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Articolo 52 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 25/08/2024]

Difesa legittima

Dispositivo dell'art. 52 Codice Penale

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere(1) un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale(2) di un'offesa ingiusta(3), sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa(4) [55].

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

  1. a) la propria o la altrui incolumità:
  2. b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione(5).

Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone(6).

Note

(1) In merito al problema della "fuga" in rapporto con la legittima difesa, ovvero se si possa applicare tale causa di giustificazione al soggetto che poteva evitare l'offesa fuggendo, la dottrina prevalente risponde positivamente quando, in base al criterio del bilanciamento degli interessi, la fuga esporrebbe i beni personali (es.: pericolo di infarto per il cardiopatico) o di terzi (es.: rischio di investire i passanti con una fuga in macchina) a lesioni uguali o superiori alla lesione che provocherebbe all'aggressore difendendosi.
Si ricordi poi che la difesa può riguardare anche quella di un diritto altrui, addirittura di uno sconosciuto (cd difesa altruistica).
(2) Posto che il pericolo deve essere attuale, la dottrina prevalente ha poi individuato un ulteriore possibile requisito, specificando che la legittima difesa è ammissibile anche nel caso di pericolo volontariamente causato, contrariamente a quanto ritiene la giurisprudenza.
S ricordi poi che la legittima difesa trova applicazione, qui senza contrasti, nel caso in cui da un proprio comportamento nasca un pericolo più grave di quello preventivato (si pensi al soggetto che, partecipando ad una rissa (v. 588) senza armi o strumenti contundenti, si veda poi minacciato da un coltello e sia costretto per difendersi a farne uso a sua volta).
(3) A riguardo dell'espressione "offesa ingiusta", la giurisprudenza ha parlato di "torto" e di "evento dannoso", prescindendo da considerazioni strettamente giuridiche, come del resto parte della dottrina, la quale ritiene che debba considerarsi l'offesa non come "contra ius", bensì contraria alle valutazioni sociali di giustizia che sono alla base dell' ordinamento giuridico.
(4) In merito alla valutazione della proprozionalità tra difesa e offesa, si ritiene, prevalentemente, che debbano essere considerati sia il rapporto tra mezzi difensivi e mezzi offensivi, sia la relazione male minacciato-male inflitto, in aderenza al principio del bilanciamento degli interessi. Quindi, la proporzionalità sarà presente in quei casi in cui il male provocato dall'aggredito risulta essere inferiore, uguale o superiore, in modo tollerabile, a quello subito e dovrà essere valutata attraverso un giudizio ex ante.
Si ricordi poi che è configurabile una legittima difesa putativa (v. 59 4), ovvero quella esercitata a fronte di una la situazione di pericolo che non esiste obiettivamente, ma è supposta erroneamente dall'agente a causa di un erroneo apprezzamento dei fatti. Affinché possa trovare applicazione tale tipologia di legittima difesa è però necessario che l'erroneo convincimento abbia un fondamento obbiettivo. Per chiarire, non è punibile il proprietario di una gioielleria che, ritenendo reale un tentativo di rapina a mano armata simulato, reagisca uccidendo l'apparente aggressore.
(5) Tale comma è stato inserito dalla le. 13 febbraio 2006, n.59 (art. 1), relativamente ai casi di violazione di domicilio cui all'art. 614 del c.p., comma 1 e 2, cui vengono assimilate le violazione di quei luoghi in cui viene esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Il legislatore, in questi casi, ha previsto una presunzione assoluta di proporzione fra difesa e offesa,che opera in presenza di alcuni requisiti: il soggetto che ha posto in essere la legittima difesa aveva il diritto di trovarsi in quel luogo, l'incolumità della persona fosse in pericolo, la legittima difesa è stata attuata attraverso un'arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto. Qualora tutte queste condizioni siano presenti la presunzione opera automaticamente, se invece manca anche una queste la presunzione non ha luogo, ma sarà comunque possibile accertare la proporzione fra mezzi di difesa e di offesa.
(6) Tale disposizione è stata modificata dall'art. 1 comma 1 lett. a) della L. 26 aprile 2019 n. 36.

Ratio Legis

Alla base della legittima difesa come causa di giustificazione vi è il principio del c.d. bilanciamento degli interessi, che fa prevalere l'esigenza di tutelare l'interesse di chi venga ingiustamente aggredito, rispetto all'interesse dell'aggressore.

Brocardi

Adgreditus non habet staderam in manu
Commodus discessus
Vim vi defendere omnes leges omniaque iura permittunt
Vim vi repellere licet

Spiegazione dell'art. 52 Codice Penale

Le norme sulle cause di giustificazione descrivono situazioni eccezionali in cui un fatto che normalmente costituirebbe reato non viene punito, in quanto l'ordinamento permette o esige quel comportamento.

Tale meccanismo di esclusione della risposta punitiva statale deriva dalla considerazione per cui esiste un interesse prevalente alla base della non punibilità del soggetto, come avviene nelle scriminanti dell'esercizio del diritto, della legittima difesa, dell'uso legittimo delle armi e dello stato di necessità, in cui si opera un bilanciamento degli interessi contrapposti, oppure un interesse mancante, come nella scriminante del consenso dell'avente diritto, dove viene meno l'interesse punitivo dello Stato per effetto della rinuncia del titolare alla conservazione del proprio bene.

A fondamento della scriminante in oggetto sta il fatto che l'ordinamento reputa prevalente l'interesse dell'aggredito rispetto all'aggressore che ponga in essere una situazione di pericolo ingiusta.

L'offesa ingiusta va intesa come ogni aggressione ingiustificata contro un diritto proprio o altrui, la quale non deve coincidere per forza con i concetti di dolo o colpa, potendo essa provenire anche da una persona non imputabile (persona affetta da vizio totale di mente).

L'oggetto dell'aggressione può essere qualunque diritto, sia personale che patrimoniale, che altrui, come nel caso del soccorso difensivo.

Il pericolo deve essere attuale, nel senso che deve essere imminente e persistente e quindi la scriminante non opera quando l'aggressione sia già cessata.

La necessità di difendersi sussiste quando il pericolo non possa essere altrimenti evitato, ad esempio sostituendo la difesa con una reazione meno dannosa, oppure in caso di commodus discessus, quando cioè l'aggredito abbia concretamente la possibilità di fuggire semplicemente dalla situazione pericolosa.

Ai fine della proporzionalità della reazione difensiva, va valutato il complesso della situazione aggressiva e di quella difensiva, tenendo in considerazione i mezzi utilizzati da entrambe le parti, i beni giuridici contrapposti, il livello di ingiustizia perpetrato, l'effettiva inevitabilità della reazione, l'incolpevolezza dell'aggredito (che non deve aver provocato la minaccia), il tempo ed il luogo dell'azione e non da ultimo il valore esistenziale che il bene minacciato assume per l'aggredito.

Per quanto concerne la legittima difesa domiciliare, ai fine dell'operatività della scriminante la norma sancisce la sussistenza della proporzionalità di cui sopra qualora la persona legittimamente presente nel domicilio privato utilizzi un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
  • la propria o altrui incolumità;
  • i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

Un vivace dibattito sia giurisprudenziale che dottrinale ha comunque escluso la sussistenza automatica del requisito della proporzionalità, ed il giudice dovrà affidarsi ai parametri sopra delineati al fine di valutare se l'aggredito abbia reagito in maniera legittima o meno. Sarà dunque la pubblica accusa a dover dimostrare l'inesistenza della proporzionalità e non l'aggredito.

