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Articolo 157 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Rilevabilità e sanatoria della nullità

Dispositivo dell'art. 157 Codice di procedura civile

Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d'ufficio (1).

Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso.

La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente (2).

Note

(1) In ordine al regime della rilevabilità, la legge prevede come regime generale quello della rilevabilità su eccezione di parte, prevedendo espressamente i casi in cui la nullità possa essere rilevata d'ufficio. Nel primo caso rientrano le ipotesi di nullità relativa, la quale può essere sanata se non viene eccepita dalla parte nei modi e limiti previsti dai commi seguenti oppure se l'atto ha raggiungo lo scopo (art. 156 del c.p.c.). Nel secondo caso rientrano le nullità assolute le quali sono sanabili ma soltanto nell'ipotesi in cui l'atto abbia raggiunto lo scopo per il quale era stato preordinato.
(2) La nullità viene sollevata dalla parte mediante un'apposita istanza che consiste in una vera e propria un'eccezione processuale. Tuttavia, la norma in esame indica espressamente delle limitazioni alla possibilità di eccepire la nullità, ovvero un limite temporale, in quanto deve essere proposta nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso; un limite positivo, poichè va proposta dalla parte nel cui interesse è stabilito un requisito, la cui mancanza ha causato il vizio; infine, un limite negativo, in quanto l'istanza non può essere proposta da chi ha causato la nullità o da chi ha rinunciato a farla valere.

Ratio Legis

La norma indica la distinzione tra nullità assolute e nullità relative in ragione della maggiore o minore gravità del vizio che inficia l'atto. La nullità assoluta può essere pronunciata dal giudice anche d'ufficio, nei casi espressamente previsti dalla legge, mentre la nullità relativa, può essere dchiarata solo previa istanza di parte. Alle due ipotesi descritte corrisponde anche una diversa disciplina sanatoria.

Spiegazione dell'art. 157 Codice di procedura civile

Con questa norma il legislatore ha inteso sostanzialmente porre dei limiti alla possibilità che venga pronunciata la nullità di un atto processuale.
Viene innanzitutto prevista al primo comma una limitazione di carattere soggettivo, precisandosi che il potere di far valere la nullità spetta ad alcune soltanto delle parti, escludendosene il riconoscimento in favore di quelle che non vi abbiano giuridicamente interesse o che abbiano concorso a determinare la nullità.
Perché si possa dire che una parte abbia dato causa all’atto invalido è sufficiente che la stessa abbia posto in essere le condizioni necessarie per la sua realizzazione ad opera di un soggetto diverso, mentre sarebbe insufficiente il comportamento meramente omissivo consistente nel non curarsi di rinnovare o regolarizzare tempestivamente l’atto.

La mancata proposizione dell’eccezione di nullità comporta che l’atto si inserisce nella serie processuale, producendo validamente i propri effetti; si parla di sanatoria dell’atto nullo, per aversi la quale occorre indubbiamente che l’estinzione del potere di eccezione si verifichi riguardo a tutti i soggetti che potrebbero avvalersene.

Come è dato leggere al secondo comma della norma, alla valutazione soggettiva della parte, titolare del potere di eccezione, si accompagna anche un fattore oggettivo, essendo espressamente previsto un termine di decadenza legato alla prima istanza o difesa successiva al compimento dell’atto viziato o alla notizia di esso, ciò che risponde ad una esigenza di non perpetuare l’incertezza sulla sorte dell’atto (consolidandone gli effetti se la parte a cui compete il potere di eccezione non insorge immediatamente denunciando il vizio).

Occorre precisare che la sanatoria per difetto di tempestiva eccezione di parte si produce solo se la parte abbia avuto conoscenza effettiva dell’atto della cui nullità si tratta, e non in caso di sua sola potenziale conoscenza.

La regola posta dal primo comma, secondo cui la nullità non è di regola rilevabile d’ufficio, si ritiene che sia applicabile alle sole nullità definite “formali”, mentre il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità sarebbe riferibile alle c.d. nullità “non formali”.
Il fondamento di tale regola sarebbe essenzialmente da ricondurre all’interesse per il quale la legge predispone un determinato requisito, nel senso che mentre il carattere formale della nullità si accompagna all’interesse di parte, la nullità relativa al difetto dei presupposti e, quindi, non formale, rientrerebbe tra le regole di corretto funzionamento del processo, per il rispetto delle quali si giustifica l’intervento del giudice.

