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Articolo 356 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Ammissione e assunzione di prove

Dispositivo dell'art. 356 Codice di procedura civile

Ferma l'applicabilità della norma di cui al n. 4 del secondo comma dell'articolo 279, il giudice d'appello [341], se dispone l'assunzione di una prova (1)oppure la rinnovazione totale o parziale dell'assunzione già avvenuta in primo grado o comunque dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli articoli 191 e seguenti. Davanti alla corte di appello il collegio delega l'assunzione delle prove all'istruttore, se nominato, o al relatore e, quando ne ravvisa la necessità, può anche d'ufficio disporre la rinnovazione davanti a sé di uno o più mezzi di prova assunti dall'istruttore ai sensi dell'articolo 350, quarto comma(3).

Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma dell'articolo 279, il giudice d'appello non può disporre nuove prove riguardo alle domande e alle questioni, rispetto alle quali il giudice di primo grado, non definendo il giudizio, abbia disposto, con separata ordinanza, la prosecuzione dell'istruzione(4).

Note

(1) Si tratta delle prove nuove ammesse in appello ai sensi del terzo comma dell'art. 345 del c.p.c..
Se le nuove prove sono state ammesse d'ufficio, il giudice d'appello assegnerà alle parti un termine per controdedurre e l'ammissione dei mezzi probatori prodotti in controdeduzione verrà discussa in un'ulteriore udienza: solo in un momento successivo si procederà alla loro assunzione.
Il giudice d'appello provvede sulle prove con ordinanza, modificabile e revocabile, rinviando la decisione definitiva della causa al momento della conclusione dell'istruttoria; può, però, decidere alcune questioni con sentenza non definitiva e disporre con ordinanza la prosecuzione del processo.
(2) Comma così sostituito con l. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 30 aprile 1995.
(3) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto:
- (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti";
- (con l'art. 35, comma 4) che "Le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023".
(4) Il divieto per il giudice d'appello di disporre nuove prove riguarda solo le prove relative alle domande non impugnate. Parimenti, il giudice di seconde cure non può riesaminare questioni sulle quali prosegua il processo in primo grado.

Spiegazione dell'art. 356 Codice di procedura civile

In linea generale, sono tre i casi in cui il giudice d'appello può disporre l'assunzione delle prove, e precisamente:
a) quando decida di assumere una prova nuova, nei limiti in cui ciò è consentito;
b) quando ritenga necessario ammettere una prova dedotta ma non ammessa in primo grado;
c) quando disponga la rinnovazione, totale o parziale, della prova assunta in primo grado.

L'istruzione probatoria in appello si svolge secondo le stesse forme previste per il giudizio di primo grado, con l’ovvia particolarità che essa è interamente collegiale, essendo esclusa qualunque possibilità di delegare ad uno dei componenti del collegio il compimento degli atti istruttori.

Il rinvio che la norma fa agli artt. 191 ss. deve intendersi nel senso che nella parte in cui le norme sull'istruzione probatoria si riferiscono al giudice istruttore, nel processo d'appello dinnanzi alla corte d'appello tale riferimento riguarda l'intero collegio.

Esaurite le attività preliminari previste dagli artt. 350 e 351 c.p.c., e sempre che non sia possibile passare subito alla fase decisoria, il giudice, se deve assumere le prove, fissa una nuova udienza davanti a sé.
Nel caso in cui dovesse essere disposta una prova d'ufficio, il giudice d'appello non potrà provvedere direttamente, ma dovrà:
- concedere alle parti la facoltà di dedurre le prove che ritengono opportune in relazione a quelle già disposte, concedendo loro un apposito termine;
- fissare l'udienza per l'ammissione e solo successivamente procedere all'assunzione.

La forma dei provvedimenti istruttori è sempre quella dell'ordinanza, sia che il giudice ammetta nuove prove (nei limiti in cui ciò è consentito ex 345cpc) sia che disponga la rinnovazione totale o parziale dell'assunzione delle prove già avvenuta in primo grado, sia che disponga una prova d'ufficio.

