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Articolo 1324 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Norme applicabili agli atti unilaterali

Dispositivo dell'art. 1324 Codice Civile

Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale [1334, 1987](1)(2).

Note

(1) Secondo la teoria tradizionale, la principale distinzione tra contratti ed atti unilaterali sta nel fatto che i secondi non possono essere atipici ma solo tipici (1322, 1987 c.c.). Questo perchè di regola essi sono idonei ad incidere sulla sfera giuridica altrui: pertanto, i singoli devono conoscere in via preventiva quali limitazioni possono subire alla propria libertà. L'ordinamento, inoltre, ritiene in generale non sufficiente una volontà unilaterale perchè si produca un vincolo giuridico.
Secondo altra tesi, sono ammissibili anche atti unilaterali atipici purché non comportino oneri ma solo vantaggi per i loro destinatari e salva, per questi ultimi, la libertà di rifiutarne gli effetti.
(2) E' discusso se tale norma si applichi anche agli atti giuridici in senso stretto, che appartengono al novero degli atti giuridici ma non hanno natura negoziale e che si caratterizzano perchè producono effetti a prescindere dalla volontà di chi li realizza, per il solo fatto che vengono posti in essere.

Ratio Legis

La norma si spiega considerando che atti unilaterali patrimoniali e contratto sono entrambi negozi giuridici che differiscono solo sul piano della struttura soggettiva. Quindi, è ragionevole l'estensione della disciplina per quella parte che prescinde dalla bilateralità.

Spiegazione dell'art. 1324 Codice Civile

Sfera di efficacia diretta dell'art. 1324

L'art. 1324 allude ai negozi giuridici unilaterali. Infatti nella dizione «atti unilaterali tra vivi esso addita atti che assolvono alla funzione di realizzare le esigenze della vita quotidiana, in contrapposto agli atti mortis causa che dispongono per il tempo successivo alla morte del loro autore; perciò non può essersi riferito se non agli atti a carattere negoziale, con la sola limitazione che deve trattarsi di atti a contenuto patrimoniale, per un maggiore ravvicinamento al contratto, che si qualifica per un identico contenuto. E’ sconfinata la varietà dei negozi giuridici unilaterali tra vivi a carattere patrimoniale: si va dall'atto costitutivo di fondazione ai negozi attributivi di poteri (procura, autorizzazione) o di diritti (promessa unilaterale), alle accettazioni di attribuzioni legali o negoziali (dell'eredità, del legato, del beneficio dipendente da un contratto a favore di terzi), agli acquisti di diritto (occupazione), agli atti di scelta (obbligazione alternativa) o di accertamento (riconoscimento), a quelli che provocano estinzione di rapporti (pagamento, recesso, disdetta) o di diritti (rinunce, conferma di atto annullabile); e la serie non è completa. Vi si può riferire anche la revoca del testamento, che non è vera e propria disposizione testamentaria; ma non le semplici dichiarazioni di volontà dirette alla formazione del contratto (offerta di contratto, accettazione) ovvero alla partecipazione ad un rapporto già formato (adesione), le quali non perseguono lo scopo pratico di un negozio perfetto ma preparano il negozio, di cui costituiscono un frammento; non le revoche di atti unilaterali dirette ad impedire che questi ultimi acquistino efficacia.


Estensione analogica dell’art. 1324: a) atti giuridici materiali

L'art. 1324 però non impedisce di estendere le norme dettate per i contratti ai negozi giuridici unilaterali con contenuto non patrimoniale (negozi di diritto familiare) o agli atti giuridici non negoziali (atti giuridici materiali, mere dichiarazioni di volontà, dichiarazioni di scienza, ecc.). La disciplina dei contratti avrà applicazione diretta per i negozi giuridici unilaterali di carattere patrimoniale, avrà applicazione analogica per gli altri atti unilaterali, così come si è ritenuto che la ragione dell'analogia permette di estendere ai negozi bilaterali non patrimoniali le disposizioni concernenti i contratti (supra, sub art. 1321, n. 3). Gli stessi atti mortis causa, vale a dire il testamento, non rimangono completamente fuori dalla disciplina predisposta per i contratti, avendo con essi in comune la qualifica di negozio giuridico, dalla quale deve necessariamente scaturire un'unità parziale di disciplina; prevale, ad esempio, l'opinione per cui, i1 carattere di dichiarazione unilaterale non recettizia propria del testamento, non modifica il trattamento legale di questo nel caso di vizi della volontà.