In tal senso si possono richiamare diverse ipotesi di invalidità attinenti ad atti di acquisizione probatoria, in relazione ai quali la giurisprudenza riconosce la sanabilità per acquiescenza o convalidazione soggettiva se l’eccezione non viene tempestivamente proposta, richiamandosi a sostegno di ciò proprio la circostanza per cui ciò che rileva è unicamente l’interesse della parte alla formazione della prova.
Ad esempio, è stato statuito che l’inammissibilità della prova per testi nei contratti, derivante dalla previsione della forma scritta ad probationem, non attinendo all’ordine pubblico ma alla tutela di interessi privati, non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata

Sempre in relazione al secondo comma, ci si è posti il problema se sia o meno necessario un interesse concreto a far valere la nullità, ovvero se la parte che la eccepisce debba anche dimostrare un pregiudizio effettivamente subito in conseguenza della mancanza o del vizio attinente al requisito che la legge pone a suo esclusivo vantaggio.
Malgrado il contrasto di opinioni al riguardo, sembra prevalere la tesi secondo cui per la proposizione dell’eccezione non occorre un concreto pregiudizio.

Massime relative all'art. 157 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 27607/2019

La violazione delle norme sulla notificazione della citazione, con conseguente nullità della stessa, e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto, con conseguente erronea dichiarazione della sua contumacia, costituiscono eccezioni "de iure tertii", che non possono essere sollevate da altro convenuto, in quanto deducibili soltanto dalla parte direttamente interessata.

Cass. civ. n. 4868/2019

Dà causa a una nullità, ai sensi dell'art. 157, comma 3, c.p.c., la parte che ometta sia di attivarsi per acquisire nella cancelleria del giudice informazioni sulle vicende processuali che la riguardino, sia di rilevare l'esistenza di un errore materiale, agevolmente rilevabile, in un provvedimento istruttorio, quando l'una o l'altra di tali attività avrebbero consentito di prevenire il compimento dell'atto nullo da parte del giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto non opponibile, ad opera del procuratore costituito di una delle parti, la nullità derivante dalla mancata comunicazione del differimento d'ufficio di un'udienza già fissata, sul presupposto che egli avrebbe potuto agevolmente avvedersi dell'errore di inserimento del proprio nome di battesimo nel registro informatico della cancelleria, che tale nullità aveva determinato).

Cass. civ. n. 1036/2019

Il giudice può rilevare d'ufficio la nullità di un contratto, a norma dell'art. 1421 c.c., anche ove sia stata proposta domanda di annullamento (o di risoluzione o di rescissione), senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, atteso che in ognuna di tali domande è implicitamente postulata l'assenza di ragioni che determinino la nullità del contratto medesimo. L'efficacia della pronuncia, tuttavia, non può eccedere i limiti della causa, la cui efficacia si deve conformare al perimetro della domanda proposta, potendo tuttavia estendersi all'intero rapporto contrattuale se questa lo investa interamente.

Cass. civ. n. 21381/2018

La regola dettata dall'art. 157, comma 3, c.p.c., secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d'ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest'ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo.

Cass. civ. n. 15747/2018

La nullità della consulenza tecnica d'ufficio - ivi compresa quella dovuta all'eventuale ampliamento dell' indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – è soggetta al regime di cui all'art. 157 c.p.c., avendo carattere di nullità relativa, e deve, pertanto, essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata.

Cass. civ. n. 19714/2017

Ai fini della nullità della notifica il destinatario, che sostenga di aver trasferito la residenza in altro comune, non solo deve produrre una certificazione del comune di nuova residenza, dalla quale risulti l'iscrizione nei registri anagrafici di quel comune in data precedente a quella della notifica, ma deve anche provare la tempestiva dichiarazione fatta al comune che ha abbandonato con la stessa decorrenza.

Cass. civ. n. 19427/2017

Le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d'ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicché sono soggette al termine di preclusione di cui al comma 2 dell'art. 157 c. p. c., dovendo, pertanto, dedursi - a pena di decadenza - nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito.

