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Articolo 352 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Perquisizioni

Dispositivo dell'art. 352 Codice di procedura penale

1. Nella flagranza del reato [382] o nel caso di evasione [385 c.p.], gli ufficiali di polizia giudiziaria(1) procedono a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l'evaso [103].

1-bis. Nella flagranza del reato, ovvero nei casi di cui al comma 2 quando sussistono i presupposti e le altre condizioni ivi previsti, gli ufficiali di polizia giudiziaria, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione, procedono altresì alla perquisizione di sistemi informatici o telematici, ancorché protetti da misure di sicurezza, quando hanno fondato motivo di ritenere che in questi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi(2).

2. Quando si deve procedere alla esecuzione di un'ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per uno dei delitti previsti dall'articolo 380 ovvero al fermo di una persona indiziata di delitto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizione personale o locale se ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 e sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono la emissione di un tempestivo decreto di perquisizione.

3. La perquisizione domiciliare può essere eseguita anche fuori dei limiti temporali dell'articolo 251 quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l'esito(3).

4. La polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, decide con decreto motivato sulla convalida della perquisizione(4)(5).

4-bis. Salvo che alla perquisizione sia seguito il sequestro, entro dieci giorni dalla data in cui hanno avuto conoscenza del decreto di convalida, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e la persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita possono proporre opposizione, sulla quale il giudice provvede a norma dell'articolo 127. Si applica la disposizione di cui all'articolo 252 bis, comma 3(6).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


[omissis]
4. La polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, decide con decreto motivato sulla convalida della perquisizione.
4-bis. Salvo che alla perquisizione sia seguito il sequestro, entro dieci giorni dalla data in cui hanno avuto conoscenza del decreto di convalida, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e la persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita possono proporre opposizione, sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127. Si applica la disposizione di cui all’articolo 252-bis, comma 3.

__________________

(1) Nei casi di particolare necessità e urgenza, tali atti possono essere compiuti anche dagli agenti di polizia giudiziaria ex art. 113 disp. att. del presente codice.
(2) Tale comma è stato inserito dall’art. 9, comma 1, della l. 18 marzo 2008, n. 48.
(3) Si ricordi che le perquisizioni domiciliari ex art. 251 non possono essere iniziate prima delle ore 7 o dopo le ore 20, salvo i casi in cui il ritardo ne pregiudicherebbe l'esito.
(4) Alcune norme extra codicem sono dirette regolare altre ipotesi di perquisizioni che possono essere effettuate dalla P.G., come ad esempio l'art. 25 bis, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella l. 7 agosto 1992, n. 356, secondo cui gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere a perquisizioni locali di interi edifici o blocchi di edifici dove abbiano fondato motivo di ritenere che si trovino armi, munizioni o esplosivi ovvero che sia rifugiato un latitante o un evaso in relazione a taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
(5) Comma così modificato dall'art. 17, co. 1, lett. d) del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
(6) Comma introdotto dall'art. 17, co. 1, lett. d) del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

Tra le attività tipiche ad iniziativa della polizia giudiziaria, anche prima che il pubblico ministero intervenga formalmente ed assuma la direzione delle indagini, ci sono le perquisizioni e i sequestri.

Spiegazione dell'art. 352 Codice di procedura penale

Nell'espletamento delle indagini, è fisiologico che talvolta debbano essere compiute determinate attività connotate dall’urgenza, al fine di non compromettere l’esito degli accertamenti investigativi.

L’art. 352 c.p.p. disciplina le perquisizioni ad iniziativa della polizia giudiziaria. La norma considera tre diverse situazioni.

Ai sensi del comma 1, nel caso di flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono, di propria iniziativa (anche in assenza di un preventivo decreto del pubblico ministero), a perquisizione personale o locale:
  • si ha perquisizione personale quando c’è il fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse;
  • si ha perquisizione locale quando c’è il fondato motivo di ritenere che cose o tracce pertinenti al reato si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi l’indagato o l’evaso.

Poi, il comma 2 stabilisce che l’ufficiale di polizia giudiziaria può procedere, di propria iniziativa, alla perquisizione personale o locale anche quando si deve dare eseguire un’ordinanza di custodia cautelare o di un ordine di carcerazione nel caso di arresto obbligatorio in flagranza di reato ex art. 380 del c.p.p. o quando si deve eseguire il fermo di persona indiziata di delitto. In tal caso, sono necessari i seguenti requisiti:
  • i presupposti del comma 1;
  • particolari motivi di urgenza che non permettono l’emissione di un tempestivo decreto di perquisizione da parte del pubblico ministero.

