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Articolo 669 novies Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Inefficacia del provvedimento cautelare

Dispositivo dell'art. 669 novies Codice di procedura civile

Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all'articolo 669octies, ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia (1).

In entrambi i casi, il giudice (2)che ha emesso il provvedimento su ricorso della parte interessata, convocate le parti con decreto in calce al ricorso, dichiara con ordinanza(4) avente efficacia esecutiva, che il provvedimento è divenuto inefficace e da le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente (5)(8).

Il provvedimento cautelare perde altresì efficacia se non è stata versata la cauzione di cui all'articolo 669undecies, ovvero se con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso. In tal caso i provvedimenti di cui al comma precedente sono pronunciati nella stessa sentenza o, in mancanza, con ordinanza a seguito di ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento.

Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato italiano o estero, il provvedimento cautelare, oltre che nei casi previsti nel primo e nel terzo comma, perde altresì efficacia:

  1. 1) se la parte che l'aveva richiesto non presenta domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del lodo arbitrale entro i termini eventualmente previsti a pena di decadenza dalla legge o dalle convenzioni internazionali;
  2. 2) se sono pronunciati sentenza straniera, anche non passata in giudicato, o lodo arbitrale che dichiarino inesistente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso. Per la dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare e per le disposizioni di ripristino si applica il secondo comma del presente articolo.

Note

(1) La strumentalità necessaria tra il giudizio di merito e il provvedimento cautelare si ricava dalla peculiare conseguenza dell'inefficacia della misura cautelare nel caso in cui il giudizio di merito non venga instaurato nei termini previsti dalla legge. Tale collegamento trova la sua giustificazione nella sommarietà del procedimento cautelare che si chiude con un provvedimento destinato inequivocabilmente, ad essere assorbito dalla pronuncia di merito, fatta eccezione per i provvedimenti di cui all'art. 669 octies del c.p.c., VI comma.
(2) La norma si riferisce all'ufficio giudiziario in quanto il singolo magistrato viene designato dal capo dell'ufficio ex art. 669ter.
(3) La contestazione consiste in una sorta di opposizione alla declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare e si attua mediante il deposito di scritti difensivi o nell'esposizione in udienza dei motivi di contestazione che viene inserita nel verbale d'udienza. In caso di contumacia, la mancata contestazione non si realizza poiché è necessario che la parte si sia costituita in giudizio.
(4) La norma prevede che il giudice rispetti il principio del contraddittorio poiché gli impone di convocare le parti prima di pronunciare l'ordinanza con cui dichiarare l'inefficacia del provvedimento cautelare. Tale ordinanza non sarà impugnabile proprio perché emanata in assenza di contestazione.
(5) Con l'espressione "ripristinare la situazione precedente" la norma si riferisce alle restituzioni ed al risarcimento dei danni causati dall'esecuzione delle misure cautelari, nonché tutti gli altri effetti riflessi prodotti dall'esecuzione della misura cautelare. In caso di pronuncia della declaratoria di inefficacia le misure cautelari già concesse non possono più rivivere anche se vengono meno per motivi di ordine processuale. Diversamente, possono essere reiterate se il diritto sostanziale a tutela del quale erano state concesse è ancora oggetto di un giudizio pendente. Inoltre, si precisa che possono essere adottate nuove misure cautelari. Ad ogni modo, la norma è chiara nel disporre che deve essere ripristinata la situazione antecedente l'esecuzione della misura cautelare, prima di un'eventuale concessione o reiterazione.
(6) Se la controparte contesta l'esistenza della situazione di inefficacia, il procedimento prosegue nelle forme del rito ordinario che si concluderà con la pronuncia di una sentenza.
(7) La norma rinvia ai provvedimenti di revoca e di modifica delle misure cautelari concesse di cui al successivo art. 669 decies del c.p.c., al fine di evitare contestazioni infondate, pretestuose o meramente dilatorie.
(8) Comma modificato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 669 novies Codice di procedura civile

La norma in esame individua i casi di inefficacia sopravvenuta del provvedimento cautelare, connessi al verificarsi di eventi esterni al procedimento cautelare in senso stretto, anche se a questo funzionalmente collegati.