Limiti dell’estensione, agli atti unilaterali, dei principi concernenti i contratti: a) atti giuridici materiali

L'espansione fino agli atti unilaterali anche non negoziali delle norme dettate per i contratti si ferma però ai limiti in cui può consentirla la natura di ogni singolo atto. A meglio intendere questo limite, che è posto espressamente nell'art. 1324, senza volere esaurire l'argomento, giova qualche considerazione a proposito degli atti giuridici materiali e di quelli negoziali (unilaterali), sui quali la dottrina ha svolto particolari indagini.

Gli atti giuridici materiali concretano una mera attività, un comportamento, che il diritto valuta nella sua oggettività; non consistendo in dichiarazioni di volontà, non comportano una volontà diretta alla loro configurazione pratica (volontà come contenuto dell'atto), e questa configurazione corrisponderà pertanto sempre a ciò che il diritto ritiene produttivo di effetti: donde la loro necessaria tipicità. Una variazione nei caratteri di ciascuno di essi darà luogo pertanto ad impossibilità di conseguire lo scopo al quale l'autore dell'atto mira; e del resto, come la volontà possa determinare mutamenti nello schema legislativo, ad esempio, del ritrovamento, della scoperta, della mescolanza, ecc., non si riesce, per vero, ad intendere. Di autonomia della volontà, quindi, si può parlare, rispetto agli atti giuridici materiali solo come libertà di compierli in quanto siano espressamente previsti dall'ordinamento giuridico. Agli atti giuridici materiali non si possono poi applicare le disposizioni sulla capacità, sulla forma e sulla pubblicità valevoli per gli atti negoziali: queste disposizioni presuppongono una dichiarazione di volontà, che deve talora essere necessariamente resa nota ai terzi, mentre gli effetti degli atti materiali, in quanto derivanti da una mera attività, devono essere rispettati dai terzi in sè e per sè, vale a dire per quei mutamenti effettivi che sono suscettibili di produrre nel mondo esterno, e quindi in quello giuridico. Ancora ulteriori conseguenze derivano dal carattere di attuazione e non di dichiarazione, che è proprio degli atti giuridici materiali: non si potranno, rispetto ad essi, prospettarsi casi di divergenza della volontà o di errore; non si applicheranno ad essi gli istituti della condizione o del termine che, risolvendosi in autolimitazioni della volontà, presuppongono la possibilità di determinazioni accessorie (questa possibilità si ha solamente rispetto all'atto il cui contenuto può essere liberamente fissato dal suo autore); non si applicheranno i principi sulla interpretazione del contratto perché il significato dell'atto giuridico è sempre quello attribuito dalla legge e non lascerà mai luogo a dubbi; non si applicheranno le disposizioni concernenti la prova dei contratti, che presuppongono, tra l'altro, la possibilità di redigere uno scritto, ovviamente da negarsi rispetto ad una mera attività di fatto.