///SPIEGAZIONE ESTESA

L’autotutela privata è generalmente vietata dall’ordinamento giuridico penale.
Tuttavia, l’articolo in commento costituisce un residuo di quella forma di autotutela, volta a respingere un’aggressione ingiusta ad un pericolo attuale, sulla scorta del principio vim vi repellere licet.
Nonostante ciò, proprio perché la tutela dei diritto è rimessa dall’ordinamento giuridico alla forza pubblica, per evitare il rischio che i privati ricorrano tra di loro alla “ragion fattasi”, tale scriminante è condizionata, ai fini della sua operatività, a tutta una serie di requisiti essenziali ed indefettibili.
Tali presupposti si possono così riassumere:
  1. Innanzitutto, è necessario che esista una aggressione ingiusta”, intendendosi con tale espressione quella aggressione che, nel ledere l’altrui diritto, non è in alcun modo autorizzata dall’ordinamento giuridico.
  2. In secondo luogo, la reazione della vittima deve essere “legittima”, ovvero necessaria ed inevitabile e non sostituibile con altra meno gravosa e che possa comunque condurre alla salvezza o alla tutela del diritto esposto a pericolo di aggressione. Per quanto attiene, per la persona offesa, alla possibilità di “fuga”, la giurisprudenza ritiene che essa escluda la invocabilità della legittima difesa allorquando sia configurabile e praticabile un commodus discessus, ovvero un modo diverso ma comunque risolutivo di mettere in salvo i propri diritti. Purtuttavia, sarà sempre necessario operare un doveroso bilanciamento degli interessi, grazie al quale è possibile comprendere che la vittima non sarà costretta a fuggire quando anche la fuga potrebbe creargli pregiudizio, esponendo i suoi beni personali a rischi ancora maggiori di quelli derivanti da una legittima reazione
  3. Il pericolo a cui viene esposto il bene, che ovviamente non deve essere stato cagionato volontariamente dalla vittima, deve essere “attuale”, ovvero porsi necessitato dall’imminenza dell’offesa, alla quale è necessario reagire in modo pronto e sollecito. Per questo motivo, la dottrina esclude la possibilità di porre in essere una “difesa anticipata“ o comunque “preventiva”, che si ponga come una tutela non richiesta dall’imminenza del pericolo, ma determinata da una volontà del soggetto di proteggersi per il potenziale e futuro rischio di vedere il suo diritto esposto a pericolo. Il sacrificio della sfera giuridica dell’aggressore non sarebbe infatti giustificato alla luce di una reazione non necessitata nell’immediato, per non essersi ancora verificato un pericolo incombente o comunque perdurante che ponga in pericolo i diritti della persona offesa. Pur essendo la involontarietà del pericolo requisito per l’applicazione della scriminante in oggetto, la giurisprudenza ha affermato che c’è compatibilità tra la legittima difesa e l’attenuante della provocazione, allorquando il provocato abbia una reazione eccessiva in seguito all’offesa altrui. Allo stesso modo, si ritiene in modo abbastanza pacifico, sia in dottrina che in giurisprudenza, che la causa di giustificazione della legittima difesa sia compatibile con il reato della rissa, nel momento in cui ci sia la reazione di alcuno dei partecipanti alla rissa del tutto sproporzionata ed imprevedibile rispetto all’offesa subita, costituendo quindi un’azione autonoma e svincolata dai presupposti della rissa stessa. Altra parte della giurisprudenza, diversamente opinando, ha viceversa ritenuto che l’attenuante della provocazione sia del tutto incompatibile con l’istituto della legittima difesa, poiché è da notare che chi provoca, si pone volontariamente nella condizione di esporsi ad una situazione di pericolo che, per definizione, può esporre ad esiti imprevedibili a anche più gravi di quanto immaginato dal provocatore. In altre parole, chi si pone volontariamente in una situazione di pericolo, che può configurarsi in una sfida o in altre competizioni per loro natura aggressive e violente, accetta in qualche modo i rischi che da queste situazioni derivano, più o meno imprevedibili, e che comunque devono essere stati preventivamente “accettati” da colui che invoca la legittima difesa, non bastando l’esposizione a potenziali comportamenti aggressivi di altre persone, se non si è in prima persona animati da volontà di aggressione.
  4. Infine, altro requisito indispensabile ai fini dell’applicabilità della scriminante della legittima difesa è quello della proporzionalità tra l’offesa e la difesa. Questo, che è forse il requisito di più difficile apprezzamento in sede processuale, deve essere svolto secondo una valutazione “ex ante”, che tenga conto principalmente di due circostanze: i mezzi utilizzati da parte dell’aggressore, e quelli a disposizione dell’aggredito per difendersi; i beni giuridici in conflitto.
Operare tali valutazioni e tale bilanciamento,è tutt’altro che banale.
Tale difficoltà è tanto maggiore quando i beni in conflitto si presentino come eterogenei, essendo in tal caso ancora più difficile valutare se sussista il requisito della proporzione, a meno che uno dei due beni giuridici non si presenti come enormemente più importante, e quindi sicuramente maggiormente tutelato, rispetto all’altro.
Con legge n. 59 del 2006 è stata introdotta un’importante e sostanziale riforma dell'istituto della legittima difesa, frutto delle pressione dell’opinione pubblica, con la finalità di rendere più esteso il campo di applicazione della scriminante in oggetto.
In particolare, la novella ha introdotto una “presunzione di proporzionalità” della difesa, che, come si è visto, deve di regola essere accertata dal giudice caso per caso, allorquando “nei casi previsti dall’art. 614, primo e secondo comma [...] taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere a) la propria o l’altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”.
Come si può notare dalla lettura della disposizione, viene inserita una affermazione di sussistenza della proporzionalità ex lege, tra la reazione attuata attraverso l’utilizzo di un’arma e l’aggressione contra legem.
Ciò non toglie, ovviamente, che tutti gli altri presupposti della legittima difesa, debbano comunque essere autonomamente accertati, non potendosi operare alcuna presunzione di sussistenza dei requisiti della aggressione ingiusta, della legittima reazione e della attualità ed involontarietà del pericolo.
Come è facile immaginare, tale riforma è stata oggetto di moltissime polemiche, sia di carattere politico che tecnico-giuridico. Per quanto attiene in particolare a queste ultime, è stato affermato che la novella non ha sostanzialmente modificato i termini di applicazione della legittima difesa, consentendo una indiscriminata reazione al soggetto che violi il domicilio e la privacy altrui introducendosi in un luogo di privata dimora.
Infatti, ha affermato espressamente la giurisprudenza, pur essendo mutato il concetto di proporzionalità che, in determinati specifici casi si presume, sarà comunque necessario svolgere una attenta verifica della sussistenza dell’attualità del pericolo e della legittimità della reazione, intendendosi in particolare la necessità inevitabile ed insuperabile di ricorrere all’utilizzo dell’arma. Se non dovessero sussistere gli altri ordinari requisiti della legittima difesa, sarà inutile una qualunque indagine in merito al requisito della proporzionalità.
Inoltre, appare evidente che il legislatore non abbia inteso, pur inserendo la presunzione di proporzionalità, eliminare la necessità di effettuare un concreto bilanciamento tra gli interessi in rilievo. Questo significa che l’uso dell’arma è sì consentito, ma diventerà ugualmente illegittimo nel momento in cui viene perpetrato anche nel caso di desistenza dell’aggressore.
Si è discusso in merito all’equiparazione, ai fini dell’applicazione del secondo comma dell’art. 52, dell’abitacolo di un’autovettura ad un “luogo di privata dimoraex art. 614, concludendosi in senso negativo, poiché l’automobile, pur garantendo la privacy del guidatore, non consente allo stesso di svolgervi atti di vita domestica, come accadrebbe invece all’interno di una abitazione.
Infine, un accenno merita l’ulteriore riforma della legittima difesa, operata con legge 26 aprile 2019 n. 36, che è intervenuta a modificare l’ultimo comma dell’art. 52.
A tal riguardo, la disposizione oggi prevede che “nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.
Tale disposizione è stata modificata, ancora una volta sulla scorta di considerazioni dettate dalla situazione di emergenza sociale che ha agitato l’opinione pubblica, al fine di ridurre il margine discrezionale del magistrato che si determini ad applicare al fatto di reato la causa di giustificazione della legittima difesa.
Ciò significa, in altri termini, che il legislatore ha inteso in qualche modo creare una presunzione assoluta e invincibile di sussistenza della legittima difesa allorquando l’atto aggressivo venga posto in essere per respingere appunto una intrusione posta in essere “con violenza o minaccia di uso di armi o altri mezzi di coazione fisica”.
Tale disposizione va letta in combinato disposto con quanto previsto dal secondo comma dell’art. 55, il quale prevede che “nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”.
La disposizione, così come formulata, ha generato fin dalla sua introduzione numerose critiche da parte della dottrina, e della giurisprudenza, la quale si vedrebbe svuotata, se si applicasse letteralmente la norma, del potere discrezionale che è tipico e coessenziale alla sua funzione
Anche la nozione di “grave turbamento” denota un grave deficit di determinatezza. Tali espressioni vaghe e polisense, infatti, stridono apertamente con il principio di legalità, previsto dall’art. 1 del c.p. e, ancora prima, dall’art. 25 Cost., in virtù dei quali il consociato deve essere posto nella condizione di comprendere esattamente le disposizioni penali, in modo da potersi determinare in modo autonomo alla eventuale commissione del fatto di reato.
Tale presunzione legale di sussistenza della legittima difesa è apparsa ai primi commentatori della riforma eccessivamente rigida, e per questo con tutta probabilità esposta a censure di legittimità costituzionale. Infatti, c’è un preciso rango tra beni costituzionali che va rispettato, a prescindere dalle discrezionali intenzioni del legislatore. In particolare, tale bilanciamento tra beni giuridici in conflitto si renderà tanto più necessario quando si tratterà di confrontare il bene della vita dell’aggressore con i diritti patrimoniali dell’offeso.
Tuttavia, al giudice ordinario, se non vuole proseguire sulla via già consolidata della “lettura costituzionalmente conforme” della norma sulla legittima difesa, non resterà che sollevare una questione di legittimità costituzionale dell'art. 52 c.p.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 52 Codice Penale

