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Articolo 542 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Concorso di coniuge e figli

Dispositivo dell'art. 542 Codice Civile

(1)Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio(2), a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge(3).

Quando i figli(2) sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli(2), è effettuata in parti uguali [581].

[Si applica il terzo comma dell'articolo 537.](4)

Note

(1) Se al de cuius succede un figlio e il coniuge, a ciascuno di essi spetta 1/3 del patrimonio. Se i figli sono più d'uno ad essi spetta 1/2 del patrimonio (da dividere in quote uguali a seconda del numero dei figli) e al coniuge 1/3.
(2) Comma così modificato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Al coniuge spetta anche il diritto d'uso e abitazione di cui all'art. 540 c. 2 del c.c..
(4) Comma abrogato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Ratio Legis

Le norme che regolano la successione dei legittimari tutelano il coniuge, i figli e i genitori del de cuius, riservando loro una quota di patrimonio in relazione alla quale la volontà del testatore viene limitata. Si ritengono in tal modo correttamente bilanciate, da un lato, la tutela della famiglia (v. art. 29 Cost.), dall'altro, la liberta di ciascuno di disporre dei propri beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere (v. art. 587 del c.c.).

Brocardi

Facultas commutationis

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

265 Ho soppresso la disposizione la quale riduceva la quota di usufrutto spettante al coniuge che concorra con figli legittimi, nel caso di passaggio a nuove nozze. Questo disfavore per i nuovi matrimoni sarebbe stato invero contrastante con le direttive demografiche della politica fascista ed avrebbe avuto pericolose ripercussioni morali, col favorire la creazione di famiglie illegittime. Non ho accolto la proposta di aggiungere un articolo per stabilire che quando vi siano figli di un precedente matrimonio, la quota di usufrutto del coniuge del binubo non può essere superiore a quella spettante a ciascuno dei figli legittimi. Una disposizione siffatta avrebbe sostanzialmente ristretto la capacità di succedere del coniuge del binubo. Ora sarebbe strano che la quota di riserva attribuita al coniuge, in considerazione di tale sua qualità, dovesse essere limitata per il fatto che egli concorra con figli nati dal precedente matrimonio del defunto. La limitazione si giustifica per quanto attiene ai lasciti sulla disponibile, ma non per la quota di riserva, che è stabilita dalla legge.

Massime relative all'art. 542 Codice Civile

Cass. civ. n. 4008/2023

In tema di successione necessaria, la determinazione della quota riservata che spetta a ciascuno dei legittimari in concorso deve considerare, in presenza dei relativi presupposti, i diritti del coniuge sulla casa familiare ex art. 540, comma 2, c.c., in quanto gli stessi, acquistati a titolo di legato, sono sottratti dal "relictum" ereditario e non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari.

Secondo quanto dispone l'art. 540, comma 2, c.c. in tema di successione necessaria, qualora il valore dei diritti del coniuge sulla casa familiare superi la disponibile, ma l'eccedenza sia comunque contenuta nella legittima del coniuge, quest'ultimo, dopo avere prelevato tali diritti secondo la regola dei legati di specie, mantiene il diritto di avere in proprietà, nella qualità di legittimario, la parte della legittima non assorbita dai diritti sulla casa familiare. Pertanto, in caso di concorso del coniuge con più figli, la legittima complessiva del coniuge è pari alla metà dell'asse, comprensiva dei diritti sulla casa familiare, mentre l'altra metà spetta ai figli in parti uguali.

Cass. civ. n. 9651/2013

In tema di successione necessaria, i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, riservati al coniuge ai sensi dell'art. 540, secondo comma, cod. civ., si sommano alla quota spettante a questo in proprietà, e gravano in primo luogo sulla porzione disponibile, determinata, a norma dell'art. 556 cod. civ., considerando il valore del "relictum" (e del "donatum", se vi sia stato) comprensivo del valore capitale della casa familiare in piena proprietà, mentre, in caso di incapienza della disponibile, comportano la proporzionale riduzione della quota di riserva del medesimo coniuge, nonché, ove pure questa risulti insufficiente, delle quote riservate ai figli o agli altri legittimari. (Nella specie, alla luce dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, allo scopo di determinare la legittima riservata ai figli del "de cuius", aveva calcolato la consistenza dell'asse ereditario dopo aver preliminarmente detratto il valore dei diritti di abitazione e di uso spettanti al coniuge).

Cass. civ. n. 13429/2006

In tema di successione necessaria, l'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria va effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non di quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o per prescrizione, dell'azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari.

