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Articolo 877 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Costruzioni in aderenza

Dispositivo dell'art. 877 Codice Civile

Il vicino, senza chiedere la comunione del muro(1) posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare(2) la sua fabbrica a quella preesistente.

Questa norma si applica anche nel caso previsto dall'articolo 875; il vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.

Note

(1) La disposizione in commento contempla un caso differente ed alternativo rispetto a quelli degli artt. 874 e 875: difatti, si prevede qui che il vicino costruisca in aderenza sul confine senza chiedere la comunione del muro.
(2) Tecnicamente la costruzione in aderenza senza "appoggio" si attua con l'edificazione di un muro che poggia interamente su quello del vicino, senza che si creino intercapedini: tuttavia, il muro resta autonomo, sia dal punto di vista statico che funzionale.

Brocardi

Servitus oneris ferendi

Spiegazione dell'art. 877 Codice Civile

Costruzioni in aderenza senza appoggio al muro preesistente sul confine sotto il codice del 1865. Necessità del previo acquisto della comunione. Eccezioni per gli edifici demaniali e per le costruzioni in aderenza ai muri di cinta. Critica del sistema del codice

In base alle disposizioni dell'art. 571 vecchio codice, dottrina e giurisprudenza erano concordi nel ritenere che anche per costruire in semplice aderenza senza appoggio al muro altrui preesistente sul confine fosse necessario il previo acquisto della comunione del muro.

Ma il sistema seguito dal codice aveva dato luogo a critiche: infatti si era rilevato, e a ragione, che il legislatore avrebbe potuto ottenere il medesimo scopo di evitare intercapedini dannose senza bisogno di obbligare il costruttore all'acquisto della comunione del muro limitrofo posto sul confine, potendo bastare a tale scopo che egli fabbricasse aderentemente al muro del vicino. Ciò poteva convenire per evitare le facili questioni in tema di muri comuni, e gli conveniva soprattutto nel caso, non infrequente in pratica, in cui egli non potesse usufruire del muro vicino se non abbattendolo e ricostruendolo a proprie spese. Ora, tali spese sono giustificate quando il costruttore voglia effettivamente servirsi del muro vicino per l'esercizio dei diritti derivantigli dalla comunione, ma non più quando l'acquisto della comunione ad altro non serva che allo scopo di edificare aderentemente al muro vicino un nuovo muro tutto sul proprio suolo e tutto a proprie spese. In questo caso la spesa che gli costa l'acquisto della comunione si riduce ad un aggravio da parte dell'edificante, inutile e ingiustificabile. E la critica appariva soprattutto fondata considerando il generalizzarsi delle costruzioni in cemento armato, per le quali il carattere di autonomia del nuovo edificio nei confronti dell'edificio preesistente sul confine si presenta in modo più netto ed evidente.

Sennonché fu osservato che sotto la vigenza del codice del 1865 tali critiche potevano valere per riformare il sistema della legge, non per interpretare la legge diversamente da quello che essa disponeva. La costruzione in aderenza alla fabbrica altrui, senza il previo acquisto della comunione del muro, era ammessa nel solo caso di costruzione contemporanea dei due fabbricati. Ma all'infuori di questo caso, dal combinato disposto degli artt. 553, 556 e 571 del vecchio codice, si deduceva che chi voleva fabbricare in prossimità del preesistente edificio del vicino aveva due sole possibilità: o di appoggiarvisi previo acquisto della comunione del muro di confine, o di distanziarsene di tre metri. Restava quindi esclusa come terza possibilità la costruzione per semplice aderenza senza l'acquisto della comunione, come confermava anche la giurisprudenza della Cassazione.

Questa terza possibilità di costruire per semplice aderenza senza l'acquisto della comunione poteva eccezionalmente sussistere in due casi. Anzitutto, nel caso di edifici demaniali costruiti in prossimità di preesistenti fabbriche private, ciò perché agli edifici demaniali non era applicabile l'art. 571, da cui soprattutto si argomentava per escludere la possibilità di costruire per semplice aderenza senza l'acquisto della comunione. In secondo luogo, ciò valeva anche per le costruzioni aderenti a un muro di cinta, in particolare da quando la Cassazione del Regno affermò ritenere inapplicabile l'art. 571 ai muri di cinta.


Innovazione dell'art. 877. Ammissibilità di costruzioni in aderenza senza appoggio. Quid iuris se di fatto l'appoggio venga esercitato

Nel nuovo codice ogni disputa è venuta meno in seguito alla testuale disposizione dell'art. 877, a cui deve peraltro attribuirsi carattere innovativo: « il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente ».
Tecnicamente è possibile costruire in aderenza senza esercitare nessun appoggio alla fabbrica preesistente: sarà una questione di fatto decidere se in questi casi la nuova fabbrica, che si assume costruita in semplice aderenza, si appoggi invece — e in quale misura — alla fabbrica preesistente; e ove la questione venga decisa in senso affermativo, il secondo costruttore dovrà procedere, in via di sanatoria, all'acquisto della comunione del muro preesistente sul confine. Non potrebbe infatti pretendere di regolarizzare, invece, la sua posizione col semplice acquisto di una servitù di appoggio: la legge, infatti, prevede e disciplina la cessione coattiva della comunione, ma non pure l'appoggio coattivo. Questo dovrebbe essere volontariamente consentito dal vicino, nel qual caso si darebbe luogo ad analoga servita convenzionale.


Art. 877 capoverso: estensione della norma anche al caso di fabbrica preesistente a meno di un metro e mezzo dal confine

Nonostante l'innovazione dell'art. 877, era sorto il ragionevole dubbio se la possibilità di costruire in aderenza senza appoggio fosse applicabile, oltre che al caso di fabbrica preesistente sul confine, anche a quello di fabbrica preesistente a distanza minore di un metro e mezzo dal confine e per cui l'art. 875 consente la comunione forzosa. Infatti, l'articolo citato intanto concede l'occupazione della striscia di suolo intermedia in quanto il secondo costruttore intenda procedere all'acquisto della comunione del muro distante meno di un metro e mezzo dal confine: e quindi avrebbe dovuto ragionevolmente escludersi l'applicabilità dell' art. 875 quando il secondo costruttore, invece di procedere alla comunione forzosa, intendesse astenersene, per fabbricare solo in aderenza.

