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Articolo 552 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Decreto di citazione a giudizio

Dispositivo dell'art. 552 Codice di procedura penale

1. Il decreto di citazione a giudizio contiene(1):

  1. a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;
  2. b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;
  3. c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;
  4. d) l’indicazione del giudice competente per l’udienza di comparizione predibattimentale nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in assenza e potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede(3)(6);
  5. e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio;
  6. f) l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l’imputato, entro il termine di cui all’articolo 554 ter, comma 2, può presentare le richieste previste dagli articoli 438, 444 e 464 bis ovvero presentare domanda di oblazione(3);
  7. g) l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella cancelleria del giudice e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia(3);
  8. h) la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell’ausiliario che lo assiste;
  9. h-bis) l’avviso che l’imputato e la persona offesa hanno facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa.

1-bis. [Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, e per i reati previsti dall'art. 590 bis del medesimo codice, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari](4).

1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, e per i reati previsti dall'art. 590 bis del medesimo codice, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto.

2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e) ed f) del comma 1. Il decreto è altresì nullo se non è preceduto dall'avviso previsto dall'articolo 415 bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 del medesimo articolo 415 bis(2).

3. Il decreto di citazione è notificato, a pena di nullità, all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno sessanta giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione predibattimentale. Nei casi di urgenza, di cui deve essere data motivazione, il termine è ridotto a quarantacinque giorni(5).

4. Il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria.

Note

(1) Il comma in esame riprende in parte il contenuto dell'art. 429 del c.p.p. a riguardo del decreto che dispone il giudizio all'esito dell'udienza preliminare.
(2) Queste situazioni sono inquadrabili nell'ambito delle nullità generali di cui alla lett. c) dell'art. 178 del c.p.p., dal momento che si riferiscono a previsioni coinvolgenti l'intervento dell'imputato.
(3) Lettera modificata dall'art. 32, co. 1, lett. b) del d.lgs n. 150 del 2022 (c.d. "riforma Cartabia).
(4) Comma abrogato dall'art. 32, co. 1, lett. b) del d.lgs n. 150 del 2022 (c.d. "riforma Cartabia).
(5) Comma modificato dall'art. 32, co. 1, lett. b) del d.lgs n. 150 del 2022 (c.d. "riforma Cartabia). Il comma 3, come riformulato, introduce una causa di nullità qualora il decreto non sia stato notificato alle parti nei termini stabiliti. Questa invalidità, riguardando il mancato rispetto del termine previsto, rientra nelle nullità a regime intermedio ai sensi della lett. c) dell'art. 178 del c.p.p. e dell'art. 180 del c.p.p., sanata se non rilevata o eccepita tempestivamente entro la conclusione del giudizio di primo grado.
(6) Successivamente alla modifica ad opera della riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022), la presente lettera è stata così modificata dall’art. 4, comma 1, lett. c), D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 203.
Il D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 203 ha disposto (con l'art. 7, comma 2) che "Le disposizioni di cui all'articolo 4 non si applicano nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli avvisi di fissazione di udienza preliminare e i decreti che dispongono il giudizio o che citano l'imputato a giudizio sono stati già emessi".

Ratio Legis

In un'ottica di garanzia, il decreto di citazione a giudizio deve rispettare precisi requisiti.

Spiegazione dell'art. 552 Codice di procedura penale

L’art. 552 c.p.p. si occupa del decreto di citazione diretta a giudizio, che il pubblico ministero deve emettere nei casi previsti dall’art. 550 del c.p.p..

Il comma 1 (modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) stabilisce il contenuto del decreto di citazione diretta a giudizio:
  • le generalità dell’imputato, del difensore, delle parti private e, se è identificata, della persona offesa;
  • l’imputazione (l’enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge);
  • l’indicazione del giudice competente per l’udienza predibattimentale, del luogo e della data di comparizione, con l’avvertimento all’imputato che, se non compare, sarà giudicato in assenza e potranno essere disposte, se ne ricorrono le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede;
  • l’avviso che l’imputato può nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da un difensore d’ufficio;
  • l’avviso che, se ci sono i presupposti, l’imputato, nel termine ex comma 2 dell’art. 554 ter del c.p.p. (ossia, prima della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere nell’ambito dell’udienza predibattimentale), può richiedere giudizio abbreviato, patteggiamento e sospensione del procedimento con messa alla prova o presentare domanda di oblazione;
  • l’avviso che il fascicolo delle indagini preliminari è depositato nella cancelleria del giudice e che le parti e i difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia;
  • la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell’ausiliario che lo assiste;
  • l’avviso che l’imputato e la persona offesa hanno facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa.