Inoltre, secondo il comma 1-bis, nella flagranza di reato o nei casi di cui al comma 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono anche alla perquisizione di sistemi informatici o telematici, sebbene protetti da misure di sicurezza, quando c’è il fondato motivo di ritenere che in questi sistemi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi.
Nel compiere tale attività, la polizia giudiziaria deve adottare misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione.

Il comma 3 stabilisce poi che, per quanto concerne la perquisizione domiciliare, quando il ritardo può pregiudicarne l’esito, questa può essere eseguita anche fuori dai normali limiti temporali di cui all’art. 251 del c.p.p., per il quale la perquisizione non può essere fatta prima delle ore 07.00 del mattino e dopo le ore 20.00 della sera.

Dato che le attività investigative di cui sopra sono compiute di propria iniziativa dalla polizia giudiziaria, è comunque necessario il controllo e la convalida da parte del pubblico ministero.

Infatti, il comma 4 (come modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) prevede che la polizia giudiziaria deve trasmettere il verbale delle operazioni al pubblico ministero competente (quello del luogo dove la perquisizione è stata eseguita) e tale trasmissione deve avvenire senza ritardo e, comunque, non oltre le quarantotto ore. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, decide con decreto motivato sulla convalida della perquisizione.

Infine, il nuovo comma 4-bis (introdotto dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) stabilisce che, a meno che alla perquisizione sia seguito il sequestro, entro dieci giorni dalla data di conoscenza del decreto di convalida, l’indagato e la persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita possono proporre opposizione. Il giudice decide sull’opposizione a norma dell’art. 127 del c.p.p. (ossia, in camera di consiglio). Si applica il comma 3 dell’art. 252 bis del c.p.p., secondo cui il giudice accoglie l’opposizione quando accerta che la perquisizione è stata disposta fuori dai casi previsti dalla legge.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Come ricordato nella Relazione della Commissione Lattanzi, il criterio di delega di cui all'art. 1, comma 24, della legge delega è volto «a colmare un vuoto di tutela dell’ordinamento processuale penale italiano messo in luce dalla Corte di Strasburgo (Corte edu, sez. I, 27 settembre 2018, Brazzi c. Italia), la quale ha ritenuto l’Italia responsabile per aver violato l’art. 8, par. 2 CEDU, in una fattispecie in cui il ricorrente si era lamentato di non aver potuto beneficiare di alcun controllo giurisdizionale preventivo o a posteriori nei confronti di una perquisizione disposta in indagini a seguito della quale non era stato sequestrato alcun bene».
La previsione di uno specifico rimedio è stata circoscritta alla sola ipotesi interessata dalla pronuncia della Corte di Strasburgo, posto che, nei casi nei quali alla perquisizione segua un sequestro, è già disponibile il ricorso per riesame.


In fase attuativa s’è ritenuto che, per quanto il criterio di delega faccia espressamente riferimento al solo caso di perquisizione disposta sulla base di un «decreto», il rimedio dovesse essere riconosciuto anche per le perquisizioni eseguite dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 352 c.p.p., seppur nella sola ipotesi in cui sia intervenuta convalida da parte del P.M.


Nell’ipotesi opposta, per la quale la previsione del rimedio sarebbe apparsa evidentemente ultronea, è parso comunque opportuno chiarire che il P.M. debba comunque assumere un provvedimento motivato anche nel caso di ritenuta insussistenza dei presupposti della perquisizione: ciò, essenzialmente, in ragione del tenore testuale del comma 4 della disposizione citata («[i]l pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, nelle quarantotto ore, successive convalida la perquisizione»), talora interpretato nel senso che la verifica dell’autorità giudiziaria non sarebbe dovuta nel caso in cui detti presupposti non ricorrano.
2 
Al comma 4, per le ragioni viste, è stato sostituito l’inciso finale, prevedendo che il pubblico ministero debba comunque provvedere sulla convalida con un decreto motivato.
L’opposizione al decreto di convalida della perquisizione eseguita di iniziativa dalla PG è stata modellata sulla falsariga della disciplina già illustrata e inserita al nuovo comma 4 bis.