Ma l'art. 877 capoverso ha tolto ogni dubbio risolvendo la questione in senso affermativo: « questa norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 877: il vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo ». La soluzione in tal senso sembra eccessivamente favorevole al secondo costruttore, a danno del proprietario della fabbrica preesistente. Devesi rilevare, peraltro, che resta sempre a quest'ultimo la facoltà preferenziale di estendere il suo muro sino al confine (art. 875 cit.).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

420 Un primo gruppo di norme in queste materie concerne la distanza nelle costruzioni e la comunione forzosa dei muri (articoli 873-879). La relativa disciplina resta dominata, come già nel codice del 1865, da due regole fondamentali: da un lato, l'obbligo di osservare nelle costruzioni su fondi finitimi la distanza di tre metri o la maggiore distanza stabilita dai regolamenti locali; dall'altro, il diritto di chiedere la comunione del muro altrui, contiguo al proprio fondo o a distanza minore della metà di quella che deve intercedere tra le costruzioni. Occorre tuttavia accennare, in tema di comunione forzosa dei muri, a talune modifiche di carattere particolare apportate alla regolamentazione che essa riceveva nel codice del 1865, dirette soprattutto a introdurre nel testo legislativo opportune precisazioni e a eliminare controversie. Secondo l'indirizzo prevalente della giurisprudenza, si è anzitutto chiarito (art. 874 del c.c.) che l'acquisto parziale della comunione del muro è consentito soltanto rispetto all'altezza: la comunione può essere chiesta per tutta o per parte dell'altezza del muro altrui, purché l'acquisto sia domandato per tutta la lunghezza del muro che si estende sul confine comune. Inoltre si è data una più completa disciplina dell'acquisto della comunione del muro che non si trova sul confine, ma a distanza minore di un metro e mezzo o della metà di quella prescritta dai regolamenti locali, in quanto si è stabilito che la comunione possa essere chiesta soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro medesimo (art. 875 del c.c., primo comma). Al fine poi di eliminare la controversia circa la facoltà del proprietario del muro, quando questo si trova a una distanza dal confine minore della metà di quella che deve intercedere tra le costruzioni, d'impedire l'acquisto della comunione e l'occupazione del suolo, procedendo alla demolizione del muro, si è disposto (art. 875, secondo comma) che il vicino, il quale intende domandare la comunione, deve interpellare preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere alla demolizione di esso. Questi deve manifestare la propria volontà nel termine di quindici giorni e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dalla 'comunicazione della risposta. Nuova è la disposizione (art. 876 del c.c.) che autorizza il vicino a servirsi del muro contiguo per innestarvi un capo del proprio muro mediante pagamento di un'indennità per l'innesto, senza l'obbligo di acquistare la comunione. In vero, dato l'uso limitato che il vicino intende fare del muro, sarebbe eccessivo costringerlo all'acquisto. Ancora più notevole è l'innovazione contenuta nell'art. 877 del c.c.. Con essa si consente che il vicino, pur non acquistando la comunione del muro altrui, costruisca in aderenza, senza cioè appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente. La facoltà di costruire in aderenza può essere fatta valere così rispetto al muro esistente sul confine, come rispetto al muro a distanza dal confine minore della metà di quella che deve intercedere tra le costruzioni; in questo secondo caso, però; il vicino deve pagare il valore del suolo che intende occupare. Sono esenti dalla comunione forzosa e dalla costruzione in aderenza non soltanto, come già per il codice del 1865 (art. 556), gli edifici appartenenti al pubblico demanio e quelli soggetti allo stesso regime del demanio pubblico, ma altresì quelli che siano riconosciuti d'interesse storico, archeologico o artistico a norma delle leggi in materia (art. 879 del c.c.). Nel computo della distanza minima dei tre metri da osservarsi tra le costruzioni finitime non si tiene conto del muro di cinta e di ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri (art. 878 del c.c.). Il principio, già elaborato dalla giurisprudenza per i muri di cinta in relazione alla particolare finalità di questi muri, è stato esteso a tutti i muri isolati che per le loro dimensioni presentino caratteristiche analoghe.

Massime relative all'art. 877 Codice Civile

Cass. civ. n. 1104/2023

In tema di costruzioni su fondi finitimi, ove la sopraelevazione del preesistente fabbricato, aderente a quello del vicino di altezza superiore, sia realizzata, per il tratto nel quale il nuovo edificio supera l'altezza di quello preesistente, in appoggio anziché in aderenza, senza che sia chiesta la comunione del muro contiguo, la sanzione applicabile non è quella della demolizione della costruzione in sopraelevazione e del suo arretramento fino a distanziarla della misura legale dal muro di proprietà esclusiva del vicino, bensì quella dell'eliminazione dell'appoggio e della sopraelevazione sul muro altrui, e della costruzione della sopraelevazione in aderenza, perché l'art. 877 c.c. consente la costruzione in aderenza, senza oneri o formalità, anche in caso di sopraelevazione di costruzione preesistente.

Cass. civ. n. 25495/2021

La costruzione in aderenza alla fabbrica altrui, prevista dall'art. 877 c.c., postula l'assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia, statica e funzionale, nei riguardi dello stesso; essa è, quindi, consentita, salvo l'obbligo di pagamento nascente dall'eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità (quali rientranze, sporgenze, riseghe e simili) nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purché l'intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente.

Cass. civ. n. 25191/2021

In tema di distanze legali, il principio della prevenzione di cui all'art. 875 c.c. non è derogato nel caso in cui il regolamento edilizio si limiti a fissare la distanza minima tra le costruzioni, mentre lo è qualora la norma regolamentare stabilisca anche (o soltanto) la distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che in quest'ultimo caso l'obbligo di arretrare la costruzione è assoluto, come il corrispondente divieto di costruire sul confine, a meno che una specifica disposizione del regolamento edilizio non consenta espressamente di costruire in aderenza.

