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Articolo 512 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Risoluzione delle controversie

Dispositivo dell'art. 512 Codice di procedura civile

Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti (1) o circa la sussistenza di diritti di prelazione (2), il giudice dell'esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617, secondo comma.

Il giudice può, anche con l'ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.

Note

(1) I soggetti legittimati a contestare la sussistenza o l'ammontare dei crediti sono innazitutto, il debitore (o il terzo esecutato), il quale ha interesse ad escludere dal riparto uno o più creditori, nella speranza di incrementare il residuo che gli spetta sul ricavato dalla vendita quando siano stati soddisfatti tutti i creditori; e, quindi, i creditori, ma soltanto quando la massa attiva sia insufficiente.
(2) Quelli legittimati a contestare l'esistenza di diritti di prelazione sono soltanto (sempre quando la massa sia insufficiente) i creditori e non anche il debitore né il terzo: questi ultimi, difatti, non possono subire alcun pregiudizio poiché i diritti di prelazione incidono soltanto nei rapporti tra i creditori.
(3) Come per le opposizioni, anche per le controversie di cui alla norma in esame, si verifica il fenomeno dell'assunzione, da parte del giudice dell'esecuzione, che sia competente anche per la cognizione, della veste dell'istruttore.

Ratio Legis

La norma indica le controversie riconducibili alle opposizioni di merito del processo esecutivo. Appare assai interessante il rapporto tra la contestazione di cui all'art. 512 del c.p.c. e l'opposizione ex art. 615 del c.p.c.; secondo parte della dottrina il debitore potrebbe esperire il rimedio ex art. 512 c.p.c.. soltanto nei confronti dei creditori non muniti di titolo esecutivo, mentre le contestazioni nei confronti dei creditori muniti di titolo, sarebbero esperibili soltanto con l'opposizione di cui all'art. 615 c.p.c..
Il termine iniziale per sollevare le contestazioni coincide con l'udienza di distribuzione e prima della domanda di collocazione o prima che sia posto in essere il piano di distribuzione non è possibile proporre le opposizioni. Il termine finale decorso il quale non è più possibile proporre le opposizioni in virtù dell'art. 512 c.p.c. è l'udienza per la discussione del progetto di riparto.

Spiegazione dell'art. 512 Codice di procedura civile

In sede di distribuzione della somma ricavata, può sorgere controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione.

In particolare, i creditori concorrenti possano impugnare attraverso lo strumento qui disciplinato sia la “non contestazione” dei crediti privi di titolo esecutivo da parte del debitore esecutato (art. 499 del c.p.c.) sia l'accantonamento che ritengano illegittimamente disposto.

Il debitore esecutato ed il terzo che ha subito l'espropriazione possono muovere contestazioni circa la sussistenza del diritto a partecipare al concorso, avendo sempre interesse ad escludere un creditore illegittimo (da cui ne conseguirebbe l’ effetto di accrescere l'entità del residuo da restituire alla parte che ha subito il processo esecutivo).

Al contrario, deve escludersi in sede di distribuzione l'interesse del debitore e del terzo che ha subito l'espropriazione a contestare la sussistenza o il grado delle singole cause legittime di prelazione che assistono i diversi crediti concorrenti, contestazioni riservate, invece, ai creditori concorrenti, considerato che le stesse incidono reciprocamente sulla misura in cui possono avere effettiva soddisfazione.

I creditori concorrenti, peraltro, incontrano due diversi ed ulteriori limiti alla possibilità di sollevare contestazioni. Questi, infatti, per difetto di interesse ad agire, non possono promuovere il procedimento di cui all'art. 512:

- ove il ricavato sia sufficiente alla loro integrale soddisfazione,
- nei confronti degli altri creditori che vantino un credito da collocarsi in un grado inferiore nella graduazione della massa passiva.

La controversia a cui fa riferimento la norma in esame, dunque, può riguardare:
- la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti.
Soggetti legittimati a sollevare tale tipo di contestazione sono:
  1. il debitore o il terzo esecutato, il quale ha interesse ad escludere dal riparto uno o più creditori, nella speranza di incrementare il residuo che gli spetta sul ricavato dalla vendita una volta soddisfatti tutti i creditori;
  2. i creditori, qualora la massa attiva sia insufficiente.