Massime relative all'art. 352 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 36746/2017

L'atto di perquisizione personale eseguito dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 352 cod. proc. pen. è atto indifferibile ed urgente per il quale non è necessaria la traduzione immediata all'indagato di lingua straniera in quanto il reperimento di un interprete è incompatibile con la particolare urgenza dell'adempimento investigativo; la mancata comprensione dell'atto esplicherà i suoi effetti solo sul termine per l'impugnazione dell'eventuale conseguente sequestro.

Cass. pen. n. 46250/2012

Il decreto con cui il P.M. convalida la perquisizione domiciliare eseguita d'urgenza dalla Polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 352 c.p.p. non è ricorribile per cassazione, salva l'ipotesi in cui lo stesso sia qualificabile come atto abnorme.

Cass. pen. n. 8963/2002

Il divieto di sequestrare presso i difensori «carte e documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato», non solo è limitato alla ipotesi in cui il sequestro sia disposto nell'ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l'attività difensiva (dovendo, viceversa, ritenersi esteso agli altri eventuali procedimenti — anche non penali — in cui il difensore sia impegnato nell'interesse dell'indagato o imputato), ma non esige neanche il conferimento di uno specifico e formale mandato difensivo potendo detto mandato desumersi dalla natura stessa dell'incarico, che, per altro, non necessariamente deve esser tale da poter essere conferito solo a chi esercita la professionale legale. (Fattispecie in tema di bancarotta, relativa a perquisizione presso uno studio legale e conseguente sequestro di titoli di credito, affidati dall'indagato ad un avvocato in vista della eventuale definizione in via concordataria e prefallimentare con i creditori).

Cass. pen. n. 1864/1997

In materia di traffico di sostanze stupefacenti, la disciplina in materia di perquisizioni non è applicabile quando la polizia giudiziaria, anche al di fuori degli spazi doganali, si limita, in ragione del potere conferitogli dal secondo comma dell'art. 103 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, a controllare ed inspicere, cioè a guardare quello che è immediatamente visibile nel veicolo, nei bagagli e negli effetti personali di un soggetto. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha respinto il ricorso e ritenuto regolare la condotta della polizia giudiziaria che aveva proceduto, senza preventiva autorizzazione del magistrato, a controllare, fuori degli spazi doganali e nelle vicinanze dell'aeroporto, il bagaglio di un viaggiatore, rinvenendo circa un chilogrammo di sostanza stupefacente nella fodera interna di una borsa).

Cass. pen. n. 5547/1996

L'attività di polizia giudiziaria disciplinata dall'art. 103 del T.U. delle leggi in materia di stupefacenti (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) non concreta formale perquisizione ai sensi dell'art. 352 c.p.p., differenziandosi da quest'ultima sia per la natura e la qualità dell'intervento - definito legislativamente di controllo e ispezione - sia per la sua specifica funzione. Infatti, mentre la perquisizione e l'ispezione previste dal codice di rito presuppongono sempre la commissione di un reato, i poteri concessi alla P.G. dal citato art. 103 D.P.R. 309/90 sono finalizzati anche ad attività di carattere preventivo, oltre che repressivo, ed hanno più ampio ambito.

Cass. pen. n. 25/1994

L'operatività dei limiti e delle garanzie previsti dall'art. 103 c.p.p. per le ispezioni e perquisizioni da eseguire negli uffici dei difensori non è subordinata alla condizione che tali atti siano disposti dall'autorità giudiziaria nello stesso procedimento in cui è svolta l'attività difensiva. Ne consegue che deve ritenersi illegittima la perquisizione di uno studio di un difensore disposta dal P.M. ed eseguita dalla polizia giudiziaria senza l'osservanza delle prescrizioni dell'art. 103, terzo e quarto comma, c.p.p., anche se con riferimento ad un procedimento diverso da quello in cui era svolta attività difensiva. (La Cassazione ha altresì evidenziato che poiché le garanzie previste per le ispezioni e le perquisizioni dal terzo e quarto comma, dell'art. 103, c.p.p., si riferiscono ai soli atti disposti dall'autorità giudiziaria, resta fermo il potere della polizia giudiziaria di procedere a perquisizione nei casi di cui all'art. 352 stesso codice).

