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Articolo 305 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Mancata prosecuzione o riassunzione

Dispositivo dell'art. 305 Codice di procedura civile

Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi (1) dall'interruzione, altrimenti si estingue (2) (3).

Note

(1) Il termine è stato così modificato con l. 18 giugno 2009, n. 69. In precedenza era di sei mesi.
(2) Con sentenza del 15 dicembre 1967, n. 139, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui fa decorrere dalla data di interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione, anche nei casi regolati dal precedente art. 301 del c.p.c. di morte, radiazione o sospensione del procuratore costituito.
La Corte costituzionale nel '67 ha omesso di stabilire il diverso dies a quo di decorrenza del termine per la prosecuzione o riassunzione del processo: la Suprema Corte di cassazione ha colmato la lacuna facendo decorrere tale termine dal momento in cui le parti abbiano avuto conoscenza del fatto interruttivo.
L'orientamento degli ermellini è stato recepito dalla Corte costituzionale, che con sentenza del 6 luglio 1971, n. 159, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo in commenti nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell'art. 299 del c.p.c., decorre dall'interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza. Ha dichiarato altresì l'illegittimità dell'art. 305 nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi del precedente terzo comma dell'art. 300 del c.p.c. decorre dall'interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
(3) Il dies a quo del decorso del termine di riassunzione individuato dalla giurisprudenza è quello della conoscenza del fatto interruttivo: la comunicazione o notificazione degli atti processuali relativi a tale fatto produce la conoscenza legale di esso.
Una volta che si sia verificata l'estinzione, questa potrà esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse, sia in via eccezionale che in via principale, riassumendo il processo allo scopo di ottenere dal giudice la declaratoria di estinzione.
Anche il contumace può costituirsi al solo fine di eccepire l'avvenuta estinzione, dopo la precisazione delle conclusioni.

Spiegazione dell'art. 305 Codice di procedura civile

Il mancato rispetto del termine per la riassunzione del processo, previsto da questa norma, implica l’inidoneità dell'atto di riassunzione a produrre gli effetti che gli sono propri in conseguenza dell'intervenuta decadenza, non potendosi neppure ritenere ammissibile la sanatoria prevista dall'art. 156 del c.p.c..

Secondo quanto previsto dalla presente norma, il dies a quo del termine per la riassunzione decorre dal giorno dell'interruzione, e ciò dovrebbe valere anche per i casi di interruzione automatica del giudizio, ossia immediatamente connessa all'evento interruttivo, a prescindere dalla conoscenza legale che dell'evento stesso le parti abbiano avuto.
Proprio sotto questo profilo la norma è stata sottoposta a numerosi esami di legittimità costituzionale, fino alle pronunce della Corte Costituzionale degli anni '60-‘70, che ne hanno dichiarato l'illegittimità nella parte in cui, in violazione del principio della difesa, non veniva garantito che il termine per la riassunzione decorresse dal momento di formale conoscenza dell'interruzione (C. Cost. 15.12.1967, n. 139; C. Cost. 6.7.1971, n. 159).
E’ stato anche precisato che non vale a far decorrere il termine trimestrale la conoscenza di fatto che dell'evento la parte menomata abbia aliunde acquisito.

Successivamente l’art. 305 è stato dichiarato incostituzionale, per violazione dell'art. 24 Cost., nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o riassunzione del processo interrotto ai sensi dell'art. 299 del c.p.c. decorre dall'interruzione, anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza e, in applicazione dell'art. 27, L. 11.3.1953, n. 87, nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell'art. 300 del c.p.c., 3° co., decorre dall'interruzione, anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
Occorre, tuttavia, precisare che le sentenze della Corte costituzionale sopra citate hanno dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 305 con esclusivo riferimento agli artt. 301, 299, 300, 3° co., ossia limitatamente alla parte in cui la norma fa decorrere dalla data dell'interruzione il termine per la riassunzione o per la prosecuzione del procedimento per il caso di morte, radiazione e sospensione dall'albo del procuratore, nonché nel caso della morte e della perdita di capacità della parte, verificatesi prima della costituzione in giudizio e, infine, nel caso in cui questi eventi riguardino la parte costituitasi personalmente.
Ciò comporta che il precetto risultante dal combinato disposto degli artt. 305, 300, 1° e 2° co. (secondo cui l'interruzione del processo segna il momento della decorrenza del termine di riassunzione del processo) è tuttora vigente nella diversa ipotesi della morte di una delle parti verificatasi dopo la costituzione a mezzo di procuratore.
Nei casi in cui l'interruzione si sia verificata ai sensi dell'art. 300, 4° co., e dunque l'evento sia stato certificato dall'ufficiale giudiziario, il termine per la riassunzione decorre dalla dichiarazione o certificazione.