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Consulenze legali
relative all'articolo 542 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Federico M. chiede
sabato 02/05/2015 - Veneto
“Salve, mia madre proprietaria di due appartamenti (coniuge deceduto nel 1994) ha venduto la nuda proprietà a una figlia escludendo gli altri figli. Volevo chiedere se, in questo caso, spetta la legittima agli altri figli. grazie, distinti saluti”
Consulenza legale i 05/05/2015
Il figlio è sempre legittimario (art. 536 del c.c.), cioè ha diritto ad una quota di legittima del patrimonio del defunto, anche nel caso in cui il genitore non lo abbia contemplato tra gli erede (si parla di legittimario "pretermesso") o gli abbia lasciato meno di quanto gli spetta (legittimario "leso").

Nel caso di specie, la madre ha venduto la nuda proprietà dei suoi immobili ad uno dei figli. La vendita lede la quota legittima?
La risposta è negativa.

Il codice civile spiega che il legittimario, leso o pretermesso, può "aggredire" con l'azione di riduzione (artt. 553 ss. c.c.) alcuni trasferimenti di titolarità dal de cuius ad altri soggetti, tra i quali non rientra la vendita.
L'azione di riduzione può, quindi, avere ad oggetto:
1. le porzioni di eredità spettanti agli eredi legittimi che concorrano con i legittimari (es. il coniuge e i fratelli del de cuius), quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima (art. 553 del c.c.);
2. le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre (art. 554 del c.c.);
3. per ultime, le donazioni il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre (art. 555 del c.c.).

In parole povere, il legittimario può chiedere la riduzione di atti sostanzialmente di liberalità: la vendita, invece, prevedendo la corresponsione di un prezzo, si configura come operazione economicamente vantaggiosa per il venditore, che incamera una somma proporzionata al valore del bene venduto.

Naturalmente, la riduzione torna ad essere possibile contro l'atto di compravendita simulato, che dissimuli una donazione. Si tratta di casi frequenti, soprattutto tra familiari, in cui si procede formalmente a una vendita ma in realtà non viene pagato alcun prezzo.
In questo caso è diritto del legittimario leso o pretermesso agire in giudizio facendo valere la simulazione dell'atto di disposizione a titolo oneroso, dissimulante una donazione, ai sensi degli artt. 1414 e seguenti del codice civile. In particolare, la giurisprudenza ha stabilito che i legittimari assumono la qualità di terzi ex art. 1417 e che incombe sull'acquirente la prova dell'effettività del pagamento del prezzo della vendita di cui si intende provare la natura simulata (Cass. civ., sez. II, 12955/2014).

Si precisa che per calcolare la quota legittima si procede in questo modo (art. 556 del c.c.): va individuato il relictum, cioè i beni lasciati dal de cuius, va poi aggiunto il donatum (tutto ciò che è stato donato dal defunto direttamente o indirettamente), ed infine si sottraggono i debiti. In questo modo si determina sia la porzione disponibile che quella riservata ai legittimari, attraverso la c.d. riunione fittizia. L'aggettivo "fittizia" viene usato in quanto la riunione non determina un aumento del patrimonio ereditario, rivestendo solo un carattere contabile.

In conclusione, la nuda proprietà dei due immobili potrà essere calcolata nell'operazione di riunione fittizia solo se la vendita fu simulata (cioè non venne pagato il prezzo) e nascondeva in realtà una donazione. Se la vendita era vera, gli altri figli avranno diritto, alla morte della madre, al prezzo da questa ricevuto, ovviamente solo se questo è ancora esistente nel patrimonio della donna (che potrebbe nel frattempo averlo speso tutto, ad esempio per cure sanitarie).

MARCO S. chiede
lunedì 05/11/2012 - Sicilia

“Salve, mio suocero è deceduto il 13/6/2003 lasciando erede universale la moglie. Lasciò pure due figlie senza nulla in mano. Il 19/10 scorso è mancata mia moglie, dalla quale ho avuto due femminucce, di anni 20 e 17. Loro oggi reclamano il diritto di avere riconosciuta una fetta dell'asse ereditario per la mamma erede legittima e naturale. Cosa ci spetta? cosa possiamo fare per tutelarci da eventuali aggressioni patrimoniali nel caso in cui la nonna impazzisse e lasciasse a terzi? come ci dobbiamo muovere? Grazie.”