Cass. pen. n. 4529/2022

In tema di scriminanti, il rapporto di proporzione tra difesa e offesa, previsto dalla c.d. legittima difesa (art. 52 c.p.), "sussiste sempre", in presenza delle seguenti condizioni: l'aggressore ha violato il domicilio (rendendosi responsabile del reato di cui all'art. 614 c.p.) e l'aggredito, ivi legittimamente presente, usa un'arma legittimamente detenuta o un altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o l'altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

Cass. pen. n. 23977/2022

La fattispecie scriminante della legittima difesa, risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, postula, quali requisiti aggiuntivi rispetto a quello della proporzione, di cui all'art. 52, comma primo, cod. pen., la commissione di una violazione di domicilio da parte dell'aggressore, la presenza legittima dell'agente nei luoghi dell'illecita intrusione predatoria o dell'illecito intrattenimento e uno specifico "animus defendendi", per cui alla finalità difensiva deve necessariamente corrispondere, sul piano oggettivo, il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, non altrimenti neutralizzabile se non con la condotta difensiva effettivamente attuata.

Cass. pen. n. 22587/2022

Non è integra il delitto di rissa la condotta di colui che, aggredito da altre persone, reagisca difendendosi. (In motivazione, la Corte ha precisato che in tal caso l'aggredito non è punibile ai sensi dell'art. 52 cod. pen., mentre gli aggressori, non trovandosi al cospetto di un corrissante, non rispondono del delitto di rissa, ma delle conseguenze penali previste per gli atti di violenza posti in essere).

Cass. pen. n. 34345/2020

In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice, un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (Nella specie la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna dell'imputato che, intervenuto in una normale lite tra madre e figlio, aveva cagionato lesioni personali alla donna, essendosi escluso che da tale lite potesse essere derivato nel soggetto agente un turbamento nei termini richiesti dalla norma).

Cass. pen. n. 33112/2020

In tema di rissa, è configurabile la legittima difesa in uno scontro tra gruppi contrapposti solo quando coloro che si difendono si pongono in una posizione passiva, limitandosi a parare i colpi degli avversari o dandosi alla fuga, così da far venir meno l'intento aggressivo, e non quando la difesa si esplica attivamente (nella specie, tentando di sferrare calci e pugni agli oppositori).

Cass. pen. n. 37430/2020

In caso di sentenza di condanna pronunciata prima dell'entrata in vigore di una modifica legislativa che introduca una nuova scriminante od ampli la sfera di operatività di una scriminante già esistente, rientra tra le attribuzioni del giudice dell'esecuzione il potere di verificare la ricorrenza dei presupposti al fine dell'applicazione retroattiva della scriminante ai sensi dell'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma non quello di revocare detta sentenza ex art. 673 cod. proc. pen., non versandosi in ipotesi di "abolitio criminis" derivante da abrogazione o da dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice. (Fattispecie in tema di cd. legittima difesa domiciliare, di cui all'art. 52, comma quarto, cod. pen., introdotto dalla legge 28 aprile 2019, n. 36, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca di una sentenza di condanna per il delitto di omicidio doloso).

Cass. pen. n. 32414/2020

Ai fini della configurabilità dell'esimente della legittima difesa, il requisito della proporzione tra offesa e difesa deve essere valutato con giudizio "ex ante", ponendo a confronto i mezzi usati e quelli a disposizione dell'aggredito nonché i beni giuridici, personali o patrimoniali in conflitto, con la conseguenza che tale proporzione viene comunque meno nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell'interesse leso, quale la vita e l'incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell'interesse patrimoniale difeso. (Nella specie la Corte ha escluso la sussistenza dell'esimente in relazione alla condotta dell'imputato che aveva reagito al tentativo di sottrazione di un dispositivo elettronico dall'abitacolo della sua autovettura chiudendo più volte lo sportello sul petto, sulla spalla e sulla mano della vittima).

Cass. pen. n. 22040/2020

In tema di cause di giustificazione, la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, non accompagnata dall'allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l'accertamento del giudice, non può legittimare la pronuncia assolutoria ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. risolvendosi il dubbio sull'esistenza dell'esimente nell'assoluta mancanza di prova al riguardo. (Fattispecie in tema di rissa in cui la Corte ha ritenuto inidonea a giustificare l'applicazione della esimente della legittima difesa la mera indicazione della natura difensiva della condotta violenta, senza specifiche allegazioni circa la sussistenza di un pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la prospettata reazione all'offesa altrui).

Cass. pen. n. 21794/2020

La fattispecie scriminante della legittima difesa, risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 26 aprile 2019 n. 36, postula quali requisiti aggiuntivi rispetto a quello della proporzione, di cui al primo comma dell'art. 52 cod. pen., la commissione di una violazione di domicilio da parte dell'aggressore; la presenza legittima dell'agente nei luoghi dell'illecita intrusione predatoria o dell'illecito intrattenimento e uno specifico "animus defendendi", per cui alla finalità difensiva deve necessariamente corrispondere, sul piano oggettivo, il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, non altrimenti neutralizzabile se non con la condotta difensiva effettivamente attuata. (In applicazione del principio, la Suprema Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la legittima difesa nella condotta dell'imputato che, constatata l'intrusione nel proprio domicilio commerciale in orario di chiusura mentre si trovava nella soprastante abitazione, aveva prelevato la pistola legittimamente detenuta, raggiunto il negozio ed esploso due colpi in aria, tre colpi all'indirizzo della autovettura dei malviventi mettendola fuori uso, alcuni colpi contro l'ingresso del negozio e all'indirizzo del soggetto che ne era uscito).

Cass. pen. n. 14161/2020

In caso di sentenza di condanna pronunciata prima dell'entrata in vigore di una modifica legislativa che introduca una nuova scriminante od ampli la sfera di operatività di una scriminante già esistente, rientra tra le attribuzioni del giudice dell'esecuzione il potere di verificare la ricorrenza dei presupposti - purché specificamente allegati dall'istante - per l'applicazione retroattiva della scriminante ai sensi dell'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma non quello di revocare detta sentenza ex art. 673 cod. proc. pen., non versandosi in ipotesi di "abolitio criminis" derivante da abrogazione o da dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice. (Fattispecie in tema di cd. legittima difesa domiciliare, di cui all'art. 52, comma quarto, cod. pen., introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca di una sentenza irrevocabile di condanna per il delitto di tentato omicidio, rilevando, tra l'altro, che il ricorrente non aveva dedotto gli elementi circostanziali idonei ad integrare l'invocata scriminante). (Cfr. C. Cost. n. 96 del 1996). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE CUNEO, 11/07/2019)

Cass. pen. n. 13191/2020

In tema di legittima difesa cd. domiciliare, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, costituisce una reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all'interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati, a condizione che il pericolo di offesa sia attuale; che l'impiego dell'arma sia, in concreto, necessario a difendere l'incolumità, propria o altrui, ovvero i beni presenti in tali luoghi; che non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive e che, con riferimento, in particolare, alle aggressioni a beni, ricorra altresì un pericolo di aggressione personale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'inserimento dell'avverbio "sempre", ad opera della legge 26 aprile 2019, n. 36, nell'art. 52, comma secondo, cod. pen. non ha il significato di porre una presunzione assoluta di proporzionalità della difesa armata all'offesa perpetrata nel domicilio o in luoghi equiparati, ma semplicemente di rafforzare la presunzione di proporzione già prevista dalla norma a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59). (Rigetta, CORTE APPELLO NAPOLI, 28/02/2019)

Cass. pen. n. 49883/2019

In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge n. 36 del 2019, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (In motivazione, la Corte ha altresì indicato quali utili parametri, per la valutazione del turbamento, la maggiore o minore lucidità e freddezza che hanno contraddistinto l'azione difensiva).