La prima di queste ipotesi ricorre allorquando il procedimento di merito non dovesse essere iniziato nel termine perentorio di cui all' art. 669 octies del c.p.c..
In dottrina si ritiene che per individuare il momento di inizio del procedimento di merito occorre distinguere a seconda che la domanda rivesta la forma dell’atto di citazione o quella del ricorso; nel primo caso il termine si farà decorrere dal momento della notifica della citazione, mentre nel secondo caso dal deposito del ricorso.

Altra causa di inefficacia del provvedimento cautelare si fa dipendere dalla estinzione del giudizio di merito; in questo caso, sia se l'estinzione dipende dalla rinuncia agli atti del giudizio che da inattività delle parti, non occorre che la pronuncia sull'estinzione sia divenuta definitiva.

Con la Riforma Cartabia è stato modificato il secondo comma, essendo stato soppresso il periodo in cui si disponeva che, in caso di contestazione sulla intervenuta inefficacia di un provvedimento cautelare, la relativa questione avrebbe dovuto essere definita con sentenza.
Tale previsione non appariva corretta, tenuto conto che tutti i provvedimenti che disciplinano situazioni giuridiche in via cautelare hanno forma di ordinanza; a ciò si aggiunga che l’impiego dello strumento della sentenza era comunque ritenuto fonte di aggravio per l’attività giurisdizionale, in quanto obbligava il giudice alla concessione dei termini per la definizione del thema decidendum e del thema probandum nonché dei termini per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di repliche.
Per tale ragione adesso si prevede che nei casi di cui al primo comma della norma in esame il giudice, dopo avere convocato le parti e garantito il contraddittorio sull’istanza, provvede con ordinanza avente efficacia esecutiva.

Ai sensi del terzo comma, il provvedimento cautelare perde efficacia se non è stata versata la cauzione; in relazione a tale ipotesi, è stato osservato che se si tratta di cauzione originaria, l'inefficacia del provvedimento cautelare non potrebbe che essere la sua conseguenza naturale, in quanto la stessa deve considerarsi come condizione per la concessione della misura cautelare.
Il terzo comma continua disponendo che la misura cautelare perde immediatamente efficacia quanto con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stata concessa.
Tale disposizione non fa altro che dare conferma della strumentalità della cautela, e soprattutto della prevalenza della cognizione piena sulla sommaria.

Il quarto comma si riferisce all'inefficacia della misura cautelare in specifici casi, e precisamente quando la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitri.
Per l'instaurazione del giudizio arbitrale si ritiene opportuno ricordare quanto disposto dal comma 5 dell’art. 669 nonies del c.p.c., il quale dispone che in questo caso il provvedimento cautelare diviene inefficacie se la parte non notifica all'altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri.

Sempre il quarto comma precisa che il provvedimento diviene inefficace anche nei seguenti casi:
a) se la parte che l'aveva richiesto non presenta domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera ( artt. 796 ss.) o del lodo arbitrale (artt. 800, art. 825 del c.p.c., 2° co c.p.c..) entro i termini eventualmente previsti a pena di decadenza dalla legge o dalle convenzioni internazionali, ovvero nel termine perentorio di sessanta giorni, che si fa decorrere, ex art. 156 bis delle disp. att. c.p.c., dal momento in cui la domanda dell'esecutorietà è proponibile;
b) se sono pronunciati sentenza straniera, anche non passata in giudicato, o lodo arbitrale che dichiarino inesistente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso.

Massime relative all'art. 669 novies Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 13631/2017

I documenti depositati nel corso di un procedimento cautelare instaurato in pendenza del giudizio di merito sono utilizzabili anche in quest'ultimo processo, purché la relativa produzione sia avvenuta prima che in esso siano maturate le preclusioni istruttorie.

