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Articolo 2 Costituzione

[Aggiornato al 22/10/2023]

Dispositivo dell'art. 2 Costituzione

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo [4, 13 ss.], sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità [18, 19, 20, 29, 39, 45, 49; c.c. 14 ss., 2247 ss.], e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale [4, 23, 41-44, 52-54; c.c. 834-839, 1175, 1176, 1900 3] (1).

Note

(1) Tra i valori fondanti della nostra Repubblica emerge qui la solidarietà come base della convivenza sociale, cui tutti (quindi anche gli apolidi e gli stranieri, oltre che i cittadini) devono attenersi: essa può avere riverberi in ambito patrimoniale (di cui all'art. 23 Cost.), e trova ulteriore suggello nel successivo art. 3 Cost. ove si prevede la cd. eguaglianza sostanziale.

Spiegazione dell'art. 2 Costituzione

La Carta Costituzionale contiene, all'interno dei primi dodici articoli, i principi fondamentali dell'ordinamento repubblicano.

A differenza di altre Costituzioni straniere, il Costituente ha preferito inserire tali principi direttamente nel testo della Carta fondamentale, senza cioè relegarli in un preambolo separato, al fine di evitare qualsiasi dubbio sull'ampiezza della propria efficacia e sulla immediata applicabilità.

Così facendo, i principi non fungono solamente da criteri guida cui i poteri pubblici devono conformarsi, ma altresì come norme che vincolano l'interprete.

Per quanto riguarda l'articolo in questione, esso è sicuramente uno dei più importanti, almeno a livello dichiarativo, di tutta la Costituzione.

I diritti inviolabili sono infatti quelle posizioni giuridiche da ritenersi essenziali per qualsiasi forma di convivenza associata. Esse sono insite nella stessa natura umana e vengono tutelate a prescindere da qualsiasi legge, costituzionale o meno.

I diritti inviolabili sono dunque imprescindibili, ed ogni modifica atta a limitarli non rappresenterebbe una semplice revisione costituzionale, bensì un vero e proprio sovvertimento dello Stato repubblicano.

Essi sono riconosciuti sia all'uomo come singolo (diritto al nome, all'onore, alla libera manifestazione del pensiero), sia come membro di formazioni sociali (diritto di associazione e di riunione ecc.).

Inoltre i diritti fondamentali, per poter essere qualificati come tali, non possono essere oggetto di revisione costituzionale, dato che che rappresentano una impalcatura essenziale di ogni forma di Stato repubblicana, sono indisponibili, intrasmissibili ed irrinunciabili da parte dei loro titolari e, non da ultimo, sono imprescrittibili.

L'articolo 2 è una vera e propria norma di apertura, che consente di attribuire i connotati di diritto fondamentale anche ad altre libertà e valori personali non espressamente tutelai dalla Costituzione che, per i mutati costumi sociali, richiedono un riconoscimento pari a quello dei diritti espressamente delineati, come ad esempio il diritto alla riservatezza informatica.

Viene dunque declinato il principio generale del libero sviluppo della personalità, in radi di integrare le singole norme costituzionali sui diritti. La stessa Corte Costituzionale ha d'altronde spesso ribadito tale concetto, sia basandosi sull'articolo in esame, sia richiamandosi ad esso per attribuire rango costituzionale ad ulteriori diritti fondamentali riconosciuti in trattati e convenzioni internazionali.

Tra i vari diritti fondamentali è tuttavia spesso operare un bilanciamento, onde valutare quale tra i due meriti prevalenza. Per citare un esempio, si può fare riferimento alla contrapposizione che sovente si presenta tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, che ha reso necessario chiarire come il diritto di cronaca debba presentare i requisiti di verità, continenza e pertinenza.

Fra i diritti della personalità più comuni si suole annoverare il diritto alla vita ed alla integrità fisica, il diritto all'integrità morale (ovvero le prerogative che connotano la personalità di una persona, come il decoro, l'onore, il prestigio e la reputazione), il diritto all'immagine (tutelato dall'articolo 10 c.c., secondo cui è data la possibilità di impedire ad altri di far uso o di abusare della propria immagine), il diritto al nome (articolo 22 Cost., nonché dai primi articoli del codice civile, che provvedono a garantire l'uso del proprio nome e dello pseudonimo.

Da ultimo, il principio di solidarietà trova molteplici applicazioni in molti rami dell'ordinamento. Basti pensare alla funzione del risarcimento dei danni, che, grazie al principio solidaristico, impone di qualificare l'istituto come meramente riparatorio e non come sanzionatorio, provvedendosi ad addebitare al danneggiante solo i danni prevedibili o che comunque derivino dalla sua condotta.