Cass. civ. n. 5579/2016

Qualora l'avvocato sia sostituito in udienza da praticante non abilitato alla causa, in quanto di valore superiore ai limiti di cui all'art. 7 della l. n. 479 del 1999, l'invalidità che ne deriva resta sanata se non sia fatta rilevare entro la prima istanza o difesa successiva, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c., trattandosi di nullità relativa che non incide sulla regolare costituzione in giudizio della parte.

Cass. civ. n. 4448/2014

Le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d'ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, sicché sono soggette al termine di preclusione di cui al secondo comma dell'art. 157 cod. proc. civ., dovendo, pertanto, dedursi - a pena di decadenza - nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito.

Cass. civ. n. 3855/2014

La regola dettata dall'art. 157, terzo comma, cod. proc. civ., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi nei quali la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte, e non riguarda, perciò, le ipotesi in cui, invece, questa debba essere rilevata d'ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo.

Cass. civ. n. 23851/2011

Nel procedimento di verificazione della scrittura privata, la nullità della consulenza tecnica d'ufficio derivante dal fatto che il consulente si sia avvalso di scritture di comparazione non preventivamente indicate dal giudice (in mancanza di accordo delle parti), a norma dell'art. 217 secondo comma c.p.c., resta sanata, ai sensi dell'art. 157 c.p.c. se non dedotta dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al deposito della consulenza stessa.

Cass. civ. n. 17495/2011

In materia di nullità dell'atto di citazione, i vizi riguardanti la "editio actionis" sono rilevabili d'ufficio dal giudice, nè sono sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo questa inidonea a colmare le lacune della citazione stessa, che compromettono il suo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito, sulla quale dovrà formarsi il giudicato sostanziale; ne consegue che non può farsi applicazione degli artt. 156, terzo comma, e 157 c.p.c. essendo la nullità in questione prevista in funzione di interessi che trascendono quelli del convenuto.

Cass. civ. n. 7765/2010

L'inammissibilità della prova per testi nei contratti, derivante dalla previsione della forma scritta "ad probationem", non attiene all'ordine pubblico ma alla tutela d'interessi privati, per cui non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata, entro il termine previsto dall'art. 157, secondo comma, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva al suo configurarsi.

Cass. civ. n. 1098/2010

La regola, dettata dall'art. 157 c.p.c., secondo cui l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale presuppone che la medesima sia stata dedotta dalla parte, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni d'invalidità, costituisce un principio generale, applicabile a tutti i processi speciali di cognizione, ivi compreso il procedimento per la dichiarazione di fallimento. Ne consegue che la nullità della "vocatio in ius" derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparazione previsto dall'art. 15, terzo comma, della legge fall., resta sanata nel caso in cui il debitore non l'abbia specificamente dedotta nella memoria di costituzione, difendendosi nel merito.

Cass. civ. n. 12952/2007

Per far valere quale motivo di appello un vizio di nullità relativa che abbia inficiato il giudizio di primo grado, riflettendosi sulla validità della relativa sentenza, è necessario, in considerazione del disposto di cui all'art. 157 c.p.c., che la parte interessata lo abbia dedotto tempestivamente nella prima istanza o difesa successiva all'atto ritenuto invalido, ovvero alla notizia di esso, e che non abbia, quindi, rinunciato tacitamente ad eccepirlo, così implicitamente sanandolo, poiché, in caso contrario, il relativo motivo di impugnazione è da ritenersi inammissibile per carenza di interesse, fermo restando peraltro, che, anche quando non si sia verificata la preclusione a far valere la suddetta nullità processuale, è necessario che la parte impugnante indichi specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dalla invocata invalidità. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale si era censurata la sentenza di appello per non aver pronunciato sull'eccezione di nullità per violazione del principio del contraddittorio nel giudizio di primo grado verificatasi in apposita udienza, avendo lo stesso ricorrente ammesso di aver partecipato a quella immediatamente successiva nella quale non aveva formulato alcuna eccezione, così producendo la sanatoria della presunta nullità ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 157 c.p.c.).

