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Articolo 1596 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Fine della locazione per lo spirare del termine

Dispositivo dell'art. 1596 Codice Civile

La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con lo spirare del termine [999], senza che sia necessaria la disdetta(1).

La locazione senza determinazione di tempo non cessa, se prima della scadenza stabilita a norma dell'articolo 1574 una delle parti non comunica all'altra disdetta [1373] nel termine fissato dalle norme corporative(2) o, in mancanza, in quello determinato dalle parti o dagli usi [1603].

Note

(1) La disdetta è un atto unilaterale recettizio (1324, 1334, 1335 c.c.) che serve ad impedire il rinnovo della stipula. Nel caso di locazioni di immobili ad uso abitativo essa deve essere inviata almeno sei mesi prima della scadenza del rapporto (v. art. 2 e 3, L. 9 dicembre 1998, n. 431); per le locazioni non abitative almeno dodici o diciotto mesi prima (v. art. 28, L. 27 luglio 1978, n. 392).
(2) L'inciso "fissato dalle norme corporative o, in mancanza, di quello" deve ritenersi abrogato in base al R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721, sulla soppressione degli organi corporativi centrali, nonchè in base alla l. 23 novembre 1944, n. 369, che ha soppresso l'ordinamento corporativo.

Ratio Legis

La norma è volta ad agevolare i traffici giuridici, sia laddove la non necessità di una disdetta facilita l'instaurarsi di nuovi rapporti locatizi sia dove essa consente la rinnovazione tacita del rapporto.

Spiegazione dell'art. 1596 Codice Civile

Locazione a termine

Ferma l'eccezione dell'art. 1616 tutte le locazioni hanno una durata determinata o dalla volontà delle parti o, nel silenzio di esse, dalla legge: l'unica differenza consiste, fra le due determinazioni, della necessità o meno della disdetta.
È improprio parlare di locazione a tempo indeterminate, quasi che il godimento della cosa possa prescindere da un limite di tempo. Una locazione illimitata nel tempo è astrattamente configurabile, ma oltre ad urtare contro la definizione data dall'art. 1571 importerebbe la gravissima conseguenza di privare il locatore in perpetuo del godimento diretto della cosa e costituirebbe un vero e proprio atto di alienazione.

Nei contratti a tempo determinate la locazione cessa di diritto con lo spirare del termine stabilito, senza che sia necessaria la disdetta o licenza. Per evitare, però, che il conduttore rimanga nella cosa locata e possa invocare la rinnovazione tacita del contratto, di cui all'articolo successivo, occorrerà da parte del locatore una qualsiasi manifestazione di volontà che, in modo non equivoco, informi il conduttore dell'intendimento del locatore di non prolungare il contratto oltre il termine stabilito.

La locazione per essere a tempo determinato occorre che il tempo finale di essa sia indicate nello stesso contratto con riferimento, diretto
indiretto, ad una data del calendario. Una volta stabilito un termine finale la locazione cesserà soltanto con lo spirare del termine, quando anche prima venga a cessare la destinazione data al fondo locato e ciò persino nel caso in cui tale destinazione sia stata indicata nel contratto.


Disdetta impedisce la tacita riconduzione

La locazione a termine non si converte in un contratto senza determinazione convenzionale della durata per la possibilità, in virtù di apposita clausola, della sua tacita rinnovazione senza limite di tempo allo scadere di ogni periodo prefissato. La disdetta, pertanto, non ha la funzione di determinare la fine del contratto, ma soltanto quella di impedire la tacita riconduzione, onde per essa non occorrerà osservare i termini di cui al capoverso dell'articolo in esame.

La sanzione contro il conduttore che non rilascia la cosa locata al termine del fitto consiste nel risarcimento dei danni risentiti dal locatore. Occorrerà però accertare se l'eventuale ritardo nel rilascio fu dovuto a colpa del conduttore, nel quale caso la responsabilità per la violazione dell'anzidetto obbligo sussiste, o se, viceversa, si tratti di un ritardo incolpevole determinate da una situazione di forza maggiore o dal fatto stesso del locatore.