Cass. pen. n. 4128/1993

In tema di perquisizione personale ad iniziativa della polizia giudiziaria, la flagranza, come condizione di chi viene colto nell'atto di commettere un reato, presuppone un rapporto di contestualità fra il comportamento del reo ed il fatto percettivo dell'ufficiale di polizia giudiziaria che ordina la perquisizione, ma quest'ultimo può bene risolversi ad agire per la certezza interiore derivantegli dal fatto che una persona, a lui nota come «dedita ad illecita attività», venga vista entrare nell'abitazione sorvegliata di altro soggetto conosciuto come «dedito allo spaccio di stupefacente». La circostanza che detta persona sia poi trovata con la droga indosso, mentre sta per uscire dall'abitazione, viene a dimostrare a posteriori l'esistenza della flagranza e la legittimità della perquisizione e del successivo arresto.

Cass. pen. n. 11908/1992

In tema di stupefacenti, per la legittimità della perquisizione prevista dall'art. 103, terzo comma, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è irrilevante la mancata utilizzazione degli «appositi moduli» ivi menzionati, contando invece il dato obiettivo che l'atto sia effettuato nel corso di servizio di indagini per la repressione del traffico di stupefacenti, che sussista fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope, che ricorrano motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentano di richiedere l'autorizzazione telefonica del magistrato competente.

Cass. pen. n. 3717/1990

È legittima la perquisizione, ai sensi dell'art. 352, comma 1, c.p.p., ed è altrettanto legittimo il sequestro del corpo del reato e delle altre pertinenze, in osservanza della norma di cui all'art. 354, comma 2, stesso codice, ricorrendo gli elementi costitutivi della flagranza, qualora gli ufficiali e gli agenti - nella specie della guardia di finanza - abbiano rilevato la condotta illecita nell'attualità (art. 382, n. 1 c.p.p.) della sua consumazione - materiale apposizione di marchio contraffatto ad opera di un dipendente dell'imputato - e in costanza della detenzione - per quanto concerne la detenzione a fine di commercio di prodotti industriali con i marchi contraffatti - che altro non è che una forma di reato permanente (art. 382, n. 2 stesso codice).