Cass. civ. n. 17013/2003

Agli effetti della norma di cui al secondo comma dell'art. 157 c.p.c. — applicabile, in difetto di norme speciali, anche al procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati —, affinché sorga, per la parte che vi abbia interesse, l'onere di opporre la nullità dell'atto nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso, occorre che il denunziante, nel cui interesse è stabilito il requisito che si assume mancante, abbia avuto notizia effettiva — e non soltanto potenziale — dell'atto che si afferma nullo. (Nella specie era in discussione la tempestività della denuncia di nullità della notificazione della decisione del Consiglio dell'ordine, avvenuta a mani di persona asseritamene in nessun modo collegata o riferibile all'incolpato, nullità dall'incolpato medesimo fatta valere per la prima volta con il ricorso per cassazione avverso la decisione del CNF, dichiarativa dell'inammissibilità, per tardività, dell'impugnazione dinanzi ad esso proposta; enunciando il principio di cui in massima, le S.U. hanno ritenuto irrilevante la circostanza che — ai sensi dell'art. 59 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, recante Norme integrative e di attuazione dell'Ordinamento professionale forense — gli atti del procedimento disciplinare debbano essere depositati e le parti possano prenderne visione, atteso che, ai fini dell'art. 157 del codice di rito, ciò che viene in gioco è la conoscenza, e non la mera conoscibilità dell'atto).

Cass. civ. n. 435/2003

Il principio della rilevabilità d'ufficio della nullità dell'atto va necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e trova applicazione soltanto quando la nullità si ponga come ragione di rigetto della pretesa attorea (ad esempio: di esecuzione di un contratto nullo), non anche quando sia invece la parte a chiedere la dichiarazione di invalidità di un atto ad essa pregiudizievole, dovendo in tal caso la pronuncia del giudice essere circoscritta alle ragioni di illegittimità denunciate dall'interessato, senza potersi fondare su elementi rilevati d'ufficio o tardivamente indicati, giacchè in tal caso l'invalidità dell'atto si pone come elemento costitutivo della domanda attorea. (Nella specie, in relazione all'impugnativa di un licenziamento, era stata dedotta, in primo grado, la simulazione del passaggio di un lavoratore da una società alle dipendenze di un'altra società, al fine di potere attribuire alla prima il licenziamento e, perciò, invocare la tutela reale in relazione al numero dei dipendenti della stessa, ed il giudice di primo grado, escludendo l'invocata simulazione, aveva ritenuto la nullità del predetto passaggio, perché in frode alla legge; in base al principio sopraesposto, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello, che aveva riformato quella di primo grado perché affetta da ultrapetizione).

Cass. civ. n. 365/2003

Ai sensi dell'art. 157 c.p.c., affinché sussista l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità relativa di un atto processuale, è necessario che la deduzione della medesima ad opera della parte avvenga, oltre che tempestivamente, con la specificazione delle ragioni dell'invalidità. (Sulla base del principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto non sufficiente la deduzione, ad opera del convenuto, della nullità della citazione fatta attraverso il mero richiamo, in forma generica, delle norme coinvolte — nella specie gli artt. 163, numero 7, e 164 c.p.c. —, in mancanza della specificazione dell'elemento della norma — indicazione dell'udienza, invito a costituirsi nel termine, avvertimento che la costituzione oltre il termine implica le decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. — cui la deduzione era riferita).

Cass. civ. n. 16034/2002

La prova testimoniale, raccolta prima della integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario pretermesso, è affetta da una nullità posta a tutela della sola parte pretermessa; solo questa potrà quindi farla valere nei modi indicati dall'art. 157, secondo comma, c.p.c., ovvero deducendola nel suo primo atto difensivo, non appena interviene in giudizio.

Cass. civ. n. 10143/2002

Quando la legge imponga la introduzione del giudizio con citazione anziché con ricorso e l'adozione del rito ordinario anziché quello camerale, il fatto che il giudizio erroneamente sia introdotto con ricorso e si svolga col rito camerale non comporta la invalidità del giudizio stesso, per il principio della conversione degli atti nulli che abbiano raggiunto il loro scopo (art. 156 c.p.c.), quando dall'erronea inversione non sia derivato un concreto pregiudizio per alcuna delle parti relativamente al rispetto del contraddittorio, all'acquisizione delle prove e, più in generale, a quant'altro possa aver impedito o anche soltanto ridotto la libertà di difesa consentita nel giudizio ordinario.

