A dirimere le molteplici controversie sorte sotto l'impero del precedente codice circa le persone cui è consentito promuovere il provvedimento protettivo, si è voluto circoscrivere precisamente l'ambito di questa legittimazione attiva alla domanda giudiziale. "È sembrato che, per giudizi di cosi grave entità, quali quelli in parola, la facoltà di promuoverli non potesse essere affidata che a parenti od affini piuttosto prossimi all'interdicendo o inabilitando, e per ciò stesso tali da dare affidamento di un suo uso informato soltanto alla preoccupazione della tutela della persona e degli interessi di essa. Del resto, parenti ed affini di grado più remoto e gli stessi estranei, ove stimassero necessario promuovere l'uno o l'altro di quei due giudizi, avrebbero sempre la possibilità di interessare il pubblico ministero e metterlo in grado di prendere le relative iniziative". Di qui la norma, opportunamente precisata nella prima parte di questo articolo.
Senonché, prevedendosi anche "la ipotesi che il giudizio venga promosso durante la minore età dell'interdicendo ed inabilitando, si estende tale facoltà al tutore o curatore di essi, negandola tuttavia ad ogni altro congiunto, quando essi si trovino sotto responsabilità genitoriale od abbiano per curatore uno dei genitori, giacché in tali casi, salvo sempre il potere d'iniziativa del pubblico ministero, nessun altro, più dei genitori, sembra sia giudice migliore della necessità di promuovere il giudizio."