  • la sussistenza di diritti di prelazione (in caso di massa insufficiente).
Soggetti legittimati a sollevare tale contestazione sono soltanto i creditori; non lo sono il debitore né il terzo.

Nel momento in cui viene sollevata contestazione, il giudice dell'esecuzione assume la veste dell’istruttore e provvede all'istruzione della causa, se rientra nella sua competenza.
In caso contrario rimette le parti davanti al giudice competente ex art. 17 del c.p.c., fissando un termine perentorio per la riassunzione.

Sempre in caso di contestazione, il giudice dell’esecuzione può con la medesima ordinanza sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.
E’ rimesso alla discrezionalità del giudice dell'esecuzione stabilire sia l’an che la misura della sospensione.

Per quanto concerne l’an, si ritiene che egli giudice debba necessariamente compiere una valutazione sommaria della fondatezza delle contestazioni sollevate.

Con riferimento alla misura della sospensione, invece, il giudice deve sospendere totalmente la distribuzione, qualora le controversie sollevate coinvolgano l'intera somma ricavata, altrimenti soltanto la parte oggetto di contestazioni.

Dalla lettura del secondo comma della norma si evince che viene rimesso alla discrezionalità del giudice dell'esecuzione stabilire anche con quale provvedimento ed in quale momento disporre la sospensione.
Viene infatti disposto che la sospensione può essere pronunciata “anche con l'ordinanza di cui al primo comma”, cioè con il provvedimento con cui si conclude il procedimento deformalizzato di risoluzione delle controversie.

Oggetto del procedimento instaurato ai sensi dell'art. 512 è il diritto (non sostanziale, ma processuale) a partecipare alla distribuzione del ricavato; infatti, il giudice dell'esecuzione è chiamato esclusivamente, in sede di distribuzione del ricavato, a risolvere le controversie distributive, accertando l'esistenza e il grado dei crediti con effetti limitati al processo esecutivo, cioè soltanto al fine di consentire la soddisfazione del diritto, e non anche per accertare se tale soddisfazione sia conforme a diritto o meno.

Il rimedio della opposizione distributiva, qui previsto, non esclude che, nel caso in cui la contestazione sia avanzata dal debitore esecutato ed investa il credito della parte procedente, ovvero l'esistenza o l'ammontare di quello di un creditore munito di titolo, egli possa tutelarsi anche con lo strumento dell'opposizione all'esecuzione, di cui all' art. 615 del c.p.c. comma secondo, senza necessità di attendere la fase distributiva.
Infatti, il suo interesse a contestare l'an od il quantum dei crediti (anche per conseguire la sospensione parziale dell'esecuzione), sussiste in ogni momento dell'esecuzione, essendo rimesso soltanto ad una sua libera scelta se attendere o meno la fase di distribuzione per formulare le proprie contestazioni.

Per quanto concerne il tempo in cui le contestazioni qui disciplinate possono essere proposte, si ritiene che l'instaurazione delle controversie de quibus possa aver luogo esclusivamente nell'udienza destinata alla distribuzione del ricavato di cui all'art. 510 del c.p.c..

In ordine, invece, alla forma con cui le stesse contestazioni possono essere sollevate, la loro proposizione si ritiene ammissibile, oltre che con ricorso scritto da notificare alle controparti, anche con dichiarazione orale resa in udienza, da raccogliersi nel processo verbale.
In entrambi i casi, comunque, è necessaria, a pena di ammissibilità, la specifica indicazione sia dell'oggetto della contestazione, sia dei motivi su cui la stessa si fonda.

Massime relative all'art. 512 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 4263/2019

A seguito della chiusura del procedimento di esecuzione forzata, è da escludere la possibilità di ottenere una modifica della distribuzione del ricavato della vendita mediante l'esperimento dell'azione di ripetizione di indebito da parte di un creditore nei confronti degli altri, in quanto la definizione di quel procedimento con l'approvazione del progetto di distribuzione senza contestazioni da parte dei creditori determina l'intangibilità della concreta ed effettiva distribuzione delle somme ricavate dalla vendita.