La disdetta di una locazione è una manifestazione di volontà unilaterale che, come tale, diviene efficace non appena sia portata a conoscenza dell'altra parte. Se è richiesta l'osservanza di un termine perentorio per farla, è per evitare la tacita riconduzione del contratto.
L'obbligo della disdetta della locazione non costituisce una norma d'ordine pubblico per cui ad essa puo derogarsi dalla volontà delle parti contraenti. Non basta, tuttavia, a far ritenere la sussistenza di tale deroga, in mancanza di analoga manifestazione di volontà, il solo fatto che si sia pattuito che la locazione abbia la durata, ad es. della società locataria, dovendo cessare con la cessazione di tale società, in quanto ciò non implica di per sè che le parti abbiano anche rinunciato all'obbligo della tempestiva disdetta.

Nell'ipotesi che la cosa locata appartenga per quote a due condomini, è inefficace la disdetta intimata da uno dei condomini contro la volontà, dall'altro manifestata di lasciare il conduttore nel godimento della cosa. In questo caso non potendo, per l'eguaglianza delle quote, essere risolto il contrasto con il criterio della maggioranza economica, deve essere risolto dall'autorità giudiziaria.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

1596 Circa la cessazjoue della locazione per lo spirare del termine, ho dichiarato (art. 451) chr nelle locazioni a tempo indeterminato la licenza può essere data non solo nel termine stabilito dagli usi locali, come è scritto nell'art. 1609 cod. civ. e nell'art. 152 del progetto del 1936, ma anche nel termine fissato eventualmente dal contratto o dalla legge.

Massime relative all'art. 1596 Codice Civile

Cass. civ. n. 16279/2016

In tema di locazioni ad uso abitativo, il contratto si intende prorogato di un biennio - ex art. 2, comma 5, della l. n. 431 del 1998 - alla scadenza del triennio legale, sempre che il locatore non abbia comunicato la sua intenzione adibitoria ed impeditiva del rinnovo con atto motivato scritto e preavviso semestrale, solo se il conduttore abbia anteriormente manifestato la volontà di rimanere nell'immobile, proponendo la stipulazione di un rinnovo rifiutato dalla controparte, oppure, se sia stata quest'ultima a formulare una richiesta in tal senso, respinta dal primo. Ne consegue che, in mancanza di una siffatta trattativa, la locazione deve considerarsi cessata senza disdetta, trovando applicazione il combinato disposto degli artt. 1596, comma 1, 1597, commi 1 e 2, e 1574, nn. 1 e 2, c.c.

Cass. civ. n. 26526/2009

Il fatto volontario che preclude al locatore la possibilità di far valere la propria necessità abitativa come motivo di recesso è costituito soltanto dal comportamento maliziosamente preordinato a creare uno stato di necessità. Pertanto, al di fuori di tale ipotesi, il locatore può agire liberamente, ogni qual volta si presentino particolari esigenze di carattere economico o personale che appaiano, in base ad un'equa valutazione, meritevoli di protezione secondo la comune esperienza e nel normale svolgimento dei rapporti familiari, umani e giuridici. Il relativo accertamento va compiuto prescindendo dalla valutazione comparativa con le esigenze del conduttore e senza poter pretendere giustificazioni di ordine economico e sociale che limiterebbero la libertà di scelta di ogni cittadino. (Rigetta, App. Napoli, 10/07/2008).

Cass. civ. n. 8006/2009

La disdetta di un contratto di locazione (nella specie, relativo ad immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione), è un atto recettizio, che produce i propri effetti (consistenti nell'impedire il rinnovo del contratto, e non già nello sciogliere il contratto in corso) solo dal momento in cui perviene al destinatario, salva una diversa pattuizione delle parti. È, pertanto, tardiva la disdetta spedita prima del termine contrattualmente previsto per l'esercizio della relativa facoltà, ma pervenuta al destinatario successivamente a tale data.

Cass. civ. n. 14486/2008

La disdetta del contratto di locazione, vigendo al di fuori del caso di forma scritta convenzionale di cui all'art. 1352 c.c. il principio della libertà di forma, può essere contenuta anche in un atto processuale che presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, esprima anche tale volontà, quale l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione o la citazione in giudizio; né rileva che non sia stata seguita sin dall'inizio la procedura di diniego di rinnovo di cui all'art. 30 della legge n. 392 del 1978, prevista dall'art. 3 della legge n. 431 del 1998, e che l'atto processuale si riferisca ad una scadenza già verificatasi, applicandosi, altresì, il principio secondo cui la disdetta e l'intimazione, in esso contenute, inidonee, per inosservanza del termine, a produrre la cessazione della locazione per la scadenza indicata, hanno l'efficacia di produrla per la scadenza successiva.