Cass. civ. n. 22447/2019

Il principio della prevenzione si applica anche nell'ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all'intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.

Cass. civ. n. 5146/2019

In tema di distanze tra edifici, il principio della prevenzione è escluso solo in presenza di una norma del regolamento edilizio comunale che prescriva una distanza tra fabbricati con riguardo al confine, con lo scopo di ripartire equamente tra i proprietari confinanti l'obbligo di salvaguardare una zona di distacco tra le costruzioni. Ne consegue che, in assenza di una siffatta previsione, deve trovare applicazione il principio della prevenzione, potendo il prevenuto costruire in aderenza alla fabbrica realizzata per prima, se questa sia stata posta sul confine o a distanza inferiore alla metà del prescritto distacco tra fabbricati. (Nella specie, in applicazione del richiamato principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di appello che aveva ritenuto che l'indicazione di un distacco minimo tra fabbricati da parte di un regolamento edilizio comunale escludesse la facoltà, in capo ai proprietari dei fondi confinanti, di costruire in prevenzione, essendo implicito in quella disciplina il richiamo alla distanza da mantenere rispetto ai confini).

Cass. civ. n. 11685/2018

Ai sensi dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, nel caso di esistenza, sul confine tra due fondi, di un fabbricato avente il muro perimetrale finestrato, il proprietario dell'area confinante che voglia, a sua volta, realizzare una costruzione sul suo terreno deve mantenere il proprio edificio ad almeno dieci metri dal muro altrui, con esclusione, nel caso considerato, della possibilità di esercizio della facoltà di costruire in aderenza.

Cass. civ. n. 15547/2014

Il principio della prevenzione comporta che il confinante, che costruisce per primo, può edificare sia alla distanza minima imposta dalla legge, sia sul confine, sia a distanza inferiore alla metà di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, salvo in tale ultimo caso la possibilità per il vicino, che elevi un fabbricato successivamente, di avanzare la propria fabbrica fino a quella preesistente, chiedendo la comunione forzosa del muro ex art. 875 cod. civ., oppure costruendo in aderenza, ex art. 877 cod. civ.

Cass. civ. n. 3601/2012

La costruzione in aderenza al muro posto sul confine, ai sensi dell'art. 877 c.c., deve essere ravvisata anche in presenza di modeste intercapedini, ove queste derivino da mere anomalie edificatorie e siano, altresì, agevolmente colmabili senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ravvisato l'aderenza tra i due fabbricati, sigillati sul fronte e distaccati da tre a dodici centimetri su altri lati).

Cass. civ. n. 14658/2006

Ai sensi dell'art. 877 c.c. il diritto di costruire in aderenza può essere esercitato esclusivamente nelle ipotesi di cui: a) al primo comma, che attribuisce al proprietario del suolo sul cui confine il vicino abbia in precedenza edificato la possibilità, se non avvalersi della facoltà di chiedere la comunione del muro, di realizzare la propria fabbrica in aderenza allo stesso (in tali casi, ove tale diritto sia controverso la sentenza ha natura dichiarativa); b) al secondo comma, in relazione all'art. 875 comma primo c.c., che prevede — nei casi in cui il vicino abbia edificato a distanza inferiore alla metà di quella legale o regolamentare — la possibilità di chiedere l'acquisizione in proprietà, previo indennizzo, della parte di suolo compresa tra il confine ed il muro del vicino, occupata ai fini dell'edificazione in aderenza alla fabbrica del confinante (in quest'ultima ipotesi la sentenza, che riconosca il diritto potestativo, ha natura costitutiva). Pertanto, poichè rispetto alle predette ipotesi tertium non datur nel caso in cui sia incerto il confine tra i fondi è priva di fondamento normativo la pretesa di costruire in aderenza al fabbricato del vicino senza corrispondere l'indennità dovuta per acquisire la proprietà del suolo contiguo, di cui sia controversa la proprietà.

Cass. civ. n. 12054/1990

La costruzione in aderenza al muro posto sul confine, ai sensi ed agli effetti dell'art. 877 c.c., deve essere ravvisata anche in presenza di modeste intercapedini, ove queste derivino da mere anomalie edificatorie e siano altresì agevolmente colmabili senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente (nella specie, trattavasi di un distacco variabile da zero a sedici centimetri e derivante dal fatto che il muro si presentava inclinato rispetto al piano di posa).

Cass. civ. n. 9354/1987

Qualora l'aderenza tra due costruzioni non sia stata perfettamente realizzata il giudice, ove non rilevi, per il particolare modo in cui la prima costruzione è stata fatta, l'impossibilità di costruire in aderenza alla costruzione già elevata, non può ordinare l'arretramento della nuova costruzione solo perché l'aderenza tra le due costruzioni non è stata eseguita in modo perfetto, se prima non accerta (e ciò ad evitare inutili demolizioni stante la possibilità del secondo costruttore di ricostruire in aderenza) che le intercapedini esistenti tra le due costruzioni non possano essere colmate mediante opportuni accorgimenti tecnici; dovendo il giudice diversamente disporre che le stesse siano eliminate, completando e perfezionando l'aderenza, nell'ambito e nel rispetto della scelta compiuta dal costruttore.

Cass. civ. n. 8543/1987

In tema di distanze fra le costruzioni, ove sussista il diritto di realizzare il proprio fabbricato in aderenza alla costruzione del vicino, tale diritto deve essere riconosciuto indipendentemente dall'eventuale maggiore altezza di tale nuovo fabbricato, restando escluso che esso, per la parte eccedente la preesistente costruzione del vicino, debba essere soggetto alle distanze fra costruzioni.

