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Articolo 806 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Controversie arbitrabili

Dispositivo dell'art. 806 Codice di procedura civile

Le parti possono far decidere da arbitri (1) le controversie tra di loro insorte(2) (3) che non abbiano per oggetto diritti indisponibili(4), salvo espresso divieto di legge.

Le controversie di cui all'articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro(5) (6).

Note

(1) Il testo della norma in analisi è stato riformato dal d.lgs. n.40/2006, il quale ha radicalmente riformulato la versione previgente che così recitava: "Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne quelle previste negli articoli 409 e 442, quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi e le altre che non possono formare oggetto di transazione".
(2) L'arbitrato viene definito come uno strumento con il quale le parti decidono di sottrarre al giudice ordinario la decisione di una determinata controversia per affidarla ad arbitri, ovvero a privati cittadini incaricati dalle parti di decidere la controversia. Tale strumento, quindi, sostituisce la giurisdizione ordinaria e, pertanto, il fatto di stabilire se una controversia appartenga alla cognizione dell'arbitro o del giudice ordinario attiene ad una questione di competenza. Diversamente, il fatto di stabilire se appartenga alla cognizione dell'arbitro o a quella del giudice amministrativo attiene ad una questione di giurisdizione.
Si precisa che è stata riconosciuta all'arbitrato natura giurisdizionale, quale procedimento che si conclude con una decisione, il lodo, avente effetti sovrapponibili a quelli di una sentenza pronunciata dal giudice statale.
(3) I rapporti tra giudice statale e arbitri si pongono sul piano della competenza, pertanto la parte convenuta in giudizio deve sollevare l'eccezione di incompetenza del giudice ordinario a fronte dell'esistenza di un accordo compromissorio, solo nel primo atto difensivo, ovvero nella comparsa di risposta. Questo perché la competenza arbitrale ha carattere relativo e derogabile e va, pertanto, assimilata, alla competenza territoriale. L'eccezione di incompetenza del giudice ordinario costituisce quindi un'eccezione in senso proprio, non rilevabile d'ufficio. Infatti, nel caso in cui la parte non eccepisca l'incompetenza del giudice ordinario, la competenza resta radicata in capo a tale organo.
(4) La disponibilità dell'oggetto della controversia assurge ad unico e sufficiente presupposto dell'arbitrato rituale. La norma in analisi va infatti coordinata con il disposto di cui all'art. 1966 del c.c., in base al quale non possono costituire oggetto di transazione i diritti indisponibili, ossia i diritti riconosciuti dalla legge ad un soggetto per soddisfare non solo un suo interesse, ma anche un interesse super-individuale. Fanno parte della categoria dei diritti indisponibili i diritti personali, attinenti ad esempio, allo status familiae (es.: è nulla la transazione avente ad oggetto il riconoscimento della qualità di figlio naturale o la validità di una adozione). Infine, si precisa che la disponibilità va riferita al diritto azionato e non alle questioni che possono porsi nel percorso logico-giuridico della decisione, fatta eccezione per le questioni che per legge devono essere decise con autorità di giudicato.
(5) Dall'arbitrato rituale disciplinato dalla presente norma va tenuto distinto quello irrituale o libero con cui le parti conferiscono agli arbitri il compito di definire in via negoziale le controversie già insorte o che possono insorgere tra di loro in ordine a determinati rapporti giuridici.
Ancora, si distingue dall'arbitrato rituale il c.d. istituto dell'arbitraggio con cui le parti incaricano un soggetto terzo di determinare un elemento del negozio giuridico in via di formazione, tramite un'attività dalla quale esula qualsiasi contenuto decisorio su questioni controversie.
(6) Vi sono poi alcuni casi in cui la deroga alla competenza del giudice ordinario non dipende dalla volontà delle parti ma dalla legge. Si parla in questo caso di arbitrati obbligatori come ad esempio quelli previsti in materia di brevetti per invenzioni industriali, di infortuni del personale delle poste, di indennità dovuta per i danni arrecati dalle costruzioni eseguite in violazione delle norme sulle bellezze naturali.