Consulenza legale i 09/11/2012

Nel caso proposto, i fatti giuridicamente rilevanti sono i seguenti:
- il 13 giugno 2003 decede il "nonno", che con testamento nomina erede universale la moglie, con ciò violando la quota legittima delle due figlie;
- una delle due figlie, che a sua volta ha dato due nipoti al de cuius, avrebbe potuto impugnare il testamento agendo in riduzione delle disposizioni testamentarie per ottenere quanto a lei dovuto (art. 553 del c.c. e ss.: in particolare, le sarebbe spettato un quarto dell'asse ereditario). Tuttavia, la stessa non agisce;
- il 19 ottobre 2012 la figlia decede senza aver esperito l'azione di riduzione.

Secondo l'opinione dominante, il legittimario pretermesso (nel caso, figlia del de cuius), diviene erede soltanto in caso di esito vittorioso dell'azione di riduzione. Pertanto, non potrebbe operare l'istituto della rappresentazione (art. 467 del c.c. e ss.), che presuppone la delazione - ossia una chiamata effettiva, per legge o per testamento - del rappresentato.

Tuttavia, l'azione di riduzione spetta, per legge anche agli eredi del legittimario: "La riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima non può essere domandata che dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa" (art. 557 del c.c., primo comma). Anche la giurisprudenza ritiene pacifica la questione: si è ribadito, infatti, che l'azione di riduzione può essere proposta anche dagli eredi del legittimario, "dal momento che il carattere personale dell'azione non incide sulla trasmissibilità del diritto ma esclusivamente sull'accertamento della lesione, che deve essere limitata alla quota di colui che agisce" (Cass., sez. II, 30 ottobre 2008 n. 26254).

Pertanto, le nipoti del de cuius, discendenti della defunta figlia di questi (legittimaria pretermessa) potranno esperire azione di riduzione delle disposizioni lesive della porzione di legittima spettante alla madre.

Quanto alla prescrizione dell'azione di riduzione, si precisa che il termine è quello ordinario (decennale) e che esso decorre, se la lesione deriva - come in questo caso - da disposizioni testamentarie, dal momento in cui la disposizione testamentaria lesiva della legittima sia stata accettata dal chiamato all'eredità (cioè dalla moglie del de cuius, la "nonna". V. Cass. civ., sez. un., 25 ottobre 2004 , n. 20644).


Gianni B. chiede
sabato 09/06/2012 - Veneto

“Nel '91 mio padre ci donò la nuda proprietà (4 fratelli); lui scomparve nel '97; mia madre vive nella casa coniugale da sola , chi ha il compito di pagare l'IMU ? GRAZIE”

Consulenza legale i 10/06/2012

In tutti i casi in cui il diritto di proprietà si divida in nuda proprietà e usufrutto tutte le imposte sono a carico del titolare dell'usufrutto, mentre per legge il nudo proprietario non ha alcun tipo di obbligo fiscale. Ai fini dell'IMU (Imposta Municipale Unica) l'immobile dovrà essere dichiarato interamente dall'usufruttuaria, che dovrà sopportare per intero il costo dell'imposta.


Nicola chiede
venerdì 11/05/2012 - Molise
“A seguito del decesso di una persona l'eredità viene divisa 1/3 alla moglie (in seconde nozze) e la restante parte tra i due figli del solo de cuius. Alla morte della moglie (con figlio avuto da altro matrimonio) come viene divisa la sua quota di 1/3? spetta tutto al figlio avuto dal primo matrimonio oppure una quota spetta anche ai figli (solo) del secondo marito?
Grazie”
Consulenza legale i 11/05/2012

Nel caso posto all'attenzione viene il rilievo l'art. 78 del c.c. che fornisce la definizione di affinità, intesa quale vincolo che lega un coniuge ed i parenti dell'altro coniuge.

L'affinità si può anche definire quale riflesso della parentela, nel senso che i gradi di affinità corrispondono esattamente ai gradi di parentela. Ad esempio tra padre e figlio vi è una parentela di primo grado (art. 76 del c.c.), così tra la moglie del padre ed il figlio di quest'ultimo vi è un'affinità di primo grado. Infatti, il matrimonio tra il genitore biologico ed il nuovo partner determina il sorgere di un vincolo di affinità tra il nuovo coniuge ed il figlio dell'altro coniuge.

E' opportuno precisare che tra affini non esistono diritti ereditari, pertanto nel caso di specie, alla morte della moglie del de cuius la sua eredità spetterà al figlio che lei ha avuto dal precedente matrimonio, e nulla spetterà ai figli del de cuius in quanto affini.