Come accennato, il processo formalmente interrotto, che non sia tempestivamente proseguito o riassunto nel termine trimestrale, si estingue immediatamente, ossia senza alcun periodo di quiescenza.
L'estinzione si configura come una fattispecie processuale progressiva, i cui presupposti sono l'interruzione del processo ed il decorso del termine per la riassunzione.

Legittimata alla eccezione di estinzione per intempestiva o inidonea riassunzione del processo interrotto è ciascuna delle parti in causa, e non solamente quella nei cui confronti si sia verificato l'evento interruttivo.

Massime relative all'art. 305 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 12890/2020

In caso di interruzione automatica del processo determinata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti ai sensi dell'art. 43 l.fall., il termine per la riassunzione ex art. 305 c.p.c. decorre dalla conoscenza legale di detto evento, la cui comunicazione può provenire anche dal curatore fallimentare mediante posta elettronica certificata, trattandosi di uno dei mezzi all'uopo consentiti dalla legge, ma questa deve avere specificamente ad oggetto il processo nel quale l'evento esplica i suoi effetti e deve essere diretta al procuratore che assiste la parte costituita - non colpita dall'evento - nel giudizio in cui la conoscenza legale dell'interruzione viene in rilievo. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini della valutazione della tempestività della riassunzione del giudizio, aveva ritenuto che il relativo termine dovesse farsi decorrere da una comunicazione inviata a mezzo p.e.c. dal curatore ad un differente legale che difendeva la medesima controparte in un diverso giudizio pendente dinanzi ad un altro ufficio). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 21/10/2016).

Cass. civ. n. 29144/2019

Nell'ipotesi di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall'esercizio della professione, il termine per la riassunzione decorre, per quanto concerne la parte colpita dall'evento, dalla cessazione del periodo di sospensione, atteso che il procuratore, ben a conoscenza, sia dell'accadimento interruttivo dipendente dalla subita sanzione, sia della relativa durata, ha l'obbligo, alla scadenza di tale periodo, di provvedere alla prosecuzione del giudizio nel termine di cui all'art. 305 c.p.c.; diversa è, invece, l'esigenza di protezione della parte rappresentata propria delle ipotesi di definitiva cessazione dello "ius postulandi", per le quali il detto termine deve decorrere dalla conoscenza legale del venir meno dell'accadimento interruttivo.

Cass. civ. n. 15996/2019

In caso di interruzione del processo determinata, "ipso iure", dall'apertura del fallimento ai sensi dell'art. 43, comma 3, l. fall., il termine per la riassunzione del giudizio a carico della parte non colpita dall'evento interruttivo, la quale abbia preso parte al procedimento fallimentare presentando domanda di ammissione allo stato passivo, non decorre dalla legale conoscenza che abbia avuto della pendenza del procedimento concorsuale, ma dal momento in cui essa abbia avuto conoscenza effettiva del procedimento concorsuale, decorrente, in assenza di ulteriori elementi, dal momento in cui sia stata depositata o inviata la domanda di ammissione allo stato passivo.

Cass. civ. n. 10594/2019

In tema di interruzione del processo per morte del procuratore di una delle parti, il termine per la relativa riassunzione decorre dalla data in cui la parte rimasta senza difensore ha avuto dell'evento conoscenza legale, acquisita tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell'evento medesimo, alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita, e dovendo tale conoscenza avere ad oggetto tanto l'evento in sé considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione gravata che aveva escluso che una missiva, ancorché inviata a mezzo raccomandata AR, ma avente ben diverse finalità, potesse assicurare la conoscenza legale dell'evento interruttivo, poiché non conteneva la specifica indicazione dell'evento stesso, il quale risultava solo implicitamente, ed era priva di fede privilegiata).