Brocardi

Arbiter
Arbiter est qui inter partes iudicis assumit officium, non qui amicabiliter componit

Spiegazione dell'art. 806 Codice di procedura civile

Con il D.lgs. n. 40/2006 è stata rivista l’intera disciplina dell’arbitrato.
In particolare, l’art. 20 di tale decreto ha sostituito gli articoli da 806 a 809, individuando le controversie arbitrabili, la forma del compromesso, il contenuto della clausola compromissoria, l'ambito di applicabilità della convenzione di arbitrato, i criteri di interpretazione ed efficacia, nonché introducendo la disciplina dell'arbitrato irrituale, con specificazione dei casi di annullabilità.
Come fondamentale criterio è stato utilizzato quello della indisponibilità del diritto o disponibilità dell’oggetto, sul presupposto che quest’ultimo concetto sia qualcosa di diverso dalla transigibilità della lite, a cui si riferiva il vecchio art. 806 c.p.c.
Qualora dovesse rendersi necessario decidere questioni pregiudiziali con efficacia di giudicato per legge, gli arbitri dovranno astenersi; il legislatore, infatti, ha previsto la sospensione del procedimento, allorchè la “questione pregiudiziale” debba essere decisa con autorità di giudicato.

La norma in esame enuncia il principio secondo cui le parti possono devolvere ad arbitri le controversie tra di loro insorte, ad eccezione di quelle che abbiano per oggetto diritti indisponibili e salvo espresso divieto di legge.
Per quanto concerne, invece, le cause in materia di lavoro di cui all’art. 409 del c.p.c., queste possono essere decise da arbitri soltanto se previsto dalla legge o dai contratti o dagli accordi collettivi di lavoro; in questo caso, dunque, la devoluzione ad arbitri rappresenta un'eccezione rispetto al principio generale.

La legge non prevede alcun limite con riferimento al tipo di azione proponibile o di pronuncia richiesta, la quale, dunque, potrà essere di accertamento, di condanna, o costitutiva; pertanto, rientrano tra le controversie arbitrabili quelle aventi ad oggetto diritti soggettivi, devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo, purché si tratti di arbitrato rituale.

L'arbitrato può essere definito come quello strumento attraverso cui, a seguito di una serie di attività poste in essere dagli arbitri, si giunge alla risoluzione di una controversia senza ricorrere al potere giurisdizionale.
Gli arbitri non sono altro che dei privati cittadini, scelti liberamente dalle parti e ai quali le stesse sottopongono una controversia, chiedendo di analizzarla e di deciderla (in dottrina l’arbitrato è stato definito come uno strumento attraverso cui le parti, senza ricorrere alla giurisdizione ordinaria, possono risolvere le controversie tra loro insorte ovvero le controversie che tra loro insorgeranno).
Per poter essere avviato, l’arbitrato necessita del previo consenso delle parti coinvolte a seguire tale via in alternativa a quella ordinaria, al contrario di ciò che accade per i giudici statuali, ai quali ci si può rivolgere o dinanzi ai quali si può essere convenuti senza alcun bisogno di previo consenso od accettazione della loro autorità (per tale ragione, l'arbitrato è consentito solo nei confronti di coloro che lo hanno voluto).

Tra i vantaggi che presenta l'istituto dell'arbitrato possono annoverarsi la preparazione tecnica e specifica degli arbitri e la celerità rispetto al processo ordinario, mentre tra gli svantaggi la non imparzialità del giudizio e gli altissimi costi.
Si qualifica come arbitrato rituale quello previsto e disciplinato dal codice di rito avente ad oggetto l'esame, da parte degli arbitri, di un conflitto sorto o che sorgerà in futuro tra le parti, e dal quale scaturirà una decisione; nel momento in cui le parti scelgono di adire l'arbitrato in luogo dell'azione ordinaria, operano una rinuncia alla devoluzione della cognizione di determinate materie alla giurisdizione ordinaria.

Si è a lungo discusso circa la natura giurisdizionale o contrattuale dell'arbitrato.
Secondo la tesi che si ritiene preferibile si tratta sostanzialmente di un giudizio avente natura negoziale, espressione di autonomia negoziale e non di giurisdizione. L’arbitrato, infatti, nasce come negozio di diritto privato, in virtù di un accordo (compromesso-clausola compromissoria) tra le parti e, come tale, rimane per tutto il procedimento (gli arbitri sono privi di determinati poteri riservati esclusivamente ai giudici dello stato e la decisione degli arbitri rispecchia la volontà delle parti).
Altra parte della dottrina, invece, propende per la natura giurisdizionale dell’arbitrato.
La giurisprudenza di legittimità in un primo momento ha aderito all'impostazione negoziale dell'arbitrato, sottolineando come la pronuncia arbitrale sia atto di autonomia privata, in quanto il soggetto da cui proviene (l'arbitro) non è organo giurisdizionale.
Di recente, invece, anche in considerazione della riforma dell'arbitrato del 2006 e del nuovo art. 824 bis del c.p.c. si è ritenuto che l'arbitrato abbia natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario.