Solo nel caso in cui la moglie del de cuius rediga testamento in favore dei figli del de cuius questi potranno avere dei diritti a carco dell'eredità.


Lino chiede
mercoledì 09/05/2012 - Piemonte
“Salve,
sono uno di tre fratelli. Devo fare il 730 e possiedo una casa di proprietà con mia moglie 50/50, però a luglio 2011 è mancato mio padre che possedeva una casa di proprietà con mia madre al 50/50. Ora, nel fare il 730, devo anche dichiarare 1/3 del 50% dell'immobile che era di mio padre e dove ora vive solo mia madre? Grazie”
Consulenza legale i 09/05/2012

Il disposto dell'art. 581 del c.c. regola il concorso tra il coniuge superstite ed i discendenti del de cuius. In base a tale norma, al coniuge andrà 1/3 dell'eredità del de cuius mentre i discendenti avranno diritto ai 2/3 dell'eredità.

Nel caso di specie, la proprietà del defunto pari al 50% dell'immobile in cui tutt'ora vive il coniuge superstite andrà suddiviso in tal maniera:

- al coniuge superstite andrà 1/3 del 50 % dell'immobile:

- ai tre figli andranno i restanti 2/3 dello stesso 50 % dell'immobile, ovvero a ciascuno spetteranno i 2/9.

Pertanto, ciascun fratello nella dichiarazione del 730, dovrà indicare la sua porzione di quota ereditata in seguito alla morte del padre pari a 2/9 dell'immobile di cui sopra.


Luca chiede
venerdì 10/06/2011 - Estero
“Salve,
vorrei sapere cosa accade in caso in cui il coniuge del defunto non riceve nel testamento il 25% dell'eredità che gli spetta.
Vorrei anche sapere se il 25% di cui il De Cuius può disporre liberamente deve essere esplicitamente dichiarato nel testamento o meno.
Grazie,
Cordiali Saluti,
Luca.”
Consulenza legale i 10/06/2011

Il coniuge in qualità di legittimario ha un diritto intangibile per legge ad una quota di eredità. Per quanto riguarda l’ammontare di essa, occorre verificare se si realizza un’ipotesi di concorso con altri legittimari o se è l’unico legittimario (il coniuge ha diritto ad 1/3 se concorre con un figlio, ¼ se concorre con più figli, ½ se è solo). Inoltre, compete al coniuge oltre alla quota riservata, anche il diritto di abitazione nella residenza familiare e di uso dei beni mobili che la arredano, se di proprietà del defunto o comuni; si tratta di legati ex lege in aggiunta della legittima ex art. 540 del c.c. 2 comma, (così in Cass. Civ., sez. II, 6.4.2000, n. 4329).

Se la quota di legittima non viene rispettata il legittimario pretermesso o leso nel suo diritto ha a disposizione l’azione di riduzione (dell’eredità) disciplinata dall’art. 553 del c.c., attraverso la quale potrà ottenere la reintegrazione della quota spettantegli per legge, attraverso la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre.
L'azione di riduzione si prescrive in dieci anni, con termine decorrente dal momento in cui sorge nel legittimario l'interesse ad agire e, quindi, nel caso di disposizione testamentaria, nel momento in cui l'erede designato dal de cuius accetta l’eredità (Cass. Civ., sez. unite, n. 20644/2004 che risolve il contrasto giurisprudenziale che era sorto sul punto).

La quota di cui il testatore può liberamente disporre si calcola nel suo ammontare quantitativo, non qualitativo, in base all’art. 556 del c.c.. Si tratta di una riunione fittizia (relictum + donatum - debiti).


ENRICO chiede
lunedì 23/05/2011 - Lazio
“Vorrei sapere se essendo io cointestatario del conto corrente di mia madre, mi spetti il 50% del deposito oltre la quota di eredità
Grazie”
Consulenza legale i 25/05/2011

Quanto al conto corrente bancario cointestato, vale la presunzione di cui all’art. 1298 del c.c., secondo comma, in base alla quale le parti si presumono uguali. La presunzione può essere superata fornendo la prova che il denaro apparteneva soltanto al de cuius (Cass. Civ., Sez. I, 5.12.2008, n. 28839).


Daniele chiede
venerdì 11/03/2011 - Lazio

“Salve, se viene a mancare il marito in una coppia con due figli, gli averi rimasti come vanno suddivisi? Metà alla madre e metà suddivisa tra i figli o metà alla madre e la parte restante va suddivisa ancora in tre parti (madre,figlio,figlio)?
Grazie.”