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F. T. chiede
lunedì 02/10/2023
“Notando il soggetto correre, in estate, con un copricapo che, a detta degli agenti di polizia sembrava un passamontanga ma in realtà era una cuffia da ciclista di colore nero, che effettivamente ne travisava parte del volto e vedendo che lo stesso entrava velocemente dentro un garage, due volanti della polizia lo inseguivano silenziosamente, senza intimargli di fermarsi e bussando alla porta, la alzavano e gli chiedevano generalità.
Insospettiti dall'atteggiamento nervoso, a loro detta, del soggetto, dopo avergli chiesto le generalità, nonostante il rifiuto ad acconsentire alla perquisizione, procedevano a perquisizione personale e domiciliare ugualmente, effettuando anche fotografie degli interni del garage.
Il soggetto, spiegava che, nonostante la calura, utilizzasse il copricapo per migliorare la sudorazione della cute e che il garage fosse in uso a lui ma di proprietà della famiglia, mostrando le chiavi.
Dopo una decina di minuti di perquisizione gli agenti, rinvenivano una carta postepay scaduta e un documento scaduto circa quindici anni prima di un terzo.
Alla richiesta di esibire un documento, il soggetto riferiva che non era in possesso della carta di identità con sè ma poteva provvedere al passaporto presente al suo domicilio e inoltre dava numerosi elementi che potevano corroborare la sua identità, quale indirizzo, codice fiscale, nome e cognome dei genitori nonché loro numero di telefono fisso.
Gli agenti, sempre insospettiti, trovando soldi ed un'altra postepay intestata ad un terzo in possesso del soggetto, che continuava a riferire di effettuare una corsa di blando allenamento e di aver utilizzato la postepay di un amico qualche minuto prima, lo portavano in commissariato per ulteriori accertamenti.
Nonostante le doglianze del soggetto, che chiedeva il motivo di tale trattamento, altri agenti, sotto minaccia di essere denunciato per resistenza a pubblico ufficiale nel caso si fosse opposto, procedevano con forza all'acquisizione di impronte palmari e digitali.
Si noti che;
l'esito della perquisizione personale e domiciliare è negativo.
Gli accertamenti nel database davano esito negativo e, visto che non sussistevano formali denunce di furto per le postepay in oggetto il soggetto veniva congedato.
Dopo 3 gg. dal fatto, il pm ( uno dei due che aveva convalidato l'atto) archiviava il fatto, inscritto inizialmente con modello 45, nel registro dei fatti non costituenti reato, perché "non si apprezzavano comportamenti penalmente rilevanti".
Da notare inoltre, nonostante non possa essere provato, che gli agenti della volante non chiesero se prima della perquisizione il soggetto avesse voluto essere assistito da un avvocato di fiducia o un difensore.
Si chiede quindi se il soggetto, incensurat , in quanto un piccolo precedente penale era stato estinto e quindi risultava, almeno agli occhi dei concorsi pubblici nuovamente la qualifica di incensuratezza, abbia qualche rimedio da esperire avverso la perquisizione.
Si ipotizzano 3 filoni.
Il primo, l'opposizione ex art. 255 bis della riforma Cartabia ; nel caso l'esito della perquisizione sia negativo, evidenziando che, nonostante il comportamento eccentrico sia difficile configurare un qualche tipo di reato la perquisizione era stata comunque convalidata ex art 4 T.U.L.P.S.
Il secondo filone riguarda la violazione di domicilio commessa da p.ufficiale o perquisizione arbitraria (art.615 e 609 del c.p.)
Il terzo, riguarda la possibile eliminazione dei dati del fotosegnalamento, in quanto potrebbero rappresentare una eccessiva e ridondante misura contro un cittadino incensurato che allo stato dei fatti non aveva commesso alcun reato.
Si chiede inoltre, nel primo filone , avverso quale autorità occorra effettuare opposizione per la perquisizione visto l'assenza di GIP poiché il fatto è stato immediatamente iscritto nel registro dei fatti non costituenti reato.
Nel secondo filone, ci si chiede quali conseguenze giuridiche possa avere la denuncia per violazione di domicilio o perquisizione arbitraria, dato che entro 48 ore la perquisizione era stata convalidata da un pm e se eventualmente il soggetto si espone ad una controdenuncia " difensiva" per calunnia.
Per il terzo filone, accertato che la questura fosse in possesso di concordanti elementi per identificare il soggetto, ( codice fiscale, nome dei genitori, numero fisso dei genitori) e soprattutto il cd. cartellino, la copia della carta di identità con foto in possesso della questura, si chiede che tipo di azione legale potrebbe essere esperita al fine di rimuovere i dati non certo acquisiti secondo il principio della proporzionalità e se questa azione, rispetto alle altre due, ha dei termini di decadenza.
Si rammenta che il soggetto inoltre risiede nel comune in cui è stato identificato ed è cittadino italiano, per cui il fotosegnalamento apparte misura eccessiva e ridondante, in quanto, parrebbe applicarsi la sola disciplina del soggetto "sospetto" ai fine dell'art 4 tulps., in quanto il soggetto è cittadino italiano, non pericoloso, in possesso di codice fiscale che non si è rifiutato di dire le sue generalità e residente nel comune in cui è stato controllato.
Il sospetto però pare non possa desumersi da meri comportamenti eccentrici (il correre con un copricapo da ciclista che gli oscurava parzialmente il volto, in piena estate) che non integrano nessuna fattispecie di reato.
Si evidenzia che lo stato traumatico, soprattutto a seguito della perquisizione domiciliare e del fotosegnalamento permane ad ora.
Richiedo, per fini di riservatezza che l'esito di questa consulenza non sia pubblicato.
Ricordo inoltre, che in pochi giorni scadrebbero i termini per presentare querela ai sensi dell'art. 615 e 609.
Riepilogando, il soggetto si chiede se sia possibile ed esperibile una causa dopo denuncia per art. 615 e 609, per un eventuale risarcimento danni da trauma psicologico e quale rimedio legale potrebbe essere esperito per rimuovere i dati acquisiti tramte fotosegnalamento in assenza del principio di proporzionalità.

Consulenza legale i 06/10/2023
Rispondiamo ai diversi quesiti singolarmente.

In primo luogo si chiede se è esperibile un qualche rimedio alla perquisizione effettuata.

La domanda, così posta, non ha molto senso.
Le perquisizioni che vengono esperite dalla polizia in autonomia sono disciplinate dall’art. 352 c.p.p. e costituiscono il logico corollario del ruolo assegnato dall’ordinamento alle forze dell’ordine, che è quello di sopprimere attività ipoteticamente costituenti reato e evitare che eventuali reati commessi possano produrre ulteriori conseguenze negative.

Stando a quanto narrato nel parere, l’attività effettuata dalla PG sembra essere legittima, stante anche il comportamento oggettivamente sospetto del soggetto perquisito (il quale, non essendo indagato, non aveva comunque diritto a essere assistito dal difensore)e delle risultanze emerse in sede di perquisizione (il rinvenimento delle postepay appartenenti ad altri).