Si può notare come il decreto di citazione a giudizio abbia un contenuto più complesso rispetto al decreto che dispone il giudizio ex art. 429 del c.p.p..

Ai sensi del comma 1-ter, qualora si proceda per lesioni colpose aggravate dalla violazione di norma antinfortunistiche sul lavoro o per lesioni stradali (art. 590 del c.p. e art. 590 bis del c.p.), la data per la comparizione non può essere fissata oltre i novanta giorni dall’emissione del decreto di citazione a giudizio. Però, allo scopo di semplificare, con la riforma Cartabia c’è stata l’abrogazione del comma 1-bis: la norma prevedeva che, nel caso in esame, il decreto dovesse essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

Venendo ai profili di nullità del decreto di citazione diretta a giudizio, il comma 2 stabilisce che esso è nullo nei seguenti casi:
  • se l’imputato non è identificato in modo certo;
  • se manca o è insufficiente l’imputazione;
  • se manca o è insufficiente l’indicazione del giudice competente per l’udienza predibattimentale, del luogo e della data di comparizione e l’avvertimento all’imputato che, se non compare, sarà giudicato in assenza;
  • se manca o è insufficiente l’avviso del diritto di nominare un difensore di fiducia;
  • se manca o è insufficiente l'avviso del diritto di poter richiedere il giudizio abbreviato, il patteggiamento o l'oblazione;
  • se non è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415 bis del c.p.p. o l'invito a presentarsi per rendere interrogatorio, se l'imputato ne avesse fatto richiesta entro venti giorni dalla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Poi, il comma 3 (come rivisto dalla riforma Cartabia) precisa che, a pena di nullità, il decreto di citazione va notificato all’imputato, al suo difensore e alla persona offesa almeno sessanta giorni prima dell'udienza di comparizione predibattimentale e, nei casi di urgenza (che va motivata), almeno quarantacinque giorni prima.

Infine, il comma 4 stabilisce che il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
La legge delega detta al legislatore delegato i criteri da rispettare nella previsione della disciplina relativa all’informazione rispetto ai programmi di giustizia riparativa nel procedimento penale.
Al fine di dare attuazione al predetto criterio, sono state introdotte norme specifiche e coordinate nel codice di procedura penale, che prevedono, accanto all’informazione della facoltà, per la persona sottoposta alle indagini, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, di accedere ai programmi di giustizia riparativa, come disciplinati nel complesso normativo organico di nuova creazione, analoghi avvisi al medesimo, ormai divenuto imputato, ed alla persona offesa, nella specie in occasione della notifica del decreto di citazione a giudizio (articolo 552 c.p.p.), nei casi di citazione diretta.

Massime relative all'art. 552 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 6044/2017

In caso di genericità o indeterminatezza del capo di imputazione, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero senza avergli previamente chiesto di precisare la contestazione, non essendo estensibile, alla fase dibattimentale, il meccanismo correttivo che consente al giudice dell'udienza preliminare di sollecitare il P.M. alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell'imputazione.

Cass. pen. n. 9848/2016

È abnorme, in quanto determinante una indebita regressione del procedimento ad una fase anteriore, il provvedimento con il quale il giudice monocratico dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio sotto il profilo della erronea indicazione del giudice-persona fisica addetto alla trattazione del processo secondo il ruolo di udienza, rispetto a quello indicato nel decreto, e rimette gli atti al pubblico ministero. (In motivazione, la Corte ha osservato che la nullità del decreto di citazione a giudizio si verifica soltanto quando l'atto non reca l'indicazione del giudice competente, inteso come organo giudicante procedente, senza che sia necessaria la specifica indicazione della persona fisica del giudice designato).