Consulenza legale i 11/03/2011

Secondo le regole della successione legittima (che operano in assenza di testamento), quando vi è concorso tra coniuge e due figli, un terzo dell'asse ereditario spetta al coniuge, mentre il resto spetta ai due figli in parti uguali ([[581cc]]).


Paolo chiede
martedì 15/02/2011 - Sicilia

“Nel caso in cui la moglie, mentre era in vita, avesse stipulato un testamento pubblico con cui escludeva il marito separato solo di fatto dalla successione, cosa succede?
Grazie.”

Consulenza legale i 18/02/2011

La separazione di fatto tra coniugi non comporta la perdita dei reciproci diritti successori. Peraltro, anche il coniuge cui non è stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato (art. 585 del c.c..

Pertanto, il marito, in qualità di legittimario pretermesso, potrà agire per ottenere tutela dei propri diritti ai sensi degli artt. 553 e ss. c.c.


Giuseppe chiede
lunedì 29/11/2010

“Nel caso di coppia legalmente sposata e senza figli, alla morte di uno di essi quali sono i discendenti legittimi?
Gli averi di una coppia senza figli e senza genitori vanno suddivisi anche tra i fratelli e le sorelle del defunto?”

Consulenza legale i 02/12/2010

Innanzitutto è bene specificare che un discendente è un parente collocato in avanti lungo la linea generazionale: è un figlio, o un figlio dei figli e così via. Nel caso in cui una coppia sia senza figli, non si potrà parlare di discendenti. Alla morte di uno dei coniugi si potrà fare riferimento solo agli eredi legittimi. Nel nostro ordinamento è previsto un sistema completo di categorie di successibili, che vanno dai più stretti congiunti fino allo Stato.
Mancando discendenti legittimi o naturali, i fratelli hanno hanno sempre titolo per la successione legittima. Essi, ai sensi dell'art. 571 del c.c. concorrono con gli ascendenti del de cuius e con il coniuge, escludendo i successibili di grado più lontano. Al coniuge sono devoluti i due terzi dell'eredità, la parte residua è devoluta ai fratelli e alle sorelle del de cuius secondo le disposizioni dell'art. 571 c.c.


Giuseppe chiede
venerdì 26/11/2010

“Salve, se viene a mancare il marito di una coppia senza figli, e il defunto ha 2 fratelli entrambi coniugati, gli averi rimasti vanno tutti alla moglie vedova o vanno suddivisi con i fratelli rimasti in vita?
Grazie.”

Consulenza legale i 29/11/2010

Ai sensi dell'art. 566 del c.c. eredi per eccellenza sono i discendenti legittimi e naturali il cui stato sia legalmente accertato. Se mancano discendenti, succedono i genitori o ascendenti legittimi e gli adottanti di adozione legittimante. Vale la regola che il prossimo esclude i remoti. I genitori o gli ascendenti concorrono con il coniuge superstite e con i fratelli del de cuius, escludendo tutti gli altri collaterali. Mancando discendenti legittimi o naturali, i fratelli hanno sempre titolo per la successione legittima. I fratelli e le sorelle concorrono con gli ascendenti del de cuius e con il coniuge, escludendo i successibili di grado più lontano (art. 571 del c.c.).


Monica S. chiede
venerdì 05/03/2021 - Lombardia
“Mio padre é deceduto nel novembre 2010 ed ha redatto un testamento, pubblicato nel novembre 2011 quando é stata presentata la dichiarazione di successione, col quale ha lasciato a mia madre il suo appartamento. Mio fratello, disabile mentale, é morto nel 2014. Mia madre é deceduta nel gennaio 2019 ed ha redatto un testamento col quale ha lasciato a mia sorella la quota disponibile e la legittima dei suoi beni ed a me la sola legittima . Non ci sono altri figli a parte me e mia sorella. Vorrei sapere, una volta impugnato im testamento di mio padre, quanto sarà la mia quota di proprietà del suddetto appartamento.”
Consulenza legale i 16/03/2021
Prima di dare risposta a ciò che viene specificatamente chiesto, si ritiene possa essere utile precisare che la disposizione testamentaria di cui si discute non è viziata, né nulla, né annullabile, ma soltanto riducibile.
Il Giudice, a cui ci si dovrà rivolgere, avrà il compito di accertare l’esistenza della lesione della legittima, ordinando la reintegrazione della parte necessaria a soddisfare la quota riservata al legittimario pretermesso.