Cass. civ. n. 2658/2019

In caso di interruzione automatica del processo determinata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine per la riassunzione di cui all'art. 305 c.p.c. decorre dalla dichiarazione o notificazione dell'evento interruttivo secondo la previsione dell'art. 300 c.p.c., ovvero, se anteriore, dalla conoscenza legale di detto evento procurata dal curatore del fallimento alle parti interessate.

Cass. civ. n. 25831/2017

In tema di interruzione del processo, nel caso di evento con effetti interruttivi automatici, il termine per la riassunzione del giudizio decorre dall'effettiva conoscenza dello stesso, con la conseguenza che, ove l'evento risulti dalla relata di notifica di un atto giudiziario, detto termine decorre non dalla data della relata, bensì da quella in cui l’atto sia restituito dall’ufficiale giudiziario al notificante.

Cass. civ. n. 21375/2017

La comunicazione della dichiarazione dell’evento interruttivo del giudizio, effettuata mediante posta elettronica certificata dal difensore della parte interessata dallo stesso a quello della controparte, è equivalente, ai sensi dell’art. 48, commi 1 e 2, del d.l.vo n. 82 del 2005, alla notificazione a mezzo posta ed è pertanto idonea, in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell'evento da parte del destinatario.

Cass. civ. n. 21201/2017

L'estinzione del processo (sia stata o meno dichiarata dal giudice) elimina l'effetto permanente dell'interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell'art. 2945, comma 2, c.c., ma non incide sull'effetto interruttivo istantaneo della medesima, comunque prodottosi, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda.

Cass. civ. n. 19936/2017

Il termine per la riassunzione del processo a seguito della cessazione della causa di sospensione, costituita dall'esistenza di una controversia pregiudiziale, decorre solo in forza di una conoscenza legale del provvedimento finale, conseguita per effetto di un’attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, che sia dunque normativamente idonea a determinare di per sé detta conoscenza, o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano processuale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la corte di appello aveva ritenuto che la cessazione della causa di sospensione fosse nota alla parte interessata posto che la controversia pregiudiziale pendeva tra le stesse parti e queste erano assistite dagli stessi difensori).

Cass. civ. n. 18318/2015

Nel caso di cumulo di cause scindibili, laddove il giudice - a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze - non separi le cause ma interrompa l'intero processo, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine semestrale previsto dall'art. 305 c.p.c., deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le parti, sicché, ove ricorso e decreto di fissazione dell'udienza di riassunzione non siano stati notificati ad alcune di esse, non può essere dichiarata, rispetto a costoro, l'estinzione parziale del processo, dovendosi invece, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., ordinare la rinnovazione della notifica entro un termine perentorio.

Cass. civ. n. 15539/2014

In caso di litisconsorzio facoltativo e, quindi, di cause scindibili, la nullità, la tardività o l'assoluta mancanza dell'atto di riassunzione del processo nei confronti di alcuni coobbligati non si estende ai rapporti processuali relativi agli altri, nei cui riguardi la riassunzione sia stata validamente e tempestivamente eseguita, estinguendosi il giudizio, in applicazione del principio previsto dall'art. 1306 cod. civ., esclusivamente con riferimento ai primi, nei cui confronti la conseguente declaratoria di estinzione ha natura di sentenza definitiva.

Cass. civ. n. 773/2013

La morte o la perdita della capacità processuale della parte costituita, dichiarata in udienza o notificata alle altre parti dal suo procuratore, produce, ai sensi dell'art. 300, comma secondo, c.p.c., l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione, ed il conseguente termine per la riassunzione, come previsto in generale dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento della dichiarazione o della notificazione dell'evento alle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato o conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione.