Cass. pen. n. 28512/2014

La generica enunciazione del fatto integra una ipotesi di nullità relativa del decreto di citazione a giudizio, che resta sanata qualora non venga eccepita prima dell'apertura del dibattimento, con la conseguenza che è abnorme il provvedimento con il quale il Tribunale all'udienza dibattimentale (nella fattispecie, nel corso dell'esame testimoniale) dichiari di ufficio la nullità del decreto ai sensi dell'art. 552, comma secondo, cod. proc. pen. e disponga la restituzione degli atti al P.M., poiché tale atto determina un'inammissibile regressione del procedimento.

Cass. pen. n. 8708/2014

È abnorme il provvedimento del giudice del dibattimento che disponga la restituzione degli atti al P.M., il quale abbia esercitato l'azione penale nelle forme della citazione diretta a giudizio ritenendo che occorre procedere alla celebrazione dell'udienza preliminare sul presupposto della operatività di una circostanza aggravante ad effetto speciale in realtà non applicabile "ratione temporis", attesa la conseguente stasi non superabile del processo.

Cass. pen. n. 45818/2012

La mancata sottoscrizione del decreto di citazione a giudizio da parte dell'ausiliario del pubblico ministero costituisce mera irregolarità e non comporta alcuna nullità, in quanto non é espressamente prevista dall'art. 552, comma secondo, c.p.p. e non rientra tra le previsioni generali di cui all'art. 178 c.p.p..

Cass. pen. n. 3716/2009

Non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la mancata notificazione all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la restituzione degli atti al P.M., atteso che la dichiarazione di invalidità, se pure insussistente, costituisce esercizio dei poteri propri del giudice e dunque non colloca l'atto fuori dal sistema processuale. (In motivazione la Corte ha rilevato che l'eventuale illegittimità del provvedimento non vale a legittimarne l'impugnazione sotto il profilo dell'abnormità, pena l'elusione del principio di tassatività delle impugnazioni).

Cass. pen. n. 45383/2008

Non è abnorme, e pertanto non può essere oggetto di ricorso immediato per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice dell'udienza preliminare - ritenendo, quand'anche erroneamente, la necessità che l'avviso previsto dall'art. 415 bis c.p.p. contenga le indicazioni previste dall'art. 369 bis comma secondo lett. a) c.p.p. - dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio, posto che l'atto è adottato comunque in forza di un potere di cui l'organo decidente è legittimamente dotato e che la decisione non si pone per la sua anomalia o singolarità al di fuori del sistema processuale.

Cass. pen. n. 33867/2007

È abnorme, perché dà luogo ad una stasi del procedimento non altrimenti sanabile se non con il ricorso per cassazione, il provvedimento del giudice del dibattimento che dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio menzionante esclusivamente l'avviso che l'imputato ha la facoltà di nominare un difensore di fiducia e non anche che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio. (La Corte ha rilevato l'insussistenza di qualsiasi profilo di nullità giacché, nella specie, l'imputato era assistito da difensore di fiducia intervenuto in giudizio).

Cass. pen. n. 37594/2004

Non è abnorme, e non può quindi essere oggetto di ricorso per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice di pace, rilevata la mancata nomina, nel decreto di citazione a giudizio, di un difensore d'ufficio all'imputato non assistito da difensore di fiducia, dichiari la nullità di detto decreto e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero.

Cass. pen. n. 17888/2004

Non costituisce motivo di nullità del decreto di citazione a giudizio l'erronea indicazione della data del commesso reato, trattandosi di mera irregolarità che non impedisce all'imputato di formulare in modo compiuto ed efficace le proprie difese nel rispetto del contraddittorio. (Fattispecie in cui l'errore consisteva nell'indicazione del giorno errato, 19 giugno anziché 18 giugno).

Cass. pen. n. 2639/2004

Il decreto di citazione a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica emesso a seguito di opposizione a decreto penale dev'essere notificato con l'osservanza del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dall'art. 552 c.p.p.

