suoi studi da musicista, in tanto non configura una donazione soggetta a collazione in quanto non abbia di fatto comportato un impoverimento nei riguardi dello stesso de cuius, ciò che potrà stabilirsi solo parametrando il valore del bene acquistato alla situazione economico sociale ed al patrimonio complessivo del donante.