Cass. civ. n. 13683/2012

Quando il processo sia stato dichiarato interrotto, la riassunzione è tempestiva quando il relativo ricorso sia stato depositato in cancelleria nel termine di sei mesi, previsto dall'art. 305 c.p.c., con la conseguenza che ove il ricorso col pedissequo decreto di fissazione dell'udienza di riassunzione non sia stato regolarmente notificato, il giudice non può dichiarare l'estinzione del processo, ma deve ordinare la rinnovazione della notifica, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., entro un termine perentorio.

Cass. civ. n. 4851/2012

In tema di interruzione del processo per morte del procuratore costituito, non costituisce mezzo di conoscenza legale dell'evento interruttivo per le altre parti il telegramma inviato dalla parte rappresentata all'organo giudiziario per comunicare l'avvenuto decesso del difensore, senza che abbia rilievo l'avvenuta allegazione dello stesso al fascicolo d'ufficio disposta dal giudice, risolvendosi tale comunicazione in una mera dichiarazione di scienza proveniente da un soggetto privato. Ne consegue che detto telegramma non è idoneo al fine della decorrenza del termine per la riassunzione di cui dall'art. 305 c.p.c..

Cass. civ. n. 1900/2011

In tema di riassunzione, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, il termine di sei mesi di cui all'art. 305 cod. proc. civ. non ha alcun ruolo nella successiva notifica dell'atto volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, con la conseguenza che il vizio o la mancanza della notifica impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'art. 291 cod. proc. civ. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 291, ultimo comma, e 307, terzo comma, cod. proc. civ. Tuttavia, detta estinzione non potrà essere dichiarata ove la parte riassumente si sia adeguatamente e tempestivamente attivata nel richiedere al giudice (assolvendoli sotto il suo diretto controllo) i necessari adempimenti nei termini assentiti per il completamento del subprocedimento notificatorio nei casi di obiettiva difficoltà nell'individuazione del soggetto passivamente legittimato alla prosecuzione del giudizio o di altri oggettivi ostacoli di natura processuale, ad essa parte non imputabili, che risultino indispensabili per la corretta e definitiva individuazione di tale soggetto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva dichiarato estinto il giudizio per non aver la parte provveduto a notificare, nel termine giudizialmente assegnatogli, il ricorso in riassunzione, tempestivamente depositato, ed il decreto di fissazione d'udienza, nonostante essa avesse la necessità di accertare l'esistenza di eredi effettivi della controparte deceduta, con conseguente instaurazione di "actio interrogatoria" ex art. 481 cod. civ. e successiva necessaria richiesta della nomina del curatore dell'eredità giacente).

Cass. civ. n. 16018/2010

In tema di litisconsorzio facoltativo, ove all'interruzione del processo per morte di uno dei creditori o condebitori non segua l'atto di riassunzione effettuato nel termine previsto nei confronti dei suoi eredi, il processo prosegue solo quanto ai rapporti processuali relativi alle parti regolarmente citate, e si estingue, invece, limitatamente alla parte deceduta, in applicazione del principio di cui all'art. 1306 c.c., per cui, anche in caso di rapporto plurisoggettivo solidale, sono possibili le azioni di un solo contitolare o verso un solo contitolare, dirette a perseguire l'adempimento dell'obbligazione.

Cass. civ. n. 17679/2009

In tema di interruzione del processo, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione di una udienza, il rapporto processuale, quiescente, è ripristinato con integrale perfezionamento della riassunzione, non rilevando a tal fine l'eventuale errore sulla esatta identificazione della controparte contenuto nell'atto di riassunzione, che opera, in relazione al processo, in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire. Pertanto, in caso di fusione per incorporazione fra società, seguita dalla cessione dell'azienda dalla società incorporante ad altro soggetto, ove il processo sia stato interrotto a causa della fusione, è sufficiente - ai fini della tempestività della riassunzione e per evitare l'estinzione del processo - il deposito, presso la cancelleria del giudice, dell'atto di prosecuzione del giudizio, ancorché questo sia stato notificato soltanto nei confronti del cessionario dell'azienda e successore a titolo particolare nel diritto controverso, potendo l'incompletezza del contraddittorio essere sanata dal giudice attraverso l'ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della società incorporante, successore a titolo universale.