b) atti negoziali

Anche i negozi giuridici unilaterali sono essenzialmente tipici; infatti, a differenza del contratto, la loro efficacia si dirige sempre nella sfera del terzo, in modo che, in applicazione del già ricordato
principio della indipendenza di ciascuna sfera individuale (v. supra sub art. 1322, n. 13), non può, rispetto ad essi, esistere libertà, di creare figure extralegali, ma soltanto autonomia rispetto al contenuto dell'atto. Non potendo, nei negozi giuridici unilaterali, aversi una prestazione, oggetto di essi può essere soltanto il bene a cui si riferisce la disposizione; ed ancora, la circostanza che la formazione dei negozi unilaterali non dipende dallo scambio di dichiarazioni fa sì che la loro disciplina non resti influenzata dalle regole che concernono la formazione del contratto, le quali presuppongono lo scambio di dichiarazioni di volontà: così il negozio giuridico unilaterale produce effetti con la semplice emissione della dichiarazione (art. 1989), o a seguito della conoscenza che ne abbia avuta la persona alla quale l'effetto doveva riferirsi (art. 1334, cfr. anche art. 1236) o infine con l' attuazione della volontà se una dichiarazione non è richiesta (esecuzione volontaria, occupazione, abbandono, accettazione tacita di eredita, ecc.); così per il negozio non hanno valore le regole degli articoli 1341 e 1342. Oltre che sulla disciplina degli atti materiali, nemmeno su quella dei negozi unilaterali influiscono le norme relative alla prova dei contratti già considerata inapplicabile agli atti materiali: per i negozi unilaterali la ragione di tale inapplicabilità consiste nel fatto che il terzo non ha partecipato alla formazione dell'atto, e quindi non poteva procurarsene la prova scritta; inoltre le regole sull'accertamento della data della scrittura privata nei confronti dei terzi non si applicano alle dichiarazioni unilaterali, per le quali può ammettersi qualsiasi mezzo di prova (art. 2704). Giacché il negozio unilaterale è opera di un solo oggetto non si possono applicare al medesimo le disposizioni che presuppongono per l'impugnativa o per la revoca la consapevolezza del pregiudizio da parte del contraente (articoli 428 e 2901, n. 2, cod. civ.; articoli 193 e 194 cod. pen.) ovvero la sua partecipazione alla dolosa preordinazione; la revocatoria ex art. 67 della legge fallimentare non potrà comportare la prova della conoscenza da parte del terzo dello stato d'insolvenza dell'autore dell'atto. Per lo stesso motivo della sua formazione unilaterale, la sua estinzione volontaria non può avvenire se non per effetto di altro atto unilaterale: l'interesse del soggetto al quale dovevano riferirsi le conseguenze dell'atto che si vuole estinguere, è tutelato dalla legge mediante la dichiarazione di irrevocabilità, dell'atto che sia perfetto, da parte di colui che lo ha posto in essere o di irrinunziabilità dei suoi effetti da parte di colui al quale questi effetti dovranno riferirsi: al medesimo può essere consentito di respingere gli effetti dell'atto anche prima che si producano (esempio nell'art. 1236). Revoca e rinunzia prendono dunque, nel negozio unilaterale, il posto che nel contratto spetta al mutuo dissenso, che è pure stimolato esclusivamente dalla valutazione dell'interesse personale delle parti; ma la revoca prende anche il posto della risoluzione del contratto nei casi in cui sia vincolata all'osservanza di limiti posti dalla legge, che quasi sempre consistono nella conformità di essa agli scopi del diritto (c. d. giustizia dell'atto). Qui si intendono fare semplicemente dei parallelismi non delle identificazioni di istituti; queste non possono prospettarsi nemmeno quando la revoca e la rinunzia intervengono a seguito di convenzione fra l'autore dell'atto da estinguere e il destinatario dei suoi effetti, perché in tal caso la revoca e la rinunzia, se attuano la precedente convenzione, non perdono la loro autonoma configurazione giuridica.

L'esistenza di una precedente convenzione è tuttavia talora suscettibile di provocare l'applicazione diretta dei principi valevoli per il contratto: così, per l’art. 1414, l'accordo simulatorio fra dichiarante e destinatario consente di ritenere simulato l'atto unilaterale che ne sia derivato, per quanto non sia necessaria e non sia intervenuta per il suo compimento la cooperazione altrui.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