Cass. civ. n. 20994/2018

In tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur non avendo, per la mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è, tuttavia, caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti ed incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, in presenza di un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all'interno del processo esecutivo. Ne consegue che il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l'azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, sul presupposto dell'illegittimità per motivi sostanziali dell'esecuzione forzata.

Cass. civ. n. 16790/2018

Il provvedimento di estinzione del processo, adottato dal tribunale in composizione monocratica nell'ambito di un procedimento di opposizione ex art. 512 c.p.c., ha il contenuto sostanziale di sentenza anche quando abbia assunto la forma di ordinanza, ed è pertanto impugnabile con l'appello, non essendo soggetto al reclamo di cui all'art. 630 c.p.c., concernente l'estinzione del processo esecutivo.

Cass. civ. n. 10752/2016

In caso di controversia insorta in sede di distribuzione della somma ricavata all'esito di procedura esecutiva, ai sensi del vigente testo dell'art. 512 c.p.c. (ma non diversamente in quello anteriore), la cognizione sommaria del giudice dell'esecuzione è regolata, sul piano della ripartizione degli oneri probatori, dal principio per cui chi contesta la posizione di vantaggio altrui coinvolta nella distribuzione - in quanto non sorretta, per la parte contestata, da elementi certi risultanti dal titolo - non è tenuto a fornire la prova, negativa, dell'insussistenza di quegli elementi, spettando a colui che rivendica la posizione di vantaggio dimostrarne l'esistenza.

Cass. civ. n. 8891/2015

In caso di espropriazione contro il terzo proprietario, ai sensi degli artt. 602 e seguenti cod. proc. civ., il debitore originario o diretto è litisconsorte necessario nella controversia distributiva di cui all'art. 512 cod. proc. civ. (nel testo anteriore alla novella intervenuta con l'art. 2, comma 3, lett. e), del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), essendo il soggetto nei cui confronti l'accertamento della sussistenza e dell'entità dei crediti e dei privilegi posti a base dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti, sicché, ove egli non sia stato evocato in giudizio, la sentenza resa nella controversia distributiva è "inutiliter data" e la conseguente nullità, se non precedentemente rilevata in sede di merito, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice di legittimità con rimessione della causa al giudice di primo grado.

Cass. civ. n. 7108/2015

La previsione del rimedio dell'opposizione distributiva, ex art. 512 c.p.c., non esclude - anche anteriormente alla novella di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 - che il debitore esecutato, il quale contesti l'esistenza o anche solo l'ammontare del credito di un creditore intervenuto, di cui si presume l'ammissione alla distribuzione, possa tutelarsi anche prima della suddetta fase attraverso lo strumento dell'opposizione all'esecuzione, di cui all'art. 615, secondo comma, c.p.c., sussistendo in ogni momento dell'esecuzione il suo interesse a contestare l'"an" od il "quantum" di uno o più tra detti crediti, né rileva che, successivamente alla proposizione della relativa opposizione, il naturale sviluppo della procedura ne comporti il transito alla fase della distribuzione della somma ricavata, comprensiva anche di quanto ritualmente versato a seguito di ordinanza ammissiva di conversione.

Cass. civ. n. 7107/2015

In materia di espropriazione forzata, la contestazione da parte del creditore procedente - o di quello intervenuto in base a titolo esecutivo, ovvero in forza dei presupposti processuali speciali di cui alla seconda parte del primo comma dell'art. 499, cod. proc. civ.- circa la ritualità, per carenza dei presupposti di ammissibilità, dell'intervento di altro creditore, non rientrante nelle categorie testé indicate, dà luogo, sempre che una lite siffatta non sia insorta in precedenza ad impulso di altri tra i soggetti del processo esecutivo, ad una controversia in sede distributiva non soggetta al termine ex art. 617 cod. proc. civ., potendo, pertanto, essere instaurata dalla data del dispiegamento dell'intervento o da quella di conoscenza dello stesso.

