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Articolo 38 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Responsabilità del curatore

Dispositivo dell'art. 38 Legge fallimentare

Il curatore adempie ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico (1). Egli deve tenere un registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori (2), e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione (3).

Durante il fallimento l'azione di responsabilità contro il curatore revocato (4) è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, ovvero del comitato dei creditori [104 ter] (3).

Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell'art. 116.

Note

(1) La norma non fa riferimento alla diligenza del buon padre di famiglia, ma a quella richiesta al professionista (secondo comma dell'art. 1176 del c.c., "Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata").
Esempi di negligenza sono l'omessa consultazione del fascicolo prefallimentare o l'abbandono di poste attive del patrimonio fallimentare senza autorizzazione.
Il curatore dovrà rispondere del danno patrimoniale cagionato al fallimento.
(2) E' stata introdotta la vidimazione per incentivare l'uso di questo registro, che non viene adottato da tutti i curatori nella prassi.
(3) Comma così modificato con d.lgs. 5/2006.
(4) Sebbene non vi sia univocità di vedute in merito, l'orientamento maggioritario sposa la tesi della responsabilità contrattuale a discapito di quella extracontrattuale.
E' sempre di quest'ultimo tipo, invece, la responsabilità del curatore per i danni ai terzi connessi alla sua attività.
La dottrina tende a riconoscere la responsabilità del curatore anche laddove abbia eseguito degli atti autorizzati dal comitato dei creditori o dal giudice delegato, in quanto in fase in impulso o esecuzione permane pur sempre una discrezionalità in capo al curatore stesso.

Ratio Legis

Si ha responsabilità del curatore quando questi non utilizzi la diligenza richiesta al professionista, che per alcune attività può escludersi anche per colpa lieve (se non implicano la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, art. 2236 del c.c.). Prima della riforma, si riteneva che il curatore dovesse operare con la diligenza del buon padre di famiglia.

Massime relative all'art. 38 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 14052/2015

La legittimazione all'azione di responsabilità contro il liquidatore giudiziale revocato di un concordato preventivo con cessione dei beni ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 182 e 38 legge fall. appartiene, nella previgente come nell'attuale disciplina concordataria, al nuovo liquidatore giudiziale nominato, e non anche al commissario giudiziale, atteso che a quest'ultimo sono attribuite funzioni di vigilanza, di informazione, consulenza ed impulso, complessivamente tese al controllo della regolarità del comportamento del debitore ed alla tutela dell'effettiva informazione dei creditori, ma non anche di amministrazione o gestione, né di rappresentanza del debitore o del ceto creditorio, laddove al primo spettano, per effetto dell'omologazione del concordato, i poteri di gestione e di disposizione finalizzati alla liquidazione dei beni ed alla ripartizione del ricavato tra gli aventi diritto, con conseguente sua legittimazione a stare in giudizio per tutte le controversie derivanti dalla liquidazione

Cass. civ. n. 18438/2011

È ammissibile l'azione di responsabilità nei confronti del cessato curatore fallimentare, pur in assenza della previa revoca dell'incarico e nonostante l'avvenuta approvazione del rendiconto, in quanto, da un lato, nonostante l'art. 38 legge fall. preveda l'ipotesi della revoca del curatore prima dell'esercizio dell'azione di responsabilità, tale indicazione non deve considerarsi tassativa, bensì solo normale secondo "l'id quod plerumque accidit", con esclusione, quindi, di ogni effetto preclusivo in dipendenza di dimissioni volontarie e preventive, accettate dall'ufficio e seguite da sostituzione, e dall'altro lato, perché l'approvazione del rendiconto non ha effetto preclusivo di detta azione, che ha la sua sede naturale, ma non esclusiva, nel giudizio di rendiconto, attesa l'ammissibilità della scissione del controllo gestionale da quello contabile.