Cass. civ. n. 4395/1985

Anche il proprietario che intende costruire in aderenza al muro del vicino che si trova a distanza dal confine inferiore a quella legale deve interpellare preventivamente il vicino se preferisca estendere il muro al confine o procedere alla sua demolizione. Tale interpello, ove formulato dal soggetto convenuto in giudizio per il mancato rispetto della distanza, configura non un'eccezione ma una domanda, come tale inammissibile in appello ai sensi dell'art. 345 c.p.c., risolvendosi non nella mera adduzione di un fatto impeditivo o estintivo della pretesa avversaria (arretramento della costruzione fino al ripristino del distacco legale fra gli edifici) ma nella formulazione di una contropretesa.

Cass. civ. n. 3229/1984

La costruzione in aderenza alla fabbrica altrui (art. 877 c.c.) postula l'assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia (statica e funzionale) nei riguardi dello stesso e, quindi, è consentita, salvo l'obbligo di pagamento nascente dall'eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità (rientranze, sporgenze, riseghe e simili) nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purché l'intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente, ove egli eserciti il diritto di sopralevare a sua volta in aderenza.

Cass. civ. n. 4549/1982

Perché ricorra l'ipotesi della costruzione in aderenza, prevista dall'art. 877 c.c., è necessario che la nuova opera e quella preesistente siano autonome dal punto di vista strutturale, nel senso che il perimento o la demolizione dell'una non possa incidere sull'integrità dell'altra, mentre, quando tale autonomia statica non sussiste, si ha costruzione in appoggio, che scarica, cioè, sul muro vicino la spinta verticale o laterale del proprio peso.

Cass. civ. n. 1507/1975

Per la costruzione in aderenza si richiede che non ricorra alcuna utilizzazione del muro del vicino e che la nuova fabbrica sia completamente autonoma (sia strutturalmente e strumentalmente, che funzionalmente) dalla costruzione preesistente, per modo che, ogni qualvolta vi sia utilizzazione del muro del vicino, deve ritenersi che la nuova fabbrica non possa considerarsi in maniera dissimile dalla edificazione in appoggio, mancando, in tal caso, la suddetta completa autonomia, in quanto il perimento o la demolizione della fabbrica preesistente non potrebbero verificarsi senza che la integrità e l'autosufficienza della nuova costruzione ne fossero compromesse. Non si può configurare come costruzione in aderenza, ma va qualificata costruzione in appoggio, quella che, pur essendo strutturalmente indipendente, tragga dal muro del vicino, a causa dell'esiguo ed inadeguato spessore del muro perimetrale di essa, particolari vantaggi ed utilità (come, oltre la coibenza termica e l'isolamento acustico, la protezione contro le intemperie e la inclemenza del tempo, la sicurezza della propria integrità e la stabilità statica), derivanti dall'espletamento, da parte del muro dello stabile preesistente, di una funzione analoga a quella svolta nella situazione tipica della costruzione in appoggio.

Cass. civ. n. 2904/1974

Affinché si verifichi l'ipotesi di costruzione in aderenza è necessario che la nuova opera e quella preesistente — pur essendo autonome dal punto di vista strutturale, nel senso che il perimento o la demolizione dell'una non possa incidere sull'integrità dell'altra — combacino perfettamente da uno dei lati, di guisa che non rimanga tra i due muri, nemmeno per un breve tratto o ad intervalli, uno spazio vuoto, ancorché totalmente chiuso (in modo che l'uomo non possa accedervi, né possa cadervi pioggia od altro) che lasci scoperte, sia pure in parte, le relative facciate.

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Consulenze legali
relative all'articolo 877 Codice Civile

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M. C. chiede
martedì 02/05/2023
“Buongiorno; ho acquistato un rustico nel 2004 nel territorio dei castelli romani e, con regolare concessione comunale, l'ho rifinito per abitarci.
Nel mentre mi sono reso conto che, sul muro di confine, i miei "vicini" costruivano una vera e propria "depandance" che, oltre ad essere appunto con un lato proprio sul muro di confine, è a tutt'oggi abusiva(ho documentazione fotografica che dimostra che stavano costruendo)...
Io, ignaro a quel tempo di quanto detta il codice civile in materia di distanze dal confine, non ho dato peso a quanto stesse accadendo; poi, con il passare del tempo e sentendo i pareri delle persone che venivano a trovarmi, ho cercato di approfondire la questione, ma vorrei dei chiarimenti; io non voglio adire legalmente nei confronti dei miei vicini però vorrei essere sicuro che questa costruzione non diventi "regolare", quantomeno senza il mio permesso.
Dico questo perchè ho sentito parlare di "usucapione".... Potrei avere chiarimenti in merito? Ho un termine per poter fare qualcosa oppure questa costruzione sul confine non potrà in alcun modo essere sanata senza il mio permesso? Grazie.”
Consulenza legale i 09/05/2023
La fattispecie descritta sembra essere ascrivibile ad una costruzione in aderenza ai sensi dell’art. 877 c.c.
Secondo questa disposizione di legge è ammessa la costruzione di un nuovo edificio in aderenza al muro di confine.
La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che, come costruzioni in aderenza, si intendono quelle che sono in semplice contatto con il muro del vicino e hanno un’autonomia strutturale e funzionale.
La Cassazione ha così affermato “affinché si verifichi l'ipotesi di costruzione in aderenza è necessario che la nuova opera e quella preesistente combacino perfettamente da uno dei lati, in modo che non rimanga tra i due muri, nemmeno per un breve tratto o ad intervalli, uno spazio vuoto, ancorché totalmente chiuso, che lasci scoperte, sia pure in parte, le relative facciate” (Cass, civ. n. 1407/2007).
Non è quindi previsto che il proprietario del muro di confine in aderenza al quale è stata costruita la dependance, possa intraprendere alcuna azione nei confronti del vicino.