Cass. pen. n. 1238/2004

L'avviso di conclusione delle indagini preliminari deve essere notificato, in applicazione del primo comma dell'art. 415 bis c.p.p., tanto alla persona sottoposta alle indagini che al suo difensore, di talché, quando detto difensore non risulti in precedenza nominato, il pubblico ministero deve allo scopo designarne uno d'ufficio. Da ciò consegue l'esattezza della decisione del giudice dibattimentale il quale, rilevata l'omessa notifica dell'avviso ad un difensore dell'imputato, dichiari la nullità del successivo decreto di citazione a giudizio ai sensi dell'art. 552 comma secondo c.p.p., ed ordini la restituzione degli atti al pubblico ministero. (La Corte ha anche specificato che il provvedimento non sarebbe comunque impugnabile per abnormità, poiché esprime un potere di annullamento riconosciuto al tribunale in composizione monocratica dagli artt. 550 e 552 c.p.p., e non determina comunque una stasi insuperabile del procedimento).

Cass. pen. n. 44159/2003

La nullità del decreto di citazione a giudizio prevista dall'art. 552, comma 2, c.p.p. per il caso in cui l'imputato, avendo fatto tempestiva richiesta di rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375, comma 3 c.p.p., non sia stato invitato a presentarsi, sussiste anche nell'ipotesi in cui lo stesso imputato, a suo tempo sottoposto a misura cautelare, abbia già reso l'interrogatorio di garanzia previsto dall'art. 294 c.p.p.

Cass. pen. n. 9205/2003

È abnorme l'ordinanza con cui il Tribunale, in composizione monocratica, dichiari, ex art. 552, comma 2, c.p.p., la nullità del decreto di citazione a giudizio — perché non preceduto dalla notifica all'indagato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari — e disponga la restituzione degli atti al P.M., nell'ipotesi in cui il G.i.p. abbia rigettato la richiesta di archiviazione del P.M., ordinando l'impugnazione coatta, in quanto, anche nei procedimenti per reati di competenza del Tribunale in composizione monocratica, qualora si proceda, per citazione diretta a giudizio dell'imputato a seguito di imputazione coatta ordinata dal G.i.p., non è dovuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415 bis, posto che l'udienza camerale di cui all'art. 409, comma 2, c.p.p., pone l'imputato ed il suo difensore in condizione di esercitare i diritti e le facoltà a garanzia dei quali è previsto l'avviso suddetto.

Cass. pen. n. 5698/2003

Il decreto di irreperibilità dell'imputato emesso nel corso delle indagini preliminari non spiega efficacia ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio disposta dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 552 c.p.p., in quanto la chiusura delle indagini di cui all'art. 160, comma 1, stesso codice ha luogo con l'emissione di quest'ultimo decreto, sicché, ai fini della vocatio in iudicium, che segna l'inizio della fase dibattimentale e si realizza con la notificazione del provvedimento, è necessario un nuovo decreto di irreperibilità. (Fattispecie nella quale, avendo il giudice del merito ritenuto operante il primo decreto di irreperibilità anche per la notificazione della citazione a giudizio, la Corte ha annullato sia la sentenza di primo grado, sia quella di appello, con rinvio al tribunale perché rinnovasse la citazione per l'ulteriore giudizio).

Cass. pen. n. 2027/2003

Il decreto di citazione - emesso dopo l'entrata in vigore della legge n. 479 del 1999 e contenente l'indicazione del termine di 15 giorni dalla notificazione per la richiesta di ammissione ai riti alternativi anziché quello previsto dal nuovo testo di cui all'art. 552, comma 1, lett.f) c.p.p. e coincidente con il momento immediatamente precedente alla apertura del dibattimento - risolvendosi in un'insufficiente informazione circa la possibilità di orientarsi tra le diverse strategie difensive, è nullo, ex art. 552, comma 2, c.p.p.; detta nullità, attinente alla citazione dell'imputato, è relativa, ed in quanto tale, deve essere dedotta con le questioni preliminari, per le quali l'art. 491 c.p.p. stabilisce la preclusione, se non proposte immediatamente dopo che sia stato compiuto, per la prima volta, l'accertamento della costituzione delle parti.

