Cass. civ. n. 15501/2011
Quando il testatore provvede alla ripartizione in quote tra gli eredi del suo patrimonio immobiliare, individuando i beni destinati a far parte di ciascuna di esse, non si configura l'ipotesi della cosiddetta divisione regolata (art. 733 cod. civ.), che ricorre se il "de cuius" si limita a dettare norme per la formazione delle porzioni nello scioglimento della comunione ereditaria, in previsione del sorgere di tale status per effetto dell'apertura della successione, bensì si verte in tema di cosiddetta "divisio inter liberos" (art. 734 cod. civ.), ossia di divisione fatta dal testatore attraverso la specificazione dei beni destinati a far parte di ciascuna quota, che, avendo effetto attributivo diretto dei beni al momento dell'apertura della successione, impedisce il sorgere della comunione ereditaria ed il conseguente compimento di operazioni divisionali. Ne consegue che l'erede escluso dall'assegnazione del cespite cui si riferisce la controversia nel corso della quale si è verificato il decesso del dante causa versa in una situazione di carenza di legittimazione passiva per estraneità all'oggetto del giudizio.
Cass. civ. n. 18561/2009
In tema di divisione ereditaria, la "divisio inter liberos", regolata dall'art. 734 c.c., ricorre quando la volontà del testatore è quella di effettuare direttamente la divisione dei suoi beni fra gli eredi, distribuendo tra questi le sue sostanze mediante l'assegnazione di singole quote concrete, con effetti reali ed immediati: ricorre, invece, l'ipotesi di cui all'art. 733 c.c. quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione. L'accertamento della ricorrenza in concreto dell'una o dell'altra fattispecie costituisce indagine di fatto sulla volontà del testatore, non sindacabile in sede di legittimità se sorretta da corretta motivazione. (Nella specie è stata cassata la sentenza di merito che aveva escluso l'applicabilità dell'art. 733 c.c. alla clausola testamentaria con la quale veniva espressamente raccomandato ad uno degli eredi, attributario di un gruppo di poderi, di lasciare tali beni "conservati uniti ed intatti finché possibile", senza però indagare sulla possibilità di ricondurre la anzidetta clausola nell'ambito di operatività della "divisio inter liberos", ai sensi dell'art. 734 c.c.).
Cass. civ. n. 862/2007
Nel caso in cui il testatore abbia diviso i propri immobili liquidando in denaro la quota di uno dei condividendi, il conguaglio in denaro cui questi ha diritto costituisce credito di valore, esprimendo l'equivalente economico in termini monetari della sua quota sui beni immobili attribuiti agli altri coeredi.
Cass. civ. n. 10306/1996
Il testatore che proceda direttamente alla divisione, ai sensi dell'art. 723 c.c., può fare ricorso allo strumento del conguaglio in danaro sia per correggere le ineguaglianze in natura delle quote ereditarie che già si presentino all'atto della formazione del piano di ripartizione, sia per assicurare alle quote il loro valore originario rispetto agli eventuali squilibri dovuti alla fluttuazione dei prezzi di mercato o ad altri non prevedibili eventi. Tali conguagli non possono ritenersi assegni divisionali in senso tecnico, ma hanno natura di legati
divisionis causa, presupponendo una divisione già fatta. Ne consegue che l'azione di natura personale diretta ad ottenere il conguaglio con specificazione del suo ammontare si prescrive nell'ordinario termine di dieci anni con decorrenza dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Cass. civ. n. 6358/1993
Il secondo comma dell'art. 734 c.c. — il quale prevede che, nel caso di incompletezza della divisione testamentaria, i beni in essa non compresi sono attribuiti secondo le norme della successione legittima, salvo che risulti diversa volontà del testatore — disciplina il solo caso di una lacuna della divisione stessa rispetto alla (completa) vocazione testamentaria e risolve, di conseguenza, soltanto un problema di determinazione dei criteri di divisione, anche nella parte in cui richiama le norme sulla successione legittima ed in cui non è ravvisabile una regola pleonastica rispetto alla disposizione generale contenuta nell'art. 457 c.c., riferibile alla diversa ipotesi di vocazione essa stessa parziale e quindi di concorso fra successione legittima e successione. testamentaria, con la conseguenza che, in tale ipotesi, l'intervenuta divisione testamentaria non esclude, rispetto al relictum indiviso e da dividere, l'ammissibilità della collazione. L'indagine diretta a stabilire se, oltre alla divisione, anche la vocazione testamentaria sia stata parziale va condotta con riguardo alla effettiva volontà del testatore, ricercata in base sia ad elementi risultanti dall'atto globalmente considerato, sia ad elementi che, sebbene ad esso estrinseci, risultino nondimeno idonei allo scopo.
Cass. civ. n. 6110/1981
In ipotesi di divisione fatta dal testatore ai sensi dell'art. 734 c.c., lo stabilire se il testatore abbia inteso chiamare i coeredi in quote uguali o diverse è questione da risolvere attraverso la ricerca della volontà effettiva del
de cuius, e non già sulla base del valore delle porzioni in concreto formate ed assegnate a ciascuno dei coeredi, ben potendo il diverso valore di talune di dette porzioni, rispetto alle altre, dipendere, non dalla volontà del testatore di chiamare il destinatario di tale porzione in quota di entità diversa da quella degli altri coeredi, ma dal personale criterio di valutazione adottato dal testatore stesso.
Cass. civ. n. 5955/1981
L'ipotesi del testatore che proceda alla divisione dei suoi beni tra gli eredi, differendo però l'attuazione della medesima alla morte del coniuge superstite, designato usufruttuario di tutto il
relictums, non è riconducibile nell'ambito della divisio inter liberos, di cui all'art. 734 c.c., postulante, per la sua configurazione, la mancanza di un precedente stato di comunione tra coeredi, per essere questi ultimi successori, non in quote astratte, bensì in quote concrete e determinate dallo stesso testatore con un atto avente nel contempo, effetti dispositivi e reali.
Cass. civ. n. 326/1970
Avendo il testatore il potere che gli deriva dall'art. 734 c.c. di dividere i suoi beni tra gli eredi nel modo che egli ritenga più opportuno al fine di prevenire tra loro le occasioni di liti, col solo limite del rispetto del diritto dei legittimari, è da ritenere che entro tale limite sia consentito al medesimo testatore di comporre e di integrare le singole quote concrete dell'asse ereditario includendo nell'una di esse più beni, immobili o mobili, che nell'altra, senza la osservanza delle norme di cui agli artt. 728, 741 e 751 c.c. che sono stabilite in ipotesi di divisione, comportante la necessità di conguaglio in senso tecnico-giuridico e di operazioni preliminari alla divisione, assolutamente diversa dalla
divisio inter liberos di cui al citato art. 734 c.c.