Qualora dall’analisi dello stato dei luoghi, invece, si dovesse ritenere che la dependance non è stata costruita in aderenza, la norma di legge applicabile è l’art. 873 del c.c..
In questo caso la costruzione avrebbe dovuto essere posta a distanza non minore di tre metri o alla distanza stabilita dai regolamenti locali.
Il proprietario che ha subito la costruzione di un immobile che si presume non rispettare le norme di edilizia e posto ad una distanza inferiore rispetto a quella prevista dall’art. 873 c.c., ha diritto a intraprendere un’azione legale di riduzione in pristino oltre che di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 872 del c.c. (Cass. civ. n. 458/2016).

L’azione di riduzione in pristino è volta a ottenere una condanna alla demolizione del bene costruito in violazione della normativa sulle distanze tra edifici sia a livello civilistico che urbanistico.
È un’azione di tipo reale quindi imprescrittibile, salvo gli effetti di un’eventuale usucapione (Cass. civ. n. 867/2000).
Ciò significa che colui che costruisce in violazione di legge usucapisce il diritto a mantenere l’immobile nelle condizioni in cui si trova dopo vent’anni di possesso ininterrotto e continuato senza che sia stato introdotto un giudizio per chiederne la demolizione; l’imprescrittibilità dell’azione però permette al vicino di intraprenderla in qualsiasi momento, prima che siano trascorsi i vent’anni per usucapire il diritto.

L’azione di risarcimento danni invece è un’azione di tipo obbligatorio ed è soggetta al termine di prescrizione ordinario di cinque anni ex art. 2947 del c.c..
L’esecuzione della costruzione dà quindi vita ad un illecito permanente che fa sorgere il diritto al risarcimento del danno dal momento in cui cessa la permanenza e quindi dal momento in cui la costruzione dovesse essere demolita o essere dichiarata legittima da parte dell’amministrazione pubblica con la rinuncia alla demolizione, o essere acquisito il diritto a mantenere la costruzione per usucapione (Cass. civ. n. 594/1990).

Per quanto riguarda invece la questione sull’abusività o meno della costruzione da un punto di vista urbanistico, questa può essere sanzionata solo dalla Pubblica Amministrazione.

In conclusione, si consiglia di verificare effettivamente se la dependance sia costruita in aderenza ai sensi dell’art. 877 c.c.
In caso affermativo non c’è nulla che si possa fare, salvo segnalare alla Pubblica amministrazione l’eventuale abusività dell’immobile.
Nell’eventualità in cui invece sia stata posta non in aderenza e sia quindi applicabile, l’art. 873 c.c., si consiglia di valutare di introdurre un’azione giudiziaria per la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 872 c.c. per interrompere l’usucapione ventennale prima dell’anno 2024.




A. C. chiede
mercoledì 30/03/2022 - Sardegna
“Buongiorno, attualmente nel cortile di casa mia è presente una tettoia costruita in legno e tegole appoggiata (senza caricare) sul muro perimetrale della casa, muro in origine costruito sul proprio suolo dal vicino di casa. Tengo a precisare che la tettoia è stata regolarmente progettata ed approvata dagli enti competenti. Prima domanda: la legge consente di poggiarmi, così come ho fatto, al muro del vicino per il solo scopo di isolare (senza caricare)? Seconda domanda: se volessi costruire io un muro in aderenza al muro esistente (sulla mia proprietà) quali criteri dovrei seguire? Potrei isolare l'intercapedine che inevitabilmente si verrebbe a creare, considerato che il vicino non mi permette di installare sul suo muro una scossalina (oppure un colmo)?”
Consulenza legale i 13/04/2022
Riguardo al primo dei quesiti formulati, riguardante la tettoia già realizzata, è necessario fare chiarezza sui concetti di costruzione in aderenza e costruzione in appoggio.
Infatti l’art. 877 c.c. consente al vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, di costruire sul confine stesso “in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente”.
La Cassazione (Sez. II Civ., 30/08/2004, n. 17388) ha precisato che “deve intendersi per costruzione in appoggio - secondo una nozione desunta dalle leggi fisiche - quella che scarica il peso degli elementi di cui si compone sul muro del vicino che in tal modo ne assicura la staticità necessaria”.
Occorre quindi verificare che la tettoia realizzata non presenti effettivamente tali caratteristiche (nel quesito si afferma che essa non "carica" sul muro del vicino).
Inoltre, si deve tenere presente che la giurisprudenza (Tribunale Monza, 05/12/2007) ha ulteriormente specificato che “non si può considerare in aderenza quella costruzione che, pur poggiando su pilastri costruiti in aderenza al fabbricato del vicino, utilizzi la facciata del muro di tale fabbricato per la chiusura dei propri locali o comunque tragga vantaggio od utilità dalla costruzione del vicino”: se così fosse, la tettoia dovrebbe considerarsi in appoggio e, dunque, non consentita ai sensi dell’art. 877 c.c. citato.
Quanto al secondo quesito, relativo alla eventuale costruzione di un muro in aderenza a quello del vicino ed alla formazione di intercapedini, la giurisprudenza della Cassazione non ha avuto un indirizzo sempre costante.
Infatti Cass. Civ., Sez. II, 23/01/2007, n. 1407 ha affermato che “affinché si verifichi l'ipotesi di costruzione in aderenza è necessario che la nuova opera e quella preesistente combacino perfettamente da uno dei lati, in modo che non rimanga tra i due muri, nemmeno per un breve tratto o ad intervalli, uno spazio vuoto, ancorché totalmente chiuso, che lasci scoperte, sia pure in parte, le relative facciate”.
Tuttavia, secondo un orientamente parzialmente diverso, espresso tra le altre da Cass. Civ., Sez. II, sentenza 07/03/2012, n. 3601, la costruzione in aderenza al muro posto sul confine, ai sensi dell'art. 877 cod. civ., deve essere ravvisata anche in presenza di modeste intercapedini, laddove queste, però, derivino da mere anomalie edificatorie e a condizione che le medesime intercapedini “siano, altresì, agevolmente colmabili senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente”.

