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Articolo 384 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Fermo di indiziato di delitto

Dispositivo dell'art. 384 Codice di procedura penale

1. Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l'indiziato(1), fanno ritenere fondato il pericolo di fuga(2), il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico(3).

2. Nei casi previsti dal comma 1 e prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini [348], gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono al fermo di propria iniziativa [352 2].

3. La polizia giudiziaria procede inoltre al fermo di propria iniziativa qualora sia successivamente individuato l'indiziato ovvero sopravvengano specifici elementi, quali il possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l'indiziato sia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero(4).

Note

(1) La locuzione “anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato” è stata inserita dall’art. 11, della l. 26 marzo 2001, n.128.
(2) Il pericolo concreto di fuga deve essere valutato anche in considerazione dell'impossibilità di identificazione.
(3) L'elenco dei delitti indicati è stato modificato dall’art. 13, comma 3, lett. a) del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito nella l. 31 luglio 2005, n. 155, che ha aggiunto il riferimento ai delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico.
(4) Il possesso di documenti falsi che rendano fondato il pericolo che l'indiziato sia per darsi alla fuga è un elemento rilevante in tale sede ed è stato introdotto dall’art. 13, comma 3, lett. b) del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito nella l. 31 luglio 2005, n. 155.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui considerato l'ipotesi in cui debba procedersi a una misura pre-cautelare, in assenza però di flagranza di reato.

Spiegazione dell'art. 384 Codice di procedura penale

Le norme sull'arresto e sul fermo, unitamente a quella sull'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, conseguono a quanto disposto dall'art. 13 Cost, secondo cui l'autorità di pubblica sicurezza può adottare misure provvisoriamente limitative della libertà personale, ma solamente in casi eccezionali di necessità ed urgenza, imponendo altresì che tali misure vengano successivamente convalidate dall'autorità giudiziaria entro precisi limiti, pena la revoca e la perdita di efficacia della misura.

Arresto e fermo, al fine di sottolinearne la natura ibrida, vengono tradizionalmente definiti come misure pre-cautelari, e condividono le regole procedurali di cui agli articolo 386 e seguenti, oltre al fatto che sono consentiti solamente per determinati reati (considerati destinatari di differente tutela).

In un'ottica di necessario bilanciamento con la natura pre-cautelare dell'arresto e del fermo, l'art. 385 stabilisce comunque il principio secondo il quale essi non sono consentiti allorché, tenuto conto delle circostanze, appaia che il fatto stato commesso nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità (v. artt. 50 e ss. c.p.).

Per quanto concerne il fermo, disciplinato dal presente articolo, esso è assoggettato alla medesima procedura di convalida dell'arresto, ma se ne differenzia sia per la titolarità che per i presupposti del potere coercitivo in esame.

Titolare del potere di disporre il fermo è infatti innanzitutto il pubblico ministero, mentre gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere al fermo di propria iniziativa solamente prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, oppure nelle particolari situazioni di urgenza delineate dal comma 3, ovvero quando specifici elementi, quali il ritrovamento di documenti falsi, inducano a ritenere che l'indiziato stia per darsi alla fuga. La polizia giudiziaria può altresì procedere al fermo nel caso di trasgressione di misure cautelari, ai sensi dell'articolo 307 commi 4 e 5.

Il p.m. dispone il fermo anche fuori dei casi di flagranza quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione all'impossibilità di identificare l'indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga di persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge prevede la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni e non inferiore nel minimo a due anni, ovvero di un delitto concernente armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto a scopo terroristico (anche internazionale) o di eversione dell'ordine democratico.

Per quanto concerne il significato da attribuire alla locuzione “persona gravemente indiziata”, è sufficiente utilizzare i parametri che consentono l'adozione di una misura cautelare ex art. 273, mentre va precisato che il pericolo di fuga deve essere effettivo e risultare da elementi specifici che facciano desumere la volontà e l'imminenza dell'indagato di fuggire alle proprie responsabilità.

Massime relative all'art. 384 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 52009/2016

In tema di convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione "ex ante", desumendo da elementi concreti la rilevante probabilità che l'indagato si potesse dare alla fuga. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto legittimo il fermo di indiziato del delitto di tentata rapina aggravata, risultato irreperibile dopo le ricerche immediatamente svolte dalla polizia giudiziaria, considerando irrilevante la sua successiva costituzione in carcere, in quanto intervenuta dopo la concretizzazione del pericolo di fuga).