Per espresso richiamo della norma in esame, anche in appello trova applicazione il n. 4 del secondo comma dell’279cpc.
Ciò significa che l'ordinanza istruttoria si accompagna alla sentenza quando il giudice risolve, senza definire il giudizio, questioni di giurisdizione o di competenza, ovvero questioni preliminari di merito ovvero altre questioni pregiudiziali attinenti al processo.

Il rinnovo dell'istruttoria svolta in primo grado può essere disposto nel caso in cui l'assunzione non sia, in quella sede, validamente avvenuta e in tutti i casi in cui il giudice d'appello ritenga necessaria una ulteriore acquisizione, ovvero quando non ritenga di potersi adeguare alla valutazione, compiuta dal giudice di primo grado, delle prove da lui assunte.
Si tenga comunque presente che la prova non può essere rinnovata se vi è stata una decadenza in primo grado ovvero una preclusione, mentre potrà essere rinnovata se vi è stata violazione del principio del contraddittorio.

La Riforma Cartabia è intervenuta sul primo comma di questa norma specificandosi che quando il giudice d’appello dispone l’assunzione o la rinnovazione di una prova, il collegio della corte d’appello delega l’incombente all’istruttore o al relatore, nonché aggiungendosi la previsione, in armonia
con la disciplina di cui all’art. 281 del c.p.c. (per le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale), che negli appelli proposti davanti alla corte d'appello il collegio, quando ne ravvisa la necessità, può, anche d’ufficio, disporre la rinnovazione davanti a sé di uno o più mezzi di prova assunti dall’istruttore.

Il 2° co. della norma risponde all’esigenza di disciplinare i rapporti tra giudizio di primo grado e giudizio di appello in caso di impugnazione immediata della sentenza non definitiva.
La proposizione dell'appello immediato contro le sentenze non definitive di primo grado comporta:
1) che l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore istruttoria da parte del giudice d'appello resti sospesa sino alla definizione del giudizio di appello, su istanza delle parti e sempre che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale (o del giudice unico) siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza non definitiva di primo grado impugnata;
2) che il riesame del giudice di appello non possa estendersi alle domande o alle questioni sulle quali si svolge l'istruzione probatoria in primo grado, disposta con ordinanza emessa contemporaneamente alla sentenza non definitiva ex 279cpc.

Non si esclude, comunque, che il giudice di appello, in sede di gravame della sentenza non definitiva, possa definire il giudizio, ciò che può avvenire quando, riformando la sentenza, risolva in senso ostativo alla prosecuzione del giudizio la questione preliminare o pregiudiziale oggetto della sentenza impugnata.

Ci si è chiesti cosa accada all'istruttoria proseguita in primo grado nel caso in cui il giudice d'appello, riformando la sentenza non definitiva, pronunci una sentenza che definisca l'intero giudizio.
Secondo un primo orientamento, la sentenza di appello si sostituisce immediatamente a quella di primo grado, determinando la caducazione degli atti istruttori compiuti dal giudice di primo grado dopo la pronuncia della sentenza non definitiva.
La tesi prevalente, invece, ritiene che gli effetti della sentenza di secondo grado sulle prove assunte in primo grado dopo l'emanazione della sentenza non definitiva, si producano solo a seguito del passaggio in giudicato.

Massime relative all'art. 356 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 1754/2012

Il mancato esercizio, da parte del giudice di appello, del potere discrezionale di invitare le parti a produrre la documentazione mancante o di ammettere una prova testimoniale non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell'art. 356 c.p.c., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la sentenza di merito, che aveva ritenuto di non ammettere una prova testimoniale a conferma del testo di un documento non reperito in atti).