Cass. civ. n. 5624/2017

Il procedimento ex art. 669 novies c.p.c., volto alla declaratoria di inefficacia di un provvedimento cautelare, ove non sia configurabile la non contestazione del resistente, è un giudizio ordinario a cognizione piena che si definisce con sentenza provvisoriamente esecutiva, soggetto, anche nella fase di impugnazione, alla ordinaria sospensione feriale dei termini processuali prevista dalla legge n. 742 del 1969

Cass. civ. n. 23154/2014

Il giudizio di merito proposto all'esito della fase cautelare può essere validamente instaurato davanti ad un giudice diverso da quello della cautela, purché competente sulla base di una specifica pattuizione contrattuale, sicché le spese, non liquidate dal giudice della cautela, possono essere richieste, quale danno emergente, al giudice del merito. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni - per un disservizio sulla linea telefonica - avanzata, innanzi al giudice competente in forza di specifica previsione del contratto di utenza, unitamente alla richiesta di conferma del provvedimento cautelare adottato da altro giudice, rigetto motivato sul duplice erroneo presupposto che la mancata pronuncia sulle spese da parte del giudice della cautela avrebbe imposto "l'onere di proporre il relativo reclamo" e che il giudizio instaurato presentasse carattere autonomo e non fosse, invece, quello finalizzato alla conferma della misura cautelare).

Cass. civ. n. 18676/2014

La corte d'appello deve disporre, anche d'ufficio, le restituzioni ex art. 669 novies cod. proc. civ. ove non abbia provveduto il tribunale all'esito dell'accertamento nel merito dell'insussistenza del diritto oggetto di cautela, dovendosi escludere che l'eventuale istanza proposta dalla parte abbia natura di domanda riconvenzionale ovvero che sia configurabile un giudicato sull'irripetibilità in caso di omessa pronuncia del primo giudice, tanto più che l'art. 1669 novies, terzo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ., dispone che, in tale evenienza, è ammissibile il ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento perché provveda ad adottare le relative misure.

Cass. civ. n. 8906/2013

La declaratoria di inefficacia del sequestro giudiziario, pronunciata d'ufficio dal giudice allorché sia dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale lo stesso era stato concesso, non incorre nel vizio di ultrapetizione, in quanto meramente ricognitiva di un effetto derivante "ex lege", ai sensi dell'art. 669 novies, terzo comma, c.p.c., non avendo rilievo che la misura sia stata già eseguita o che l'inefficacia non sia stata espressamente richiesta dalla parte interessata.

Cass. civ. n. 4184/2013

La sopravvenuta perdita di efficacia di un provvedimento cautelare non può spiegare alcun effetto preclusivo sulla proposizione - né, tanto meno, sull'accoglimento - di una domanda di merito. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l'assegnazione al resistente, nella sentenza impugnata, di un termine, decorrente dal suo passaggio in giudicato, per esercitare il diritto di opzione potesse configurarsi come provvedimento cautelare d'urgenza, costituendo, invece, un capo della decisione che aveva accolto una domanda di merito dal medesimo proposta, restando irrilevante la circostanza che, nel precedente svolgimento della causa, un'istanza cautelare volta a far sospendere il termine per l'esercizio del medesimo diritto di opzione fosse stata prima accolta e poi revocata).

Cass. civ. n. 12103/2012

La misura cautelare del sequestro perde la sua efficacia in conseguenza della dichiarazione di estinzione del correlato giudizio di merito, senza che a tal fine sia necessario che la pronunzia sia divenuta inoppugnabile, dovendosi, pertanto, assumere la stessa a presupposto dei provvedimenti ripristinatori previsti dall'art. 669-novies, secondo comma, cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 8564/2012

Se nel corso del giudizio di primo grado venga concesso il sequestro giudiziario di un bene immobile, ed in grado di appello venga dichiarata l'inesistenza del diritto a cautela del quale il sequestro era preordinato, la misura cautelare perde efficacia "ipso iure", ai sensi dell'art. 669 novies, terzo comma, c.p.c., senza necessità di alcuna pronuncia espressa, mentre gli eventuali provvedimenti conseguenti alla cessazione dell'efficacia del sequestro, ivi comprese le statuizioni sulle spese di custodia, sono devolute al giudice che ha concesso la misura.

Cass. civ. n. 15349/2010

Alla stregua degli artt. 669 octies e 669 novies c.p.c. (nella versione originaria, "ratione temporis" applicabile), l'estinzione del giudizio di merito, come anche il suo mancato tempestivo inizio, comportano automaticamente la perdita di efficacia dei provvedimenti cautelari emessi "ante causam" e la facoltà, per chi ne abbia subito l'attuazione, di ottenere il ripristino della situazione precedente, salvi i casi di impossibilità materiale o giuridica; tuttavia, tale disciplina normativa non implica che il diritto a tutela del quale è stata disposta la misura cautelare ormai caducata non possa essere ulteriormente fatto valere in un successivo giudizio di merito a cognizione piena

Cass. civ. n. 26834/2008

Ai fini della dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare, ai sensi dell'art. 669 "novies" cod. proc. civ., la dichiarazione di estinzione del giudizio di merito successivamente iniziato deve essere munita del carattere della irrevocabilità, potendo mancare detto carattere, solo per le sentenze di merito che dichiarino inesistente il diritto a cautela del quale era stato adottato il provvedimento di cui si chiede la dichiarazione d'inefficacia.