Cass. civ. n. 26889/2014

Nelle controversie distributive ex art. 512 c.p.c. (nel testo anteriore alla novella del d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80), quando sia stata sospesa, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata, per la riassunzione del processo esecutivo, senza che il giudice dell'esecuzione abbia fissato termine perentorio a tal fine, trova applicazione non l'art. 627 c.p.c. (regolante le opposizioni esecutive caratterizzate da un differente "petitum" rispetto alle opposizioni cosiddette distributive) ma, in difetto di apposita previsione normativa, l'art. 297 c.p.c., sicché il termine per la riassunzione decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o di appello che abbia deciso la controversia distributiva.

Cass. civ. n. 15654/2013

L'opposizione ex art. 512 c.p.c. e quella proposta ai sensi dell'art. 615 c.p.c. si pongono in un rapporto di successione cronologica, con conseguente esclusione della loro concorrenza (essendo l'una esperibile sino a che non si giunga alla fase della distribuzione, l'altra, invece, a partire da tale momento). Ne consegue che fino a quando l'opposizione ex art. 615 cod. prc. civ. risulti ancora "sub iudice", e fino al momento in cui la procedura esecutiva pervenga alla fase della distribuzione, i fatti con essa proposti non possono essere dedotti - tanto nella disciplina previgente al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80, quanto in quella da esso introdotta - con l'opposizione di cui all'art. 512 c.p.c., né essere valutati automaticamente dal giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 22642/2012

La previsione del rimedio della opposizione distributiva, di cui all'art. 512 c.p.c., non esclude che quando la contestazione sia fatta dal debitore esecutato ed investa il credito della parte procedente, o l'esistenza o l'ammontare di quello di un creditore munito di titolo, egli possa tutelarsi anche con lo strumento dell'opposizione all'esecuzione, di cui all'art. 615, secondo comma, c.p.c., senza necessità di attendere la fase distributiva, sussistendo in ogni momento dell'esecuzione il suo interesse a contestare l'"an" od il "quantum" dei crediti (anche al fine di conseguire la sospensione parziale dell'esecuzione) e salva la diversa scelta del medesimo debitore, che ben potrebbe attendere la fase di distribuzione per formulare le proprie contestazioni, nei modi e per gli effetti dell'art. 512 c.p.c., al fine della restituzione di quanto conseguito dalla vendita (ovvero versato a seguito della conversione) in più del dovuto. (Fattispecie anteriore alle modifiche di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. nella legge 14 maggio 2005, n. 80).

Cass. civ. n. 15903/2011

Alla luce della nuova formulazione dell'art. 512 c.p.c., (così come sostituito dall'art. 2, comma terzo, lettera e), n. 9 del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 convertito, con modificazioni, nella legge 23 febbraio 2006, n. 5) la sentenza relativa al diritto del creditore intervenuto a prendere parte al riparto integra una pronuncia atta al giudicato che risolve un'opposizione agli atti esecutivi. Ne consegue l'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso tale decisione il quale, anzi, costituisce l'unico mezzo d'impugnazione consentito secondo la mutata disciplina delle controversie distributive in vigore dopo la riforma del 2006.

Nel processo esecutivo, avverso i provvedimenti endoprocessuali di sospensione del procedimento, aventi natura "lato sensu" cautelare e anticipatoria della declaratoria d'illegittimità del processo stesso, è previsto esclusivamente il rimedio del reclamo, attesa la natura sommaria e deformalizzata di tali provvedimenti nonché la loro inidoneità al giudicato. Ne consegue che, nelle opposizioni distributive, caratterizzate nella nuova formulazione dell'art. 512 c.p.c. da una fase a cognizione sommaria che si chiude con ordinanza e da una successiva fase (eventuale) che si volge nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi, possono essere compresenti due diverse tipologie di rimedi, alternativamente applicabili a seconda dell'oggetto del provvedimento impugnato: il reclamo avverso il capo (eventuale) del provvedimento di sospensione della fase distributiva e l'opposizione agli atti esecutivi, avverso il capo dell'ordinanza relativo alla risoluzione della contestazione che costituisce il presupposto in diritto della determinazione delle somme in concreto assegnabili.