Accanto all'arbitrato rituale si è diffuso nella pratica il c.d. arbitrato irrituale (detto anche arbitrato libero), in particolare in ragione degli eccessivi oneri fiscali a cui è soggetto l'arbitrato disciplinato dal codice di procedura civile.
L'arbitrato libero è uno strumento di risoluzione della controversia che contempera due esigenze diverse:
a) affidare la decisione della lite a persone di fiducia dotate di competenze tecniche specifiche;
b) poter giungere alla decisione in tempi molto più rapidi rispetto alla via giudiziaria ordinaria.

Caratteristica principale dell'arbitrato libero è quella che le parti conferiscono a terzi la risoluzione di una controversia mediante un atto negoziale, così impegnandosi ad accettare la decisione degli arbitri come se fosse scaturita dagli stessi.
L'arbitrato libero è volto a risolvere una controversia già insorta tra le parti e la determinazione degli arbitri (lodo) viene considerata dalle stesse parti come espressione della loro diretta volontà (le parti, infatti, firmano un foglio, il c.d. biancosegno, che verrà poi riempito dagli arbitri con la loro decisione).
In linea generale al procedimento arbitrale irrituale non si applicano le norme dettate per l'arbitrato rituale, anche se la giurisprudenza sembra adesso orientata nel senso dell'applicabilità anche nei confronti dell'arbitrato irrituale dell'[810cpc]].

La decisione degli arbitri è soggetta solo ad impugnative di tipo negoziale, per gli stessi motivi che possono invalidare un negozio giuridico, i quali possono riguardare tanto il compromesso o la clausola compromissoria quanto l'attività ed il risultato dell'attività degli arbitri.
Rilevante ai fini dell'impugnazione del lodo è l'errore essenziale e riconoscibile di cui agli artt. 1428, 1429 e 1431 c.c.; è altresì consentita l’impugnazione per il c.d. eccesso dai limiti del mandato, ipotesi che si verifica allorchè gli arbitri abbiano pronunciato al di fuori di quanto devoluto alla loro cognizione.

L'accordo tramite il quale le parti deferiscono ad arbitri la decisione di una controversia viene denominato convenzione arbitrale e può assumere la forma del compromesso ovvero della clausola compromissoria.
Si tratta di un accordo avente natura contrattuale, ma non anche patrimoniale; infatti, la sua funzione è quella di dirimere controversie insorte ovvero che insorgeranno, ma non quella di costituire, modificare o regolare un rapporto giuridico patrimoniale tra le parti.
L'accordo compromissorio è presupposto indispensabile per avviare la procedura arbitrale, tant’è che in sua mancanza il procedimento arbitrale è nullo.
Occorre precisare che mentre il compromesso è un contratto di diritto privato stipulato tra le parti con il quale le stesse si obbligano affinché quanto oggetto del compromesso sia sottratto alla cognizione della giurisdizione ordinaria per rientrare nella cognizione del giudizio arbitrale, la clausola compromissoria è un accordo, inserito in un contratto, con cui le parti, preventivamente, si impegnano affinché una probabile e futura controversia che possa tra loro insorgere venga decisa da arbitri.
La convenzione arbitrale, sia nella forma del compromesso che nella forma della clausola compromissoria, può essere oggetto di rinuncia, esplicita oppure implicita (ricorre quest'ultima ipotesi nel caso in cui le parti, concordemente, si rivolgano al giudice ordinario).

L'art. 806 sancisce il divieto di compromettere in arbitri determinate materie; in particolare, è fatto divieto alle parti di ricorrere all'arbitrato qualora la controversia verta su rapporti individuali di lavoro (art. 409 del c.p.c.) ovvero in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria.
Tuttavia, il secondo comma dell’ art. 808 del c.p.c. ammette la possibilità di inserire, nei limiti e nei modi previsti dalla norma stessa, una clausola compromissoria nei contratti o accordi collettivi, restando sempre in facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria per la tutela dei propri diritti.