In tema di legittima difesa, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, rappresenta reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all'interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati a patto che il pericolo dell'offesa ad un diritto personale o patrimoniale sia attuale e che l'impiego dell'arma sia concretamente necessario a difendere l'incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni ove ricorra un pericolo di aggressione personale. (In motivazione la Corte ha, in fattispecie di utilizzazione di un'arma contro un soggetto che, pur trovandosi all'interno di luoghi equiparati al domicilio, non stava tenendo una condotta da cui potesse ravvisarsi l'attualità del pericolo e la necessità della difesa, precisato che l'inserimento, ad opera della legge n. 36 del 2019, nell'art. 52, comma secondo, cod. pen., dell'avverbio "sempre", ha avuto il mero significato di rafforzare la presunzione di proporzione già prevista dalla norma).

In tema di legittima difesa, la causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen., come introdotto dalla legge n. 36 del 2019, per chi abbia agito in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto, è configurabile quando l'azione difensiva illecita, ascrivibile a titolo di eccesso colposo, sia determinata dall'intento di salvaguardare la propria o altrui incolumità o, nel caso di cui all'art. 52, comma secondo, lett. b), cod. pen., sia comunque ipotizzabile il pericolo di aggressione personale.

Cass. pen. n. 40414/2019

La scriminante della legittima difesa presunta, disciplinata dall'art. 52 cod. pen., come modificato dalla legge 26 aprile 2019 n. 36, non consente un'indiscriminata reazione contro colui che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma postula che l'intrusione sia avvenuta con violenza o con minaccia dell'uso di armi o di altri strumenti di coazione fisica, così da essere percepita dall'agente come un'aggressione, anche solo potenziale, alla propria o altrui incolumità, atteso che solo quando l'azione sia connotata da tali note modali può presumersi il rapporto di proporzione con la reazione.

Cass. pen. n. 36143/2019

Nel caso di aggressioni reciproche, può essere riconosciuta ad uno dei contendenti l'esimente della legittima difesa quando, sussistendo gli altri presupposti di legge, questi abbia reagito ad un'azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia ad un'offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta. (Fattispecie relativa alla degenerazione di un acceso diverbio tra automobilisti, nella quale il giudice territoriale aveva omesso di valutare che l'imputato aveva aggredito con una mazza di baseball la persona offesa soltanto per difendere la moglie, dopo che questa, intervenuta per separare i litiganti, era stata colpita con dei pugni dall'avversario).

Cass. pen. n. 33191/2019

La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall'art. 1, legge 13 febbraio 2006, n. 59, non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma presuppone un attacco, o quantomeno il pericolo di un'aggressione, all'altrui sfera domestica e alle persone che in essa si trovano. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità della cd. legittima difesa domiciliare in relazione alle lesioni procurate dal ricorrente ad un vicino, che si era introdotto nel balcone prospiciente la sua abitazione, senza alcuna intenzione aggressiva e al solo fine di raggiungere il balcone della propria abitazione, alla quale era momentaneamente precluso l'accesso attraverso la porta di ingresso).

Cass. pen. n. 25810/2019

Ai fini della sussistenza della scriminante di cui all'art. 52 cod. pen., non è necessario che l'offesa da cui scaturisce la necessità della difesa abbia già cominciato a realizzarsi, essendo sufficiente il pericolo attuale – nel senso di pericolo in corso o comunque imminente – di detta offesa, il quale ben può essere integrato anche da una semplice minaccia. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per aver escluso la ricorrenza della scriminante sulla base della considerazione che era stato l'imputato a dare avvio al contatto fisico con l'aggressore, il quale, sino a quel momento, si era limitato soltanto a minacciarlo).

Cass. pen. n. 44011/2017

La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, cod. pen., modificato dall'art. 1 legge 13 febbraio 2006 n. 59 non opera nell'ipotesi di trattenimento del soggetto passivo del reato all'interno di un esercizio commerciale, non rilevando siffatta condotta ai fini dell'integrazione della violazione di domicilio ove non vi sia stata espressa manifestazione della volontà contraria da parte del titolare dello "ius excludendi alios". (Fattispecie nella quale l'imputato si era introdotto all'interno di un bar, in assenza di volontà contraria del titolare dello "ius excludendi").

Cass. pen. n. 31598/2017

Non sussiste il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se l'agente usa violenza sulle cose per difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di spoglio, a condizione che tale reazione venga posta in essere nell'immediatezza dell'azione lesiva del diritto e per difendersi da un pericolo grave e imminente alla propria o altrui persona (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la configurabilità Non sussiste il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se l'agente usa violenza sulle cose per difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di spoglio, a condizione che tale reazione venga posta in essere nell'immediatezza dell'azione lesiva del diritto e per difendersi da un pericolo grave e imminente alla propria o altrui persona (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la configurabilità del reato, essendo accertato che la condotta contestata all'imputata – la quale aveva approfittato della momentanea assenza della coinquilina per chiudere dall'interno la porta dell'abitazione - era stata commessa al fine di conseguire l'auto-reintegrazione nel possesso dell'appartamento a seguito di uno spoglio arbitrario e che tale reazione era stata attuata quando ancora era in corso lo spoglio). del reato, essendo accertato che la condotta contestata all'imputata – la quale aveva approfittato della momentanea assenza della coinquilina per chiudere dall'interno la porta dell'abitazione - era stata commessa al fine di conseguire l'auto-reintegrazione nel possesso dell'appartamento a seguito di uno spoglio arbitrario e che tale reazione era stata attuata quando ancora era in corso lo spoglio).

Cass. pen. n. 49615/2016

La causa di giustificazione della legittima difesa (art. 52 cod. pen.) è applicabile anche nell'ipotesi di detenzione abusiva di armi, sussistendone i presupposti di operatività e cioè previo accertamento che, al momento in cui fu conseguita la disponibilità dell'arma, fosse sussistente ed attuale un pericolo grave ed imminente e che pertanto, attese le circostanze ed il contesto, la detenzione dell'arma potesse ritenersi giustificata. (Fattispecie di omicidio commesso per eccesso colposo nell'esercizio della legittima difesa, nella quale la S.C. ha ritenuto illegittimo il riconoscimento della scriminante per il delitto di cui agli artt. 10, 12, 14 legge n. 497 del 1974, non avendo il giudice di merito verificato se l'imputato avesse conseguito la detenzione dell'arma nella immediatezza della sua utilizzazione o già da epoca precedente e, nel secondo caso, se tale detenzione fosse ricollegabile ad una situazione di pericolo coeva al conseguimento della disponibilità dell'arma e protrattasi per tutto il periodo di detenzione della stessa, ovvero fosse sostanzialmente riconducibile all'inserimento dell'imputato in un contesto di tipo delinquenziale).

Cass. pen. n. 3148/2014

Il riconoscimento o l'esclusione della legittima difesa, reale o putativa, e dell'eccesso colposo nella stessa costituiscono un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità quando gli elementi di prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati dal giudice di merito.

Cass. pen. n. 691/2014

La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall'art. 1 della legge 13 febbraio 2006, n. 59, non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui ma presuppone un pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità della scriminante per essersi l'aggressore introdotto non nell'abitazione ma in altro fabbricato in costruzione ad essa attiguo, sempre di proprietà dell'aggredito, dal quale, tuttavia, non sarebbe stato possibile raggiungere con immediatezza la casa di quest'ultimo).