Cass. civ. n. 710/2011

Esercitata l'azione risarcitoria, da parte del nuovo curatore fallimentare, nei confronti di una banca, per la sottrazione di somme depositate su libretto di deposito a risparmio nominativo intestato ad un fallimento, ma oggetto di indebiti prelievi da parte di persona non autorizzata e diversa dal cessato curatore e conclusa con il predetto terzo una transazione, con restituzione da parte della banca degli importi così prelevati e cessione a suo favore dei diritti vantati dalla massa nei confronti del cessato curatore fallimentare, la successiva azione con cui la banca chieda affermarsi la responsabilità del cessato curatore non necessita dell'autorizzazione del giudice delegato, ai sensi dell'art. 38 legge fall.; con essa, infatti, detto terzo non agisce come organo della procedura o sostituto del curatore, bensì a tutela di un interesse proprio, avendo provveduto al risarcimento, e perciò a titolo di surroga nei diritti vantati dal fallimento verso il curatore revocato, e dunque ex art. 1203, n. 3, c.c. ovvero in regresso ex art. 1299 c.c., ma in ogni caso con autonoma legittimazione, che ha il suo titolo proprio nell'adempimento della predetta transazione, ex art. 35 legge fall..

In tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, l'intervenuta delega a terzi di custodia del libretto bancario intestato alla curatela e l'omissione di ogni controllo sulle relative operazioni bancarie costituiscono violazione del principio di in trasmissibilità delle funzioni di curatore e dell'obbligo di custodia del libretto; in tal caso, pertanto, eventuali indebiti prelievi da parte di terzi o di dipendenti della banca non costituiscono evento interruttivo del nesso di causalità tra la condotta negligente del curatore e l'evento dannoso.

Cass. civ. n. 16214/2007

L'azione di risarcimento dei danni nei confronti del curatore del fallimento, derivante da fatti illeciti che non incidano sul patrimonio fallimentare, ma danneggino direttamente beni del fallito rimasti estranei alla procedura concorsuale, in quanto fondata sull'art. 2043 c.c. ed esercitabile anche dal fallito, si distingue dall'azione di responsabilità prevista dall'art. 38 della legge fall., ricollegabile invece alla violazione degli obblighi posti dalla legge a carico del curatore e spettante esclusivamente alla massa dei creditori; essa non è subordinata alla revoca dell'incarico ed alla presentazione del rendiconto, ma soggiace alla disciplina generale dell'azione aquiliana, anche in ordine al termine di prescrizione, il quale decorre dalla produzione del danno e non è soggetto a sospensione ai sensi dell'art. 2941 n. 6 c.c.: tale disposizione, infatti, riferendosi alle fattispecie di responsabilità nascente dall'amministrazione di patrimoni altrui, non è applicabile al rapporto in questione, non compreso nell'attivo fallimentare.

Cass. civ. n. 15668/2007

In tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, costituiscono illecito sia la violazione dei doveri specifici di intrasmissibilità delle proprie funzioni, ai sensi degli artt. 32 e 34 legge fall., ove manchi un'apposita autorizzazione giudiziale, sia la inosservanza del dovere di diligenza, ex art. 38 legge fall., ove il professionista si sia avvalso di collaboratori non autorizzati nè poi dal medesimo controllati, non abbia riferito mensilmente al giudice delegato sull'amministrazione ed abbia omesso di custodire personalmente il libretto bancario del fallimento, a lui intestato. Alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha ritenuto la sussistenza dell'autonomo illecito extracontrattuale in un caso di concorso di colpa e di responsabilità solidale ex artt. 1292 e 2055 c.c. del curatore con la banca cui erano imputabili le operazioni di sottrazione della provvista destinata al fallimento, non ricorrendo in tale circostanza un avvenimento estraneo alla sfera di prevedibilità e prevenibilità del soggetto su cui gravava l'obbligo di custodia.

