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Articolo 712 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Forma della domanda

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 712 Codice di procedura civile

Articolo abrogato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197.

[La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso diretto al tribunale del luogo dove la persona nei confronti della quale è proposta ha residenza o domicilio(1).

Nel ricorso debbono essere esposti i fatti (2) sui quali la domanda è fondata e debbono essere indicati il nome e cognome e la residenza del coniuge o del convivente di fatto(4), dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell'interdicendo o dell'inabilitando(3).]

Note

(1) La richiesta di interdizione o di inabilitazione si propone con ricorso al Tribunale del luogo in la persona da interdire o inabilitare ha la residenza o il domicilio. Si precisa che nel caso in cui l'interdicendo o l'inabilitando sia un minore emancipato o un minore nell'ultimo anno di minore età, la competenza spetti al tribunale per i minorenni anche se durante il giudizio viene raggiunta la maggiore età come disposto dall'art. 40 delle disp. att. c.c.. Ancora, se si tratta di una persona stabilmente ricoverata, la competenza spetta al Tribunale del luogo in cui la persona realmente vive.
(2) Per fatti la norma intende tutti quegli elementi che assurgono a indici della patologia psico-fisica del soggetto per il quale si chiede la interdizione o inabilitazione. Inoltre, la norma richiede espressamente l'indicazione nel ricorso introduttivo del coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo e, se sono stati nominati, del tutore e del curatore dell'interdicendo o inabilitando. Infine, nel ricorso potranno essere indicati i testimoni ed allegati documenti a sostegno della domanda.
(3) Le persone legittimate a proporre il ricorso sono il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo, il tutore e il curatore dell'interdicendo o inabilitando se sono stati nominati ed il pubblico ministero. La numerosità dei soggetti legittimati a proporre ricorso discende dall'oggetto del giudizio in esame che consiste nel conferimento di uno status. Diversamente, è escluso che la persona da interdire o inabilitare possa presentare il ricorso. Infine, si precisa che tutti i soggetti legittimati a presentare il ricorso sono gli unici a poter spiegare intervento nel procedimento di interdizione o inabilitazione.
(4) Le parole "o del convivente di fatto" sono state aggiunte dalla L. 20 maggio 2016 n. 76.

Ratio Legis

La norma in esame apre la serie di disposizioni dedicate agli istituti dell'interdizione, dell'inabilitazione e dell'amministrazione di sostegno, rivolti alla tutela delle persone che non sono in grado di provvedere da sole ai propri interessi o per infermità mentale o per altri motivi.

Spiegazione dell'art. 712 Codice di procedura civile

I procedimenti di interdizione e di inabilitazione si articolano in due diverse fasi:
  1. una prima fase preliminare è quella nel corso della quale vengono adottati i provvedimenti urgenti emessi da parte del presidente;
  2. la seconda fase di merito ed a cognizione piena è quella che si svolge davanti al giudice istruttore, il quale emette il provvedimento di nomina, rispettivamente, del tutore o del curatore.

Accanto a questa forma di interdizione, c.d. giudiziale, ne esiste un secondo tipo, ossia l’interdizione legale, la quale è prevista dalla legge come pena accessoria di una condanna penale alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni o all'ergastolo.

La legittimazione a proporre la domanda è riconosciuta in via alternativa o concorrente a più soggetti, i quali eserciterebbero una mera azione, e ciò perché non sussiste un'azione in senso sostanziale di un soggetto contro altri.
Possono, infatti, proporre la domanda il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo, il tutore, il curatore, il P.M.
L’art. 1, comma 15 della Legge n. 76/2016 riconosce espressamente la legittimazione attiva in capo alla parte dell'unione civile.