Cass. civ. n. 9553/2002

In tema di incapacità a testimoniare, la sanatoria, prevista dall'art. 157, comma secondo, c.p.c., della nullità della deposizione resa da teste incapace, per decadenza della parte interessata dalla facoltà di eccepire il vizio, risponde a un principio di ordine pubblico, rappresentato dall'esigenza di speditezza del procedimento, i cui atti non possono restare esposti ad eccezioni di nullità per un periodo di tempo indefinito. Ne consegue che la decadenza della parte dalla eccezione di nullità e la corrispondente sanatoria della nullità dell'atto sono rilevabili di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento (salva la preclusione da giudicato) e possono, quindi, essere prospettate per la prima volta anche nel giudizio di legittimità.

Cass. civ. n. 7256/2002

La norma di cui all'art. 157, secondo comma, c.p.c. deve essere interpretata nel senso che la parte interessata ha l'onere di eccepire la nullità di un atto del processo (nella specie, violazione dell'art. 244 c.p.c. in tema di ammissione di prove testimoniali) nella prima istanza o difesa successiva all'atto stesso (o alla notizia di esso), ma non anche quello di reiterare l'eccezione in sede di precisazione di conclusioni. La mancata precisazione delle conclusioni, pertanto, non equivale a rinuncia, la quale può essere, al più, desumibile, ai sensi dell'art. 157, terzo comma, c.p.c., solo se l'eccezione non venga reiterata nel caso di precisazione delle conclusioni.

Cass. civ. n. 12293/2001

Il terzo che, pur essendo stato chiamato in causa da un difensore sfornito della procura a proporre istanze eccedenti l'ambito originario della lite, si costituisca in giudizio e, invece di eccepire la nullità dell'atto di chiamata, accetti il contraddittorio sul merito, non può più dedurre tale nullità (né la stessa può essere rilevata d'ufficio dal giudice) nell'ulteriore corso del procedimento.

Cass. civ. n. 4948/2001

La regola dettata dal terzo comma dell'art. 157 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi in cui la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte e non riguarda, perciò, i casi in cui, invece, questa debba essere rilevata d'ufficio. La regola non trova quindi, applicazione, quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice al quale incombeva l'obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio del processo. (Nella specie, in una causa di divisione, l'appellante non aveva notificato l'atto di impugnazione a tutti i condividendi e il giudice di secondo grado non aveva disposto l'integrazione del contraddittorio, la S.C., enunciando il principio sopra citato, ha cassato la sentenza di appello, rinviando ad altra sezione della medesima Corte).

Cass. civ. n. 7919/1999

Il divieto di nuovi mezzi di prova in grado di appello, sancito dall'art. 437, secondo comma, c.p.c., si riferisce solo alle prove costituende, richiedenti una ulteriore attività processuale, e non anche a nuovi documenti la cui produzione è ammissibile — e soggiace al regime stabilito dall'art. 157, comma secondo, c.p.c. sicché la parte interessata deve far valere eventuali nullità ad essa relative nella prima istanza o difesa successiva alla produzione stessa o alla notizia di essa — a prescindere dal carattere effettivamente «nuovo» della documentazione offerta in sede di impugnazione, se cioè questa sia, o meno, preesistente rispetto al precedente grado del giudizio.

Cass. civ. n. 4690/1999

In tema di prova testimoniale dei contratti, il principio per cui le nullità riguardanti l'ammissione e l'espletamento della prova in violazione degli artt. 2721 e ss. c.c. hanno carattere relativo, onde non essendo rilevabili d'ufficio restano sanate se non eccepite dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva alla loro verificazione (art. 157 c.p.c.), trova deroga soltanto nel caso in cui la scrittura sia imposta dalla legge a pena di nullità, cioè non per la prova, ma per l'esistenza stessa del contratto.

Cass. civ. n. 5369/1998

Ai sensi dell'art. 157 comma secondo c.p.c., affinché sussista l'obbligo del giudice di esaminare l'eccezione di nullità (relativa) di un atto processuale, è necessario che la deduzione della medesima ad opera della parte avvenga nella prima istanza successiva all'atto viziato o alla notizia di esso, atteso che, in mancanza di tale deduzione, la nullità resta sanata e non può più essere eccepita dalla parte che, non opponendosi nella prima difesa successiva all'atto, ha implicitamente rinunciato a farla valere.

