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Articolo 341 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Giudice dell'appello

Dispositivo dell'art. 341 Codice di procedura civile

(1) L'appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale ed alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza (2).

Note

(1) Articolo così sostituito con d. lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) La competenza del tribunale per l'appello contro le sentenze del giudice di pace e quella della corte d'appello per le sentenze del tribunale è inderogabile: il suo difetto è rilevabile anche d'ufficio.
La legge non ci dice se l'appello tempestivamente proposto innanzi ad un giudice incompetente faccia decadere dal potere di impugnare: si ritiene, nel silenzio del legislatore, che anche questo appello abbia effetti conservativi della impugnazione, a condizione che la causa venga riassunta nei termini di cui all'art. 50 del c.p.c..

Ratio Legis

L'appello si propone al giudice di grado immediatamente superiore, nella cui circoscrizione si trova quello cui decisione è impugnata. La diversità del giudice investito dell'appello rispetto al giudice che si è occupato del primo grado è necessaria per evitare il rischio che la decisione non venga mai riformata (è infatti difficile immaginare che il medesimo giudice muti il proprio giudizio rispetto ad un provvedimento su cui si è già formato un preciso convincimento).

Spiegazione dell'art. 341 Codice di procedura civile

L’attuale formulazione di questa norma deriva dalla soppressione dell'ufficio del Pretore, con trasferimento delle relative competenze al Tribunale, a seguito dell'introduzione del giudice unico di primo grado.
Il giudice d'appello è sempre un giudice di grado superiore rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata, e più precisamente, secondo quanto è dato leggere nella norma in esame, è il Tribunale in caso di appello contro le sentenze del giudice di pace appellabili, la Corte d'Appello nel caso di appello contro le sentenze del Tribunale, sia nelle controversie in cui esso abbia deciso in composizione monocratica che in quelle in cui abbia deciso in composizione collegiale.

La competenza del giudice d'appello si determina con riferimento alla circoscrizione in cui ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; fanno eccezione a tale regola le controversie in cui sia parte un'Amministrazione dello Stato, poiché in tal caso, ex art. 7, comma 2 del R.D. 30.10.1933, n. 1611, competente è il giudice d'appello del luogo ove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice di primo grado che ha emesso la sentenza impugnata.

Trattasi di competenza inderogabile, in quanto determinata dalla funzione del giudice, con la conseguenza che l'eventuale incompetenza è insanabile (salvo il passaggio in giudicato della sentenza) e può e deve essere rilevata d'ufficio.

Dal carattere funzionale della competenza del giudice d'appello deriva la non operatività delle norme dettate in tema di continenza (con riguardo a procedimenti pendenti dinnanzi ad uffici giudiziari diversi e che si trovino uno in primo grado, l'altro in fase di impugnazione) e di litispendenza (che non è, ad esempio, ipotizzabile quando nei confronti di una sentenza di primo grado sia proposto sia appello che ricorso straordinario in cassazione).

Qualora l’appello dovesse essere proposto davanti a giudice incompetente (per territorio o per grado), nel silenzio della norma sono due le possibili soluzioni, e precisamente:
  1. secondo la tesi più rigorosa, l'appello sarebbe inammissibile o improcedibile, con conseguente decadenza dall'impugnazione e passaggio in giudicato della sentenza impugnata;
  2. secondo l'opposto e prevalente orientamento, invece, la domanda d'appello proposta dinnanzi a giudice incompetente ha un effetto conservativo, in applicazione del più generale principio degli effetti conservativi della proposizione della domanda a giudice incompetente

Pertanto il diritto di impugnazione non si estingue ed è possibile la traslatio iudicii dinnanzi al giudice competente con riassunzione nel termine di cui all'art. 50 del c.p.c..
Ciò è possibile ad una duplice condizione, ossia che l'appello:
a) sia stato tempestivamente proposto;
b) sia stato proposto con il mezzo di impugnazione previsto dalla legge.

Chiaramente, in sede di riassunzione del giudizio d'appello ex art. 50, è preclusa la possibilità di ampliare l'oggetto del giudizio d'appello già individuato nel primo atto introduttivo; in tal senso può argomentarsi sia dalla lettera dell’art. 125 delle disp. att. c.p.c. (il quale prevede che la comparsa di riassunzione contenga un mero richiamo all'atto introduttivo del giudizio), sia dal principio di consumazione dell'impugnazione.

Massime relative all'art. 341 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 5092/2018

In materia di giudizio di impugnazione, l'appello erroneamente proposto ad un giudice diverso da quello legittimato a riceverlo esula dalla nozione di competenza dettata dal codice di procedura civile per il giudizio di primo grado, pertanto l'ipotesi non e` riconducibile all'art. 50 c.p.c. e alla regola della "translatio udicii", ponendosi, l'erronea individuazione del giudice dell'impugnazione, non come questione attinente ai poteri cognitivi dell'organo giudicante adito, bensì alla mera valutazione delle condizioni di proponibilita` o ammissibilita` del gravame che, pertanto, va dichiarato precluso se prospettato ad un giudice diverso da quello individuato per legge.