Cass. pen. n. 19375/2013

In tema di legittima difesa, la presunzione di proporzionalità a favore della reazione di difesa in luoghi di domicilio o ad esso equiparabili, prevista dal comma secondo dell'art. 52 cod. pen, come modificato dalla L. n. 59 del 2006, non opera con riguardo a condotte compiute nell'abitacolo di una autovettura, trattandosi di spazio privo dei requisiti minimi necessari per potervi soggiornare per un apprezzabile periodo di tempo e nel quale non si compiono atti caratteristici della vita domestica. (Fattispecie nella quale l'imputato, che dall'autovettura aveva colpito mortalmente alcuni aggressori con un'arma da fuoco, è stato ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo plurimo per aver ecceduto i limiti della legittima difesa).

Cass. pen. n. 13370/2013

L'accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell'eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio "ex ante" calato all'interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in se considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all'azione che possano aver avuto concreta incidenza sull'insorgenza dell'erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un'ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi sufficienti gli stati d'animo e i timori personali.

Cass. pen. n. 2654/2012

La determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell'ingiustizia dell'offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa.

Cass. pen. n. 25608/2011

In tema di legittima difesa (art. 52 c.p.), è regola di esperienza che colui che è reiteratamente aggredito reagisce come può, secondo la concitazione del momento, e non è tenuto a calibrare l'intensità della reazione, finalizzata ad indurre la cessazione della avversa condotta lesiva, salva l'ipotesi di eventuale manifesta sproporzione della reazione.(In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di merito ha escluso la sussistenza dell'esimente di cui all'art. 52 c.p. nei confronti dell'imputato - pur dando atto che, quest'ultimo, in qualità di medico si era recato in casa della parte offesa, a sua volta condannata per lesioni in danno dell'attuale ricorrente, ed era stata da quest'ultima aggredita per ben due volte - omettendo di riconoscere alla reazione del medico, aggredito nell'esercizio di funzioni di pubblico ufficiale, natura di azione difensiva).

Cass. pen. n. 11610/2011

La presunzione di proporzionalità della reazione difensiva armata in caso di violazione di domicilio, prevista dal secondo comma dell'art. 52 c.p., opera anche nell'ipotesi di legittima difesa putativa incolpevole.

Cass. pen. n. 5761/2011

La causa di giustificazione della legittima difesa (art. 52 c.p.) è applicabile anche nell'ipotesi di detenzione abusiva di armi., sussistendone i presupposti di operatività e cioè previo accertamento della effettiva sussistenza e dell'attualità del pericolo e ulteriormente verificando se, avuto riguardo alle circostanze ed al contesto, la detenzione dell'arma, ancorché abusiva, appaia giustificata.

Cass. pen. n. 6591/2010

L'attualità del pericolo richiesta per la configurabilità della scriminante della legittima difesa implica un effettivo, preciso contegno del soggetto antagonista, prodromico di una determinata offesa ingiusta, la quale si prospetti come concreta e imminente, così da rendere necessaria l'immediata reazione difensiva, sicché resta estranea all'area di applicazione della scriminante ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata.

Cass. pen. n. 4890/2009

In tema di legittima difesa, non sussiste il requisito della necessità della reazione armata tutte le volte in cui l'aggredito possa, senza alcuna difficoltà, rifugiarsi nella propria abitazione (dalla quale invocare soccorso) o comunque allontanarsi dal luogo della aggressione armata.

Cass. pen. n. 31633/2008

In caso di lesioni volontarie reciproche, non ricorre la legittima difesa qualora i due contendenti si siano lanciati contemporaneamente alla reciproca aggressione.

Cass. pen. n. 16677/2007

In tema di legittima difesa, le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 all'art. 52 c.p., hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell'altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l'incolumità fisica dell'aggredito o di altri.

Cass. pen. n. 12489/2007

In tema di legittima difesa, la legge 13 febbraio 2006, n. 59 ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione di domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui (nella specie, brandendo come arma una bottiglia di vetro rotta), contro la volontà dei soggetti legittimati ad escluderne la presenza.

Cass. pen. n. 12466/2007

La causa di giustificazione prevista dall'art. 52, comma secondo, c.p., così come mod. dall'art. 1 L. 13 febbraio 2006 n. 59, non consente un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora, ma presuppone un attacco, nell'ambiente domestico, alla propria o altrui incolumità, o quanto meno un pericolo di aggressione. (Nella fattispecie è stata esclusa la legittima difesa in relazione all'omicidio di una persona che si era introdotta con inganno nel condominio dell'imputata per ottenere il pagamento di un debito).

Cass. pen. n. 25339/2006

In tema di legittima difesa a seguito delle modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006 n. 59 all'art. 52 c.p., si è stabilita per legge la proporzionalità nel caso di violazione del domicilio da parte dell'aggressore a cui si contrappone, per salvaguardare la propria incolumità o propri beni, l'uso di arma legittimamente detenuta.

Cass. pen. n. 15025/2006

La determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell'ingiustizia dell'offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa, sicché l'esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata.

Cass. pen. n. 4337/2006

Ai fini della legittima difesa putativa, l'errore scusabile che può giustificare la scriminante putativa deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, seppure malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta sulla base di dati di fatto concreti, e cioè di una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o già esaurito, di un'offesa ingiusta.

Cass. pen. n. 45407/2004

In tema di legittima difesa, affinché sussista la proporzione fra offesa e difesa occorre effettuare un confronto valutativo, effettuato con giudizio ex ante sia fra i mezzi usati e quelli a disposizione dell'aggredito che fra i beni giuridici in conflitto. Ne consegue che il requisito della proporzione viene comunque meno nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell'interesse leso (la vita o l'incolumità della persona) sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso (il patrimonio), ed il danno inflitto (morte o lesione personale) abbia un'intensità di gran lunga superiore a quella del danno minacciato (sottrazione della cosa).

Cass. pen. n. 16908/2004

I presupposti essenziali della legittima difesa — scriminante ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali — sono costituiti da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima; mentre la prima deve concretarsi in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa. (Nella fattispecie, relativa ad un'aggressione con pugni e schiaffi subita dall'imputato, ed alla sua reazione che aveva provocato lesioni all'aggressore — per le quali il ricorrente era stato condannato ai sensi dell'art. 590 c.p. — la Corte, accogliendo il ricorso, ha ritenuto proporzionata all'offesa la reazione difensiva consistita nel lancio di un oggetto che solo accidentalmente colpiva l'aggressore ad un occhio).

Cass. pen. n. 9606/2004

La configurabilità della legittima difesa, a differenza di quanto avviene con riguardo allo stato di necessità, non è di per sé esclusa dalla volontaria accettazione di una situazione di pericolo ma solo dalla già prevista necessità di dover fronteggiare quel pericolo mediante la commissione di un reato, come si verifica nel caso dell'accettazione di una vera e propria «sfida» — comportando questa, per sua natura, un inevitabile pericolo per la propria incolumità personale, fronteggiabile solo con la lesione dell'incolumità altrui —, mentre non si verifica quando ci si limiti semplicemente ad esporsi a possibili (ma non assolutamente certe) iniziative aggressive altrui, senza essere a propria volta animati da alcun intento aggressivo.

Cass. pen. n. 4456/2000

L'accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell'eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio ex ante calato all'interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie sottoposta all'esame del giudice: si tratta di una valutazione di carattere relativo, e non assoluto e astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, dovendo egli esaminare, di volta in volta, e in concreto, se la particolare situazione sia obiettivamente tale da far sorgere nel soggetto l'erroneo convincimento di trovarsi nelle condizioni di fatto che, se fossero realmente esistenti, escluderebbero l'antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato. In tale prospettiva, la valutazione deve essere necessariamente estesa a tutte le circostanze che possano avere avuto effettiva influenza sull'erronea supposizione, dovendo tenersi conto, oltre che delle modalità del singolo episodio in sé considerato, anche di tutti gli elementi fattuali che — pur essendo antecedenti all'azione — possano spiegare la condotta tenuta dai protagonisti della vicenda e avere avuto concreta incidenza sull'insorgenza dell'erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un'ingiusta aggressione.

