Cassazione civile Sez. III sentenza n. 2396 del 14 aprile 1980

(1 massima)

(massima n. 1)

Nell'espropriazione immobiliare, l'azione promossa dall'aggiudicatario di un immobile (nella specie, fondo rustico) al fine di sentire dichiarare il diritto a conseguire il prezzo di un bene facente parte per accessione dell'immobile aggiudicato (nella specie: un pioppeto esistente sul fondo), ma venduto dal custode pochi giorni prima dell'asta, non è opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, e neppure può considerarsi alla stregua di una controversia in sede di distribuzione, a norma dell'art. 512 c.p.c., ma tende all'esclusione della distribuzione fra i creditori della somma ricavata dalla vendita di un bene costituente accessione dell'immobile aggiudicato a seguito della vendita forzata. Trattasi, perciò, di un'azione atipica esperibile nel corso del processo esecutivo, essendo la sua nascita correlata eziologicamente al compimento delle attività di tale processo ed avendo la sua decisione l'effetto di determinare la somma da ripartire tra i creditori concorrenti, con la conseguenza che — inserendo un processo di cognizione in via incidentale — va proposta nelle forme del ricorso al giudice della esecuzione nei confronti del creditore procedente e di tutti i creditori intervenuti senza che possa rilevare l'estinzione del processo esecutivo per rinuncia dei creditori muniti di titolo esecutivo (e per l'avvenuta tacitazione di quelli che non ne siano muniti), salvo che risulti l'avvenuta restituzione della somma ricavata dalla vendita al debitore esecutato, ed in tal modo la sua esclusiva legittimazione passiva.

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