Luis M. chiede
mercoledì 20/01/2021 - Lazio
“Trattasi di costruzione in aderenza sul muro di confine in edifici non soggetti all'obbligo delle distanze. Poiché tale costruzione è un ABUSO EDILIZIO a tutti gli effetti, si domanda se può essere invocata e/o applicato l'articolo 877 cc”
Consulenza legale i 03/02/2021
Non è di ostacolo alla applicazione delle norme civilistiche sulle distanze nelle costruzioni, nel cui gruppo rientra l’art. 877 del c.c., il fatto che l’opera costruita per seconda sia abusiva e quindi in contrasto con le norme edilizie. Ciò non toglie che il proprietario che si ritiene leso dalla nuova costruzione possa: agire in sede amministrativa denunciando alla autorità comunale competente l’abuso edilizio compiuto dal vicino; agire in sede civilistica innanzi al giudice ordinario richiedendo il rispetto delle distanze prescritte dalla legge e dai regolamenti locali con conseguente richiesta di demolizione dell’opera e il risarcimento del danno subito.

Sotto questo ultimo aspetto è sicuramente opportuno citare Cass.Civ.,Sez.II, n.871 del 23.01.2012 secondo la quale: "I poteri inerenti al diritto di proprietà, tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze nelle costruzioni, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi, naturalmente, gli effetti dell’usucapione". In altri termini il vicino può chiedere al giudice il rispetto delle distanze legali e la tutela demolitoria in ogni tempo, fermo restando il termine ventennale di usucapione di cui all’art.art. 1158 del c.c. del c.c.

In merito alla possibilità che nel caso di specie possa trovare applicazione l’art. 877 del c.c., è giusto dire che per costante giurisprudenza la deroga alle distanze legali racchiusa in tale norma può trovare applicazione quando la nuova fabbrica sia caratterizzata da una autonomia statica e funzionale rispetto al muro di confine e l’assenza o la presenza estremamente modesta di intercapedini fra il detto muro e la nuova costruzione. E’ giusto anche precisare che l’ambito di applicazione dell’art. 877 del c.c. è estremamente influenzato dai regolamenti locali vigenti nel Comune in cui sono site le due costruzioni confinanti, e in tal senso non possiamo che farvi rinvio in questa sede. Interessante è quanto sostenuto da Cass.Civ.,Sez.II, n.12045 del 12-09-2000: "La legittimità di costruire in aderenza sussiste solo se la possibilità di costruire sul confine è contemplata dal regolamento edilizio, mentre è da escludere ove questo, pur se nulla dispone per lo ius aedificandi (diritto di costruire n.d.r.) in aderenza a preesistenti fabbriche aliene, prescriva una determinata distanza dal confine…"

Giancarlo C. chiede
venerdì 01/02/2019 - Sardegna
“Chi deve pagare la riparazione della lesione tra due edifici contigui di differente proprietà?
Si è creata, infatti, una lesione tra il tetto, basso, con tegole e la parete verticale, alta, dell'edificio adiacente. Tale "fessura" corrisponderebbe a infiltrazioni di acqua negli appartamenti sottostanti dei due edifici. Il quesito riguarda chi debba riparare la fessurazione tra i due edifici.

Consulenza legale i 11/02/2019
Si presume che con l’espressione “contigui” si intendano due edifici che non hanno un muro comune ma i cui due muri siano uno a ridosso dell’altro, pur mantenendosi distinti. La legge in questi casi parla di costruzioni “in aderenza”.

Ciò precisato, non esiste alcuna norma che stabilisca – a differenza che per il muro comune, che ha invece una disciplina molto articolata – chi debba farsi carico delle riparazioni su tali edifici: rimanendo questi ultimi del tutto distinti sarà valido per essi lo stesso ragionamento che vale per gli edifici vicini ma non contigui.

La regola, è quella che poi vale anche per le riparazioni che si rendano necessarie nel muro comune e dettata dall’art. 882 c.c., ovvero che ciascuno concorre alla spesa secondo il proprio diritto, salvo che la spesa non sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti.

Tutto, in buona sostanza, sta nell’individuare le cause della fessurazione: è evidente che se la causa è da ricondursi al tetto che spinge sulla parete dell’edificio a fianco, sarà la proprietà del tetto che dovrà farsi carico della riparazione e dei danni conseguenti all’evento.
Altrimenti ciascuno degli edifici dovrà farsi carico del proprio danno affrontando le relative spese.

Il consiglio è quello di incaricare un tecnico – eventualmente con incarico congiunto, in modo da dividere tale voce di spesa che, obiettivamente, è nell’interesse di entrambe le parti - che possa effettuare un sopralluogo ed identificare le possibili cause dell’accaduto. Solamente all'esito della valutazione del perito sarà possibile decidere in ordine alla ripartizione delle spese di ripristino e sistemazione.

In caso di contenzioso, ovvero nel caso in cui le parti coinvolte non riescano ad accordarsi sul modo di procedere o qualcuna contesti l'esito della perizia tecnica, sarà possibile promuovere un procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo (ATP): si tratta di un procedimento abbastanza breve che consiste nella nomina, da parte del Giudice, di un tecnico imparziale (il Consulente Tecnico d'Ufficio) il quale, ricevuto dal Giudice un determinato quesito (in questo caso si tratterebbe dell'accertamento dei danni e dell'individuazione delle relative cause) al quale dovrà rispondere entro un determinato termine (in genere 90 giorni), effettuerà dei sopralluoghi e redigerà infine una perizia, che poi rimarrà agli atti e potrà essere utilizzata in un successivo procedimento ordinario.
In alternativa all'ATP si può altresì ricorrere alla Consulenza Tecnica Preventiva: si tratta, sostanzialmente, dello stesso procedimento di cui sopra (la differenza sta nel fatto che il primo richiede il presupposto dell'urgenza, mentre il secondo no), ma nella CTP il Consulente incaricato dal Giudice ha il dovere di tentare la conciliazione tra le parti. Anche questa è dunque un'opportunità che consente di trovare una soluzione conciliativa più rapida rispetto al contenzioso ordinario. 