Cass. pen. n. 38186/2002

Deve ritenersi nullo, ai sensi dell'art. 552, comma 2, c.p.p., il decreto di citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero nel quale l'avviso all'imputato della possibilità di avvalersi di riti alternativi o di presentare domanda di oblazione, previsto dalla lett. f) del precedente comma 1, indichi erroneamente come termine per poter esercitare le suddette facoltà quello di 15 giorni dalla notificazione del decreto (previsto in precedenza dall'art. 555, comma 1, lett. e, c.p.p.) e non quello attualmente vigente, costituito dall'apertura del dibattimento di primo grado).

Cass. pen. n. 28807/2002

Nel caso di nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall'art. 552, comma 3, c.p.p., il giudice del dibattimento deve provvedere egli stesso a rinnovare la notifica, e non può disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero con un provvedimento che, determinando una indebita regressione del processo, si configurerebbe come abnorme.

Cass. pen. n. 26630/2002

Non è causa di nullità la mancata indicazione, nel decreto di citazione a giudizio emesso ai sensi dell'art. 552 c.p.p., della sezione dell'organo giudicante davanti alla quale il giudizio dev'essere tenuto.

Non è viziato da nullità ai sensi dell'art. 552, comma 2, c.p.p., sotto il profilo dell'insufficiente indicazione del giudice competente, in relazione all'art. 552, comma 1, lett. d), il decreto di citazione a giudizio che manchi della specificazione della sezione presso la quale deve essere celebrato il dibattimento, atteso che la legge non prescrive tale indicazione e che peraltro tale mancanza non determina incertezza assoluta sull'autorità giudiziaria dinanzi alla quale l'imputato è chiamato a comparire.

Cass. pen. n. 11916/2002

Il provvedimento con il quale il giudice monocratico dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio per l'erroneità delle indicazioni relative alla facoltà dell'imputato di ricorrere ai procedimenti speciali, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero, non è abnorme, perché non si colloca al di fuori dei poteri conferiti al giudice dall'ordinamento né provoca una situazione di stasi processuale non rimediabile, con la conseguenza che, per il principio di tassatività delle impugnazioni di cui all'art. 568 c.p.p., è inammissibile il ricorso proposto nei suoi confronti. (Nel caso di specie, gli avvisi previsti dall'art. 552, comma 1, lett. f) c.p.p. erano stati formulati sulla base della normativa precedente alle modifiche apportate dall'art. 44 della legge 16 dicembre 1999, n. 479).

Cass. pen. n. 4090/2002

Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice annulla — con restituzione degli atti al Pubblico ministero — il decreto di citazione a giudizio emesso dopo l'entrata in vigore della legge 16 dicembre 1999, n. 479 e recante l'indicazione del termine di quindici giorni dalla notificazione per la richiesta dell'imputato di ammissione ai riti alternativi (previsto dal precedente testo dell'art. 555 c.p.p.), anziché quello di apertura del dibattimento (previsto dal nuovo testo dell'art. 552, comma 1), atteso che l'erronea indicazione del termine è lesiva del diritto di difesa e determina la nullità del decreto che, ai sensi dell'art. 185, comma 3, c.p.p., comporta la regressione del processo allo stato in cui è stato compiuto l'atto nullo.

Cass. pen. n. 39687/2001

Non è abnorme e, quindi, non può essere autonomamente impugnata l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento, nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, constatata la mancata comparizione dell'imputato e verificata la violazione del termine minimo di comparizione di cui all'art. 552, comma 3, c.p.p., restituisce gli atti al pubblico ministero per la rinnovazone della citazione, dovendosi escludere che in tale ipotesi la rinnovazione possa essere disposta dal giudice a norma dell'art. 143 disp. att. c.p.p., in quanto il termine di comparizione è funzionale a garantire il diritto di difesa e la sua inosservanza incide direttamente sulla validità del decreto di citazione, configurando una nullità generale a regime intermedio, rilevabile anche d'ufficio, con conseguente regressione del procedimento allo stato in cui si è verificata la nullità.