Ciò detto, l’opposizione ex art. 352, co. 4 bis introdotta dalla riforma Cartabia è sicuramente proponibile ma, francamente, nel caso di specie è alquanto inutile.
Ci spieghiamo meglio.
Le operazioni che vengono disposte in sede di perquisizione sono verbalizzate dalla Polizia e queste confluiscono, in genere, nel fascicolo processuale.
L’opposizione in esame ha, dunque, un solo scopo, ovvero quello di rendere non utilizzabile in sede di processo penale quello stesso verbale e il suo contenuto, che potrebbe contenere elementi ipoteticamente a detrimento dell’indagato.
L’opposizione, dunque, se accolta, ha il solo effetto di neutralizzare l’utilizzabilità di quel mezzo di ricerca della prova, cosa utilissima laddove, in effetti, penda un procedimento penale e del tutto inutile laddove, come nel caso di specie, il procedimento penale non vi sia.

In casi come quello esposto nel parere, dunque, l’opposizione non avrebbe alcun effetto sostanzialmente positivo per il perquisito e, alla fine, rappresenterebbe soltanto una perdita di tempo per l’istante e un aggravio di spese dovuto al coinvolgimento di un difensore di fiducia.

La stessa, in ogni caso, va proposta al GIP territorialmente competente.


Quanto alla sussistenza delle fattispecie di cui all’ art. 609 del c.p. e art. 615 del c.p., valga quanto segue.

Il reato punito dall’articolo 609 è di certo non sussistente per una banale ragione, gli agenti di PG non hanno mai proceduto a una perquisizione personale, che è il solo mezzo di ricerca della prova la cui esecuzione illegittima viene censurata dalla fattispecie predetta.

La violazione di domicilio è parimenti insussistente.
Ad essere onesti, la formulazione della fattispecie in questione è già di per sé infelice.
La norma in parola, infatti, presuppone la sussistenza del reato a seguito di un “abuso” dell’autorità e/o dell’esperimento di un atto di polizia fuori dai presupposti fissati ex lege.

Analizzando meglio la fattispecie, dunque, ci si accorge che:
- l’abuso non è ben specificato e/o comunque, secondo la giurisprudenza dominante, lo si ha solo in quei casi in cui l’attività della PG era totalmente illegittima e non rispondeva minimamente ad alcun canone di legalità;
- è molto difficile sostenere che una perquisizione non risponda ai presupposti fissati dalla legge stante il fatto che la perquisizione ex art. 352 c.p.p. può presentare una casistica assai varia, tale per cui dire quand’è che una perquisizione è illegittima è assai arduo da dire.

Non a caso, il reato in parola presenta una casistica giurisprudenziale assai risicata e ridotta a casi davvero eclatanti, per lo più riguardanti l’installazione illegittima di strumenti di captazione audiovisiva in modo illegittimo (la fattispecie si noti che è nata proprio per porre un presidio penale alle intercettazioni illegittime nei luogi di domicilio).

A tali argomentazioni giuridiche si aggiungano ulteriori considerazioni di ordine logico.

Pensare che un qualsiasi Pubblico Ministero che lavora nella stessa procura del collega che ha convalidato la perquisizione porti avanti una denuncia - querela per il reato di cui all’art. 615 c.p. così implicitamente contraddicendo e contestando l’attività del collega e l’attività della PG operante è onestamente utopico.

Ancora, come detto in precedenza, l’attività di PG, sebbene eccessivamente zelante, non sembra essere del tutto illegittima, stante le ragioni di legittimo sospetto susseguenti tanto all’atteggiamento del perquisito quanto al rinvenimento delle postepay in sede di perquisizione.

Con questo, comunque, non si vuole dire che l’eventuale denuncia esporrà il soggetto al rischio di calunnia (ciò purché la stessa venga fatta da un avvocato che sappia come redigere tale atto proprio per evitare l’incriminazione per calunnia), ma la proposizione della stessa sembra alquanto inutile visto che andrà incontro ad una certa archiviazione.

Quanto, invece, alla cancellazione dei dati dal CED della Polizia, la stessa è possibile mediante l’invio di un’istanza via PEC sottoscritta dal legale di fiducia con la quale si chiede, motivando in modo specifico, la cancellazione dei dati riguardanti i precedenti di polizia.
La normativa di riferimento è quella di cui alla l. 121/81 e il diritto alla cancellazione è espressamente sancito dall’articolo 10 del corpus normativo menzionato.