604 Il codice abrogato tratta largamente dei contratti e dei testamenti, ma non menziona gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. La dottrina e la giurisprudenza hanno concordemente ritenuto che le norme dettate per i contratti siano applicabili agli atti unilaterali, compatibilmente con la diversa struttura di questi e con il rispettivo fondamento della loro obbligatorietà; così, ad esempio, le norme che regolano la formazione dell'accordo tra le parti non possono essere applicate agli atti unilaterali, i quali invece presuppongono l'efficienza giuridica di una sola volontà. Nella redazione del nuovo codice, in conformità della nostra tradizione giuridica, non si sono dettate norme per disciplinare il negozio giuridico; invece si è regolato quel negozio giuridico, centro della vita degli affari, che si chiama contratto, e, con una disposizione generale (art. 1324 del c.c.), si sono dichiarate applicabili le norme dettate per i contratti agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. E' ovvio pure per il nuovo codice che gli atti unilaterali stessi possono ricevere disciplina dalle norme sui contratti solo per ciò che con questi hanno di comune; ed è ovvio altresì che la menzione della categoria di atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale non esclude la possibilità di un'estensione analoga delle norme applicate, anche ad atti unilaterali di natura non patrimoniale. Un'altra lacuna si è colmata col precisare il momento di efficienza giuridica dell'atto unilaterale di volontà (art. 1334 del c.c.; si veda pure n. 606). Tale momento coincide con quello dell'estrinsecazione della volontà. Questa estrinsecazione non basta per gli atti unilaterali destinati a una determinata persona; essi devono pervenire a conoscenza del destinatario. Il momento in cui si ha questa conoscenza è il momento iniziale della loro efficienza giuridica, e quindi il tempo al quale deve farsi rimontare la loro irrevocabilità. Infine, relativamente a tale ultima categoria di atti giuridici unilaterali, cioè a quelli destinati a una persona determinata, sulla considerazione che, se pure il loro effetto giuridico non si fonda sull'accordo di due o più parti, esso tuttavia è destinato a svolgersi nei rapporti tra più parti, si è presa in esame la possibilità di un accordo, diretto non a creare, ma a simulare l'atto (art. 1114 del c.c., terzo comma : n. 646)

Massime relative all'art. 1324 Codice Civile

Cass. civ. n. 9127/2015

Le norme in tema di interpretazione dei contratti di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c., in ragione del rinvio ad esse operato dall'art. 1324 c.c., si applicano anche ai negozi unilaterali, nei limiti della compatibilità con la particolare natura e struttura di tali negozi, sicché, mentre non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti ma solo all'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, resta fermo il criterio dell'interpretazione complessiva dell'atto.

Cass. civ. n. 2399/2009

Nell'interpretazione dei negozi unilaterali tra vivi, non essendo utilizzabile il criterio della comune volontà delle parti né quello del loro comportamento complessivo, i criteri ermeneutici principali sono quelli del senso letterale delle parole, e dell'interpretazione complessiva delle clausole le une per mezzo delle altre. Inoltre, nel conflitto tra la manifestazione di volontà desumibile da clausole aggiunte e quella desumibile "per relationem" dalle clausole a stampa, deve darsi prevalenza alle prime, dovendosi presumere che il sottoscrittore abbia inteso privilegiare le clausole formulate appositamente e specificamente, piuttosto che quelle preordinate unilateralmente. (Fattispecie relativa ad una proposta irrevocabile di acquisto redatta su un modulo prestampato, in cui la Corte ha ritenuto corretta decisione di merito, che aveva dato la prevalenza ad una clausola aggiunta a mano contenente un termine per la stipula del preliminare rispetto ad una clausola a stampa, che fissava un termine più lungo per l'efficacia della proposta).

Cass. civ. n. 20197/2005

La norma dettata dall'art. 1345 c.c. che, derogando al principio secondo il quale i motivi dell'atto di autonomia privata sono di regola irrilevanti, eccezionalmente qualifica illecito il contratto determinato da un motivo illecito comune alle parti, in virtù del disposto di cui all'art. 1324 c.c., trova applicazione anche rispetto agli atti unilaterali, laddove essi siano finalizzati esclusivamente al perseguimento di scopi riprovevoli ed antisociali, rinvenendosi l'illiceità del motivo, al pari della illiceità della causa, a mente dell'art. 1343 c.c., nella contrarietà dello stesso a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. Ne consegue che, sussistendone le condizioni di fatto, deve qualificarsi affetto da motivo illecito e quindi nullo, ai sensi dell'art. 1418, secondo comma, c.c., l'atto di recesso da un rapporto di agenzia che, diretto nei confronti di un agente costituito in forma di società di persone, risulti ispirato dalla sola finalità di rappresaglia e di ritorsione nei confronti del comportamento sindacale tenuto dai soci di quest'ultima, dovendosi ritenere un siffatto motivo contrario alle norme imperative poste a tutela delle libertà sindacali dei lavoratori, norme che, in ragione del valore e della tutela, che lo stesso dettato costituzionale assegna al «lavoro», nella sua accezione più ampia, appaiono estensibili, al di fuori dei rapporti di lavoro subordinato, a tutti coloro che svolgono attività lavorativa, anche se in forma parasubordinata o autonoma.