Cass. pen. n. 34613/2001

Non è qualificabile come abnorme, ma è, al contrario, legittimo il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento dichiari la nullità del decreto di citazione a giudizio — emesso e depositato dal pubblico ministero in cancelleria, ma non notificato, prima dell'entrata in vigore della legge n. 479 del 1999 modificativa dell'art. 552 c.p.p. — per l'omissione, in esso, dell'avviso all'imputato, previsto a pena di nullità, della possibilità di presentare, sussistendone i presupposti, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, le richieste di cui agli articoli 438 (giudizio abbreviato) e 444 (applicazione della pena su richiesta), ovvero domanda di oblazione. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.M., siccome proposto avverso provvedimento avente natura ordinatoria e, perciò, inoppugnabile).

Cass. pen. n. 32418/2001

Nel giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale che si svolge davanti al giudice monocratico, dopo la riforma operata con la legge n. 479 del 1999, il termine dilatorio per la comparizione è quello di sessanta giorni stabilito dall'art. 552, comma 3, c.p.p., atteso che il disposto del nuovo art. 557 c.p.p. (secondo il quale per il procedimento monitorio si osservano le disposizioni che regolano il procedimento per decreto davanti al tribunale in composizione collegiale) opera solo in quanto le norme richiamate siano applicabili anche al rito davanti al giudice monocratico, con la conseguenza che non può ritenersi richiamato nella disciplina del rito davanti al giudice monocratico, l'art. 464 c.p.p., il quale regolamenta il giudizio conseguente all'opposizione prevedendo, per il giudizio immediato, un termine dilatorio di trenta giorni.

Cass. pen. n. 26211/2001

Il decreto di citazione emesso in data antecedente alla novazione legislativa di cui alla legge 16 dicembre 1999 n. 479 — che ha spostato fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento la facoltà di richiedere le definizioni alternative del giudizio e ne ha imposto il relativo avviso — ma notificato dopo la sua entrata in vigore, è viziato da nullità ex art. 178 lett. c) c.p.p., atteso che l'applicazione della previgente normativa ha incidenza restrittiva sulle modalità di esercizio dei diritti dell'imputato.

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Giovanni chiede
domenica 10/02/2013 - Sicilia
“Si chiede interpretazione e dottrina legale per applicazione art 552 comma 3 c.p.p. nel caso di incompleta notifica del decreto di citazione a giudizio, emesso, come unico atto, nei confronti di n. 2 imputati aventi entrambi la medesima imputazione, il medesimo legale di fiducia, ma hanno scelto di eleggere domicilio nei modi appresso indicati:
1) il primo imputato elegge domicilio presso il difensore, che riceve nei termini di legge la notifica del decreto ("almeno sessanta giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione");
2) il secondo imputato non riceve alcuna notifica.

Si chiede:
- se il decreto è nullo per entrambi gli imputati;
- se è necessario che qualcuno degli imputati o entrabi debbano comunque presentarsi all'udienza;
- quali eventuali adempimenti occorre mettere in atto per dichiarare nullo il decreto;
- se occorre attendere la notifica, nei termini di legge di un nuovo decreto, prima di avere accesso agli atti depositati presso la segreteria del P.M. (quest'ultimo quesito, viene formulato per la formale irrilevanza dei fatti contestati che riguardano l'acquisto in internet di n. 5 magliette con marchio contraffatto e la contemporanea esigenza di recarsi a difendersi presso una Procura distante più di 1000 chilometri dalla propria residenza)
distinti saluti.”
Consulenza legale i 17/02/2013
In merito al quesito proposto si indica che il decreto di citazione a giudizio notificato ritualmente al primo imputato è valido ed efficace. Diversamente, per ciò che concerne il secondo imputato, risulta che quest’ultimo non abbia ricevuto alcuna notifica. In quest’ipotesi, il decreto di citazione risulta affetto da nullità insanabile. Sul punto merita di essere ricordata la recente pronuncia della Corte di Cassazione, la 6240/2009, in base alla quale “l’omessa notificazione dell'avviso di dibattimento al difensore di fiducia dell'imputato determina nullità di ordine generale prevista dall'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c). Essa, infatti, afferisce alla difesa dell'imputato ed è insanabile ex art. 179 c.p.p., non potendo l'imputato essere privato del diritto di affidare la propria difesa alla persona che riscuote la sua fiducia e che abbia avuto la possibilità di prepararsi adeguatamente nel termine stabilito per la comparizione”. Ancora, nella sentenza n. 28860, depositata il 20 luglio 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito “la nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, qualora incida direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del contraddittorio, deve essere equiparata all'omessa citazione dell'imputato medesimo, in quanto impedisce a quest'ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa ed è, pertanto, assoluta e insanabile”.
In questo caso, il difensore potrà costituirsi all’udienza ed eccepire la nullità del decreto a giudizio rilevando l’omessa notifica ai sensi dell’art. 184 del c.p.p., III comma.
Per ciò che concerne la possibilità di accedere agli atti si ritiene che, secondo una prassi generalizzata, sia possibile visionare gli atti depositati presso la cancelleria anche in un momento precedente alla rinnovazione della notifica del decreto a giudizio.