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Consulenze legali
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F.F. chiede
giovedì 17/08/2023
“Io e le mie sorelle eravamo socie di una s.r.l. fallita nel 2012 ; il fallimento ancora non è chiuso anche se si avvia alla chiusura.
Purtroppo non siamo state assistite adeguatamente dall'avvocato dell'epoca, per cui abbiamo subito passivamente questo fallimento senza opporci fattivamente.
Oggi, attraverso anche studio personale, ho capito tante irregolarità commesse e soprattutto tante attività non svolte dal curatore che riguardavano soprattutto la legittimità dei crediti ammessi al passivo.
Tutti i debiti sono poi ricaduti su di noi , in quanto fideiussori di tutte le posizioni debitorie della società.
So che a livello penale ormai tutto è prescritto.
Ma noi possiamo agire civilmente contro il curatore per i danni che la mancata attività ci ha causato?
Grazie”
Consulenza legale i 20/09/2023
L’azione di responsabilità nei confronti del curatore revocato è disciplinata dall’art. 38 della l. fall., il quale impone al curatore di adempiere ai doveri del proprio ufficio, posti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.
La norma non fa riferimento alla diligenza del buon padre di famiglia, ma a quella richiesta al professionista di cui al secondo comma dell'1176 del c.c..
Esempi di negligenza sono l'omessa consultazione del fascicolo prefallimentare o l'abbandono di poste attive del patrimonio fallimentare senza autorizzazione; la responsabilità che ne discende ha natura contrattuale.
Il secondo comma dispone che, durante il fallimento, l'azione di responsabilità contro il curatore revocato debba essere proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato o del comitato dei creditori.

Al contrario, è di tipo extracontrattuale la responsabilità del curatore per i danni cagionati ai terzi in ragione dell’attività svolta; responsabilità che scaturisce dalla violazione del dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui e da cui nasce l’obbligazione risarcitoria in favore dei danneggiati.

La dottrina tende a riconoscere la responsabilità del curatore anche laddove abbia eseguito degli atti autorizzati dal comitato dei creditori o dal giudice delegato, in quanto in fase in impulso o esecuzione permane pur sempre una discrezionalità in capo al curatore stesso; l'eventuale autorizzazione ricevuta, peraltro, è inidonea ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta ed il danno lamentato dalla curatela fallimentare.

Veniamo ad analizzare il caso di specie.

Ai sensi dell’art. 15 della l. fall., il fallimento può dichiararsi se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila.
La circostanza che il debito dell’istante fosse inferiore a tale importo è irrilevante, poiché ciò che si deve considerare è l'importo complessivo dei debiti che emergono in sede di istruttoria prefallimentare; di conseguenza, se l’ammontare dei finanziamenti contratti per l’apertura del nuovo ramo del nuovo ramo d’azienda, sommati al debito dei confronti dell’istante, superano detta soglia, la dichiarazione di fallimento appare correttamente pronunciata, salvo in ogni caso il rispetto degli altri requisiti di legge.
Appare corretta, inoltre, l’ammissione al passivo fallimentare del debito dell’istante per la sola quota non coperta dall’assicurazione; salvo eventuale diritto di regresso di quest’ultima in luogo dell’assicurata.

Per quanto concerne i finanziamenti e relative fideiussioni, l’inerzia del curatore nella verifica dell’usurarietà dei tassi applicati e la conseguente azione nei confronti degli istituti bancari per la declaratoria di nullità dei contratti sottostanti può essere valutata quale inadempimento dei doveri del proprio ufficio secondo la diligenza professionale richiesta dalla natura del proprio incarico, pertanto fonte di responsabilità.
L’eventuale azione di responsabilità (contrattuale) dovrebbe essere promossa dal nuovo curatore fallimentare, come prescrive l’art. 38 della l. fall., secondo comma; detta inerzia, infatti, in primo luogo ha causato un danno proprio alla procedura fallimentare, nonché ai creditori stessi.

In secondo luogo, nell’eventualità in cui la condotta abbia cagionato dei danni anche a terzi, nello specifico le socie garanti dei finanziamenti contratti dalla società fallita, anche questi sarebbero in astratto legittimati ad agire nei confronti del curatore fallimentare per veder riconosciuta la sua responsabilità (extracontrattuale) e il risarcimento del danno subito.
In ogni caso, i garanti sono in astratto titolari anche di un’autonoma azione (i cui presupposti devono essere verificati nello specifico mediante un’analisi approfondita e dettagliata della vicenda concreta) nei confronti degli istituti bancari, nel momento in cui questi richiedono il pagamento in luogo della società garantita.

Lo stesso può dirsi in relazione al deterioramento dei beni del fallimento, nel caso in cui si possa dimostrare una perdita patrimoniale, dovuto alla mancata o incompleta redazione dell’inventario; anche in questo caso possono ritenersi lesi i diritti dei creditori sociali a causa dell’inerzia del curatore fallimentare.