Cass. pen. n. 39452/2013

Nella motivazione della convalida del fermo il giudice deve far riferimento a concreti e specifici elementi di fatto risultanti dagli atti con riferimento ai parametri normativi che nella realtà consentono e legittimano la misura precautelare nei confronti di persona gravemente indiziata di reato, non essendo a tal fine sufficiente l'utilizzazione di formule di stile, adattabili a qualsiasi situazione, senza che ciò comporti una verifica sulla ragionevolezza dell'operato della polizia giudiziaria cui è attribuita una sfera di discrezionalità. (Nella specie è stata ritenuta incoerente la motivazione con la quale il G.i.p. aveva escluso la sussistenza del pericolo di fuga, nonostante il fermato - gravemente indiziato di violenza sessuale e del reato di cui all'art. 497 ter c.p. - avesse rivelato, nell'interrogatorio, la sua intenzione di trasferirsi all'estero per trovare lavoro "il più presto possibile").

Cass. pen. n. 26693/2013

È legittimo il fermo emesso dal pubblico ministero a seguito di sentenza di condanna di primo grado in presenza del pericolo di fuga, non ostando a tale provvedimento le previsioni di cui al secondo comma dell'art. 384 c.p.p. e al quarto comma dell'art. 307 c.p.p. che si riferiscono soltanto al fermo della polizia giudiziaria.

Cass. pen. n. 19733/2013

In presenza dei presupposti previsti dall'art. 384, comma primo, c.p.p., è legittimo il fermo di persona indiziata di delitto disposto dal P.M. nei confronti di persona rimessa formalmente in libertà, ancorché ancora di fatto detenuta, in relazione ad un precedente titolo di custodia cautelare dichiarato inefficace per la nullità dell'interrogatorio di garanzia. (Nell'applicare tale principio, la Corte ha chiarito che l'obbligo del previo interrogatorio dell'indagato, scarcerato per la caducazione del precedente titolo cautelare ai sensi dell'art. 302 c.p.p., non si riferisce al provvedimento di fermo eventualmente adottato dal pubblico ministero dopo la scarcerazione).

Cass. pen. n. 4690/2012

In tema di prova dichiarativa, le situazioni disciplinate, rispettivamente, dall'art. 384, comma primo e comma secondo, c.p., sono diverse e tra loro alternative. Ne discende che, ove sia configurabile la causa di esclusione della punibilità prevista dal secondo comma della su citata disposizione, deve ritenersi irrilevante la circostanza della spontanea presentazione al P.M. da parte del dichiarante, poichè la stessa non esclude l'applicazione delle disposizioni di garanzia previste dagli artt. 197 ss. c.p.p., espressamente richiamate dall'art. 362 c.p.p.. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato con rinvio l'impugnata sentenza, ritenendo necessario chiarire la veste assunta dai dichiaranti al momento della loro spontanea presentazione dinanzi al P.M.).

Cass. pen. n. 38782/2008

In presenza dei presupposti previsti dall'art. 384, comma primo, c.p.p., il fermo di persona indiziata di delitto può essere reiterato dal P.M. nei confronti di persona rimessa formalmente in libertà, ancorchè ancora di fatto detenuta, in relazione ad un precedente titolo di custodia cautelare dichiarato inefficace per la nullità dell'interrogatorio di garanzia. (Nell'applicare tale principio, la Corte ha chiarito che l'obbligo del previo interrogatorio dell'indagato, scarcerato per la caducazione del precedente titolo cautelare ai sensi dell'art. 302 c.p.p., si riferisce al provvedimento del giudice richiesto del ripristino della misura e non anche a quello di fermo eventualmente adottato dal pubblico ministero dopo la scarcerazione ).

Cass. pen. n. 36897/2007

Il pubblico ministero può adottare un provvedimento di fermo per gli stessi fatti presi in considerazione in occasione di un precedente fermo che sia venuto meno in conseguenza di vizi puramente formali. (Fattispecie in tema di rinnovazione del fermo a seguito di scarcerazione dell'indagato per la perdita di efficacia, per omesso interrogatorio, della misura cautelare applicata all'esito della convalida del primo provvedimento adottato dal pubblico ministero).