Anonimo chiede
mercoledì 16/03/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
Sono a chiedere il seguente parere.

La difesa dell’imputato si è accorta solo nella fase dibattimentale che, il P.M. ha esercitato l’azione diretta penale, il cui capo di imputazione fa riferimento al "tempus commissi delicti", ad una norma incriminatrice abrogata, ovvero in ipotesi di condanna sarebbe sussisterebbe la revoca della sentenza in applicazione dell’art. 2 comma 2, per abolitio criminis.

Dunque, è corretto che la difesa contesti in sede dibattimentale nel processo di primo grado, che il P.M. in seguito ad una successione di leggi modificative del precetto, ha il dovere innanzitutto di confrontare la struttura della vecchia incriminazione rispetto alla nuova, poi deve valutare il fatto contestato e riconosciuto nella fase delle indagini preliminari ed infine prima di esercitare l’azione penale deve raffrontarlo con gli elementi nuovi e specializzanti della legge successiva ?

Quindi, è giusto sollevare la contestazione affermando che i fatti e le circostanze della nuova categoria dell’illecito non sono state oggetto di accertamento in contradditorio ?

Ebbene, nella fattispecie prospettata è corretto che la difesa contesti al Giudice di primo grado l’incertezza assoluta del Decreto di citazione diretta a giudizio, eccependo la nullità assoluta di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. b) c.p.p. e ex art. 179, comma 1 c.p.p. in quanto il Decreto di citazione diretta a giudizio non contiene tutti gli elementi costituivi della fattispecie criminosa ?

Diversamente alla luce di quanto prospettato, la difesa come può agire a tutela dell’imputato affinché in astratto non venga condannato sulla base di una norma abrogata?

Cordialità.”
Consulenza legale i 17/03/2022
Cominciamo a rispondere al quesito in riferimento alla questione dell’abolitio e mutatio criminis, che presenta dei notevoli profili di complessità.

Come correttamente ritenuto nella richiesta di parere, l’art. 2 c.p. dispone che laddove intervenga una norma posteriore che vada ad abrogare un reato, l’imputato non può essere condannato per quella fattispecie e, se v’è stata condanna, ne cessa l’esecuzione e ogni effetto.

Si badi bene, però, che l’articolo in parola fa riferimento ai soli casi in cui la norma sopravvenuta sia effettivamente abrogatrice.
In questi casi, infatti, si parla di abolitio criminis.

Ci sono, però, dei casi in cui, in effetti, la fattispecie penale muta ma non per questo si ritiene che siamo in presenza di un abolitio potendo, al contrario, trovarci in presenza di un semplice caso di mutatio.

La differenza tra abolitio e mutatio è sostanziale: nel primo caso la condanna non può essere pronunciata e/o cessa. Nel secondo caso, invece, non è detto che ciò avvenga; ciò perché è possibile che, in caso di mutatio, il novum normativo non abbia determinato una vera e propria abrogazione ma una continuità normativa tale per cui il fatto posto in essere nel vigore della norma precedente può continuare ad avere rilevanza penale anche nel vigore della norma sopravvenuta.