Non è possibile deferire agli arbitri le controversie relative a questioni di stato (come ad esempio la tutela o la cittadinanza), separazione personale dei coniugi e tutte le controversie che non possono formare oggetto di transazione.

Si ritiene che tale elencazione sia tassativa, anche se vi sono materie che seppure non siano esplicitamente contemplate, sfuggono alla cognizione arbitrale, in quanto incompatibili per loro natura con la struttura del processo arbitrale.
L'arbitrato è incompatibile con il processo esecutivo, con il processo cautelare e con i procedimenti possessori.

Altra forma di arbitrato è quello internazionale, disciplinato dagli artt. 832836; ad esso si fa ricorso in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
A) condizione soggettiva: almeno una delle parti deve risiedere o avere la propria sede effettiva all'estero;
B) condizione oggettiva: deve essere eseguita all'estero una parte rilevante delle prestazioni che derivano dal rapporto al quale si riferisce la controversia.
Arbitrato ad hoc, arbitrato istituzionale (amministrato), arbitrato obbligatorio

Si definisce “arbitrato istituzionale” (o amministrato) quell'arbitrato che viene posto in essere da specifiche strutture a richiesta delle parti, come nel caso dell'arbitrato posto in essere dalle Camere di Commercio
L'arbitrato, invece, si qualifica come “obbligatorio” allorchè la scelta di derogare alla giurisdizione in favore dell'arbitrato non viene fatta dalle parti ma dalla legge (è questo il caso degli arbitrati previsti in materia di brevetti per invenzioni industriali).

Infine, si qualifica come “arbitraggio” quell’atto giuridico deferito ad un terzo, dalle parti, in sede di conclusione di un contratto, al fine di procedere alla determinazione di un punto del contenuto del contratto ovvero al fine di integrare un elemento del contratto (art. 1349 del c.c.).

Massime relative all'art. 806 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 34569/2021

L'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 25 del 1994 e dal d.lgs. n. 40 del 2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 28508/2020

n tema di impugnazioni delle delibere assembleari, il comma 2 dell'art. 1137 c.c., nel riconoscere ad ogni condomino assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri delle relative controversie, le quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli articoli 806 e 808 c.p.c.. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/02/2019).

Cass. civ. n. 23418/2020

L'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n.25 del 1994 e dal d.lgs. n.40 del 2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione; pertanto la questione circa l'eventuale non compromettibilità ad arbitri della controversia, per essere la stessa riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo, integra una questione di giurisdizione che, ove venga in rilievo, il giudice dell'impugnazione del lodo arbitrale è tenuto ad esaminare e decidere anche d'ufficio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 21/11/2013).

Cass. civ. n. 19823/2020

In tema di arbitrato, anche nel regime previgente al d.lgs. n. 40 del 2006, configurandosi la devoluzione della controversia agli arbitri come rinuncia alla giurisdizione dello Stato, attraverso la scelta di una soluzione della controversia con uno strumento di natura privatistica, la relativa eccezione deve ritenersi propria od in senso stretto, in quanto avente ad oggetto la prospettazione di un fatto impeditivo dell'esercizio della giurisdizione statale, con la conseguenza che va proposta dalle parti nei tempi e nei modi propri delle eccezioni di merito non rilevabili d'ufficio. Tuttavia, la proposizione dell'eccezione contestualmente alla domanda riconvenzionale nella comparsa di risposta non implica la necessità di subordinare espressamente la seconda al rigetto della prima, onde evitare che essa sia ritenuta rinunciata, in quanto l'esame della domanda riconvenzionale è ontologicamente condizionato al mancato accoglimento dell'eccezione di compromesso. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 05/06/2014).

Cass. civ. n. 14665/2019

Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della deliberazione di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale di cui all'art. 2447 c.c., per violazione delle norme sulla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2446 c.c., vertendo tale controversia, al pari dell'impugnativa della delibera di approvazione del bilancio per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, su diritti indisponibili, essendo le regole dettate dagli artt. 2446 e 2447 c.c. strumentali alla tutela non solo dell'interesse dei soci ma anche dei terzi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale la Corte di Appello aveva ritenuto che la finalità perseguita dall'art. 2446 c.c. fosse differente rispetto a quella sottesa alle norme sulla redazione del bilancio, mirando unicamente a consentire ai soci di conoscere la situazione finanziaria della società, al fine di deliberare consapevolmente).

