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Articolo 796 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Giudice competente

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 796 Codice di procedura civile

È stato abrogato dall'art.73 della L. 31 maggio 1995, n. 218.

[Chi vuol far valere nella Repubblica una sentenza straniera deve proporre domanda mediante citazione [163] davanti alla corte di appello del luogo in cui la sentenza deve avere attuazione.

La dichiarazione di efficacia [797] può essere chiesta in via diplomatica, quando ciò è consentito dalle convenzioni internazionali oppure dalla reciprocità. In questo caso, se la parte interessata non ha costituito un procuratore, il presidente della corte di appello, su richiesta del pubblico ministero, nomina un curatore speciale per proporre la domanda.

L'intervento del pubblico ministero è sempre necessario [70 ss.]] (1).]

Note

(1) Prima dell'avvento della riforma del diritto internazionale privato, colui che era interessato a far valere nel territorio italiano una sentenza straniera doveva promuovere il c.d. giudizio di delibazione innanzi la corte d'appello del luogo in cui la sentenza doveva produrre i suoi effetti.
La l. 218/1995 ha radicalmente modificato il precedente sistema disponendo l'automatico riconoscimento nel nostro ordinamento delle sentenze straniere, sussistendo i presupposti di cui all'art. 64 ovvero quando: a) il giudice che l’ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano;
b) l’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;
c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge;
d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;
e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;
f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;
g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all’ordine pubblico.

Ratio Legis

Gli artt. da 796 a 805 sono stati abrogati dall'art.73 della legge 31 maggio 1995 n.218 con decorrenza dal 31 dicembre 1996, che ha disciplinato l'ambito della giurisdizione italiana, i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri nel nostro ordinamento.

Massime relative all'art. 796 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 3378/2012

La declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei "bona matrimonii", postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. In quest'ambito, se, da un lato, il giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o l'oggettiva conoscibilità dell'esclusione anzidetta da parte dell'altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia ecclesiastica di nullità, dall'altro, la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attività istruttoria; inoltre, il convincimento espresso dal giudice di merito sulla conoscenza o conoscibilità da parte del coniuge della riserva mentale unilaterale dell'altro costituisce, se motivato secondo un logico e corretto "iter" argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimità, sebbene la prova della mancanza di negligenza debba essere particolarmente rigorosa e basarsi su circostanze oggettive e univocamente interpretabili che attestino la inconsapevole accettazione dello stato soggettivo dell'altro coniuge.

Cass. civ. n. 274/2011

La dichiarazione di efficacia nell'ordinamento dello Stato delle sentenze di nullità del matrimonio concordatario emesse da un Tribunale ecclesiastico è subordinata all'accertamento della sussistenza dei requisiti cui l'art. 797 c.p.c. condiziona l'efficacia delle sentenze straniere in Italia, tra i quali - al n. 4 di detto articolo - il passaggio in giudicato della sentenza secondo la legge del luogo in cui è stata pronunciata; tale requisito sussiste quando, come nella specie, il matrimonio concordatario sia stato dichiarato nullo con sentenza di prima istanza dal Tribunale ecclesiastico regionale, confermata con decreto di ratifica dal Tribunale ecclesiastico d'appello ed infine dichiarata esecutiva con decreto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, in conformità alle leggi canoniche, per le quali, per sentenza passata in giudicato, si deve intendere quella divenuta esecutiva per essere stata munita del citato decreto di esecutività; in quell'ordinamento, infatti, pur valendo il principio che le sentenze affermative di nullità matrimoniale hanno natura dichiarativa e non passano mai in giudicato, in quanto impugnabili con nuova richiesta di esame, quest'ultima, quand'anche proposta, non ne sospende l'esecutività, con l'effetto che la doppia conformità implica, con i relativi decreti esecutori, che gli effetti da essa derivanti debbano trovare esecuzione, e tra essi in particolare la possibilità di contrarre nuove nozze. (Principio affermato dalla S.C. che ha ritenuto irrilevante, ai fini di contestare il passaggio in giudicato in senso formale della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio, il fatto che il Supremo Tribunale, apponendovi l'esecutività, abbia invitato la parte a far valere eventuali nullità ancora rivolgendosi al giudice ecclesiastico con una "nova causae propositio").

Cass. civ. n. 2600/2010

Il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa dell'efficacia, nell'ordinamento dello Stato, della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, intervenuta in pendenza del giudizio d'appello per la cessazione degli effetti civili del matrimonio medesimo, determinando il venir meno del vincolo coniugale, travolge la sentenza civile di divorzio emessa in primo grado e le statuizioni economiche in essa contenute, in quanto tali statuizioni presuppongono la validità del matrimonio e del vincolo conseguente.

Cass. civ. n. 19809/2008

Con riferimento alle sentenze di annullamento del matrimonio di altri Stati, il riconoscimento dell'efficacia è subordinata alla mancanza di incompatibilità con l'ordine pubblico interno, che è assoluta e relativa rispetto a tutti gli Stati, mentre è solo assoluta per le sentenza ecclesiastiche atteso che - in ragione del favore particolare al loro riconoscimento che lo Stato italiano si è imposto con Protocollo addizionale del 18/2/1984 modificativo del concordato - per queste la delibazione è possibile in caso di incompatibilità relativa, ravvisabile tutte le volte che la divergenza possa superarsi, sulla base di una valutazione di circostanze o fatti (anche irrilevanti per il diritto canonico), individuati dal giudice della delibazione, idonei a conformare la pronuncia ai valori o principi essenziali della coscienza sociale desunti dalle fonti normative costituzionali ed alla norma inderogabile, anche ordinaria, nella materia matrimoniale.