Cass. civ. n. 9666/1997

La disdetta del contratto di locazione costituisce atto negoziale unilaterale recettizio concretantesi in una manifestazione di volontà che può essere comunicata sia per iscritto che verbalmente, purché inequivocabilmente idonea a manifestare (alla controparte) la volontà di non rinnovare il contratto alla scadenza; essa può quindi essere contenuta anche in un atto processuale (quale l'atto di intimazione di licenza per finita locazione) che tale volontà presupponga; in tal caso il mandato alle liti conferito al difensore va riferito non solo alla rappresentanza processuale, ma anche alla rappresentanza negoziale dell'istante, la cui sottoscrizione non è pertanto necessaria perché l'atto consegua altresì l'effetto di una disdetta; ne consegue che gli effetti della disdetta sul piano sostanziale permangono anche ove fosse dichiarata l'estinzione del processo.

Cass. civ. n. 4605/1997

La disdetta del contratto di locazione, la quale può esser validamente effettuata anche da un mandatario in base ad incarico conferito verbalmente, ancorché intimata ad uno solo degli eredi del conduttore defunto è idonea a costituire in mora tutti gli altri eredi nella riconsegna dell'immobile alla scadenza del contratto.

Cass. civ. n. 6075/1995

Nei casi in cui proviene dal falsus procurator, la disdetta del contratto di locazione, quale atto unilaterale di natura negoziale, può essere ratificata dal soggetto interessato, ai sensi dell'art. 1399 c.c., applicabile, in virtù del rinvio contenuto nell'art. 1324 c.c., anche agli atti unilaterali, con effetto retroattivo nei confronti del conduttore, il quale non è terzo estraneo al rapporto e non può, quindi, avvalersi della disposizione del secondo comma dell'art. 1399 c.c., che, facendo salvi i diritti dei terzi, si riferisce solo ai soggetti estranei al rapporto tra rappresentante rappresentato e controparte.

Cass. civ. n. 9916/1994

La disdetta costituisce un atto negoziale, unilaterale e recettizio, concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo, la quale, al di fuori di forma scritta convenzionale (art. 1352 c.c.), può indifferentemente essere comunicata per iscritto o verbalmente. Dal principio di libertà di forma consegue che, qualora si controverta se la disdetta risulti validamente comunicata ed, in particolare, che non vi sia la certezza che essa provenga dal locatore per difetto di sottoscrizione, l'indagine da compiere deve essere diretta ad accertare con ogni mezzo se, sul piano della prova, la manifestazione negoziale, quale che sia il mezzo adoperato, abbia raggiunto lo scopo di far conoscere al conduttore l'intenzione inequivocabile del locatore di porre fine al contratto, senza che possa incidere la disciplina della scrittura privata ex art. 2702 c.c. e la mancanza del requisito della sottoscrizione.

Cass. civ. n. 2076/1989

La disdetta ha la funzione di impedire la prosecuzione del contratto di locazione, non di determinare la cessazione del rapporto prima della scadenza, sicché essa, quando sia stata intimata per un termine di scadenza anteriore, vale per il termine successivo, non ostando alla sua efficacia la relativa incidenza del maggiore intervallo temporale.

Cass. civ. n. 5541/1979

La circostanza che il locatore, nella comunicazione di disdetta del contratto e nella successiva intimazione di licenza o sfratto per finita locazione, abbia indicato una data di cessazione del rapporto erronea, per essersi il rapporto stesso rinnovato per un ulteriore periodo, non osta all'accoglimento della domanda di rilascio, ove tale periodo sia venuto a scadere in corso di causa, in quanto l'indicato errore non vale ad escludere l'inequivoca volontà del locatore medesimo d'impedire una successiva rinnovazione tacita del contratto e riottenere la disponibilità dell'immobile.

Cass. civ. n. 1601/1979

In applicazione del principio della conservazione del negozio giuridico, desumibile dalla norma dell'art. 1367 c.c., il quale impone di evitare che un negozio sia privato di ogni effetto quando sussistano gli elementi essenziali necessari affinché possa produrne taluno, la disdetta intimata, che non sia idonea, per inosservanza del termine fissato dagli usi, a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore, ha l'efficacia di produrre la cessazione della locazione per altra scadenza successiva, essendo tale risultato conforme alla volontà della parte e costituendo solamente un minus rispetto a quello da essa perseguito.