Per ottenere tale risultato occorre esperire la c.d. azione di riduzione, la quale, come del resto ogni azione giudiziaria, è soggetta ad un termine di prescrizione.
In particolare, in relazione a tale termine si sono sviluppati in giurisprudenza nel corso degli anni tre diversi orientamenti.
Secondo un indirizzo meno recente il termine decorre dalla data di apertura della successione (così Cass. 11809/1997).
Secondo un successivo orientamento decorre dalla data di pubblicazione del testamento (così Cass. 5920/1999).
Da ultimo, in considerazione dell’incertezza interpretativa sorta al riguardo, la questione è giunta all’esame della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite, la quale ha statuito che, nell’ipotesi di disposizioni testamentarie lesive della legittima, il termine di prescrizione decorre dalla data di accettazione dell'eredità da parte del chiamato (così Cass. S.U. n. 20644/2004).

Molto interessanti sono le considerazioni svolte dalla S.C. in quest’ultima sentenza.
Si afferma, innanzitutto, che nessuna norma prevede che il termine (incontestabilmente quello decennale di cui all'art. 2946 del c.c.) per esperire l'azione di riduzione decorra dalla data di apertura della successione.
In secondo luogo, si fa osservare che un problema di individuazione del termine di decorrenza della prescrizione dell'azione di riduzione può porsi solo con riferimento alla lesione di legittima ricollegabile a disposizioni testamentarie, poiché nel caso in cui la lesione derivi da donazioni è indubbio che tale termine debba farsi decorrere dalla data di apertura della successione.

Infatti, nell’ipotesi in cui la (potenziale) lesione della legittima sia ricollegabile a disposizioni testamentarie, fino a quando il chiamato in base al testamento non accetta l'eredità, rendendo attuale quella lesione di legittima che per effetto delle disposizioni testamentarie era solo potenziale, non sarebbe legittimato (per difetto di interesse) ad esperire l'azione di riduzione.
Pertanto, se manca la situazione di danno (che si concretizza con l’accettazione dell'eredità da parte del chiamato in base al testamento) alla quale è possibile porre rimedio con l'azione di riduzione, non può farsi decorrere il termine di prescrizione di tale azione.

Le considerazioni che precedono, frutto del pensiero più recente della Suprema Corte di Cassazione, si ritiene che potrebbero rivelarsi particolarmente utili nel caso di specie, considerato che l’apertura della successione è avvenuta a novembre 2010 (e dunque sono già trascorsi dieci anni da quel momento per esercitare l’azione di riduzione), mentre il testamento che ha reso attuale la lesione di legittima e concretizzato l’interesse ad esperire l’azione di riduzione è stato pubblicato nel corso del mese di novembre 2011 (quindi il termine di dieci anni si andrebbe a prescrivere a novembre del corrente anno).
A questo punto, arriviamo al contenuto specifico del quesito e vediamo come la situazione della proprietà dell’appartamento andrebbe a mutare a seguito del positivo esperimento dell’azione di riduzione.
Gli artt. 536 e ss. c.c. sono quelli che disciplinano i diritti riservati ai legittimari e tra queste norme quella che in questo caso innanzitutto ci interessa è il secondo comma dell’art. 542 del c.c., il quale dispone che se colui che muore lascia, oltre al coniuge, più figli, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio, da dividersi in parti eguali.

Quindi, alla morte del padre, applicando la suddetta norma, la proprietà dell’appartamento (si ragiona ovviamente sul presupposto che si tratti dell’unico bene lasciato in successione dal padre) si sarebbe dovuta dividere nel seguente modo:
al coniuge: 9/36
ai figli: 6/36 ciascuno
la disponibile: 9/36

L’azione di riduzione può essere posta in essere per recuperare i 6/36, con la conseguenza che, alla morte della madre, la sua volontà testamentaria, relativamente all’appartamento, non potrà trovare attuazione per l’intero, ma per una quota pari a 30/36 (l’intero meno la quota riducibile del figlio).
Poiché la madre ha lasciato come eredi legittimari solo due figli, per stabilire la quota di riserva a ciascuno di essi spettante si applicherà il secondo comma dell’art. 537 del c.c., il quale stabilisce che ai figli è riservata per legge una quota pari a due terzi (dei 30/36) da dividersi in parti eguali.

Pertanto, alla fine si avrà che:
  • alla sorella dovrebbe andare una quota pari a 20/36
  • al fratello che agisce in riduzione una quota pari a 10/36, a cui si andranno ad aggiungere i 6/36 recuperati con l’azione di riduzione, per conseguire una quota totale pari a 16/36.


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