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Articolo 32 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Interdizione legale

Dispositivo dell'art. 32 Codice Penale

Il condannato all'ergastolo è in stato di interdizione legale(1).

La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla responsabilità genitoriale(2).

Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato d'interdizione legale; la condanna produce altresì, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale(2), salvo che il giudice disponga altrimenti.

Alla interdizione legale si applicano, per ciò che concerne la disponibilità e l'amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi, le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale [c.c. 424; c.p.p. 662](3).

Note

(1) La norma disciplina una pena accessoria comportante ex lege la perdita della capacità d'agire. Si differenza dall'interdizione giudiziale, disciplinata dagli 414 ss. c.c., la quale si fonda sull'esigenza di tutelare un soggetto che, per infermità mentale abituale, risulta incapace di provvedere ai propri interessi. L'interdizione legale è invece una misura sanzionatoria prevista dalla legge e comminata a chi abbia commesso reati di particolare gravità.
(2) L’art. 93, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 ha sostituito le parole "potestà dei genitori" con le parole "responsabilità genitoriale".
(3) Tale pena accessoria non si applica al minore di diciotto anni. Inoltre, non è prevista la sospensione dello stato di interdizione legale per il condannato che fruisce della liberazione condizionale. Per la decadenza dalla potestà dei genitori vedi l'art. 33.

Ratio Legis

La norma in esame, più che una funzione afflittiva e punitiva, ha lo scopo di tutelare i minori figli di condannati, impedendo cioè che una persona non presente nella quotidianità della prole possa influire indebitamente sulla loro crescita e sul loro sviluppo psicofisico.

Spiegazione dell'art. 32 Codice Penale

L'interdizione legale, pena accessoria prevista per i delitti, priva il condannato della capacità di agire in relazione ai soli diritti patrimoniali, con conseguente applicazione della norme civilistiche previste per l'interdizione giudiziale (art. 424 ss.).

Tale pena accessoria si applica innanzitutto al condannato all'ergastolo, e dunque in perpetuo, mentre il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore ai cinque anni è in stato di interdizione per tutta la durata della pena principale.

Per quanto riguarda invece la responsabilità genitoriale, ovvero il potere di decidere in merito agli atti giuridici ed alla educazione della prole, essa viene meno in perpetuo nel caso di condanna all'ergastolo, la quale appunto ne prevede la decadenza, mentre, sempre nel caso di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni, si applica la sospensione della responsabilità genitoriale per tutto il periodo relativo all'espiazione della pena principale, salvo che il Giudice, tramite l'utilizzo dei poteri discrezionali riconosciutigli dall'art. 132 e 133, disponga altrimenti.

Egli deve inoltre fornire adeguata motivazione del perché ritenga necessaria la sospensione della responsabilità genitoriale, mentre tale obbligo non sussiste nel caso contrario in cui non ne ravvisi la necessità.

La norma in oggetto costituisce più che altro uno strumento di tutela dei figli del condannato, onde impedire ad un soggetto non presente nella quotidianità del figlio possa esercitare qualsiasi potere decisionale in merito alla sua crescita ed al suo sviluppo personale.

Massime relative all'art. 32 Codice Penale

Cass. pen. n. 47402/2021

La previsione che le notificazioni all'imputato interdetto o infermo di mente si eseguano presso il tutore non si applica nella ipotesi di imputato al quale sia stata inflitta la pena accessoria della interdizione legale

Cass. pen. n. 8126/2017

Ai fini dell'applicazione della pena accessoria dell'interdizione legale, nel caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, occorre fare riferimento alla misura della pena determinata in concreto per il reato più grave, nell'eventualità ulteriormente ridotta per la scelta del rito, e non a quella complessiva risultante dall'aumento della continuazione.

Cass. pen. n. 2661/2013

La condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni produce, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti con specifica motivazione.

Cass. pen. n. 5960/2002

Al condannato, ancorché ammesso al programma di protezione per i collaboratori di giustizia, legalmente interdetto ai sensi dell'art. 32 c.p., è inibita l'iscrizione presso la Camera di commercio per lo svolgimento di un'attività di impresa. (Nell'applicare tale principio, la Corte ha precisato che a diversa soluzione non può condurre né la disposizione di cui all'art. 17 L. 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dall'art. 5, comma secondo, L. 22 giugno 2000, n. 193, la quale esclude l'operatività dell'incapacità derivante dall'interdizione ai soli casi di costituzione di rapporti di lavoro ed assunzione della qualità di socio in cooperative sociali, né la disciplina di cui all'art. 8 della L. 13 febbraio 2001, n. 45, secondo la quale dal rifiuto del collaborante di accettare adeguate opportunità di lavoro o di impresa deriva la revoca del programma di protezione, atteso che tale condotta negativa non può equipararsi al fenomeno normativo ostativo all'esercizio dell'attività di impresa, costituito dagli effetti preclusivi derivanti dalle pene accessorie).

Cass. pen. n. 11238/1996

Nell'ipotesi di condanna con rito abbreviato per stabilire se il giudice debba o meno applicare la pena accessoria dell'interdizione legale di cui all'art. 32 c.p. deve aversi riguardo alla pena determinata per il reato giudicato, quale risultante prima della riduzione per la diminuente prevista dall'art. 442, comma secondo, c.p.p.

Cass. pen. n. 17680/1995

Al cosiddetto «patteggiamento in appello», previsto dall'art. 599, comma 4, c.p.p. non sono applicabili le norme che regolano l'applicazione della pena su richiesta prevista dall'art. 444 c.p.p. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che nel caso in cui il giudizio di appello si sia svolto ai sensi del suddetto art. 599, comma 4, c.p.p. non possa escludersi l'applicazione di pene accessorie ed in particolare che sia applicabile l'interdizione legale durante la pena, disposta nel giudizio di primo grado).

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