Cass. civ. n. 17028/2008

Nel caso in cui il giudizio di merito, promosso a seguito dell'emissione di un provvedimento cautelare, si concluda con la dichiarazione di inammissibilità della domanda (nella specie, per difetto di procura ad litem ), nulla osta a che il giudice, investito dell'intera cognizione, revochi contestualmente la misura cautelare concessa ante causam divenuta ipso iure inefficace: tale contestualità non arreca infatti alcuna lesione al diritto di difesa, integralmente dispiegatosi nel processo a cognizione piena, ed appare altresì giustificata da ragioni di economia processuale, avuto riguardo alla pendenza del giudizio di merito, che rende superfluo un nuovo ricorso al giudice, necessario invece nelle ipotesi contemplate dall'art. 669 novies c.p.c.

Cass. civ. n. 14765/2008

Ai sensi dell'art. 669 novies, terzo comma, c.p.c., il provvedimento cautelare (nella specie sequestro ) perde efficacia sia nel caso di dichiarazione di inesistenza, anche se con sentenza non passata in giudicato, del diritto a tutela del quale il provvedimento è stato concesso, sia nell'ipotesi inversa, in cui, accogliendosi la domanda di merito, sia affermato a chi spetti la titolarità del diritto sul bene, la cui integrità il sequestro aveva la funzione di conservare per assicurare al provvedimento attributivo la sua pratica efficacia ; ne consegue che, se il titolare di tale diritto, ancorché sia la medesima persona fisica che è stata nominata custode del bene sequestrato, chiede il rilascio del bene per effetto di detta sentenza, questo titolo è diverso da quello peraltro caducato dal medesimo provvedimento, per esserne venuti meno la funzione e lo scopo con cui gli è stato conferito l'incarico di custode e, quindi, non è configurabile un inammissibile esercizio della medesima azione esecutiva.

Cass. civ. n. 17778/2007

Il provvedimento cautelare (nella specie un sequestro conservativo) non perde efficacia nel caso in cui il successivo giudizio di merito sia definito da una sentenza che dichiari nullo il ricorso, essendo prevista la caducazione del provvedimento nelle sole ipotesi tassative di cui all'art. 669 novies c.p.c. (che nella specie trova applicazione nel sistema di efficacia dei provvedimenti cautelari anteriore all'introduzione dell'art. 669 octies comma sesto e settimo c.p.c.). (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non equiparabile alle previsioni legali della estinzione del processo, ovvero alla mancata introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio, il caso della definizione in rito del giudizio di merito per nullità del ricorso introduttivo).

Cass. civ. n. 712/2006

In tema di procedimenti cautelari, a seguito della declaratoria di inefficacia della misura cautelare, l'esecuzione dei conseguenti provvedimenti ripristinatori o restitutori va svolta nelle forme ordinarie del processo esecutivo, sia perché il secondo comma dell'art. 669 novies c.p.c. esplicitamente stabilisce che il giudice provvede al riguardo con ordinanza o con sentenza «esecutiva» sia perché non è applicabile alla fattispecie la disciplina dell'art. 669 duodecies c.p.c., la quale, attribuendo al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il controllo della sola «attuazione» delle misure aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, e stabilendo che ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito, non attiene alla rimozione degli effetti della misura divenuta inefficace.

Cass. civ. n. 17866/2005

La declaratoria di sopravvenuta inefficacia ex art. 669 novies c.p.c. va adottata, all'esito di un giudizio di cognizione svoltosi nelle ordinarie forme contenziose, dall'ufficio di appartenenza del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, nell'ordinaria composizione monocratica, non essendo al riguardo necessaria la designazione di un magistrato diverso da quello che ha emesso il provvedimento cautelare, non trattandosi di reclamo o di impugnazione, bensì di giudizio volto ad accertare la persistente attualità ed efficacia del provvedimento adottato, ai fini dell'eventuale pronunzia di ulteriori provvedimenti necessari al ripristino della situazione quo ante all'esito di valutazione di mere vicende processuali sopravvenute e non già di una revisio prioris instantiae.

