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REMS: per la Consulta è urgente una riforma

REMS: per la Consulta è urgente una riforma
La Corte Costituzionale rivolge un monito al legislatore affinchè proceda, senza indugio, a una complessiva riforma di sistema.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 22 del 27 gennaio 2022, ha affrontato la questione di legittimità costituzionale delle c.d. R.E.M.S. sollevata dal GIP del Tribunale di Tivoli, dichiarandola inammissibile e sottolineando tuttavia alcune criticità molto serie.

Al fine di comprendere la recente pronuncia della Consulta, è necessario ricordare brevemente che con la sigla R.E.M.S. si indicano le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza ove vengono collocati i soggetti affetti da infermità totale o parziale di mente che abbiano commesso fatti costituenti reato o siano gravemente indiziati di averlo fatto. Le R.E.M.S., dunque, sono quelle strutture residenziali, con funzione terapeutica e al contempo riabilitativa, che hanno sostituito i vecchi ospedali psichiatrici giudiziari.
Tali strutture rappresentano uno strumento di tutela della salute mentale del destinatario, sicchè esse debbono essere caratterizzate da una esclusiva gestione sanitaria al loro interno e possono prevedere, ove necessario, una attività di sicurezza e di vigilanza perimetrale tale da impedire l’allontanamento non autorizzato dalle strutture.
L’assegnazione di un soggetto ad una REMS, invero, ha pur sempre natura di misura di sicurezza. E, in quanto tale, l’assegnazione alla REMS – ricorda la Consulta – non può che trovare la propria peculiare ragion d’essere in una specifica funzione di contenimento della pericolosità sociale.

Va altresì ricordato che la disciplina delle R.E.M.S. si rinviene negli artt. 206 e 222 nonché nell’art. 3-ter D.L. n. 211/2011 recante Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri, come modificato da D.L. 31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari).

Ebbene, tali disposizioni sono state sospettate di incostituzionalità sotto un duplice profilo.
Esse, infatti, a parere del giudice rimettente violerebbero:
  • gli artt. 2, 3, 25, 32 Cost., nella parte in cui consentono l’adozione, con atti amministrativi, di disposizioni generali in materia di misure di sicurezza in violazione della riserva di legge in materia;
  • gli artt. 27 e 110 Cost., nella parte in cui, attribuendo l’esecuzione del ricovero provvisorio presso una REMS alle Regioni ed agli organi amministrativi da esse coordinati e vigilati, escludono la competenza del Ministro della Giustizia in relazione all’esecuzione della detta misura di sicurezza detentiva provvisoria.
Quanto alla prima censura, la Consulta si sofferma sulla peculiare natura delle REMS quale misura di sicurezza a spiccato contenuto terapeutico, che comporta “la necessità che essa si conformi ai principi costituzionali dettati, da un lato, in materia di misure di sicurezza e, dall’altro, in materia di trattamenti sanitari obbligatori”. Deve perciò trovare applicazione il principio di riserva di legge statale, la quale deve peraltro prevedere non solo i casi in cui è ammissibile una siffatta misura di sicurezza ma altresì, almeno nel loro nucleo essenziale, i «modi» con cui essa può restringere la libertà personale del soggetto che vi sia sottoposto.
Tanto premesso, la Consulta rileva che l’art. 3-ter del D.L. n. 211/2011 non rispetta tale principio atteso che demanda pressoché interamente la regolamentazione a un successivo decreto non regolamentare del Ministro della salute, da adottarsi di concerto con il Ministro della giustizia e d’intesa con la Conferenza Stato e autonomie territoriali. La gran parte della disciplina vigente delle REMS, infatti, si fonda oggi su atti diversi dalla legge.

Quanto al secondo profilo di incostituzionalità, poi, la Consulta rileva che non può ritenersi conforme all’art. 110 Cost.una disciplina che, come quella vigente, non attribuisca alcun ruolo in materia al Ministro della giustizia, lasciando così le singole autorità giudiziarie a interagire direttamente con le strutture amministrative delle singole REMS e i vari dipartimenti regionali per la salute mentale, ciascuno operante con logiche differenti e sulla base di realtà organizzative tra loro assai eterogenee.

Pur avendo dunque riconosciuto l’effettiva esistenza di frizioni con i principi costituzionali, la Consulta ha dichiarato inammissibili le questioni prospettate dal giudice rimettente in quanto “una eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale (…) determinerebbe l’integrale caducazione del sistema delle REMS, che costituisce il risultato di un faticoso ma ineludibile processo di superamento dei vecchi OPG; e produrrebbe non solo un intollerabile vuoto di tutela”.

Per tale ragione, la Corte Costituzionale ha quindi segnalato l’urgente necessità di una complessiva riforma di sistema, che assicuri:
  • un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza;
  • la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni;
  • forme di adeguato coinvolgimento del Ministro della giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro della diversa misura di sicurezza della libertà vigilata, nonché nella programmazione del relativo fabbisogno finanziario.


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