Nel caso specifico in cui l'interdicendo o l'inabilitando si trovino sotto la potestà dei genitori o abbiano per curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione può essere promossa solo su istanza del medesimo o del P.M. (cfr. art. 417 del c.c.).
Inoltre, se l'interdicendo o l'inabilitando hanno già ottenuto il riconoscimento dello stato di invalidità per altri fini, è opportuno che ne venga depositata copia da parte del ricorrente, unitamente al ricorso e agli altri allegati.
Prevale in dottrina la tesi secondo cui deve escludersi che interdicendo e inabilitando siano legittimati a proporre la domanda, considerato che costoro sono i soggetti nei cui confronti la stessa viene proposta.

La legittimazione passiva, invece, spetta solo all'interdicendo o all'inabilitando, ancorché straniero, purchè domiciliato o residente in Italia.

Si ritiene che non possano qualificarsi come parti in senso tecnico i parenti e gli affini dell'interdicendo o dell'inabilitando, i quali devono essere indicati nel ricorso introduttivo ed a cui il medesimo va notificato; ciò perchè la loro partecipazione è finalizzata a fornire al giudice informazioni utili ai fini del giudizio.

Per quanto concerne i soggetti beneficiari, interdizione ed inabilitazione possono essere pronunciate nei confronti del maggiorenne o del minore emancipato che si trovino in abituale infermità di mente tale da renderli incapaci di provvedere ai propri interessi (cfr. art. 414 del c.c.) sia patrimoniali sia inerenti la loro sfera pubblica e privata.
Inoltre, la pronuncia di interdizione può essere rivolta anche nei confronti dell'incapace che abbia compiuto il diciassettesimo anno di età, producendo effetto dal momento del raggiungimento della maggiore età (così art. 416 del c.c.).

La competenza per territorio a conoscere della domanda di interdizione o inabilitazione spetta al tribunale del luogo nella cui circoscrizione ha residenza o domicilio la persona nei cui confronti essa è proposta; deve precisarsi che il riferimento va fatto alla residenza effettiva, a nulla rilevando la mancata regolare comunicazione del cambio della stessa, ex art. 44 del c.c..
Si tratta di ipotesi di competenza inderogabile ex art. 28 del c.p.c. per la necessaria presenza del P.M. ex art. 70 del c.p.c..
Ai sensi dell’art. 40 delle disp. att. c.c. è invece competente il tribunale per i minorenni nella cui circoscrizione ha il domicilio il minore (art. 45 del c.c.) se viene chiesta l'interdizione del minore emancipato o l'interdizione o inabilitazione del minore nell'ultimo anno della sua minore età.

La domanda deve avere la forma del ricorso, il quale, ex art. 125 del c.p.c., deve contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, delle parti, del provvedimento richiesto, dei fatti costitutivi della domanda, delle generalità e della residenza dei soggetti legittimati ad agire e dell'eventuale curatore o tutore.
Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore, munito di procura, e con il suo deposito si fa coincidere la costituzione in giudizio.

La condizione di abituale infermità costituisce la causa petendi della domanda, mentre i fatti ad essa allegati costituiscono indizi dell'affermata infermità.
Il ricorso va depositato presso la cancelleria del tribunale competente e dal momento del deposito decorrono gli effetti della litispendenza.
Una volta che la domanda sia stata proposta, il procedimento deve necessariamente giungere alla sua conclusione, non potendo trovare applicazione le disposizioni in materia di interruzione ed estinzione del processo (pertanto, non sono ammissibili né la rinuncia all'azione né la rinuncia agli atti, né quella all'istanza).

Per effetto di quanto disposto dall’art. 418 del c.c., promossa l'interdizione, l'inabilitazione può essere dichiarata anche d'ufficio, in quanto essa deve ritenersi implicitamente contenuta in quella d'interdizione; al contrario, se viene promossa l'inabilitazione, il tribunale non può pronunciare l'interdizione, salva la richiesta in tal senso del P.M. o anche delle altre parti legittimate, che siano comunque costituite.