Nulla questio sulla risoluzione dei contratti e il licenziamento dei dipendenti; si tratta di prerogative del curatore, certamente assunte con l’autorizzazione del comitato dei creditori o del giudice delegato.
Altra questione è quella inerente al contratto di locazione, l’unico rimasto in essere: se le circostanze esposte fossero verificate e dimostrate (ci si riferisce alla presenza di un’offerta per l’acquisto della merce residua maggiore a quanto dichiarato agli atti dal curatore, nonché alla proposta avanzata dal curatore stesso ad un soggetto terzo di prendere in locazione l’immobile ad una cifra ribassata, attendendo la vendita giudiziale dello stesso), anche mediante prova testimoniale del soggetto che le ha riferite, sussisterebbero i presupposti per agire nei confronti del curatore fallimentare, tanto in capo al nuovo curatore, che in capo alle socie della società fallita, mediante azioni autonome.

D. A. Z. chiede
mercoledì 21/09/2022 - Puglia
“Nel 2016 mi è stato revocato un incarico di curatore fallimentare, che avevo ricevuto con nomina nel 1994.
A seguito della revoca, il Tribunale di Foggia, su proposta del nuovo Curatore Fallimentare, mi sta contestando buona parte degli atti economici ed amministrativi da me posti in essere nel corso dell’esercizio provvisorio ex art. 90 L.F. ora art. 104 L.F.., nonostante tutti gli atti suddetti fossero stati regolarmente autorizzati all’uopo dal Tribunale a firma del Giudice Delegato.
Le contestazioni suddette sono state avanzate dal Tribunale su proposta del Curatore senza acquisire il preventivo parere e l’autorizzazione del Comitato dei Creditori, cogestore della procedura a seguito della riforma L.F. del 2006. Sono da ritenersi illegittime tali contestazioni?
E’ possibile opporre la prescrizione per tali contestazioni riferite ad atti economici ed amministrativi posti in essere in anni pregressi? Se la risposta è affermativa, in che termini?”
Consulenza legale i 28/09/2022
Ai sensi dell’art. 38 della l. fall., il curatore deve adempiere ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.
L'azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, oppure del comitato dei creditori.
La norma, quindi, non richiede un’autorizzazione congiunta da parte del comitato dei creditori e del giudice delegato, ma è sufficiente che pervenga da uno solo dei due soggetti.

Nel caso di specie, pertanto, le contestazioni avanzate appaiono legittime, salva una valutazione sul merito delle stesse.

Venendo al secondo aspetto, quello relativo alla possibilità di sollevare l’eccezione di prescrizione avverso le contestazioni avanzate, va premesso che, in tema di responsabilità del curatore fallimentare, in dottrina è discussa la qualificazione della responsabilità ex 38lfall, derivante dalla violazione degli obblighi che la legge fa discendere dall'ufficio in questione.

Alcuni autori affermano la natura extracontrattuale, in virtù del rilievo che il curatore non assume alcun obbligo diretto nei confronti dei creditori (cfr. Bonsignori, Fallimento, in D. disc. priv., sez. comm., V, Torino 1990, 398; Caselli, Gli organi del fallimento, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Legge fallimentare (art. 23-41), a cura di Bricola, Galgano e Santini, Bologna-Roma 1977, 224 ss.); altri propendono per la natura contrattuale, in virtù della riconducibilità dell'incarico ad un munus publicum o ad un rapporto di mandato (cfr. De Semo, Diritto fallimentare, Padova 1968, 200 ss.; Lo Cascio, La responsabilità del curatore del fallimento, in Giur. comm., 1983, I, 832).

Nella giurisprudenza più recente, prevale l'assimilazione del rapporto derivante dal conferimento dell'ufficio di curatore a un mandato, e quindi l'affermazione della natura contrattuale della responsabilità ex art. 38 della l. fall., con la conseguente assoggettabilità della relativa azione all'ordinario termine di prescrizione decennale, decorrente dalla sostituzione del curatore revocato (Cass., 5 aprile 2001, n. 5044; Cass., 11 febbraio 2000, n. 1507; Cass., 4 ottobre 1996, n.).
La medesima giurisprudenza ha ribadito, peraltro, l'inapplicabilità al caso di specie della disposizione contenuta nell'art. 2941 del c.c., precisando inoltre che, in caso di inerzia degli organi fallimentari, l'azione può essere proposta anche dal fallito, nonostante la pendenza della procedura concorsuale, stante la natura relativa della sua incapacità processuale, a lui opponibile solo nell'interesse della massa dei creditori, e la sua conseguente legittimazione ad agire a tutela di diritti patrimoniali dei quali quegli organi si siano disinteressati.