Cass. pen. n. 3200/2000

L'esimente della legittima difesa non è applicabile allorché il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa. (Fattispecie in tema di omicidio volontario, in relazione alla quale la S.C. ha escluso che potesse configurarsi l'esimente, sia pure nella forma della legittima difesa putativa, nel fatto di chi aveva indirizzato, a distanza di quindici metri, due colpi di fucile letali all'indirizzo di soggetto che, già autore, un anno prima, di incendio in danno di una baracca sita nel suo fondo, in questo si era di nuovo introdotto, disarmato, per recuperare un'autovettura ivi parcheggiata da giorni).

Cass. pen. n. 2692/2000

Agli effetti di quanto previsto dall'art.52 c.p., che configura la esimente della legittima difesa, occorre che l'altrui offesa ingiusta sia volta a ledere od ad esporre a pericolo un diritto, restando invece escluse dalla sfera applicativa della norma semplici situazioni di fatto dalle quali ogni cittadino può trarre o trae determinati vantaggi o utilità soggettive nell'estrinsecazione della sua attività economico-sociale. (Fattispecie nella quale la S.C. ha affermato che l'uso di un parcheggio in un'area di proprietà pubblica, derivante dall'occupazione del sito con la presenza di persona interessata, non assurge a diritto vero e proprio, neppure sotto il profilo della esistenza di una consuetudine normativa, sicché la privazione di quel vantaggio per effetto dell'altrui comportamento, non legittima alcuna reazione riconducibile all'esimente prevista dall'art. 52 c.p., a meno che il detto comportamento non fosse preordinato a ledere un vero e proprio diritto).

Cass. pen. n. 365/2000

La configurabilità dell'esimente della legittima difesa deve escludersi nell'ipotesi in cui lo scontro tra due soggetti possa essere inserito in un quadro complessivo di sfida giacché, in tal caso, ciascuno dei partecipanti risulta animato da volontà aggressiva nei confronti dell'altro e quindi, indipendentemente dal fatto che le intenzioni siano dichiarate o siano implicite al comportamento tenuto dai contendenti, nessuno di loro può invocare la necessità di difesa in una situazione di pericolo che ha contribuito a determinare e che non può avere il carattere della inevitabilità.

Cass. pen. n. 9695/1999

La legittima difesa presuppone un'aggressione ingiusta ed una reazione legittima; la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocerebbe nella lesione del diritto, la seconda comporta l'inevitabilità del pericolo, la necessità della difesa e la proporzione tra questa e l'offesa. Ne consegue che non è giustificabile una reazione quando l'azione lesiva sia ormai esaurita; né può ritenersi legittimo l'uso di mezzi che non siano gli unici nella circostanza disponibili, perché non sostituibili con altri ugualmente idonei ad assicurare la tutela del diritto aggredito e meno lesivi per l'aggressore. Ed invero il requisito della proporzione viene meno, nel conflitto fra beni eterogenei, quando la consistenza dell'interesse leso è enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionalmente e penalmente protetti, di quella dell'interesse difeso ed il male inflitto all'aggredito abbia una intensità di gran lunga superiore a quella del male minacciato.

Cass. pen. n. 740/1998

Il presupposto su cui si fondano sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione mediante una reazione sproporzionata e adeguata, cosicché l'eccesso colposo si distingue per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati: ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante — per l'inesistenza di una offesa dalla quale difendersi — non vi è alcun obbligo per il giudice di una specifica motivazione in ordine ad un eccesso colposo in tale scriminante, pur se espressamente prospettato dalla parte interessata.

Cass. pen. n. 8999/1997

I presupposti essenziali della legittima difesa — scriminante ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali — sono costituiti da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima; mentre la prima deve concretarsi in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa. L'eccesso colposo sottintende, a sua volta, i presupposti della scriminante col superamento dei limiti a quest'ultima collegati; per stabilire se nel commettere il fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima identificare i requisiti comuni alle due figure giuridiche, poi il requisito che le differenzia: accertata la inadeguatezza della reazione difensiva, per l'eccesso nell'uso dei mezzi a disposizione dell'aggredito in un preciso contesto spazio-temporale e personale, occorre procedere ad un'ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell'eccesso colposo delineato dall'art. 55 c.p., mentre il secondo consiste in una scelta reattiva volontaria, la quale certamente comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante.

In ogni ipotesi di sproporzione della difesa rispetto all'offesa, va esaminato se la sproporzione sia dovuta ad uno scusabile errore del soggetto, o a dolo, ovvero a colpa; perché mentre nella prima ipotesi è pur sempre configurabile l'esimente della legittima difesa, e nella seconda ipotesi è configurabile il comune reato doloso, solo nella terza ipotesi sono applicabili, in forza del disposto di cui all'art. 55 c.p., le norme relative ai reati colposi. (Fattispecie nella quale carabinieri e polizia, in difetto del necessario coordinamento nella conduzione delle indagini contestualmente effettuate, avevano agito a reciproca insaputa gli uni dell'altra e nel corso di un tragico conflitto a fuoco tra le suddette forze era stato ferito mortalmente un brigadiere).

Cass. pen. n. 6979/1997

Ai fini della configurabilità dell'esimente della legittima difesa — ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali — l'apprezzamento della proporzione tra offesa e difesa, che postula un rapporto di corrispondenza valutativa fra due termini, formulato con giudizio ex ante in riferimento sia ai mezzi usati, ed a quelli a disposizione dell'aggredito, che ai beni giuridici in conflitto, non può che essere qualitativo e relativistico: ne consegue che, nel raffronto tra il bene di un aggressore e il bene di un aggredito — pur ammettendosi che questi, nel difendersi, non sia in grado, nella situazione concreta, di dosare esattamente il reale pericolo e gli effetti della reazione, deve ritenersi che il requisito della proporzione venga meno, nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell'interesse leso, quale la vita e l'incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell'interesse patrimoniale difeso, ed il male inflitto all'aggredito abbia una intensità di gran lunga superiore a quella del male minacciato. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha ritenuto corretta la mancata concessione dell'esimente della legittima difesa ad un imputato il quale era stato condannato per aver sparato un colpo di fucile all'indirizzo di un individuo, che si stava impossessando della sua autovettura, attingendolo mortalmente alle spalle: la Corte di cassazione ha altresì osservato in sentenza che lo strumento adoperato per la reazione difensiva avrebbe ben potuto essere usato con modalità diverse, ad esempio sparando un colpo in aria o sull'asfalto a scopo intimidatorio, oppure alle gomme dell'autoveicolo per bloccarne la marcia).

Cass. pen. n. 2554/1996

In tema di legittima difesa, le espressioni «necessità di difendere» e «sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa», contenute nell'art. 52 c.p., vanno intese nel senso che la reazione deve essere, nella circostanza, l'unica possibile, perché non sostituibile con altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assumere la tutela del diritto (proprio o altrui) aggredito.

Cass. pen. n. 538/1995

Il presupposto su cui si fondano sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo, è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione, attraverso una reazione proporzionata ed adeguata; cosicché il secondo si distingue per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati.

Cass. pen. n. 6811/1994

Requisiti per l'applicazione della esimente della difesa legittima sono la sussistenza e l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa e la proporzione della difesa. Ne consegue che, per poter ritenere legittima la reazione di fronte alla imminenza del pericolo, è indispensabile sussista la necessità di difendersi, che si ha quando il soggetto si trova nell'alternativa tra reagire e subire, nel senso che non può sottrarsi al pericolo senza offendere l'aggressore.

Cass. pen. n. 9256/1993

In tema di legittima difesa, la reazione è necessaria quando è inevitabile vale a dire non sostituibile da un'altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assicurare la tutela dell'aggredito. Ne consegue che l'allontanamento di costui, se non fa correre alcun pericolo anche a terzi, deve essere la soluzione obbligata, in quanto la reazione è pur sempre un atto violento al quale si deve ricorrere come extrema, davvero inevitabile, ratio per salvare un proprio bene, e non per sacrificare l'onore.

