Cass. pen. n. 11090/2015
La previsione di cui all'art. 652 cod. proc. pen. - per la quale la sentenza di assoluzione ha efficacia di giudicato nell'ambito del giudizio civile di danni relativamente all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una legittima facoltà - non è applicabile nel caso in cui la sentenza di assoluzione sia pronunciata per il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 599 cod. pen., la quale, escludendo la punibilità dei reati di ingiuria e diffamazione, non ne esclude la natura di illecito civile e l'esistenza dell'obbligazione risarcitoria, ove ne sia derivato un danno, che può essere fatta valere innanzi al giudice civile.
Cass. pen. n. 9795/2001
Analogamente a quanto già avveniva con riguardo all'art. 25 dell'abrogato codice di rito, avente contenuto pressoché identico a quello del vigente art. 652 c.p.p., anche detto ultimo articolo dev'essere estensivamente interpretato, a salvaguardia del principio dell'unità della funzione giurisdizionale, nel senso che non solo l'assoluzione dell'imputato, all'esito di dibattimento, perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto o perché questo è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, ma anche l'assoluzione con la formula «il fatto non costituisce reato» (adottata, di regola, per carenza dell'elemento psicologico del reato) ha efficacia preclusiva nel giudizio civile per le restituzioni o il risarcimento del danno, ogni qual volta l'illecito civile (come si verifica con riguardo a quello previsto dall'art. 2043 c.c.) sia caratterizzato, dal punto di vista dell'elemento psicologico, in maniera identica all'illecito penale. Ne consegue che la parte civile è legittimata, sotto il profilo dell'interesse, ad impugnare, ai sensi dell'art. 576 c.p.p., anche la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio con la formula «il fatto non costituisce reato.