Cass. civ. n. 11593/2009

Il provvedimento con il quale il consigliere istruttore del processo di appello abbia disatteso la decisione collegiale di procedere a nuova consulenza tecnica di ufficio non può, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice di appello ai sensi dell'art. 356 c.p.c., essere sindacato in sede di legittimità, salvo che esso non sia motivato in modo palesemente incongruo o contraddittorio.

Cass. civ. n. 3267/2008

Allorquando il giudice di appello sia stato investito della valutazione che il giudice di primo grado ha compiuto delle emergenze di un mezzo di prova e non sia stato in alcun modo sollecitato a disporne la rinnovazione, l'omesso esercizio da parte dello stesso giudice di appello del potere di rinnovazione di cui al primo comma dell'art. 356 c.p.c. non è di per sé deducibile come motivo di ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., non essendo consentito l'esame del motivo sulla base dell'analisi della motivazione del giudice di primo grado.

Cass. civ. n. 14598/2000

La prova testimoniale ritenuta anche implicitamente inammissibile in primo grado per essere la parte incorsa in decadenza o perché in contrasto con il principio dell'unicità della prova, non può essere riproposta in appello, sia pure con le opportune integrazioni, in quanto non si tratta di prova nuova, ma di prova già dedotta in prime cure in modo non conforme a legge.

Cass. civ. n. 4796/2000

Il mancato esercizio, da parte del giudice d'appello, della facoltà discrezionale di invitare le parti a produrre il documento mancante non è denunciabile in sede di legittimità, integrando esercizio di una facoltà rimessa al potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non può rilevare in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori del giudice d'appello, assunti ai sensi dell'articolo 356 del c.p.c., i quali non sono impugnabili con ricorso per cassazione, neppure ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 346/2000

Il principio di unità ed infrazionabilità della prova, come non preclude l'escussione in appello di testimoni ritualmente indicati in primo grado e depennati dal primo giudice con la riduzione di lista sovrabbondante, così non impedisce al giudice d'avvalersi della facoltà di ordinare d'ufficio la chiamata a deporre dei cosiddetti testi di riferimento.

Cass. civ. n. 7953/1999

Il provvedimento con il quale il giudice di appello abbia disposto, nella forma dell'ordinanza collegiale ex art. 356 c.p.c., l'assunzione di nuovi mezzi di prova (o, comunque, abbia impartito disposizioni funzionali alla prosecuzione del processo) conserva il suo carattere ordinatario sotto il profilo tanto formale quanto sostanziale, e non è, pertanto, in alcun caso idoneo a pregiudicare la decisione della causa (essendo ad essa meramente strumentale), essendo sempre modificabile e revocabile, anche implicitamente, attraverso la successiva decisione di merito, per effetto di un diverso e libero apprezzamento delle risultanze istruttorie. (Nella specie, la corte di appello, dopo aver disposto, con ordinanza, un supplemento di indagine istruttoria consistente nella convocazione del consulente tecnico di primo grado dinanzi all'istruttore, veniva nuovamente investita del procedimento per effetto della concorde richiesta delle parti di nomina di un nuovo consulente, avendo il precedente rinunciato all'incarico, ciononostante decidendo la causa nel merito sulla base delle conclusioni dell'indagine tecnica di primo grado. La Suprema Corte, nel ritenere immune da vizi procedurali la decisione, ha enunciato il principio di diritto che precede).

Cass. civ. n. 2541/1999

Il giudice di appello, investito dal soccombente della censura della sentenza di rigetto della domanda di condanna al pagamento di una somma di danaro, può disporre di ufficio il rinnovo della consulenza tecnica anche in mancanza di contestazioni, sia da parte dell'appellante, sia dell'appellato sul quantum valutato dal C.T.U. in primo grado, perché quest'ultimo, se ha contestato in primo grado an e quantum, non ha l'onere di riproporre in appello tali contestazioni, non essendo eccezioni, ma mere difese, e può quindi limitarsi a chiedere la conferma della sentenza impugnata.

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