Anonimo chiede
sabato 13/01/2018 - Lombardia
“Buongiorno, vorrei avere un chiarimento in merito all'esigenza di effettuare un sopralzo della mia unità abitativa. Via mail invio pianta del lotto dove si trova l'abitazione (Pianta_Superfici.png) + documentazione di progetto (02_comparativa_prospetti.pdf) per farvi avere un'idea della nuova opera che vorrei andare a realizzare.
La mia unità è l'ultima a sinistra (quella rossa) e a differenza delle altre villette è l'unica ad avere un solo piano fuori terra (le altre hanno tutte due piani fuori terra).
L'idea sarebbe quella di effettuare un sopralzo della mia unità mantenendomi comunque al di sotto del culmine del tetto dell'abitazione a fianco (gialla), il tutto attraverso una costruzione in aderenza all'interno della mia proprietà. Premetto che il muro lungo il quale si andrebbe ad effettuare l'aderenza è privo di diritti di vedute consolidati.
NB 1: faccio presente che in origine la mia abitazione era stata progettata, come tutte le altre, per avere due piani fuori terra, poi per volere del potenziale acquirente (che poi alla fine non acquistò) venne realizzata tutta su un unico piano.
NB 2: il comune ha già rilasciato il permesso di costruzione e sono già stati pagati gli oneri di urbanizzazione.
Quello che vorrei sapere è se il proprietario dell'abitazione gialla (il confinante) può negare tale lavoro, considerando che si è già espresso in modo sfavorevole al progetto.
E' obbligatorio avere un suo consenso?”
Consulenza legale i 18/01/2018
Non sussistendo alcuna servitù di veduta o d’aria, in base a quanto affermato nel quesito, ed essendo in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie all’erigendo sopralzo dal punto di vista urbanistico, si suppone che il disappunto manifestato dal vicino attenga al problema della costruzione in aderenza od in appoggio.

Si parla di costruzione in appoggio, quando la nuova struttura sfrutta il muro preesistente, di proprietà quindi del fondo attiguo, scaricando il peso degli elementi di cui si compone anche su di esso, che ne assicura la staticità necessaria.
In questo caso la sopraelevazione va ad incidere sulla posizione del proprietario confinante poiché il muro potrebbe non essere idoneo a sorreggere la nuova struttura.
La fattispecie viene disciplinata dall’art. 874 c.c. il quale prevede che “Il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione [omissis]. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino .”
Quindi il diritto di sopraelevare in appoggio resta subordinato ad una serie di condizioni:
  • la costruzione dovrà essere fatta per tutta l’estensione della proprietà del richiedente;
  • il richiedente dovrà corrispondere la metà del valore del muro e dovrà corrispondere la metà del valore del suolo su cui è costruito il muro;
  • il richiedente dovrà eseguire tutte le opere necessarie affinché il muro possa reggere il peso eventualmente scaricato sul medesimo dalla costruzione in appoggio, ed in generale affinché la nuova opera non danneggi il vicino ed i beni caduti in comunione.
Si parla invece di costruzione in aderenza quando la nuova opera e quella preesistente combaciano perfettamente da uno dei lati, in modo che non resti tra gli stessi alcuna intercapedine.
Con riferimento alle costruzioni in aderenza si applica la disciplina di cui agli artt. 877 c.c. “Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente”.

Quindi se si costruisce in aderenza non è necessario neppure accordarsi con il vicino in ordine alla gestione della comunione forzosa del muro e sul prezzo da corrispondere per la suddetta opera, né tantomeno sarà necessario ottenere il suo preventivo consenso.

Quando si parla di costruzioni in aderenza, infatti, non trova applicazione la disciplina in materia di distanza tra edifici: proprio l’art. 873 c.c. prevede che “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri", escludendo espressamente le costuzioni in aderenza dal campo d'applicazione della norma.

Tale circostanza è stata pure confermata dalla Cassazione nella sentenza n. 7183/2012, la quale ha chiarito che “quando due fabbricati sono in aderenza, il proprietario di uno di essi non può validamente dolersi della costruzione da parte del proprietario dell'altro di un muro sul confine, al di sopra del fabbricato, essendo in questi casi legittima la sopraelevazione effettuata in aderenza sopra la verticale della costruzione preesistente, tenuto conto che l'art. 873 cod. civ., trova applicazione soltanto con riguardo a costruzioni su fondi finitimi non aderenti (Cass. n. 1673 del 1995; Cass. n. 9726 del 1993)

Quanto innanzi detto, però, trova applicazione fintantoché non esistano regolamenti locali che dispongono diversamente, poiché rientra tra i poteri di pianificazione territoriale delle amministrazioni, la scelta di escludere in un dato territorio le costruzioni in aderenza.