Cass. pen. n. 2404/2004

In tema di fermo di indiziato di delitto il giudice, sia pure ai limitati fini della convalida, può procedere alla riqualificazione giuridica del fatto-reato a lui sottoposto anche in modo diverso da quello prospettato dal pubblico ministero richiedente: rientra infatti tra i poteri di controllo quello di individuare, in concreto, l'ipotesi di reato al fine di stabilire se sia consentita la misura provvisoria e se quindi, correttamente, la polizia giudiziaria l'ha adottata. (Nella fattispecie la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.M. ritenendo legittima la mancata convalida del fermo da parte del Gip il quale aveva rilevato, nell'ipotesi di delitto relativo al traffico di stupefacenti, la sussistenza della attenuante di cui al quinto comma dell'art. 73).

Cass. pen. n. 28937/2001

In materia di misure precautelari applicate dalla polizia giudiziaria, il giudice dell'udienza di convalida che ravvisi la mancanza dei presupposti per l'arresto in flagranza deve, qualora sussistano i differenti presupposti previsti dall'art. 384 c.p.p., qualificare detta attività come fermo di persona indiziata e provvedere alla relativa convalida. (Fattispecie in cui la Corte, su impugnazione del pubblico ministero, ha ritenuto che erroneamente il giudice, che in esito all'udienza aveva emesso la misura cautelare della custodia in carcere, si fosse limitato a non convalidare l'arresto per carenza del requisito della flagranza, dal momento che la sussistenza del pericolo di fuga — posto a fondamento della misura cautelare — avrebbe imposto di diversamente qualificare, come fermo di persona indiziata, l'attività di polizia giudiziaria, e di procedere alla convalida sotto tale profilo).

Cass. pen. n. 25322/2001

La polizia giudiziaria può procedere di propria iniziativa al fermo di persona indiziata di reato, anche nel caso in cui il Pubblico Ministero abbia già assunto la direzione delle indagini, solo quando, non essendo possibile attendere il provvedimento di quest'ultimo, sopravvengono specifici elementi che rendono fondato il pericolo che il soggetto sia per darsi alla fuga, vale a dire si stia già, in concreto, sottraendo alle ricerche della competente autorità.

Cass. pen. n. 4942/1998

La possibilità di disporre nuovamente la custodia cautelare in carcere dopo la perdita di efficacia per omesso interrogatorio dell'indagato è subordinata alla sua effettiva liberazione e al suo previo interrogatorio. Ne consegue che è illegittimo il ripristino della custodia cautelare nei confronti di indagato liberato solo formalmente, in quanto contestualmente sottoposto a misura restrittiva della libertà a seguito di fermo del P.M. a norma dell'art. 384 c.p.p. in relazione allo stesso fatto per il quale la custodia cautelare era divenuta inefficace; e ciò perché l'autonomia dei due titoli custodiali, in simile evenienza, è solo apparente, risultando essi emessi per il medesimo fatto. (Fattispecie, nella quale il P.M. aveva adottato, all'atto della perdita di efficacia della custodia cautelare, provvedimento di fermo di persona indagata per associazione per delinquere di stampo mafioso e omicidio volontario, facendo in esso riferimento alla stessa motivazione sulla cui base era stata dapprima richiesta e poi emessa la prima ordinanza).

Cass. pen. n. 3364/1998

Ai fini della legittimità del fermo, gli elementi che possono fare ritenere fondato il pericolo di fuga devono essere, innanzitutto, specifici, e cioè direttamente riferiti alla persona sottoposta al fermo, e soprattutto, concreti, cioè connotanti un pericolo, reale, effettivo, non immaginario e non meramente congetturale in ordine alla rilevante probabilità che l'indagato si dia alla fuga, sicché lo stesso non può essere ipotizzato, né ritenuto sulla sola base del titolo del reato in ordine al quale si indaga (essendo esso elemento costitutivo limite all'esperibilità del fermo), né della relativa pena edittale, allo stesso modo che contraddice la sua configurabilità la costituzione dell'indagato agli inquirenti nell'immediatezza del fatto.

Cass. pen. n. 780/1998

Il “pericolo di fuga” atto a giustificare, ai sensi dell'art. 384, comma 1, c.p.p., il fermo dell'indiziato di un delitto, non può dirsi superato a causa della sopravvenuta effettività della fuga sol perché lo stesso indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” (equiparata dall'art. 274, lett. B, c.p.p., ai fini della configurabilità dell'esigenza cautelare ivi prevista, a quella costituita dal “pericolo di fuga”, mentre una tale equiparazione non si rinviene nell'art. 384, comma 1, stesso codice), deve intendersi solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha riconosciuto la correttezza della convalida del fermo disposto, sulla base della ritenuta permanenza del “pericolo di fuga”, nei confronti di un soggetto il quale, in quello spesso giorno, subito dopo aver commesso un omicidio, si era allontanato ed era risultato irreperibile alle immediate ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria).