Cass. civ. n. 10617/2010

La sospensione feriale dei termini processuali, prevista dall'art. 1 della legge n. 742 del 1969, non si applica alle opposizioni relative alla distribuzione della somma ricavata in sede di esecuzione forzata, proposte ai sensi dell'art. 512 c.p.c., avuto riguardo alla sostanziale identità, strutturale e funzionale, dell'incidente cognitivo in sede distributiva con l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. - espressamente esclusa dal regime della sospensione feriale dall'art. 92 del r.d. n. 12 del 1941 - ed alla comune esigenza di non ritardare il soddisfacimento dei creditori, nonché all'inoperatività della sospensione in tema di reclamo avverso i decreti di riparto in materia fallimentare, ed alla coerenza dell'interpretazione indicata con il canone costituzionale della ragionevole durata del processo.

Cass. civ. n. 16731/2009

Il processo esecutivo ha carattere tipicamente unilaterale e, quindi, la convocazione delle parti, che nel processo medesimo venga disposta dal giudice, quando la ritenga necessaria o quando la legge la prescriva, avviene non per costituire un formale contraddittorio, ma soltanto per il migliore esercizio della potestà ordinatoria, affidata al giudice stesso. Pertanto, qualora il giudice dell'esecuzione revochi un precedente provvedimento di assegnazione mobiliare senza aver prima sentito il debitore, non si verifica una violazione del principio del contraddittorio, deducibile in ogni momento della procedura, potendo detta omissione soltanto riflettersi sul successivo atto esecutivo, contro il quale il debitore, ove lo ritenga viziato, ma non per il solo fatto dell'omessa sua audizione, può insorgere esclusivamente con opposizione agli atti esecutivi, nei modi e nel termine di cui all'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 6212/2009

In tema di controversie sulla distribuzione del ricavato di una espropriazione forzata, ove il giudice, in sede di progetto di distribuzione, abbia escluso un creditore intervenuto per insufficiente prova del credito e della legittimazione ad intervenire, la relativa controversia ex art. 512 cod. proc. civ. ha, quale unico oggetto, la prova del credito, senza che possa essere dedotta o rilevata d'ufficio l'eventuale tardività dell'intervento.

Cass. civ. n. 5006/2008

In sede di distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione forzata, la contestazione della sussistenza di uno o più crediti vantati dal creditore procedente, o dai creditori intervenuti, può essere proposta anche solo verbalmente davanti al giudice dell'esecuzione. (Nella specie la S.C., rilevato che la predetta contestazione era stata formulata sia pure non nell'atto introduttivo del giudizio contenente l'opposizione al progetto di riparto ma nel verbale dell'udienza fissata dal giudice dell'esecuzione per l'approvazione del piano, in applicazione del riportato principio, ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che aveva ritenuto nuova ed inammissibile la contestazione della legittimità del credito per interessi anatocistici vantato dalla creditrice procedente perché formulata per la prima volta in appello).

Cass. civ. n. 5754/2003

In tema di esecuzione forzata, nelle controversie in sede di distribuzione del ricavato, mentre il debitore esecutato è sempre parte necessaria, avendo la decisione in ogni caso effetto nei suoi confronti, il medesimo principio non può affermarsi con carattere di assolutezza con riguardo ai creditori concorrenti, potendosi profilare casi nei quali la controversia non svolga alcun effetto nei confronti di taluno di essi. Ciò è confermato, per un verso, dalla disposizione del secondo comma dell'art. 512 c.p.c., secondo la quale, se il giudice non sospende totalmente il procedimento, procede alla distribuzione della parte del ricavato non controversa; per l'altro, dalla circostanza che, in tema di legittimazione alla proposizione dell'opposizione ex art. 512 c.p.c., il creditore concorrente può considerarsi legittimato alla impugnazione solo quando il ricavato sia insufficiente ed egli possa trarre vantaggio dalla contestazione dell'altrui collocazione. Quanto all'aggiudicatario, questi non può in nessun caso essere parte necessaria nelle controversie di cui si tratta, in quanto la distribuzione del ricavato della vendita tra i creditori non incide in alcun modo sulla sua posizione.