Cass. civ. n. 4083/1978

Le modalità della disdetta del contratto di locazione, che siano indicate nel contratto medesimo (nella specie, cartolina o biglietto postale raccomandato con ricevuta di ritorno), non possono integrare una forma convenzionale ad substantiam, e, pertanto, non ostano a che l'atto possa giungere all'indirizzo del destinatario con mezzi equipollenti (nella specie, plico postale chiuso), ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 1335 c.c. La disdetta, che il locatore comunica al conduttore per la cessazione del rapporto di locazione, costituisce atto unilaterale recettizio, il quale, ai sensi dell'art. 1335 c.c., deve presumersi conosciuto nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, se questi non provi di essere stato, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia.

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Gian C. T. chiede
lunedì 28/09/2015 - Sardegna
“Nel mio terreno c'è un coltivatore diretto che mi paga regolarmente l'affitto da prima del 1982, adesso ha 82 anni quindi dovrebbe essere in pensione. E' sempre stato senza contratto ma l'11/11/2010 ha fatto una "Denuncia di contratto verbale di locazione ed affitto di beni immobili" all'Agenzia delle Entrate per 9 anni scadente il 31/12/2019. Quando posso mandargli una raccomandata di disdetta e da che data posso mandarlo via?”
Consulenza legale i 01/10/2015
L'art. 12 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro) stabilisce che, per i contratti verbali di locazione, in luogo del contratto scritto deve essere presentata la "denuncia di contratto verbale", ai fini della registrazione del contratto e del pagamento della relativa imposta.

Trattandosi nel caso di specie di affitto di un terreno agricolo per non più di nove anni (e comunque non di locazione di immobile urbano), non si applica la regola di cui all'art. 1350, n. 8, comma primo, c.c., che richiede la forma scritta a pena di nullità per la locazione di immobili di durata ultranovennale.

Ne discende che l'affittuario sembra aver correttamente agito nel denunciare l'esistenza del contratto verbale, che era valido anche se non concluso in forma scritta.

Quanto alla data di conclusione del contratto, da cui si determina anche la sua scadenza, farà fede verso i terzi la data di registrazione del contratto ai sensi dell'art. 2704 del c.c., ma le parti, nei loro rapporti privati, possono provare che in realtà il contratto - concluso validamente in forma verbale - è iniziato in un momento anteriore.

Per poter far ciò, tuttavia, se manca un accordo tra affittante e affittuario sulla determinazione di tale data di inizio del rapporto, si dovrà necessariamente ricorrere al giudice, presentandogli tutte le prove del fatto che:
- l'affitto era iniziato precedentemente alla registrazione, dimostrando anche precisamente quando;
- la durata dell'affitto era prevista in un certo numero di anni;
- la scadenza del contratto è quindi da ricondursi a una data precedente al 31.12.2019.

Nel caso di specie, si può ipotizzare quanto segue.
Se il contratto di affitto al coltivatore diretto è iniziato successivamente all'annata agraria 1959-1960, la legge dice il rapporto si presume avere durata di quindici anni (art. 2, lett. e), Legge 3 maggio 1982, n. 203 - vedi le altre lettere in caso il rapporto sia iniziato prima del '59).
Supponendo che il rapporto sia sorto nel 1980, quindi, esso sarebbe scaduto nel 1995. Tuttavia, non essendovi mai stata disdetta, si sarebbe determinata la ripetizione del rinnovo almeno due volte: dal 1995 al 2010 e dal 2010 al 2025.
Naturalmente, questo ragionamento va applicato facendo iniziare il rapporto nell'anno giusto (nel quesito si dice solo che l'affitto è iniziato "prima del 1982").

Una volta provata la data del contratto, e quindi della sua scadenza, la disdetta va inviata almeno un anno prima del termine del contratto, altrimenti lo stesso si intenderà automaticamente rinnovato. Se si è intrapreso un giudizio civile, la disdetta potrà essere contenuta nello stesso atto con cui si inizia il processo, purché sia rispettato il termine di un anno precedente alla scadenza (se la causa inizia dopo, il contratto si rinnova e si dovrà aspettare la prossima scadenza).

Se non si riesce a provare che il contratto scadrà prima del 2019, come dichiarato dall'affittuario all'Agenzia delle Entrate, la disdetta dovrà inviarsi entro e non oltre il 31.12.2018.