Cass. pen. n. 2561/1993

Il presupposto su cui si fonda sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione attraverso una reazione proporzionata ed adeguata, così il secondo si distingue solo per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati. Pertanto, la scelta di mezzi di reazione o la prosecuzione di una condotta reattiva che, per consapevole determinazione, superi i limiti imposti o comunque non sia più necessaria, esclude qualsiasi collegamento tra l'iniziale situazione, che eliminava l'antigiuridicità della condotta, e l'evento, perseguito per autonoma decisione. (Nella specie, la ritenuta insussistenza di legittima difesa, nemmeno sotto l'aspetto dell'eccesso colposo trovava il suo fondamento nell'insorgere di una volontà omicida autonoma rispetto all'iniziale necessità di difesa per avere l'imputato sparato il colpo letale al capo, dopo che la persona offesa era stata attinta da un primo proiettile e resa inoffensiva).

Cass. pen. n. 710/1993

Al reato di rissa, ed a quelli commessi nel corso di essa, non è applicabile la legittima difesa perché i corrisanti sono animati dall'intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti, sicché la loro difesa non può dirsi necessitata. Solo eccezionalmente, in simili ipotesi, l'esimente di che trattasi può essere riconosciuta ed è quando, esistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata una reazione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia una offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma e in tal senso ingiusta.

Cass. pen. n. 9708/1992

In tema di legittima difesa, il disposto dell'art. 530, comma terzo, c.p.p. impone la pronuncia di sentenza assolutoria anche nel caso in cui vi sia una semiplena probatio in ordine alla sussistenza dell'esimente. (Fattispecie relativa ad un omicidio volontario che si assumeva commesso per legittima difesa).

In tema di legittima difesa, mentre l'eventuale discessus deve essere commodus, ossia deve essere attuato in modo da non trasformarsi in disonorevole abbandono del campo bensì da preservare un minimo di decoro in chi lo attua, l'apprestarsi a respingere un'offesa che si ritiene incombente, ancorché non ancora attuale, significa predisporsi alla tutela del proprio diritto alla incolumità personale e, quindi, ad approntare una legittima difesa eventualmente adeguandola alla ipotetica offesa. Inoltre non può richiedersi un commodus discessus preventivo, da attuare, cioè, prima che il pericolo assuma una qualche consistenza; invero un'aggressione ancora ipotetica, che si ha il semplice timore di dover subire, non realizza, prima dell'imminenza del suo sorgere, un'alternativa nella quale possa identificarsi un «altrimenti evitabile» modo di ovviare ad un pericolo che, appunto, ancora non sussiste e che potrebbe anche non manifestarsi.

Cass. pen. n. 8509/1992

L'esimente della legittima difesa non può essere negata in base al rilievo che il soggetto non si sia avvalso della possibilità di evitare, mediante l'allontanamento, un'aggressione ancora solo ipotetica, che aveva il semplice timore di subire, prima cioè che si cominciasse a concretare l'imminenza del pericolo.

Cass. pen. n. 6931/1992

Ai fini della configurabilità dell'esimente della legittima difesa occorre che la situazione di pericolo non sia stata volontariamente determinata, poiché, sebbene tale requisito non sia espressamente inserito nella formulazione dell'art. 52 c.p., è insito nel concetto di ingiustizia ed attualità dell'offesa da cui si è costretti a difendersi.

Cass. pen. n. 5429/1992

In tema di legittima difesa, nella formula «pericolo attuale» rientrano non soltanto le situazioni statiche di minaccia di offesa ingiusta, bensì anche le ipotesi nelle quali la situazione di pericolo si protrae nel tempo, per non essersi esaurita in un solo atto l'offesa portata dall'aggressore; ma in questi ultimi casi non si può prescindere dal postulare che la condotta dell'aggressore manifesti apertamente la sua decisione all'offesa — e non sia, quindi, soltanto subdola o equivoca — e si protragga quindi con continuità di comportamenti minacciosi, non interrotta da intervalli innocui.

Cass. pen. n. 5424/1992

L'esimente della legittima difesa è configurabile allorché, oltre all'offesa ingiusta, sussista l'attualità del pericolo, inteso come l'esistenza di una situazione di aggressione in corso e la cui cessazione dipende necessariamente dalla reazione difensiva, come atto diretto a rimuovere la causa di imminente pericolo. Ne consegue che la situazione di pericolo non deve essere stata volontariamente determinata, poiché tale requisito, per quanto non espressamente richiesto dall'art. 52 c.p., è insito in quello di attualità e ingiustizia dell'offesa da cui si è costretti a difendersi. Quindi, anche in presenza di offesa ingiusta, l'azione di chi reagisce a una situazione di pericolo da lui stesso determinata e liberamente voluta, non può essere giustificata ai sensi dell'art. 52 citato in quanto tale situazione è stata prevista e liberamente accettata.

Cass. pen. n. 5414/1992

Ai fini della configurabilità della legittima difesa putativa è necessario che la pretesa opinione soggettiva dell'esistenza del pericolo, da parte dell'agente, trovi una logica giustificazione nell'esistenza di una situazione di fatto che possa determinare la necessità di un'azione difensiva, non essendo sufficienti né lo stato d'animo dell'agente né il semplice timore di costui che altri commetta un fatto lesivo del suo diritto o sia una persona pericolosa.

Cass. pen. n. 1175/1992

Non è invocabile l'esimente della legittima difesa, reale o putativa, neppure sotto l'aspetto dell'eccesso colposo, qualora la sproporzione della reazione rispetto all'offesa incombente non derivi da colpa, cioè da valutazione erronea della situazione effettiva, ma sia consapevole e volontaria. Ne consegue, pertanto, che quando l'agente non agisca con la volontà di difendersi, nella convinzione sia pure erronea di dover agire per scopo difensivo, ma con chiara volontà di portare ad ulteriore effetto la sua reazione, non più giustificata dall'attualità del pericolo, deve rispondere a titolo di dolo del delitto commesso.

Cass. pen. n. 4474/1991

Le circostanze di fatto le quali giustifichino la ragionevole persuasione di una situazione di pericolo e sorreggano l'erroneo convincimento di versare nella necessità di difesa, anche se considerate non del tutto certe, portano ugualmente a ritenere sussistente la legittima difesa putativa poiché, ai sensi dell'art. 530 nuovo c.p.p., il dubbio sull'esistenza di una causa di giustificazione giova all'imputato.

Cass. pen. n. 3494/1991

In tema di legittima difesa uno dei requisiti indispensabili è l'attualità del pericolo da cui deriva la necessità della difesa. L'esimente è esclusa di fronte ad un pericolo futuro o immaginario, essendo rilevante soltanto il pericolo attuale, consistente in una concreta minaccia già in corso di attuazione nel momento della reazione ovvero in una minaccia od offesa imminenti. Ne consegue che per la sussistenza della legittima difesa non è sufficiente il fatto che il soggetto, contro il quale si reagisce, abbia un'arma addosso al momento del fatto, ma è necessaria la prova che egli, facendo uso o minacciando di farne uso o comportandosi in modo da far credere di voler far uso immediato di tale arma, venga a creare per il soggetto reagente una situazione di pericolo incombente, con conseguente necessità di difesa, o faccia sorgere in quest'ultimo la ragionevole opinione di trovarsi in siffatta situazione di necessità di difesa.

Cass. pen. n. 3257/1991

La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente, ma è supposta dall'agente a causa di un erroneo apprezzamento dei fatti. Tale errore, che ha efficacia esimente, se è scusabile e comporta la responsabilità di cui all'art. 59, ultimo comma, c.p. quando sia determinato da colpa, deve in entrambe le ipotesi trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sicché la legittima difesa putativa non può valutarsi al lume di un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d'animo dell'agente, dal solo timore o dal solo errore, dovendo invece essere considerata anche la situazione obiettiva che abbia determinato l'errore. Essa, pertanto, può configurarsi se ed in quanto l'erronea opinione della necessità di difendersi sia fondata su dati di fatto concreti, di per sé inidonei a creare un pericolo attuale, ma tali da giustificare, nell'animo dell'agente, la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo; persuasione che peraltro deve trovare adeguata correlazione nel complesso delle circostanze oggettive in cui l'azione della difesa venga ad estrinsecarsi.

Cass. pen. n. 3204/1991

In tema di legittima difesa, la reazione deve essere necessaria, nel senso che deve sussistere la impossibilità di scegliere tra più soluzioni e agire diversamente.

Cass. pen. n. 2654/1991

Per la concretizzazione dell'ipotesi della legittima difesa putativa, devono sussistere gli stessi elementi costitutivi della legittima difesa reale, con la sola eccezione dello stato di pericolo attuale di offesa ingiusta che, anziché essere esistente nella realtà, è erroneamente ritenuto esistente dal soggetto in base ad una errata — ma ragionevole — valutazione della situazione obiettiva.