Cass. civ. n. 24599/2008

Nei confronti della parte di un processo sospeso a norma dell'art. 295 c.p.c., che sia estranea alla causa pregiudiziale, il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione decorre dalla data in cui la parte stessa abbia avuto conoscenza legale, mediante notificazione, comunicazione o dichiarazione, della cessazione della causa di sospensione, con la conseguenza che spetta alla controparte, che eccepisca l'avvenuta estinzione del processo per tardiva riassunzione, provare che l'indicata conoscenza sia stata acquisita dal riassumente nel semestre precedente la presentazione dell'istanza per la fissazione dell'udienza di prosecuzione.

Cass. civ. n. 23848/2008

Quando, a seguito di interruzione del processo, venga depositato nel termine perentorio di cui all'art. 305 c.p.c. un ricorso in riassunzione e sia in tal modo impedita l'estinzione del processo, ove all'udienza fissata per la prosecuzione compaiano le parti cui l'istante avrebbe dovuto notificare il ricorso per realizzare la "vocatio in ius" e non compaia la parte istante, il processo deve regolarmente proseguire, rimanendo irrilevante che quest'ultima non abbia fornito la prova dell'avvenuta notificazione, risultando realizzato in ogni caso, con la comparizione, lo scopo della "vocatio" medesima.

Cass. civ. n. 7443/2008

L'evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell'art. 300, comma secondo, c.p.c., l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell'evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti.

Cass. civ. n. 14854/2006

Verificatasi una causa d'interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata edictio actionis da quello della vocatio in ius, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall'art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in ius. Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l'eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, ultimo comma, e del successivo art. 307, terzo comma.

Cass. civ. n. 950/2005

In tema di conclusione del processo civile, il provvedimento di estinzione del giudizio, adottato dal tribunale in composizione unipersonale o monocratica, ai sensi dell'art. 305 c.p.c., ha il contenuto sostanziale di una sentenza, in quanto contiene una pronuncia definitiva sui presupposti e condizioni processuali della domanda giudiziale. Infatti, posto che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia o meno carattere di ordinanza o di sentenza, deve darsi prevalenza alla sostanza piú che alla forma della decisione, si è in presenza di un'ordinanza quando il provvedimento dispone circa il contenuto formale delle attività consentite dalle parti, mentre si è dinanzi ad una sentenza quando il giudice, nell'esercizio del suo potere giurisdizionale, si pronuncia in via definitiva o non definitiva sul merito della controversia o sui presupposti processuali. Pertanto, ove una parte abbia, in un primo tempo, proposto reclamo avanti allo stesso tribunale che ha emesso la pronuncia estintiva (avente contenuto di sentenza), e questo reclamo sia stato correttamente dichiarato inammissibile, essa — ove intenda dolersi della pronuncia estintiva del giudizio — non deve proporre impugnazione contro il provvedimento d'inammissibilità del reclamo ma avverso il primo, ossia contro quello che abbia dichiarato estinto il giudizio di prime cure (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha cassato con rinvio la pronuncia della corte d'appello che aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione, perchè proposta anzichè contro il secondo provvedimento, nei riguardi del primo, ossia quello dichiarativo dell'estinzione del giudizio, così come correttamente aveva fatto la parte, dopo la prima, erronea, sua iniziativa processuale).

Cass. civ. n. 14040/2003

A seguito della interruzione del processo, la mancata riassunzione nei confronti del terzo chiamato in causa come soggetto effettivamente obbligato comporta l'estinzione, a norma dell'art. 305 c.p.c., in quanto la causa proposta nei confronti del terzo è, in tal caso, inscindibile da quella principale, in ragione del vincolo che unisce le due cause riguardo alla individuazione del soggetto obbligato.

Cass. civ. n. 780/2001

La dichiarazione di estinzione del processo è bensì subordinata alla eccezione della parte interessata, ma il giudice non è vincolato ad attenersi alle ragioni addotte dalla parte medesima a fondamento della eccezione potendo egli rilevare di ufficio il fatto estintivo non dedotto, ovvero sostituire una causa estintiva valida a quella inidonea dedotta dalla parte.