Cass. civ. n. 5961/2001

La diversità tra opposizione ex art. 615 c.p.c., proponibile anche nella fase della distribuzione del ricavato dalla espropriazione forzata, ed opposizione ex art. 512 c.p.c. è data dal differente oggetto delle due impugnazioni, l'uno concernente il diritto a partecipare alla distribuzione (art. 512) e l'altro il diritto di procedere all'esecuzione forzata (art. 615). L'ambito oggettivo ed i limiti di applicazione dell'art. 512 c.p.c. vanno ricercati nel fatto che non può formare oggetto di controversia ex art. 512 c.p.c., in detta fase di distribuzione, la contestazione del diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata. Quanto più non occorre stabilire, mediante l'opposizione di merito ex art. 615 c.p.c., se l'intero processo esecutivo debba in modo irreversibile venire meno per effetto di preclusioni o decadenze ricollegabili alla pretesa d'invalidità (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo nei confronti del creditore procedente (o di quello intervenuto, quando anche questi, munito di titolo esecutivo, abbia compiuto atti propulsivi del processo esecutivo, inidonei a legittimarne l'ulteriore suo corso) e quando, perciò, la procedura sia validamente approdata alla fase della distribuzione e non sussista questione circa l'an exequendum, ogni controversia che, in detta fase insorga tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, al fine di regolarne il concorso ed allo scopo eventuale del debitore di ottenere il residuo della somma ricavata (art. 510, terzo comma, c.p.c.), costituisce una controversia prevista dall'art. 512 c.p.c., da risolversi con il rimedio indicato da detta norma.

Nella fase di distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione forzata, l'azione svolta dal debitore esecutato contro il creditore procedente, che, nella esecuzione da lui promossa e proseguita, sia intervenuto in forza di un secondo credito, del quale soltanto si intenda contestare la sussistenza, la misura o la collocazione, si qualifica necessariamente come azione ex art. 512 c.p.c.

Cass. civ. n. 10179/1998

Per il disposto degli artt. 512, 541 e 542 c.p.c. la distribuzione del ricavato della vendita forzata deve avvenire con l'accordo di tutti i creditori concorrenti, oppure in contraddittorio tra questi ed il debitore escusso, per cui in caso di controversia in sede di distribuzione, si profila tra tali soggetti una situazione di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., e ciascuno di essi deve essere convenuto in giudizio indipendentemente dalla circostanza che abbia partecipato oppure no alla discussione del progetto di distribuzione.

Cass. civ. n. 1082/1997

Proposto da un creditore intervenuto nel procedimento di espropriazione forzata, qualora né il giudice abbia esaminato di ufficio l'ammissibilità dell'intervento con riferimento ai requisiti della certezza, esigibilità o liquidità del credito, né il debitore, o alcuno dei creditori, abbia proposto opposizione ex art. 617 c.p.c., al fine di far valere il difetto di tali requisiti, la relativa questione resta bensì preclusa nel prosieguo del procedimento, ivi compresa la fase di distribuzione del ricavato, ma la preclusione resta limitata al profilo formale della ammissibilità, senza estendersi alla questione sostanziale dell'esistenza e dell'ammontare del credito, la quale è utilmente proponibile in tale fase, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 512 c.p.c., tenendo però conto che la controversia insorta in sede di distribuzione della somma ricavata tra creditori concorrenti ha ad oggetto soltanto la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti ovvero la sussistenza di diritti di prelazione, per cui — in mancanza di opposizione all'esecuzione — non rileva l'eventuale illegittimità del pignoramento e dell'esecuzione forzata. (Nella specie — in cui, promossa, con pignoramento presso terzo, l'esecuzione forzata per il realizzo di un credito da prestazione professionale, credito rimasto inadempiuto soltanto per il residuo pari alla ritenuta fiscale d'acconto, calcolata sulla sorte e già versata all'Erario dal medesimo terzo debitore al momento dell'assegnazione del credito stesso, l'Amministrazione finanziaria era comunque intervenuta per chiedere l'assegnazione delle somme pignorate — la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto insussistente il diritto di credito dell'Amministrazione stessa, già soddisfatta dal terzo debitore, senza che, in mancanza di opposizione all'esecuzione, rilevasse la legittimità, o meno, della ritenuta operata da quest'ultimo e quindi del pignoramento del credito per l'importo corrispondente ad essa).