Cass. pen. n. 1333/1991

Non è configurabile l'esimente della legittima difesa reale nè putativa quando l'animus dell'agente sia di approfittare di una situazione di fatto, anche se da lui non causata, per offendere più che per difendersi, contribuendo volontariamente e consapevolmente al crearsi di una situazione di pericolo attuale al quale egli liberamente si espone, oppure quando si tratti di sfida liberamente accettata in cui ciascuno assume contemporaneamente la qualità di aggressore e di aggredito in cui non vi è spazio neanche per la provocazione.

Cass. pen. n. 7850/1990

La legittima difesa può essere invocata, in tema di rissa, soltanto da chi si sia lasciato coinvolgere nella contesa al solo scopo di resistere all'altrui violenza. La difesa attiva, cioè, deve essere contenuta nei limiti della necessità di neutralizzare l'aggressione subita, senza eccedere in iniziative offensive che, in quanto tali, superano l'ambito di applicabilità dell'esimente.

Cass. pen. n. 2768/1990

In tema di legittima difesa il giudizio di proporzione tra necessità di difesa e reazione difensiva non può mai prescindere dalla natura e dall'entità del pericolo di offesa, che incombe realmente sull'aggredito e ciò soprattutto quando la reazione si sia manifestata attraverso strumenti micidiali, potendosi essa ritenere proporzionata nell'ipotesi in cui appare l'unica possibile per fronteggiare il pericolo. Ne deriva che nel caso di unica disponibilità del mezzo di difesa, in concreto adoperato, non si può dare valore risolutivo — ai fini dell'esclusione dell'eccesso — al solo accertamento della singolarità del mezzo disponibile, quando sia indubbio che possa essere usato con modalità diverse e taluna di queste appaia proporzionata ed adeguata al pericolo stesso.

Cass. pen. n. 672/1990

In tema di legittima difesa, sebbene la norma di cui all'art. 52, c.p. non richieda esplicitamente che l'agente non debba essersi posto volontariamente nella situazione di pericolo, solo una situazione di pericolo non volontariamente causato e non evitabile può ritenersi collegata al voluto requisito di un pericolo attuale di un'offesa ingiusta; non può, infatti, non essere prevedibile, per chi dia luogo ad una azione violenta o minacciosa, una reazione adeguata da parte dell'aggredito.

Cass. pen. n. 17571/1989

Nell'ipotesi in cui l'aggressore resti danneggiato dalla reazione di chi, agendo in stato di legittima difesa, incorre in eccesso colposo, il fatto dell'aggressore, avendo provocato la reazione difensiva della vittima, deve considerarsi come causa del danno a lui cagionato dall'aggredito, per cui trova applicazione l'art. 1227, primo comma, c.c., che stabilisce una ragionevole diminuzione del risarcimento nel caso di concorso del fatto colposo del danneggiato.

Cass. pen. n. 16015/1989

In tema di legittima difesa, mentre la legittima difesa reale presuppone una situazione di pericolo attuale, effettivamente sussistente, per la legittima difesa putativa invece è richiesta una situazione di pericolo anche se solo apparente: deve però trattarsi di un pericolo che non sia solo immaginato, nel senso cioè che l'erronea opinione di difendersi non deve basarsi su di un criterio meramente soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, bensì su dati concreti, che, sebbene inidonei a creare un pericolo attuale, siano tuttavia tali da giustificare nell'animo dell'agente la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo imminente; spetta poi all'agente l'onere quantomeno di allegare la sussistenza degli elementi di fatto, che possono aver ingenerato in lui l'erronea opinione della necessità di difendersi.

Cass. pen. n. 10837/1988

Ai fini della configurabilità della legittima difesa, anche putativa, pur non occorrendo la sussistenza di un'aggressione attuale, è necessario che sussista comunque l'attualità di un pericolo, intendendosi per attuale un pericolo presente o incombente, non futuro o già esaurito. Inoltre, per l'ipotizzabilità della esimente putativa, è necessario che ogni eventuale erroneo convincimento del soggetto di versare in stato di pericolo sia sempre sorretto da circostanze di fatto che possano giustificare la ragionevole persuasione di una situazione di pericolo, occorrendo che tale persuasione poggi su dati obiettivi e non meramente soggettivi. (Nella specie, relativa a ritenuta responsabilità per delitto di omicidio preterintenzionale per avere l'imputato, avventandosi contro la persona offesa e determinandone la caduta contro una sporgenza del pavimento, cagionato alla persona medesima lesioni letali, i giudici non hanno ritenuto l'esimente in presenza del solo fatto che la vittima, la quale fino a quel momento si era limitata a litigare profferendo ingiurie verbali, si era tutto a un tratto alzata in piedi, poiché il semplice gesto di alzarsi non poteva essere interpretato come azione aggressiva o minacciosa e che anche una diversa convinzione dell'imputato non sarebbe stata rilevante ai fini di una legittima difesa putativa, non trovando riscontro nella realtà).

Cass. pen. n. 7834/1988

Le ipotesi legislative della legittima difesa e quella dell'eccesso colposo, presuppongono, identità di situazione e si differenziano unicamente in ordine all'elemento dell'adeguatezza della reazione. Se, pertanto, l'eccesso è volontario la responsabilità dolosa resta integralmente, se l'eccesso è involontario occorre esaminare se esso è assolutamente irrilevante in quanto non colpevole, consentendo, quindi la configurabilità della scriminante e l'esclusione della punibilità, ovvero dovuto a colpa, con conseguente responsabilità a tale titolo, che determina un errore di valutazione della situazione concreta e quindi il superamento dei limiti imposti dalla necessità di esercitare il comportamento autorizzato.

Cass. pen. n. 730/1988

Normalmente nel reato di rissa e nei reati commessi nel corso di una rissa non è applicabile la legittima difesa, in quanto i corrissanti sono animati dall'intento di reciprocamente offendersi, ed inoltre accettano volontariamente la situazione di pericolo, sicché la difesa non può dirsi necessitata. Solo eccezionalmente può essere applicata l'esimente, qualora, sussistendo gli altri requisiti richiesti dalla legge, risulti una reazione assolutamente imprevedibile e del tutto sproporzionata, ossia una offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova ed autonoma.

Cass. pen. n. 5220/1987

I requisiti richiesti dalla legge per l'applicazione della legittima difesa, reale o putativa, debbono risultare rigorosamente provati dalle acquisizioni probatorie, in quanto le cause di giustificazione, configurandosi come elementi negativi di un reato perfetto in tutti i suoi estremi, possono operare soltanto se siano effettivamente sussistenti, con conseguente inapplicabilità della formula di assoluzione per insufficienza di prove con riferimento a dette cause. Tuttavia da questo principio non discende un vero e proprio onere probatorio a carico dell'imputato, che ha soltanto, nel suo stesso interesse, un onere di allegazione.

Cass. pen. n. 8090/1986

Per l'imputato che invochi l'applicazione di una causa di giustificazione sussiste l'onere non già di provare, ma di indicare gli elementi sui quali fonda la sua richiesta.

Cass. pen. n. 10128/1981

Le cause di giustificazione di un fatto delittuoso perfetto in tutti i suoi elementi costitutivi, obiettivi e subiettivi, in tanto possono essere riconosciute in quanto la sussistenza dei loro estremi risulti rigorosamente accertata. Ed anche se non si vuol ritenere che incomba all'imputato l'onere processuale di fornire tale prova essendo sufficiente l'allegazione della situazione soggettiva in cui si trovò ad agire, è di tutta evidenza che il giudice deve pervenire ad una affermazione di certezza sulle caratteristiche esimenti della situazione prospettata, attraverso il completo esame delle risultanze processuali ed il corretto processo logico di valutazione onde il giudizio sulla causa discriminante non si risolva in dubbiose convinzioni soggettive.

Cass. pen. n. 7151/1981

La legittima difesa, così come le altre cause di non punibilità, ha carattere eccezionale per cui può trovare applicazione solamente quando siano rigorosamente provati i suoi estremi e l'onere della prova incombe su colui che ne chiede l'applicazione.

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