Cass. civ. n. 27736/2018

Attengono a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., soltanto le controversie relative all'impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabili anche di ufficio dal giudice, cui sono equiparate, ai sensi dell'art. 2479 ter c.c., quelle prese in assoluta mancanza di informazione, sicché la lite che abbia ad oggetto l'invalidità della delibera assembleare per omessa convocazione del socio, essendo soggetta al regime di sanatoria previsto dall'art. 2379 bis c.c., può essere deferita ad arbitri.

Cass. civ. n. 20825/2018

L'operazione di leasing finanziario, pur non dando luogo a un contratto plurilaterale, realizza un collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing, che legittima l'utilizzatore a esercitare in nome proprio le azioni scaturenti dal contratto di fornitura; pertanto,la clausola compromissoria contenuta nel contratto di fornitura deve ritenersi operante anche nei confronti dell'utilizzatore.

Cass. civ. n. 20674/2016

Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione. Invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall'impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell'interesse di ciascun socio ad essere informato dell'andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell'ente, trascendono l'interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili.

Cass. civ. n. 3464/2015

In tema di arbitrato, la clausola compromissoria è riferibile a tutte le controversie civili o commerciali attinenti a diritti disponibili nascenti dal contratto cui essa accede, sicché la rinunzia ad avvalersene in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non implica, di per sé, una definitiva e complessiva abdicazione alla stessa in relazione ad ogni altra controversia, a meno che le parti - con accordo la cui validità presuppone il rispetto delle condizioni di forma e di sostanza proprie di un patto risolutivo degli effetti del patto compromissorio - non abbiano rinunziato definitivamente alla clausola compromissoria nel suo complesso.

Cass. civ. n. 13031/2014

Le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio sono inderogabili in quanto la loro violazione determina una reazione dell'ordinamento a prescindere dalla condotta delle parti e rende illecita la delibera di approvazione e, quindi, nulla. Tali norme, infatti, non solo sono imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dall'interesse dei singoli soci ad essere informati dell'andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l'effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell'ente. Ne consegue che, non essendo venuta meno l'indisponibilità dei diritti protetti dalle suddette disposizioni a seguito della riforma di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 - che agli artt. 2434 bis e 2379 cod. civ. ha previsto termini di decadenza per l'impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio e, in via generale, per l'impugnazione delle delibere nulle - non è compromettibile in arbitri la controversia relativa alla validità della delibera di impugnazione del bilancio.

Cass. civ. n. 3887/2014

L'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una persona giuridica privata è compromettibile in arbitri, concernendo essa, pur se posta a tutela di un interesse "collettivo", diritti patrimoniali disponibili all'interno di un rapporto contrattuale, senza coinvolgere interessi di terzi estranei, se non in modo eventuale ed indiretto, ferma l'inapplicabilità dell'art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, alla relativa clausola statutarie, trattandosi di disposizione dettata per l'arbitrato societario.

Cass. civ. n. 2126/2014

In tema di arbitrato, è preclusa la compromettibilità in arbitri delle controversie relative ad interessi legittimi, con riferimento alle posizioni soggettive dei privati su cui incidono gli atti autoritativi della P.A., in quanto sottratte alla disponibilità delle parti.

Cass. civ. n. 16265/2013

Attengono a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., soltanto le controversie relative all'impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabile anche di ufficio dal giudice, cui sono equiparate, ai sensi dell'art. 2479 ter c.c., quelle prese in assoluta mancanza di informazione, sicché la controversia che abbia ad oggetto l'interpretazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea di una società a responsabilità limitata, in cui si discuta esclusivamente se concerna le dimissioni del ricorrente dalla carica di amministratore delegato o anche da quella di componente del consiglio di amministrazione, in quanto suscettibile di transazione, può essere deferita ad arbitri.

Cass. civ. n. 6284/2013

Il divieto di compromettibilità in arbitri, stabilito con riferimento alle controversie relative alla determinazione del canone dall'art. 54 della legge 27 luglio 1978, n. 392, non preclude agli arbitri - investiti della domanda di rescissione per eccessiva sproporzione tra il corrispettivo dovuto al locatore ed il godimento dell'immobile - di confrontare il canone corrisposto in forza di un precedente contratto di locazione e quello della cui sproporzione si controverte, atteso che tale valutazione incidentale non ha alcuna incidenza sulla determinazione del canone precedentemente pattuito, il quale viene in rilievo solo come parametro indiziario della dedotta lesione "ultra dimidium".