Il problema, dunque, sta tutto nel riconoscere quando siamo in presenza di abolitio e quando, invece, siamo in presenza di mutatio.

La giurisprudenza, sul punto, non è del tutto conforme ma è possibile affermare che, al fine di distinguere dalle due ipotesi, si affida al criterio della specialità.
Secondo la Cassazione, avremo abolitio in tutti i casi in cui tra le due norme vi è un rapporto di totale estraneità/eterogeneità tale per cui la cesura tra la precedente e la nuova è netta e conduce a una chiara intenzione abrogatrice.
Laddove, invece, tra le due norme vi sia un rapporto di specialità (appurato sulla base di un confronto astratto tra le fattispecie), allora è possibile che vi sia continuità normativa e, quindi, semplice mutatio.
E’ solo in quest’ultimo caso che il giudice è tenuto ad effettuare una verifica in concreto onde dedurre che il fatto commesso nel vigore della norma pregressa sia punibile anche alla stregua della norma successiva.

Ciò non toglie, comunque, che vi possano essere dei casi in cui la nuova norma determini, in contemporanea, un fenomeno di mutatio con parziale abolitio.

E’ corretto, dunque, dire che la difesa possa eccepire l’abolitio sulla base di tali argomentazioni.

Si chiede, inoltre, se sia corretto eccepire che “i fatti e le circostanze della nuova categoria dell’illecito non sono state oggetto di accertamento in contradditorio”.
La risposta non può essere univoca e riguarda il fenomeno successorio di leggi nel tempo solo in casi particolari.
Ci spieghiamo meglio.

Se viene contestato un illecito e, nelle more del giudizio, cambia la fisionomia dello stesso al punto tale da ritenere sussistente solo un’ipotesi di mutatio, allora è naturale che il dibattimento avrà ad oggetto tutti i fatti costitutivi dell’illecito.
Se tali fatti non vengono provati, allora si avrà sentenza assolutoria per insussistenza del fatto.

L’ipotesi cui si allude nella richiesta di parere sembra essere quella in cui, intervenuta la condanna in primo grado rispetto ad una fattispecie penale, si interponga appello e, nelle more, interviene la nuova norma.
Allora, in questo caso, ha senso eccepire il fatto che nel processo pregresso non sono state fornite prove in riferimento a quegli elementi che avrebbero giustificato una condanna solo alla luce della nuova formulazione del reato penale.
Anche qui, però, si tratta di un tema che attinge solo di riflesso le vicende normative successorie visto che, in tale caso, l’assoluzione dovrebbe essere emessa per il semplice fatto che l’istruzione dibattimentale non ha dato conto della sussistenza degli elementi previsti dal reato.

Il tema, invece, riguardante l’indeterminatezza del capo d’imputazione è totalmente diverso e nulla c’entra con riferimento alla modifica normativa.
Eccepire l’indeterminatezza del capo d’imputazione vuol dire che l’imputazione del Pubblico Ministero è monca e non consente all’ imputato una piena difesa.
E’ un versante totalmente diverso rispetto a quello successorio.
Per giunta, è una scelta che va ponderata con molta attenzione perché, in caso di accoglimento della questione, l’accusa andrebbe a riformularlo con l’inserimento degli “elementi mancanti” e questo potrebbe addirittura rivelarsi svantaggioso per l’imputato, che potrebbe, anzi, beneficiare di una certa confusione nella contestazione.
Peraltro, si ricordi che le questioni di indeterminatezza del capo d’imputazione non generano affatto le nullità di cui agli articoli 178 e 179 c.p.p. ma solo nullità testuali previste dal codice di rito ( art. 429 co. 2 c.p.p. e, con specifico riferimento alla citazione diretta, art. 552 co. 2 c.p.p.).

Stando così le cose, nei casi di mutatio, in realtà, la difesa dibattimentale è la stessa che si avrebbe in un ordinario processo con la sola eccezione che la difesa dovrà calcare la mano sui fatti specifici costituenti il “nuovo reato” che non sono stati ipoteticamente posti in essere dall’imputato.