L'effetto estintivo della confusione, tra le parti e di fronte ai terzi. Le condizioni e le eccezioni
Nel corrispondente art. #1296# del vecchio codice il presupposto della confusione era identicamente formulato, mentre quanto all'effetto si diceva: «avviene una confusione di diritto che estingue il debito ed il credito». La nuova formulazione risale al progetto del 1936 (art. 225), ove la soppressione delle parole «di diritto», fu giustificata (pag. 29 rel.) con la ragione che fossero del tutto pleonastiche, non potendosi immaginare una confusione che operasse direttamente. Ma è importante rilevare che nel nuovo testo l'effetto estintivo viene ancor più energicamente affermato. Pur di fronte alle notissime e gravi dispute sull'argomento, si è inteso di ribadire recisamente che quella riunione di qualità produce la estinzione (definitiva ed inequivocabile) della obbligazione. Questo, però, normalmente è nei rapporti fra le parti. Tale implicita limitazione è rivelata dal confronto fra la intitolazione generica del presente articolo e le altre due specifiche dei seguenti articoli 1254 e 1255, ove sono regolati, rispettivamente, gli effetti di fronte ai terzi garanti ed agli usufruttuari o pignoratizi. Nel concetto della nuova legge, dunque, alla norma generale sull'effetto estintivo si contrappongono, quasi come eccezioni, quelle particolari sui diritti dei terzi, espresse nei due articoli susseguenti, sul computo ereditario, risultanti dalle conservate disposizioni sulla riduzione e sulla collazione, e sulla circolazione dei titoli all'ordine.
Presupposto essenziale della confusione rimane la riunione dei patrimoni, la quale è normalmente la conseguenza immediata e necessaria della concentrazione dei soggetti. Nei casi, dunque, in cui la confusione dei patrimoni non si verifica, come avviene per effetto del beneficio di inventario, la estinzione resta impedita. E sarebbe questo, anche, uno degli scopi principali della legge quando nega la confusione dei patrimoni. Identica soluzione viene accolta comunemente in dottrina per la separazione del patrimonio del defunto ad istanza dei creditori. In aderenza a tali principi non si verifica la estinzione quando il debitore diventa usufruttuario di un patrimonio nel quale rientrava il corrispondente credito, perché anche qui manca la definitiva confusione dei patrimoni. E così, è stato anche deciso negativamente nel caso della vedova che sia nel contempo creditrice degli interessi sulla dote ed usufruttuaria dei beni del marito. Rimane, poi, la regola negativa circa la girata, anteriore al protesto dei titoli all'ordine. Qui il fenomeno si spiega con l'autonomia delle obbligazioni cambiarie incorporate nel documento e con la necessità di favorire l'essenziale circolazione del titolo.
Effetti della nullità o inesistenza della causa estintiva
Grave problema è quello che riguarda gli effetti della rivelata insussistenza o nullità della causa che aveva dato luogo alla confusione. Simmetricamente al concetto di paralisi è sorto quello di reviviscenza della obbligazione quando la confusione viene meno «ex causa antiqua et necessaria», mentre si avrebbe una ripristinazione ex nome con causa nuova quando la confusione si revochi per fatti sopravvenuti. Contro tale concetto sta un'altra dottrina la quale ne contesta ogni concludenza pratica e teorica, essendo che nelle configurabili ipotesi, i principi da applicare appaiono del tutto estranei alla pretesa reviviscenza. Quando la causa estintiva è nulla, si può dire che la confusione non si è affatto verificata. Così per la nullità del testamento, per la rinunzia alla eredità. Se l'atto stesso venga invece risolto, è come se si debba restituire i1 vantaggio del non verificato effetto satisfattorio. Se ne fa una applicazione in tema di vendita delle eredità e si dice che, secondo un concetto risalente alle fonti romane, la regola sulla permanenza dei crediti e dei debiti, a quei determinati effetti, non derivi già dalla pretesa reviviscenza, bensì dal fatto che essi rappresentano nel patrimonio ereditario un di più o un di meno, e solo perciò il venditore deve imputare il valore del credito, ovvero ha il diritto di ritenere l’ammontare del debito. Quale sia la sostanziale e pratica differenza tra le due teoriche non si riesce bene ad afferrare. Certo è che se per una causa originaria la confusione non si era affatto verificata, sarà forse inesatto il termine di reviviscenza; ma l'effetto è sempre quello che il rapporto obbligatorio torna ad essere come prima. Con la ulteriore conseguenza che anche di fronte ai terzi, la confusione si ha per non verificata; a meno che, per delle ragioni particolari di forma, la integrale ripresa non possa più aver luogo. Come, ad esempio, si verifica nel campo ipotecario con l'effettuata ed irretrattabile cancellazione.