Cass. civ. n. 12608/1997

Per il disposto dell'art. 157 c.p.c. la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa e, quindi, in caso di mancata integrazione del contraddittorio dalla parte che abbia omesso la notifica dell'atto di impugnazione al proprio litisconsorte.

Cass. civ. n. 8232/1997

Dalla disamina della (complessa) disciplina delle nullità processuali può desumersi il principio generale secondo cui la mancanza di una pronuncia «costitutiva» di nullità da parte del giudice procedente consente, all'atto processuale viziato (in via assoluta o relativa), di produrre, comunque, i suoi effetti, con la conseguenza che, al fine di addivenire alla detta pronuncia, il giudicante deve rilevare la nullità, se assoluta, (al più tardi) prima di pronunziarsi nel merito della res dubia, e, se relativa, per effetto della tempestiva denunzia fattane dalla parte (che non vi abbia dato causa) nei termini di cui all'art. 157 (e, comunque, prima della sentenza). La mancanza di tale attività di rilevazione da parte del giudice di primo grado comporta la formazione, in seno alla resa pronuncia di merito, di una sottostante ed implicita statuizione di regolarità formale del processo, rimediabile soltanto attraverso il tempestivo esperimento dei rituali mezzi di impugnazione (non totalmente devolutivi) dell'appello e del ricorso per cassazione, il cui utile esercizio postula una specifica, espressa deduzione dell'errore che si assume viziare la pronuncia impugnata, pena la formazione di un giudicato (cosiddetto «interno»), ostativo, per il giudice del gravame, ad ogni ulteriore verifica ex officio della regolarità del primo giudizio (salve le ipotesi tassativamente previste dagli artt. 354 e 375 c.p.c.).

Cass. civ. n. 7088/1992

La nullità della consulenza tecnica d'ufficio per non essere stata data alle parti ed ai loro difensori la comunicazione della data di inizio delle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non opposta nella prima udienza successiva al deposito, per tale intendendosi anche l'udienza di mero rinvio. A tal fine, poiché tale nullità della consulenza tecnica emerge da atti estranei alla consulenza stessa esistenti nel fascicolo d'ufficio, basta la notizia dell'avvenuto deposito della consulenza a comportare l'onere per la parte ignara dell'inizio delle operazioni di eccepire la nullità.

Cass. civ. n. 12008/1991

La sanatoria della nullità della consulenza, in relazione al comportamento della parte interessata che ometta di opporla alla prima udienza successiva alla data del deposito dell'elaborato peritale (art. 157 secondo comma c.p.c.), postula la possibilità, in detta udienza, di avere adeguata cognizione dell'elaborato stesso. Pertanto, ove tale possibilità difetti, a causa della sostanziale contestualità di quell'udienza con il deposito (nella specie, in quanto tenuta nel medesimo giorno), si deve ritenere esclusa la suddetta sanatoria in presenza di un'eccezione di nullità formulata all'udienza immediatamente seguente.

Cass. civ. n. 100/1991

Il patto che concerne l'adozione di una determinata forma per la futura conclusione di un contratto (o anche per porre validamente in essere un negozio unilaterale) non può estendersi in via analogica ad altre convenzioni non specificamente previste, come la risoluzione consensuale del rapporto, la quale non soggiace ai limiti di prova testimoniale previsti dall'art. 2723 c.c. con riguardo ai «patti posteriori alla formazione del documento», dovendosi considerare tali solo quelli che apportano alle clausole contrattuali, stipulate in forma scritta, aggiunte o modifiche destinate a regolare diversamente per il futuro particolari aspetti dei rapporto tra le parti, nel presupposto della persistenza e prosecuzione del medesimo. In tema di contratto di agenzia, la sostanziale diversità, per natura ed effetti, fra il recesso il quale consiste in una dichiarazione unilaterale ricettizia, volta a far cessare il rapporto a tempo indeterminato, che non richiede accettazione della controparte e produce effetto solo che quest'ultima ne abbia avuto conoscenza (salvo, ex art. 1350 c.c., l'obbligo della parte recedente di dare il prescritto preavviso o di corrispondere l'indennità sostitutiva) e la risoluzione consensuale, che è invece un negozio bilaterale volto a porre fine al vincolo contrattuale (art. 1372 c.c.) comporta che la prescrizione dell'uso della forma scritta (nella specie, raccomandata con ricevuta di ritorno e preavviso di trenta giorni), pattuita per l'esercizio del recesso, non è estensibile all'ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, la cui manifestazione di volontà non solo non è soggetta ad alcuna prescrizione di forma, che non risulti previamente pattuita con specifico riferimento al negozio in questione, ma può anche implicitamente desumersi dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche.