Cass. civ. n. 2467/2008

In sede di delibazione della sentenza di nullità matrimoniale emessa dal giudice ecclesiastico per esclusione del vincolo dell'indissolubilità ex parte viri il giudice italiano è vincolato ai fatti accertati in quella pronuncia, non essendogli concesso né un riesame del merito né il rinnovo dell'istruttoria con acquisizione di nuovi materiali probatori; tuttavia, essendo diversa la natura dei due giudizi — quello ecclesiastico teso ad accertare la voluntas simulandi di un coniuge e quello italiano incentrato sulla necessità di verificare il profilo di conoscenza o conoscibilità di tale riserva unilaterale — al giudice italiano non è precluso di provvedere ad un'autonoma e diversa valutazione del medesimo materiale probatorio secondo le regole del processo civile, eventualmente disattendendo gli obiettivi elementi di conoscenza documentati negli atti del giudizio ecclesiastico.

Cass. civ. n. 22011/2007

In tema di declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di un coniuge, di uno dei bona matrimoni (cioè il consenso al vincolo d'indissolubilità) occorre che tale divergenza sia stata manifestata all'altro coniuge ovvero fosse da questo effettivamente conosciuta ovvero conoscibile con l'ordinaria diligenza, atteso che, ove le suindicate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà con l'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. Ne consegue che il giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o l'oggettiva conoscibilità di tale esclusione da parte dell'altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia ecclesiastica di nullità; la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo eventualmente acquisiti, non essendovi luogo in fase di delibazione ad alcuna integrazione di attività istruttoria.

Cass. civ. n. 11020/2005

Tra il giudizio di nullità del matrimonio concordatario e quello avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili dello stesso non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, tale che il secondo debba essere necessariamente sospeso a causa della pendenza del primo ed in attesa della sua definizione, posto che trattasi di procedimenti autonomi, non solo sfocianti in decisioni di diversa natura (e con peculiare e specifico rilievo in ordinamenti diversi, tanto che la decisione ecclesiastica solo a seguito di giudizio eventuale di delibazione, e non automaticamente, può produrre effetti nell'ordinamento italiano), ma anche aventi finalità e presupposti diversi. Né rileva che le norme sul giudizio di delibazione, di cui agli artt. 796 e 797 c.p.c., siano state abrogate dall'art. 73 della legge 31 maggio 1995, n. 218, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, giacché tale abrogazione, in ragione della fonte di legge formale ordinaria da cui è disposta, non è idonea a spiegare efficacia sulle disposizioni dell'Accordo, con protocollo addizionale, di modificazione del Concordato lateranense (firmato a Roma il 18 ottobre 1984 e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121), disposizioni le quali — con riferimento alla dichiarazione di efficacia, nella Repubblica italiana, delle sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici — contengono un espresso richiamo agli artt. 796 e 797 c.p.c., che pertanto risultano connotati, relativamente a tale specifica materia ed in forza del principio concordatario accolto dall'art. 7 della Costituzione, di una vera e propria ultrattività.

Cass. civ. n. 10055/2003

Il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della efficacia, nell'ordinamento dello Stato, della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, determinando il venir meno del vincolo coniugale, travolge ogni ulteriore controversia trovante nell'esistenza e nella validità del matrimonio il proprio presupposto, e quindi comporta la cessazione della materia del contendere nel processo di divorzio che sia stato instaurato successivamente alla introduzione del procedimento diretto al riconoscimento della sentenza ecclesiastica.

Cass. civ. n. 8764/2003

L'abrogazione degli artt. 796 e 797 c.p.c., sancita dall'art. 73 della legge 31 maggio 1995, n. 218, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, non è idonea, in ragione della fonte di legge formale ordinaria da cui è disposta, a spiegare efficacia sulle disposizioni dell'Accordo, con protocollo addizionale, di modificazione del Concordato lateranense (firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121), disposizioni le quali — con riferimento alla dichiarazione di efficacia, nella Repubblica italiana, delle sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici — contengono un espresso riferimento all'applicazione degli artt. 796 e 797 c.p.c. (così l'art. 4 del protocollo addizionale, in relazione all'art. 8 dell'Accordo); ne consegue che il giudice italiano, al fine di decidere sulla domanda avente ad oggetto la predetta dichiarazione di efficacia, deve continuare ad applicare i menzionati articoli del codice di rito civile, i quali risultano perciò connotati, relativamente a tale specifica materia ed in forza del principio concordatario accolto dall'art. 7 della Costituzione (comportante la resistenza all'abrogazione delle norme pattizie, le quali sono suscettibili di essere modificate, in mancanza di accordo delle Parti contraenti, soltanto attraverso leggi costituzionali), da una vera e propria ultrattività.

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