Cass. civ. n. 5160/2000

La mancata riassunzione, nel termine perentorio di sei mesi, del processo dichiarato interrotto (o sospeso) ne determina l'estinzione ai sensi degli artt. 305, (297) e 307 c.p.c., sempre che, al momento della pronuncia di interruzione (o sospensione) siano effettivamente sussistenti i relativi presupposti, con la conseguenza che, qualora risulti invece che essi erano insussistenti, l'inosservanza del suddetto termine perentorio è irrilevante e non comporta l'estinzione del processo tardivamente riassunto. (Nella specie, essendo parte del giudizio l'Ente Ferrovie dello Stato ed essendo intervenuta la sua trasformazione in società per azioni, il processo era stato interrotto nel presupposto che fosse venuto meno lo ius postulandi dell'Avvocatura dello Stato; la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che non aveva dichiarato l'estinzione del giudizio per tardiva riassunzione a seguito della dichiarata interruzione, essendo quest'ultima da ritenersi illegittima a norma dell'art. 15 D.L. n. 16 del 1993, conv. in legge n. 75 del 1993, prevedente che, anche dopo la trasformazione dell'Ente, il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato prosegua nei giudizi pendenti).

Cass. civ. n. 14691/1999

L'art. 305 c.p.c. — a seguito delle sentenze n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976 della Corte costituzionale — deve essere interpretato nel senso che il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo, interrotto per morte o impedimento del procuratore, decorre non dal giorno in cui si è verificato l'evento interruttivo, bensì da quello in cui lo stesso evento sia venuto a conoscenza della parte, interessata alla riassunzione, in forma legale, risultante cioè da dichiarazione, notificazione e certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde acquisita. Pertanto, alla stregua di tale sistema, da un lato il termine suddetto, essendo correlato alla data in cui per ciascuna delle parti si è verificato il menzionato presupposto, non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte e, dall'altro lato, la dimostrazione della legale conoscenza dell'evento in tempo anteriore al semestre precedente la riassunzione o prosecuzione del processo incombe sulla parte che ne eccepisce l'intempestività, non potendo farsi carico all'altra dell'onere di fornire una prova negativa.

Cass. civ. n. 9342/1997

Il mancato rispetto del termine per la riassunzione del processo implica inidoneità ab origine dell'atto di riassunzione a produrre gli effetti a lui propri, in relazione alla intervenuta decadenza, e non consente quindi l'applicazione della sanatoria contemplata dall'art. 156 c.p.c.

Cass. civ. n. 2082/1996

La sospensione del decorso dei termini processuali, che opera di diritto dall'1 agosto al 15 settembre di ogni anno, ai sensi dell'art. 1 della legge 7 agosto 1969, n. 742, riguarda qualsiasi termine processuale, sicché deve applicarsi anche al termine perentorio di sei mesi previsto dall'art. 305 c.p.c. per la riassunzione del processo interrotto a seguito della morte della parte.

Cass. civ. n. 3933/1980

Il termine ordinatorio può essere prorogato solo prima della scadenza, a norma dell'art. 154 c.p.c., con la conseguenza che, lasciato inutilmente scadere, ha gli stessi effetti preclusivi del termine perentorio. Pertanto, il ricorso per la riassunzione del processo sospeso, depositato nel termine di sei mesi, ma che non sia notificato alle controparti nel termine ordinatorio stabilito dal giudice, bensì in quello illegittimamente prorogato dopo la sua scadenza, non produce gli effetti conservativi della tempestiva prosecuzione del processo e la controparte può eccepire l'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, c.p.c. costituendosi nell'udienza fissata con il provvedimento di proroga del termine già scaduto.

Cass. civ. n. 611/1980

In caso di riassunzione del processo interrotto, l'obbligo del rispetto dei termini minimi di comparizione sussiste quando l'interruzione si verifica prima che si sia avuta la costituzione delle parti, mentre quando l'interruzione si verifica successivamente non occorre il rispetto di alcun termine minimo di comparizione, e le esigenze delle parti trovano adeguata garanzia nella valutazione che viene fatta dal giudice stesso, in armonia con le specifiche situazioni di fatto.