Da ciò discende che il termine prescrizionale, che nel caso di azione di responsabilità avverso il curatore revocato è decennale, decorre dal momento della sostituzione dello stesso, a nulla rilevando che gli atti contestati siano risalenti a epoche anteriori, anche oltre 10 anni.
Di conseguenza, posto che la revoca dell’incarico è intervenuta nell’anno 2016, non appare possibile sollevare l’eccezione di prescrizione in seno ad un’eventuale azione di responsabilità nei Suoi confronti.

Lintes R. chiede
sabato 19/12/2020 - Abruzzo
“Due soci/amministatori di una srl che si trovava in difficoltà finanziaria mi hanno chiesto di diventare socio.

Ho detto che ero d’accordo, ma che prima dovevano mettere a pareggio i conti della società, cioè: l’azienda aveva un debito, loro personalmente dovevano fare un versamento che consentiva di fare andare in bonis la società, cioè che eliminasse l'intero debito e facesse rimanere almeno il capitale sociale minimo di 10.000 €.

Loro hanno detto che non avevano immediatamente questi soldi disponibili, e che avevano bisogno di un po’ di tempo per fare questo versamento.
Hanno proposto di sottoscrivere personalmente delle cambiali, con scadenza 30 giorni vista, intestate alle società, per l’importo pari a quanto dovevano versare in contanti + 10.000€.

Io ho accettato questa loro proposta, visto che ognuno di loro è intestatario di una casa propria, e sono entrato in società.

Poi è passato qualche anno, i due soci/amministratori non hanno mai pagato le cambiali, e all'inizio dell'anno 2020 la società è fallita.


La mia domanda è:
Adesso che la società è in mano al curatore fallimentare, il curatore ha l'obbligo di mettere all'incasso queste cambiali dei due ex-amministratori?
Vi chiedo questo, perché il curatore mi ha detto a voce che lui sta solamente aspettando una proposta di transazione da parte dei due ex-amministratori, e non mi sembra che abbia intenzione a mettere all'incasso dette cambiali....


Grazie

R. Mario”
Consulenza legale i 23/12/2020
Il fallimento della società comporta la nomina di un curatore, che ai sensi dell’art. 31 della L.F. è incaricato di gestire il patrimonio del fallito nell’interesse di tutti i creditori.

L’incarico di curatore deve essere svolto secondo “la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico” ai sensi dell’art. 38 della L.F. La specificazione riportata in tale disposizione, sulla diligenza richiesta al curatore nell’espletamento del proprio incarico, fa emergere la natura contrattuale della responsabilità che può derivare per il caso di violazione di tale norma di condotta da parte del curatore, la quale deve ricondursi al paradigma della diligenza tecnica o professionale stabilita dall'art. 1176, secondo comma, c.c.

Dalla ricostruzione dei fatti emerge che i due soci hanno rilasciato delle cambiali, a scadenza di 30 giorni, a garanzia di un impegno che si erano assunti verso l’altro socio di effettuare dei versamenti nella società per la sua patrimonializzazione. Dal rilascio delle cambiali sono trascorsi tuttavia diversi anni, come riportato nel quesito. E inoltre il termine previsto nelle cambiali per l’incasso è scaduto. Ciò comporta che, se venissero portate all’incasso e il debitore non pagasse, non sarebbe più possibile protestare il titolo cambiario ai sensi dell’art. 51 del Regio Decreto 14 dicembre 1933, n. 1669; e, se fossero trascorsi più di tre anni dalla scadenza delle cambiali, si sarebbero prescritte anche le azioni cambiarie a disposizione del curatore ai sensi dell’art. 94 del medesimo Regio Decreto, con la conseguente necessità per il curatore di dover incardinare un procedimento di ingiunzione, o peggio, un ordinario giudizio di cognizione, qualora non vi fosse la prova scritta dell’impegno (fattura o scrittura privata) dei soci debitori, al fine di munirsi di un titolo da azionare contro questi ultimi per recuperare il credito.