Cass. pen. n. 6924/1998

In tema di fermo di indiziato di delitto, non deve confondersi l'atto di chi si allontana dal luogo in cui è stato consumato il reato, con il “pericolo di fuga” che costituisce il presupposto della misura precautelare; se così non fosse, infatti, il fermo sarebbe eseguibile in tutti i casi in cui l'indiziato non è stato arrestato per il semplice fatto di essere riuscito ad allontanarsi, mentre la legge pretende che il pericolo in questione debba trarsi da elementi “specifici”, ossia dotati di capacità di personalizzazione, indirizzata proprio nei confronti dei quel singolo individuo che si sospetta stia per darsi alla fuga (sicché deve escludersene la configurabilità solo perché un coindagato si sia già sottratto alle investigazioni); e “concreti”, sicché non può essere meramente ipotizzato né ritenuto sulla sola base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, perché quest'ultimo elemento costituisce limite della esperibilità del fermo (in relazione alle pene edittali previste ed all'oggetto del reato), non elemento che di per sé configuri la probabilità di fuga.

Cass. pen. n. 765/1996

Il fermo può essere adottato, ove ne ricorrano i presupposti, anche nei confronti di persona sottoposta all'arresto per fini estradizionali, ai sensi dell'art. 716 c.p.p. Tale arresto, infatti, non esclude il pericolo di fuga, data la provvisorietà del titolo custodiale, con la possibilità che il soggetto venga scarcerato ad horas. (Fattispecie relativa a cittadino straniero, senza fissa dimora e privo di documenti di identità)

Cass. pen. n. 1396/1994

In tema di fermo, gli specifici elementi dai quali assumere il pericolo di fuga non devono essere tali da poter fornire la prova diretta del progetto di fuga; infatti, essendo la fuga un avvenimento futuro ed incerto, la probabilità del suo verificarsi può essere desunta da elementi indiziari. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto corretto l'operato del Gip che aveva desunto l'esistenza del pericolo di fuga dalla valutazione congiunta della gravità del reato e della vicinanza e scarsa vigilanza del confine con la Slovenia).

Cass. pen. n. 5651/1994

Una volta che si siano realizzati i presupposti stabiliti dall'art. 384, primo comma, c.p.p., il fermo non può essere precluso dall'istanza di audizione o dalla presentazione dell'indagato.

Cass. pen. n. 5596/1994

In materia di fermo, la condizione del pericolo di fuga, richiesta in via generale dall'art. 384 c.p.p., deve sussistere anche quando si tratti di minori, nulla rilevando che di essa non si faccia specifica menzione nell'art. 17 del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

Cass. pen. n. 2998/1992

Il secondo comma dell'art. 384 c.p.p. consente alla polizia giudiziaria di operare di propria iniziativa il fermo di persone gravemente indiziate dei reati e nei casi previsti dal primo comma «prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini». All'uopo non basta, per escludere la legittimità del fermo operato dalla P.G. che il P.M. sia stato semplicemente informato del reato, ciò servendo ad altri fini, come a quello della iscrizione della notitia criminis nel registro di cui all'art. 405, secondo comma, c.p.p., ma è necessario che il P.M. si sia attivato nell'esercizio concreto dei suoi poteri sulla polizia giudiziaria.

Cass. pen. n. 1090/1992

Il potere di fermo di indiziato di delitto, può essere esercitato sulla base di indizi che devono rivestire quella stessa connotazione di gravità richiesta dall'art. 273 c.p.p. per l'applicazione di misure di coercizione personale. È, quindi, scomparsa ogni distinzione, sul piano della dimensione qualitativa, tra indizi che legittimano il fermo ad opera della polizia giudiziaria o del P.M. nel corso delle indagini preliminari e quelli che autorizzano l'adozione di un provvedimento limitativo della libertà da parte dell'autorità giudiziaria, stabilendosi un parametro di qualificazione uniforme. Il Gip, deve, pertanto, attenersi al criterio della gravità degli indizi nella decisione, sia pure sommaria, della rilevanza e consistenza oggettiva degli elementi a sua disposizione, i quali non debbano consistere in fatti che, dotati di decisività, univocità e logica concordante, forniscano lo stesso grado di certezza probatoria richiesto per la formulazione di un giudizio di responsabilità, essendo sufficiente che le deduzioni desumibili dal loro coordinamento conducano ad una ragionevole conclusione di probabilità circa l'esistenza del reato oggetto della contestazione e della sua attribuibilità all'indagato.

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