Cass. civ. n. 18121/2016

L'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della "translatio iudicii".

Cass. civ. n. 26375/2011

Nel nostro ordinamento processuale civile non ha fondamento l'assunto secondo cui la regola d'individuazione dell'ufficio giudiziario legittimato a essere investito dell'impugnazione sia riconducibile alla nozione di competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo I del Titolo I del Libro I, in quanto, se anche la normativa in parola assolve a uno scopo simile, sul piano funzionale, a quello che ha la disciplina dell'individuazione del giudice competente in primo grado, l'una e l'altra afferendo a regole che stabiliscono davanti a quale giudice debba svolgersi un determinato processo civile, tuttavia non è possibile ravvisare tra le due fattispecie una stessa "ratio" sufficiente, quindi, a giustificare l'estensione analogica anche parziale di aspetti applicativi della seconda alla prima. Ne deriva che l'erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull'impugnazione non si pone come questione di competenza, ma riguarda la valutazione delle condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame, che deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un giudice diverso da quello individuato dall'art. 341 c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione con cui la corte d'appello, invece di limitarsi a dichiarare inammissibile l'appello, aveva dichiarato la propria incompetenza, in favore del tribunale, a decidere il gravame avverso una sentenza del giudice di pace, e ha escluso la conversione del ricorso per cassazione, con cui si era dedotta la nullità della sentenza per vizio "in procedendo", in regolamento di competenza).

Cass. civ. n. 23594/2010

L'individuazione del giudice di appello, ai sensi dell'art. 341 c.p.c., attiene ad una competenza territoriale "sui generis", che prescinde dai comuni criteri di collegamento tra una causa e un luogo, né è al riguardo applicabile la norma di cui all'art. 38 c.p.c., che si riferisce esclusivamente al giudizio di primo grado, dipendendo tale competenza indefettibilmente dal luogo in cui ha sede il giudice "a quo". Ne consegue il carattere funzionale della competenza, che impedisce il definitivo suo radicamento presso un giudice diverso per il solo fatto che la relativa questione non sia stata posta "in limine litis".

Cass. civ. n. 12788/2003

In caso di appello proposto dinanzi ad un organo della giurisdizione ordinaria diverso da quello che sarebbe competente secondo legge, può riconoscersi al medesimo un effetto conservativo alla sola condizione che l'organo adito, pur territorialmente competente, sia ugualmente giudicante in secondo grado e possa quindi disporre la remissione della causa al giudice competente, davanti al quale dovrà essere effettuata apposita riassunzione, a norma dell'art. 50 c.p.c., mentre l'effetto conservativo deve escludersi ove l'appello sia stato proposto dinanzi allo stesso giudice che abbia pronunziato la sentenza oggetto del gravame, oppure davanti ad altro giudice di primo grado, mancando in questi casi uno strumento legislativo che legittimi il passaggio del rapporto processuale dal primo al secondo grado, senza che possa spiegare effetti sananti l'eventuale costituzione in giudizio dell'appellato.

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Luca F. chiede
giovedì 17/10/2019 - Emilia-Romagna
“Devo appellare un “decreto definitivo” del tribunale di Ravenna avente ad oggetto le condizioni di affido e di mantenimento di mia figlia minorenne (ha 15 anni).
Mia figlia poco dopo emissione del decreto definitivo ha trasferito la sua residenza (insieme alla mamma) da Ravenna a Roma.
Volevo sapere se per appello è competente la corte di appello di BOLOGNA o quella di Roma.
Grazie”
Consulenza legale i 25/10/2019
La risposta si può agevolmente individuare nell'art. 341 c.p.c., il quale specifica che le sentenze del tribunale si appellano avanti alla corte d'appello nella cui circoscrizione ha sede il Giudice che ha pronunciato la sentenza di primo grado.

Va precisato che il tribunale per i minorenni, in sede civile, normalmente decide con decreto e non con sentenza, il che rende legittima la domanda sulla loro appellabilità perché, mentre le sentenze sono sempre impugnabili in appello, i decreti no.
Così, in particolare, non sono ricorribili in appello i decreti provvisori e urgenti (quindi non definitivi) ex art. 336 c.c. (aventi ad oggetto particolari questioni, indicate negli articoli che precedono quest'ultimo) mentre i decreti definitivi (come quello in oggetto) sono sempre ricorribili in appello.
Più precisamente, ci si dovrà rivolgere, all'interno della Corte d'Appello di competenza, all'apposita Sezione per i Minorenni.

Tornando al quesito, la competenza non è legata alla residenza - come nel primo grado - ma esclusivamente all'autorità che ha emesso il provvedimento: pertanto, se il decreto è del Tribunale di Ravenna, la Corte competente è e resterà quella di Bologna, nonostante il cambio di residenza di madre e figlia.

Va detto, in ogni caso, che l'incompetenza del Giudice, ove tempestivamente eccepita in appello, non rende inammissibile la domanda ma ha quale unico effetto una pronuncia di incompetenza ed il "trasferimento" della causa avanti al Giudice competente, fatto salvo, dunque, quanto già accaduto ed ogni diritto già esercitato.