Relazione al Progetto della Costituzione

(Relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini che accompagna il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, 1947)

2 
Preliminare ad ogni altra esigenza è il rispetto della personalità umana; qui è la radice delle libertà, anzi della libertà, cui fanno capo tutti i diritti che ne prendono il nome. Libertà vuol dire responsabilità. Né i diritti di libertà si possono scompagnare dai doveri di solidarietà di cui sono l'altro ed inscindibile aspetto. Dopo che si è scatenata nel mondo tanta efferatezza e bestialità, si sente veramente il bisogno di riaffermare che i rapporti fra gli uomini devono essere umani.
[...]
Col giusto risalto dato alla personalità dell'uomo non vengono meno i compiti dello Stato. Se le prime enunciazioni dei diritti dell'uomo erano avvolte da un'aureola d'individualismo, si è poi sviluppato, attraverso le stesse lotte sociali, il senso della solidarietà umana. Le dichiarazioni dei doveri si accompagnano mazzinianamente a quelle dei diritti. Contro la concezione tedesca che riduceva a semplici riflessi i diritti individuali, diritti e doveri avvincono reciprocamente la Repubblica ed i cittadini. Caduta la deformazione totalitaria del «tutto dallo Stato, tutto allo Stato, tutto per lo Stato», rimane pur sempre allo Stato, nel rispetto delle libertà individuali, la suprema potestà regolatrice della vita in comune. «Lo Stato — diceva Mazzini — non è arbitrio di tutti, ma libertà operante per tutti, in un mondo il quale, checché da altri si dica, ha sete di autorità». Spetta ai cittadini di partecipare attivamente alla gestione della cosa pubblica, rendendo effettiva e piena la sovranità popolare. Spetta alla Repubblica di stabilire e difendere, con l'autorità e con la forza che costituzionalmente le sono riconosciute, le condizioni di ordine e di sicurezza necessarie perché gli uomini siano liberati dal timore e le libertà di tutti coesistano nel comune progresso.

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Consulenze legali
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Renato F. chiede
lunedì 18/11/2019 - Lombardia
“può il marito di una paziente sottoposta a sedazione chiedere, in sua vece, di essere dimessa o di cambiare o integrare la terapia in uso? secondo quale norma giuridica può esercitare tale diritto?”
Consulenza legale i 25/11/2019
La norma di riferimento, nei casi come quello in esame, è la Legge del 22 dicembre 2017, n. 219, “in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
In particolare, l’articolo che qui interessa è il primo, che disciplina il cosiddetto consenso informato.

Il principio cardine in materia è quello per cui è solo il paziente ad aver diritto di decidere per la propria salute: "nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
Infatti il consenso informato, inteso quale “espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico”, è un vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nella Costituzione, e precisamente nell'art. 2, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32, secondo comma, che stabiliscono che la libertà personale è inviolabile e che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge.

Solo se il paziente lo desidera, e quindi solo se esprime la sua volontà in tal senso, nelle sue cure possono essere coinvolti anche i familiari (nel nostro caso, il marito): “Contribuiscono alla relazione di cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l'equipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo.”

Pertanto, qualora il paziente acconsenta a che un’altra persona prenda decisioni in sua vece relative alla propria salute potrà delegare quest’ultima e la delega – che dev’essere formale, espressa e documentata per iscritto - andrà inserita nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario.
Ogni persona infatti “Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l'eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.

Per tornare al quesito, dunque, il marito della paziente sedata non potrà – in virtù del solo rapporto di coniugio – assumere decisioni in vece della moglie in ordine al trattamento sanitario, alla sua sospensione o modifica, se non dietro espressa e preventiva delega/consenso di lei.

Vi sono, in ogni caso, eccezioni (tassativamente) previste dalla legge all’obbligo del consenso informato:
  • quando le condizioni della persona siano talmente gravi e pericolose per la sua vita da richiedere un immediato intervento di necessità ed urgenza indispensabile. In questi casi si parla di consenso presunto;
  • nei casi in cui si può parlare di consenso implicito, per esempio per quelle cure di routine, o per quei farmaci prescritti per una malattia nota. Si suppone, infatti, in questo caso, che siano consolidate l'informazione ed il consenso relativo;
  • in caso di rischi che riguardano conseguenze atipiche, eccezionali ed imprevedibili di un intervento chirurgico, che possono causare ansie e timori inutili. Se, però, il malato richiede direttamente questo tipo di informazioni, il medico deve fornirle;
  • in caso di trattamenti sanitari obbligatori (cosiddetti TSO).
  • nei casi di vaccinazioni obbligatorie stabilite nei programmi nazionali di salute pubblica.

Nel quesito non si specifica, però, se il caso rientri o meno in uno di quelli sopra elencati.