La regola dettata dall'art. 157 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, è propria della materia processuale ma è estranea alla materia sostanziale, nella quale l'azione è concessa anche a chi abbia partecipato alla stipulazione del contratto nullo. In tema di contratto di agenzia, la sostanziale diversità, per natura ed effetti, fra il recesso - il quale consiste in una dichiarazione unilaterale ricettizia, volta a far cessare il rapporto a tempo indeterminato, che non richiede accettazione della controparte e produce effetto solo che quest'ultima ne abbia avuto conoscenza (salvo, ex art. 1350 c.c., l'obbligo della parte recedente di dare il prescritto preavviso o di corrispondere l'indennità sostitutiva) - e la risoluzione consensuale - che è invece un negozio bilaterale volto a porre fine al vincolo contrattuale (art. 1372 c.c.) - comporta che la prescrizione dell'uso della forma scritta (nella specie, raccomandata con ricevuta di ritorno e preavviso di trenta giorni), pattuita per l'esercizio del recesso, non è estensibile all'ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, la cui manifestazione di volontà non solo non è soggetta ad alcuna prescrizione di forma, che non risulti previamente pattuita con specifico riferimento al negozio in questione, ma può anche implicitamente desumersi dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche.

Cass. civ. n. 896/1987

La irrituale produzione di un documento nel giudizio di merito non è rilevabile d'ufficio, ma deve essere eccepita alla parte interessata nell'udienza immediatamente successiva ad essa, con la conseguenza che, in caso di mancata tempestiva opposizione, il compimento dell'attività irregolare non può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 611/1981

Le nullità attinenti alla deduzione ed all'assunzione di prove testimoniali sono relative, e perciò sanabili per acquiescenza della parte a svantaggio della quale la prova si sia svolta. Pertanto, qualora sia sentito un teste, che il giudice abbia ammesso sebbene sia stato indicato dalla parte interessata dopo il termine da lui fissato, senza alcuna opposizione della controparte, che abbia anzi assistito all'escussione, la nullità derivante dalla tardiva indicazione deve ritenersi sanata.

Cass. civ. n. 1567/1976

Il vizio di citazione derivante dal difetto di legittimazione ad processum del soggetto in età minore, chiamato in giudizio in proprio e non in persona del suo legale rappresentante, dà luogo ad una nullità che può essere rilevata oltre i termini previsti dall'art. 157, secondo comma, c.p.c. Tale nullità, però, resta definitivamente sanata qualora il soggetto interessato, divenuto maggiorenne abbia accettato il contraddittorio, senza sollevare alcuna eccezione; in tal caso il di lui comportamento concludente integra pure una ratifica della procura ad litem, originariamente nulla, in quanto esprime una tacita approvazione dell'attività del procuratore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 157 Codice di procedura civile

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Mauro V. chiede
lunedì 07/03/2011 - Emilia-Romagna
“La disposizione in esame è riferibile agli atti processuali, ma quid iuris nel caso di nullità relative, e quindi eccepibili ad istanza di parte, non di tipo processuale, riferibili quindi al diritto sostanziale?
Ringraziando anticipatamente porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 17/03/2011

Le nullità relative costituiscono fattispecie in cui la legittimazione all'azione di nullità non può essere fatta valere da chiunque, bensì è limitata ad alcuni soggetti. L'ambito di applicazione di queste nullità va ampliandosi, soprattutto come rimedi per la protezione dei contraenti deboli (ad esempio, a tutela del cliente nei contratti bancari o del consumatore in materia di clausole vessatorie). In questi casi, è la legislazione speciale a regolare espressamente la disciplina della nullità "speciale": ove manchi una regola specifica, si ritiene che rimangano ferme quelle generali, come l'imprescrittibilità dell'azione, l'insanabilità e l'irrinunciabilità (art. 1418 del c.c. e ss.).