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A.D.B. chiede
giovedì 16/09/2021 - Puglia
“In merito ad un giudizio ex art. 702bis pendente davanti al Tribunale per mancato/ritardato pagamento indennità di esproprio ad un privato (A) da parte di un comune (B). Il soggetto (A) muore, il suo legale dichiara il decesso, il Giudice interrompe il Giudizio in data 23/6/2021.
Domande:
1) L'erede di (A) per riassumere il giudizio, deve farlo entro 3 mesi, entro 6 mesi o entro 1 anno ?
2) Al termine di riassunzione previsto si applica l'interruzione feriale (in pratica entro quale data va riassunto il giudizio?)
2) Non essendoci atti di successione, l'erede di (A) per dimostrare il suo titolo a proseguire il giudizio può presentare un certificato storico di famiglia da cui risulta il suo legame con l'attore deceduto o cosa altro ?
Grazie
Saluti

Consulenza legale i 21/09/2021
La norma di riferimento per il caso in esame è l’art. 305 c.p.c., ai sensi del quale il processo interrotto deve essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue.
Inoltre, atteso che la riassunzione della causa è la riattivazione di un processo quiescente, la costante giurisprudenza non ha dubbi sulla natura processuale dei relativi termini e, quindi, sulla soggezione degli stessi all'ordinaria sospensione feriale (ex multis, Cassazione civile sez. II, 08 gennaio 2020, n. 138; Cassazione civile, sez. II, 25 ottobre 2016, n. 21537).
Nel nostro caso, dato che l’interruzione risale al mese di giugno, il termine va calcolato tenendo conto dei tre mesi ex art. 305 c.p.c., a cui vanno aggiunti 31 giorni del mese di agosto, con la conseguenza che –se i riferimenti contenuti nel quesito sono corretti- la riassunzione deve essere promossa entro il 25 ottobre 2021 (trattandosi di termini perentori, comunque, si consiglia di ricontrollare sempre le date e ricalcolare il termine per maggiore sicurezza).

Quanto ai documenti da allegare al ricorso allo scopo di dimostrare la propria qualità di eredi, si nota che gli artt. 303 e 125 non prescrivono nulla al riguardo, lasciando agli interessati la libertà di produrre gli atti più idonei.
In proposito, si rileva che il Ministero dell’Interno ha chiarito (con parere 20.10.2006) che le certificazioni anagrafiche non hanno la funzione di attestare la presenza di eredi e che (v. risposta ad un quesito in data 2 dicembre 2003) il certificato di famiglia storico è unicamente ancorato all'abitazione ed alle persone che in essa hanno convissuto e convivono, indipendentemente dai vincoli di parentela. Esso non può perciò dare certezza circa le relazioni di parentela intercorrenti tra persone coabitanti e, oltretutto, nulla dice circa l'esistenza di eventuali altri vincoli tra persone ed altre non coabitanti, essendo la funzione dell'anagrafe essenzialmente quella di rilevare la presenza stabile, comunque situata, di soggetti nel territorio comunale. Da quanto sopra esposto, risulta dunque evidente come, non essendovi possibilità di provare il rapporto di parentela per mezzo di certificazioni anagrafiche di alcuni tipo, lo stesso debba essere attestato con il ricorso alle dichiarazioni di cui agli artt. 46 e 47 del Testo unico n. 445 del 2000.

Visto quanto sopra, in mancanza di altri atti (ad es. provenienti dall’Agenzia delle entrate), si potrebbe in aggiunta al certificato storico seguire il suggerimento del Ministero dell’Interno e depositare -per maggiore scrupolo- anche una dichiarazione sostitutiva.
In ogni caso, anche se il solo certificato di famiglia storico non mette l’interessato completamente al riparo da contestazioni, si nota che la probabilità che vengano sollevate appare bassa nel caso di specie (dato che sembra essere presente un solo erede), fermo restando che sarà eventualmente la controparte a dover fornire le prove a sostegno di eventuali eccezioni in punto di legittimazione.