Cass. civ. n. 15890/2012

La controversia sulla nullità della delibera assembleare di una società a responsabilità limitata, in relazione all'omessa convocazione del socio, quale soggetta al regime di sanatoria previsto dall'art. 2379 bis c.c., è compromettibile in arbitri, atteso che l'area della non compromettibilità è ristretta all'assoluta indisponibilità del diritto e, quindi, alle sole nullità insanabili.

Cass. civ. n. 30519/2011

Le controversie associative possono formare oggetto di compromesso, con esclusione soltanto di quelle che coinvolgono interessi protetti da norme inderogabili. (Nel caso di specie, la C.S. ha ritenuto assoggettabile ad arbitrato l'impugnazione della deliberazione assembleare, censurata dall'associato per la convocazione tardiva, l'omessa considerazione di una richiesta di rinvio, l'erroneo calcolo delle maggioranze, l'esclusione dello scopo di lucro del sodalizio, la limitazione dell'attività del medesimo entro la regione e la previsione dell'approvazione di un bilancio preventivo entro il 30 novembre di ciascun anno).

Cass. civ. n. 2611/1985

Le controversie concernenti diritti disponibili possono essere oggetto tanto di arbitrato rituale, quanto di arbitrato irrituale o libero, indipendentemente dalla circostanza che la legge ne contempli la risoluzione in via giudiziaria mediante azione tipica. Pertanto, la clausola dello statuto di una società cooperativa edilizia, che devolva ad arbitri le questioni che insorgano sulla legittimità della delibera di esclusione del socio, può integrare, investendo posizioni soggettive disponibili (all'infuori della ipotesi della società composta da due soci, nella quale l'esclusione coinvolge gli interessi generali relativi alla vita della società stessa), sia l'uno che l'altro tipo di arbitrato, a secondo che la volontà delle parti sia rivolta ad ottenere dagli arbitri una pronuncia di tipo giurisdizionale, in esito allo specifico procedimento all'uopo contemplato dal codice di rito, ovvero a conferire agli stessi mandato per una soluzione negoziale della contesa, che si impegnano preventivamente a far propria.

Cass. civ. n. 3406/1984

L'art. 1137, secondo comma, c.c., nel riconoscere ad ogni condomino dissenziente la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.c. Conseguentemente, è valida la norma del regolamento condominiale relativa al deferimento ad arbitri del ricorso contro le deliberazioni assembleari viziate da nullità o annullabilità, senza che rilevi in contrario, in relazione alla tutela assicurata dall'art. 1137 citato, l'impossibilità per gli arbitri di sospendere l'esecuzione della delibera impugnata, sempre invocabile dinanzi al giudice ordinario ai sensi dell'art. 700 c.p.c., né la prevista rimessione della nomina di uno degli arbitri al condominio, la cui inerzia è superabile con ricorso al presidente del tribunale competente ex art. 810, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 2084/1984

La clausola compromissoria, con cui nel contratto sociale i soci (nella specie: di una società in nome collettivo) rimettano ad arbitri le controversie in ordine all'esclusione di soci dalla società, è giuridicamente valida, alla luce dell'art. 806 c.p.c., e, comporta, con il sostituire al giudizio di opposizione previsto dall'art. 2287 c.c., un giudizio arbitrale, il venir meno, senza possibilità di reviviscenza del termine di decadenza (trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento di esclusione) fissato da quest'ultima norma per l'inizio dell'azione davanti al tribunale, trattandosi di termine disponibile, ed incompatibile con la struttura del procedimento arbitrale. Tale termine, pertanto, ove vi sia stata concorde rinunzia al procedimento arbitrale, non può trovare più applicazione per l'opposizione ex art. 2287 citato, che sia stata successivamente proposta.

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Consulenza legale i 23/04/2012

Ai sensi dell'art. 1385 del c.c. se al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.

Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.

Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.

Nel caso prospettato, in sede di preliminare di vendita l'acquirente ha versato al venditore una determinata somma a titolo di caparra confirmatoria. Pertanto, risultando il venditore inadempiente egli sarà obbligato a restituire il doppio della caparra prestata, una volta richiesta a buon diritto dal compratore.