Pertanto, il fatto che il curatore stia, allo stato, tentando di transare con tali soci, temporeggiando nell’incassare la cambiale, non appare un comportamento da ritenersi in violazione della diligenza richiesta dall’art. 38 L.F. Non sussiste infatti uno specifico obbligo di incassare un titolo di credito, ove il credito portato dal titolo può essere ottenuto per altre vie (come per il tramite di una transazione).

VINCENZO V. chiede
venerdì 09/03/2018 - Campania
“E' possibile revocare e proporre azione di responsabilità contro il curatore fallimentare che non ha proposto azione di responsabilità contro l'avvocato difensore della curatela che non ha proposto appello nei termini contro una sentenza di rigetto della domanda proposta per una revocatoria fallimentare? E' da notare che l'avvocato non propose appello perchè il G.D., pur ripetutamente sollecitato, non autorizzò entro i termini.”
Consulenza legale i 15/03/2018
L’art. 38 della Legge fallimentare prevede che il curatore debba adempiere ai doveri del proprio ufficio “con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico”.

Sia tra la giurisprudenza che tra la dottrina sussistono voci contrastanti con riguardo alla natura della responsabilità contrattuale od extracontrattuale dell’azione promossa contro il curatore per il danno provocato alla massa dei creditori nell’assolvimento dei propri doveri, contrasto che ha notevoli ripercussioni con riferimento all’onere della prova, alla prescrizione ed alla quantificazione del danno.

Cercando di limitare l’analisi agli aspetti più critici, che ivi interessano, brevemente bisogna ricordare che se si accedesse alla teoria della natura contrattuale della responsabilità del curatore, chi agisce per vedere accertata la responsabilità del curatore dovrebbe provare oltre al titolo ed al danno subìto, anche e soprattutto la colpa, intesa come mancato assolvimento della regola di diligenza professionale richiesta, ed il nesso causale tra l’inadempimento (il comportamento che il curatore avrebbe dovuto tenere e non ha tenuto) ed il danno (quale conseguenza dell’inadempimento stesso).

Mentre se si aderisse alla teoria della natura extracontrattuale della responsabilità, in giudizio occorrerebbe dimostrare “solamente”, il fatto storico produttivo del danno, l’entità effettiva del danno, ed il nesso causale tra il fatto ed il danno.

Orbene, in questo specifico caso la colpa del curatore consisterebbe nel non aver promosso un’azione nei confronti dell’avvocato per far valere la responsabilità professionale di questi per la mancata impugnazione della sentenza di primo grado. Al fine di non dilungarsi oltremodo su un tema tanto vasto, sembra opportuno soffermarsi sulla prova di quell’elemento che accomuna, sebbene in termini abbastanza diversi, l’azione per la responsabilità contrattuale e quella per far valere la responsabilità extracontrattuale: il cosiddetto "nesso causale, che nel caso specifico sembra difficilmente dimostrabile e certamente rappresenta l’elemento più debole del caso sottoposto all'esame.

La tecnica di accertamento del nesso causale, anche nel processo civile, passa attraverso il giudizio “controfattuale” che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se in questo modo la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato (Cass. S.U n. 581/2008).

Ebbene, anche se il curatore avesse promosso l’azione nei confronti dell’avvocato, con ogni probabilità questa sarebbe stata respinta, atteso che non solo il giudizio di primo grado si era concluso negativamente, e che quindi vi erano probabilità non irrisorie che la decisione venisse confermata, ma che per di più l’avvocato aveva fatto quanto in suo potere e che invece era stato il giudice a non autorizzare l’azione per l’impugnazione.
Per queste ragioni appare difficile affermare che il danno alla massa dei creditori sia stato determinato dal mancato esperimento dell’azione di responsabilità da parte del curatore nei confronti dell’avvocato, perché con ogni probabilità questa non sarebbe stata accolta.
Stesse valutazioni andrebbero fatte con riferimento all’azione per la revoca del curatore.

L’azione, dunque, pur astrattamente proponibile, sembra, a nostro sommesso giudizio, difficilmente accoglibile, almeno sulla base dei pochi elementi esposti.


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