Cass. civ. n. 13984/2004

Il provvedimento sulla inefficacia del provvedimento cautelare, pronunciato ai sensi dell'art. 669 nonies, secondo comma, c.p.c. nel caso di contestazione, ha contenuto di sentenza provvisoriamente esecutiva, sebbene erroneamente emanato nelle forme dell'ordinanza. Ne consegue che, avverso tale provvedimento, impugnabile in appello, non è ammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 13564/2003

In tema di procedimento possessorio, la pronuncia in ordine alla richiesta d'inefficacia del provvedimento interdittale formulata con riferimento al mancato inizio del giudizio sul merito possessorio, viene emessa, ai sensi dell'art. 669 nonies c.p.c. con un provvedimento che ha natura formale e sostanziale di sentenza, impugnabile con l'appello da proporre con ricorso che deve contenere a pena d'inammissibilità l'esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell'impugnazione nonché tutte le altre indicazioni di cui all'art. 342 c.p.c., che, in mancanza di una norma specifica, deve essere assunto a paradigma generale della forma e del contenuto del ricorso in appello avverso una decisione emessa all'esito di un giudizio introdotto in primo grado con ricorso.

Cass. civ. n. 12702/2002

In materia di procedimento possessorio, il provvedimento emesso a chiusura della fase interdittale, con il quale (seppure erroneamente, stante la non estensibilità, al procedimento possessorio, di una norma quale quella di cui all'art. 669 nonies c.p.c., dettata in tema di procedimenti cautelari) il giudice si limiti a fissare il termine per l'inizio della causa di merito e non fissi l'udienza per la trattazione della causa di merito innanzi a sè, va qualificato come ordinanza interdittale, posto che, rispetto alla sua possibile qualificazione in termini di sentenza concludente l'intero processo, si rende inconciliabile l'avvenuta fissazione di un tal termine. Dalla ricordata inapplicabilità dell'art. 669 octies c.p.c., conseguono anche quella dell'art. 669 nonies c.p.c., (sanzionante con l'inefficacia dell'ordinanza, la mancata riassunzione nel termine fissato) nonché l'improponibilità — rilevabile anche d'ufficio in sede di legittimità — dell'eventuale domanda diretta ad ottenere la declaratoria di inefficacia del provvedimento interdittale. In tali casi — peraltro — la mancata fissazione dell'udienza per la trattazione della causa di merito si rende nondimeno rimediabile attraverso l'adozione di un provvedimento integrativo dell'ordinanza, da emettersi, su istanza di parte o anche d'ufficio, da parte dello stesso giudice, nel termine perentorio di cui all'art. 289 c.p.c., da ritenersi applicabile alla fattispecie in via analogica

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Ugo C. chiede
lunedì 31/08/2015 - Piemonte
“Tizio ha ottenuto una sentenza passata in giudicato che lo ha riconosciuto proprietario esclusivo di un cortile ed ha condannato caio a non passare con l'auto e ad eliminare tutte le tubazioni interrate per acqua,gas e fognatura nel predetto cortile. Mentre è in corso esecuzione per obblighi di fare, caio cita tizio per ottenere la servitù coattiva per il passaggio e per mantenere le tubazioni,essendo il proprio fondo intercluso; contemporaneamente chiede ex art. 700 la servitù' di passaggio e delle condutture in via cautelare. Preciso che il giudice del l'esecuzione per obblighi di fare ha fissato udienza al 30/9/2015 per affidare l'incarico di eseguire i lavori ad impresa, non avendo l'esecutato provveduto spontaneamente, mentre il giudice, diverso da quello dell'ecuzione, ha fissato l'udienza del 11/9/2015 per decidere sull'istanza cautelare.”
Consulenza legale i 04/09/2015
La vicenda processuale in esame vede l'esistenza di una sentenza già passata in giudicato che stabilisce l'esclusiva proprietà in capo a una parte di un cortile, con divieto per la controparte di passarvi e condanna alla eliminazione delle tubazioni da questi installate sul fondo altrui. Non è dato sapere, in base ai dati forniti nel quesito, quale fosse esattamente la domanda giudiziale: se, cioè, oggetto della causa fosse l'accertamento negativo dell'esistenza di una servitù, come si può immaginare.