Cass. civ. n. 11433/2002

In tema di interpretazione degli atti negoziali, deve ritenersi che una serie di dichiarazioni unilaterali aventi tanto natura confessoria, quanto di riconoscimento di debito, postulino, sul piano interpretativo, una ricostruzione dell'«intenzione delle parti» (rilevante sotto il profilo di cui all'art. 1362 c.c.) afferente, in via esclusiva, alla volontà espressa dal dichiarante, e non certamente a quella — peraltro, del tutto ipotetica — del destinatario di quelle dichiarazioni, con conseguente irrilevanza della circostanza che, in un primo momento — prima, cioè, dell'accertamento del reale contenuto delle dichiarazioni — il destinatario stesso abbia avuto un'inesatta conoscenza di queste.

Cass. civ. n. 11191/2002

In virtù del richiamo operato dall'art. 1324 c.c., la causa illecita e il motivo illecito rilevano ai fini della nullità anche agli atti unilaterali; il relativo accertamento è rimesso al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se non per vizi di motivazione. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva ravvisato un intento fraudolento nel trasferimento di un lavoratore da un cantiere ancora aperto ad altro prossimo alla chiusura per fine lavori, al fine di far apparire giustificato il successivo licenziamento, e, ritenuto nullo detto trasferimento, aveva dichiarato l'illegittimità dell'impugnato licenziamento; la S.C. ha confermato tale sentenza).

Cass. civ. n. 12780/2000

Riguardo agli atti giuridici non negoziali e alle dichiarazioni unilaterali di volontà non è applicabile, data la loro natura, il criterio interpretativo della comune intenzione delle parti, né è rilevante il comportamento dell'autore di essi, rimanendo invece applicabile, in base al rinvio operato dall'art. 1324 c.c., il criterio dell'interpretazione complessiva dell'atto, stabilito dall'art. 1363. (Fattispecie relativa all'interpretazione e alla qualificazione giuridica dell'avviso di selezione per l'assunzione di personale da parte di un'azienda municipalizzata).

Cass. civ. n. 7178/1995

Le norme sull'interpretazione dei contratti sono applicabili ex art. 1324 c.c., in quanto compatibili, anche agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale quando si tratti di dichiarazioni di volontà consapevolmente indirizzate alla produzione di determinati effetti giuridici di natura patrimoniale ad esse collegati dall'ordinamento, mentre la loro applicazione è da escludere nei riguardi di atti che, essendosi formati nel processo a fini istruttori od essendo destinati a svolgervi funzioni di prova, sono soggetti alla valutazione ed al prudente apprezzamento del giudice nell'esercizio della discrezionalità a lui demandata dall'art. 116 c.p.c. e nel rispetto dell'obbligo di enunciare, a sostegno del suo libero convincimento, una motivazione congrua, sufficiente e conforme ai criteri logici.

Cass. civ. n. 41/1990

Alla proposta ed all'accettazione (li si consideri atti giuridici non negoziali o dichiarazioni unilaterali di volontà) non è comunque applicabile, attesa la loro natura di atti unilaterali, il criterio ermeneutico della comune intenzione e del comportamento complessivo delle parti, escludendosi altresì la rilevanza del comportamento dell'autore dell'una o dell'altra e rimanendo, invece, applicabile, alla stregua del rinvio operato dall'art. 1324 c.c., il criterio dell'interpretazione complessiva dell'atto, stabilito dall'art. 1363 dello stesso codice.

Cass. civ. n. 2009/1988

Le norme sulla interpretazione dei contratti si applicano anche ai negozi unilaterali nei limiti della compatibilità dei criteri stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c. con la particolare natura e struttura della predetta categoria di negozi. Pertanto, nei negozi unilaterali non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti, che non esiste, ma si deve indagare soltanto quale sia stato l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio senza far ricorso, per determinarlo, alla valutazione del comportamento dei destinatari del negozio stesso.

Cass. civ. n. 755/1982

L'illiceità del motivo, che sia stato il solo a determinare la volontà della parte, comporta, ai sensi degli artt. 1324 e 1345 c.c., la nullità del negozio unilaterale causale.

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