Cass. civ. n. 789/1994

Poiché ne procedimento esecutivo l'onere delle spese processuali non segue il principio della soccombenza, come nel giudizio di cognizione, ma quello della soggezione del debitore all'esecuzione, il provvedimento di liquidazione delle spese, ancorché autonomamente emesso dal giudice dell'esecuzione, non contenuto decisorio ma solo una funzione di verifica del relativo credito del tutto analoga a quella che il giudice dell'esecuzione compie per il credito per cui si procede (ed i relativi interessi) ai fini del progetto di distribuzione e dell'assegnazione della somma ricavata dalla vendita di beni pignorati e, potendo essere, conseguentemente, contestato nella forma dell'opposizione prevista dall'art. 512 c.p.c., non può essere impugnato con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 10818/1993

Le controversie in sede di distribuzione della somma ricavata dalla espropriazione forzata tra i creditori concorrenti o tra i creditori ed il debitore o il terzo assoggettato alla espropriazione sono circoscritte alla fondatezza ed ai limiti della pretesa fatta valere con il precetto o con l'atto di intervento nel loro oggettivo contenuto e nella interpretazione che ne dia una delle parti, e si differenziano, perciò, sia dalla opposizione alla esecuzione sia dalla opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 8845/1991

L'ordinanza con la quale, nel procedimento previsto dall'art. 512 c.p.c. per la risoluzione delle controversie sulla distribuzione della somma ricavata, il giudice dell'esecuzione rimette le parti davanti al giudice competente per valore ha contenuto decisorio ed è quindi impugnabile con regolamento di competenza ad istanza di parte.

Cass. civ. n. 2528/1978

Qualora, nel corso di esecuzione mobiliare individuale sui beni del fallito, promossa dall'esattore delle imposte dirette nell'esercizio della facoltà conferitagli dall'art. 51 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, insorga contestazione sulla distribuzione del ricavato, fra l'esattore medesimo ed il curatore del fallimento, in rappresentanza dei creditori concorsuali, il giudice dell'esecuzione deve, a termini dell'art. 512 c.p.c., rimettere la relativa controversia al tribunale fallimentare, funzionalmente competente a norma dell'art. 24 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267. Infatti, la legittimità della esecuzione esattoriale in costanza del fallimento e l'attribuzione della sua competenza al pretore quale giudice dell'esecuzione non possono influire sulla competenza per l'autonomo giudizio di cognizione, originato dalle contestazioni tra esattore e curatore del fallimento ed incidente sulla par condicio creditorum.

Cass. civ. n. 3972/1976

Il debitore esecutato è parte necessaria del processo in rapporto alle contestazioni originate dalla procedura esecutiva, anche se insorte tra altri soggetti, come nel caso di controversia circa la sussistenza di diritti di prelazione tra creditori, in sede di distribuzione del ricavato dalla vendita dei mobili pignorati. Ciò anche nel caso in cui la persona effettivamente assoggettata all'espropriazione sia il terzo acquirente del bene, la cui alienazione sia stata revocata per frode (art. 602 c.p.c.), in quanto il debitore esecutato ha interesse alla regolare distribuzione della somma, tanto più se ad essa concorrano i creditori suoi e quelli del terzo espropriato.

Cass. civ. n. 2148/1975

Se la causa della sospensione del procedimento esecutivo, disposta dal giudice dell'esecuzione a norma dell'art. 512 c.p.c., viene a cessare in seguito alla definizione della controversia mentre è ancora operante un provvedimento del giudice di cognizione (nella specie, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo posto a base dell'esecuzione) che nel frattempo abbia sospesa l'efficacia esecutiva del titolo, il termine per la riassunzione del processo esecutivo non comincia a decorrere se non dal momento in cui, cessando gli effetti del provvedimento di sospensione emesso nel corso del giudizio di cognizione, il titolo riacquista l'efficacia esecutiva.

Cass. civ. n. 198/1968

La verifica dei requisiti di legittimazione dei creditori ad intervenire nella esecuzione forzata dev'essere compiuta dal giudice dell'esecuzione, anche d'ufficio, durante la fase espropriativa, e non può essere, invece, rinviata al momento della formazione del progetto di graduazione dei creditori partecipanti all'esecuzione, essendo le relative contestazioni precluse nella fase di distribuzione della somma ricavata.

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