Massime relative all'art. 712 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 9389/2013

In tema di amministrazione di sostegno, la competenza territoriale si radica con riferimento alla dimora abituale del beneficiario e non alla sua residenza, in considerazione della necessità che egli interloquisca con il giudice tutelare, il quale deve tener conto, nella maniera più efficace e diretta, dei suoi bisogni e richieste, anche successivamente alla nomina dell'amministratore; né opera, in tal caso, il principio della "perpetuatio iurisdictionis", trattandosi di giurisdizione volontaria non contenziosa, onde rileva la competenza del giudice nel momento in cui debbono essere adottati determinati provvedimenti sulla base di una serie di sopravvenienze.

Cass. civ. n. 15346/2000

Nel giudizio di interdizione parenti ed affini dell'interdicendo non hanno qualità e veste di parti in senso proprio, avendo essi un compito «consultivo» e cioè di fonti di utili informazioni al giudice. Ditalché, escluso che detti parenti ed affini siano qualificabili come parti necessarie del procedimento, ne discende che, non intervenuti né chiamati in primo grado e facoltizzati ad impugnare la prima sentenza sol deducendo fatti ed informazioni indebitamente pretermesse per effetto della loro esclusione, certamente non sono ammessi a dedurre in sede di legittimità - e per la prima volta - pretesi vizi correlati alla ridetta esclusione.

Nel giudizio di interdizione, la mancata partecipazione del pubblico ministero all'esame personale dell'interdicendo non determina la nullità della sentenza, una volta che siano state osservate le norme che ne impongono a pena di nullità l'intervento necessario. La reiterata previsione di intervento personale, di cui agli artt. 714 e 715 c.p.c., non può essere letta come introduttiva di una imposizione di presenza condizionante la stessa validità del rapporto processuale ma solo come previsione di una presenza - tanto nell'aula di udienza quanto in ambiente esterno - qualificata dall'interesse pubblico ed autorizzata alla partecipazione attiva all'indagine personale quand'anche la partecipazione al processo non si sia (ancora) tradotta in una comparsa di costituzione.

Cass. civ. n. 1023/1982

Nel giudizio di interdizione o di inabilitazione i parenti e gli affini, che a norma dell'art. 712 c.p.c. devono essere indicati nel ricorso introduttivo, non hanno veste di parti in senso tecnico-giuridico, bensì svolgono funzioni consultive, essendo fonti di informazioni per il giudice. Conseguentemente la mancata notifica del ricorso ad alcuni dei predetti, a seguito dell'omessa indicazione degli stessi nel ricorso, mentre non determina alcuna nullità del procedimento, qualora a tale omissione si sia ovviato nel corso dell'istruttoria, può costituire motivo di impugnazione soltanto quando la persistente omissione concerna un congiunto verosimilmente in grado di fornire al giudice informazioni tali da far decidere il giudizio diversamente. Al fine dell'osservanza delle norme che prevedono in un determinato procedimento l'intervento obbligatorio del P.M. è sufficiente che quest'ultimo venga informato del procedimento medesimo e così posto in grado di svolgere l'attività che ritenga più opportuna, restando irrilevante che, in concreto, non partecipi alle udienze ovvero non prenda conclusioni. Il principio della ripartizione dell'onere delle spese giudiziali secondo i criteri di cui agli artt. 90 e seguenti c.p.c. si applica anche nella disciplina dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone (nella specie, procedimento di inabilitazione).

Cass. civ. n. 3664/1971

Nel procedimento per la dichiarazione di interdizione per infermità di mente — avente natura di procedimento di giurisdizione volontaria, anche se in ordine ad esso trovano applicazione talune forme del processo contenzioso — non sono ammissibili né la rinuncia all'azione né la rinuncia agli atti del giudizio né la rinuncia all'istanza.

Cass. civ. n. 666/1963

L'omesso adempimento delle formalità di pubblicità previste dall'art. 423 c.c. per la sentenza che pronunci l'interdizione non è di ostacolo alla produzione degli effetti giuridici derivanti dalla interdizione stessa (tra i quali l'incapacità processuale) effetti che decorrono, a norma dell'art. 421 dello stesso codice, dal giorno di pubblicazione della sentenza predetta.

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