Ora Caio chiede in diverso giudizio che sia costituita coattivamente la servitù, motivando con l'interclusione del fondo.
Inoltre, in via cautelare domanda che sia concesso il passaggio sul presunto fondo servente.

Si tratta di domande diverse?
Si presupporrà d'ora in poi che il processo concluso con sentenza passata in giudicato avesse ad oggetto l'accertamento della preesistenza di una servitù, e non la richiesta di costituzione coattiva della stessa, altrimenti risulterebbe evidente ictu oculi che la domanda è identica e che potrebbe opporsi pacificamente l'eccezione di cosa giudicata.

Se analizziamo le due domande osserviamo che esse hanno il medesimo petitum - la servitù di passaggio - ma causa petendi (intensa come titolo su cui si fonda l'azione) che differisce. Nel primo caso si chiedeva al giudice di dichiarare che il passaggio era consentito in base ad una servitù concessa volontariamente, usucapita o acquisita per destinazione del padre di famiglia: nel secondo caso, si domanda al tribunale di accertare che sussistono i presupposti per la costituzione in via coattiva di una servitù di passaggio, a causa dell'interclusione del fondo.
Appare, quindi, ammissibile che Caio proponga in un secondo e separato giudizio la differente domanda di coattiva creazione della servitù, in quanto in relazione a tale istanza la prima sentenza nulla ha statuito, né può applicarsi il principio del "dedotto e deducibile".

In tal senso, è possibile citare la sentenza Cassazione civile, sez. II, 18.2.1991, n. 1682: "Poiché il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei diritti cosiddetti autodeterminati, e cioè individuati in base alla sola indicazione del loro contenuto (cioè del bene che ne costituisce l'oggetto, nelle azioni ad essi relative, la deduzione del fatto costitutivo non è necessaria ai fini della loro individuazione, ma è rilevante soltanto ai fini della prova del diritto. Pertanto, qualora sia proposta una domanda di accertamento o di condanna, relativa ad uno dei suindicati diritti sulla base di un determinato fatto costitutivo, e questa venga rigettata per ragioni inerenti al fatto costitutivo dedotto, l'accertamento dell'inesistenza del diritto stesso fa stato anche nel successivo processo instaurato con la riproposizione della medesima domanda pure se fondata su di un diverso fatto costitutivo (salvo se intervenuto medio tempore) trattandosi dello stesso petitum ed essendo irrilevante la causa petendi. (Nella specie l'attore aveva proposto in un precedente giudizio un'actio confessoria servitutis, asseritamente acquisita per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, omettendo di addurre un titolo negoziale costitutivo della servitù, che in base alle asserzioni da lui fatte in un secondo processo, era all'epoca già esistente. Il S.C. ha ritenuto che rigettata la prima domanda, il giudicato formatosi su tale pronuncia copriva non solo i fatti dedotti, ma anche il fatto giuridico deducibile - titolo negoziale costitutivo della servitù - precludendo in un nuovo processo anche la domanda fondata su tale ultimo titolo costitutivo, mentre la preclusione non operava in ordine all'ulteriore domanda di costituzione di servitù coattiva in quanto fondata su causa petendi e petitum diversi da quelli dell'azione confessoria e diretta alla pronuncia di una sentenza costitutiva)".

Ciò chiarito, poiché Caio appare legittimato ad attivare il secondo procedimento, nonostante l'esistenza della prima sentenza passata in giudicato, si potrà casomai valutare se tale provvedimento contiene statuizioni - ovviamente con efficacia di giudicato - che si possano opporre all'attore per negare il suo diritto alla coattiva costituzione della servitù. Si pensi alle eventuali indagini e sopralluoghi tecnici che abbiano già accertato la non interclusione del fondo. E' evidente, naturalmente, che l’eccezione di cosa giudicata in questo caso non precluderà la conclusione nel merito e non imporrà al giudice di rigettare automaticamente la domanda, ma solo di decidere alcune questioni pregiudiziali attendosi al giudicato anteriore.