Andrea P. chiede
mercoledì 27/01/2016 - Lazio
“Salve, vorremmo avere una consulenza relativamente a una questione di costruzione in aderenza su linea di confine. Abbiamo un garage in aderenza sul confine con un fabbricato di altri proprietari.vorremmo demolire e ricostruire il fabbricato con sagoma diversa. Il nostro comune prevede che per le costruzioni Ci sia una distanza di 5 metri dalla Line di confine. Il comune però ci autorizzerebbe la demolizione e ricostruzione previo accordo scritto delle parti con il quale si evidenzia la reciproca costruzione in aderenza delle parti.
Se si dovesse trovare un accordo per stilare questa carta scritta che valore avrebbe la stessa rispetto alla legge, anche in vista di eventuali successioni ecc...?
Se l'accordo tra le parti fosse la soluzione al problema come dovrebbe essere formulato? E quali elementi dovrebbe contenere per essere valido e rispettato da ambo le parti? Grazie”
Consulenza legale i 03/02/2016
Il presente quesito attiene alle cd. costruzione in aderenza, cioè l'ipotesi di costruire sulla linea di confine tra due fondi, in particolare in aderenza del muro posto sul confine.
Tale ipotesi sembra essere riconducibile al dettato di cui all'art. 877 del c.c., il quale prevede che si possa costruire sul confine in aderenza del muro del vicino, purché il fabbricato non "appoggi" sul muro preesistente e, a tale fine, il proprietario non dovrà richiedere la comunione del muro altrui.
Occorre evidenziare che affinché si tratti di costruzione in aderenza, prevista dall'art. 877 del c.c.: "E' necessario che la nuova opera e quella preesistente siano autonome dal punto di vista strutturale, nel senso che il perimento o la demolizione dell'una non possa incidere sull'integrità dell'altra, mentre, quando tale autonomia statica non sussiste, si ha costruzione in appoggio, che scarica, cioè, sul muro vicino la spinta verticale o laterale del proprio peso" (a titolo meramente esemplificativo, Cass. Civ., Sez. II, 11 agosto 1982, n. 4549).
Con riferimento al caso di specie, la costruzione in aderenza, è consentita, come spesso accade, in deroga a quanto stabilito dal quadro regolamentare di riferimento: si evidenzia pertanto che un accordo privato tra le parti, consentito dall'Amministrazione, può derogare le disposizioni in materia di distanze minime tra confini.
Con riferimento ai requisiti formali dell'accordo, questo dovrebbe essere contenuto in una scrittura privata autenticata da notaio, e dovrebbe contenere la descrizione dettagliata del tipo di accordo (costruzione in aderenza) e dei dati dei singoli terreni. In ogni caso, si suggerisce l'assistenza di un legale per la redazione dell'accordo, che verrà poi sottoposto all'attenzione del notaio ai soli fini dell'autentica.

D. D. M. chiede
domenica 29/05/2022 - Campania
“Buongiorno e complimenti per l'ottimo sito.
Gradirei, se possibile, un consiglio su come "agire" in previsione della costruzione di un muretto di cinta.
In breve:
*) c'è un fosso che divide le due proprietà
*) il fosso è per tutta la sua lunghezza realizzato in tubi di cemento e coperto con cemento
*) il fosso è interamente nella mia proprietà anche se il confinante è "convinto" che sia sulla mezzeria (ma avendo fatto dei lavori nel 2012 i tecnici mi hanno confermato quello che già mio padre mi ha sempre detto)
*) il confinante ha costruito un locale deposito sul confine per circa 3 metri e per altri 20 metri un muretto interamente nella sua proprietà (quindi a confine)

La domanda è: posso io realizzare una recinzione con un muretto di mezzo metro e rete metallica o similare per tutta la lunghezza? E sono obbligato a mantenere una certa distanza o posso costruire sul confine e, quindi, in adiacenza al muro preesistente del mio confinante?
Grazie anticipatamente”
Consulenza legale i 07/06/2022
Prima di rispondere alle domande poste, è necessario fare una brevissima premessa. Nella materia delle distanze legali, così come in molti altri ambiti del diritto, per poter fornire una consulenza che presenti un certo grado di attendibilità (non di certezza, perché, purtroppo, in ogni controversia esiste un certo grado di alea, di rischio), è indispensabile che il legale si avvalga dell’ausilio di un tecnico.
Pertanto, in questa sede, ci si limiterà a fornire una panoramica delle norme applicabili, sulla base di quanto riferito nel quesito, fermo restando che le risposte date dovranno essere intese come indicazioni di massima, da verificarsi alla luce di quanto risultante da un eventuale accertamento tecnico.
Detto questo, passando a esaminare il primo dei quesiti formulati, dobbiamo sottolineare che, stando a quanto viene riportato, il vicino avrebbe già costruito dei manufatti sia lungo la linea di confine sia nella sua proprietà, ma a distanza evidentemente inferiore a quella legale.
Sotto il primo profilo, la norma di riferimento è costituita dall’art. 874 c.c., che disciplina la comunione forzosa del muro sul confine, prevedendo che “il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione, per tutta l'altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l'estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino”.
Sotto il secondo profilo (costruzione a distanza inferiore a quella di legge), soccorre l’art. 875 c.c., riguardante invece la comunione forzosa del muro che non è sul confine, norma che si applica quando il muro si trova a una distanza dal confine minore di un metro e mezzo (ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti locali). In tali casi il vicino ha il diritto di chiedere la comunione del muro, ma soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso: inoltre, a tal fine dovrà pagare sia il valore della metà del muro, sia il valore del suolo (altrui) da occupare con la nuova fabbrica. Tuttavia, è fatta salva la facoltà del proprietario di estendere il suo muro sino al confine.
Lo stesso art. 875 c.c. indica la procedura da seguire: in particolare, il vicino che intende chiedere la comunione deve preventivamente interpellare il proprietario del muro, se preferisca estendere il muro fino al confine o procedere alla sua demolizione. Il confinante a sua volta deve manifestare la propria volontà entro il termine di quindici giorni, e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta.
Riguardo alla seconda domanda (necessità del rispetto delle distanze o possibilità di costruzione sul confine), occorre ricordare che la ratio della normativa sulle distanze legali è quella di evitare dannose intercapedini tra fondi confinanti.
Ora, l'art. 877 c.c. consente al vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, di costruire sul confine stesso in aderenza, cioè senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.
In ordine ai concetti di aderenza e appoggio, la giurisprudenza ha precisato:
  • la costruzione in aderenza al muro posto sul confine, ai sensi dell'art. 877 c.c., deve essere ravvisata anche in presenza di modeste intercapedini, ove queste derivino da mere anomalie edificatorie e siano, altresì, agevolmente colmabili senza appoggi o spinte sul manufatto preesistente” (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 3601/2012);
  • in tema di distanze legali fra proprietà, deve intendersi per costruzione in appoggio - secondo una nozione desunta dalla leggi fisiche - quella che scarica il peso degli elementi di cui si compone sul muro del vicino che in tal modo ne assicura la staticità necessaria” (Cass. Civ., Sez. II, 30/08/2004, n. 17388).
La facoltà di costruire in aderenza ex art. 877 c.c. è prevista anche nel caso di muro non sul confine, di cui all’art. 875 c.c.: in questo caso il vicino dovrà pagare soltanto il valore del suolo.

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