Cass. pen. n. 36746/2017
L'atto di perquisizione personale eseguito dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 352 cod. proc. pen. è atto indifferibile ed urgente per il quale non è necessaria la traduzione immediata all'indagato di lingua straniera in quanto il reperimento di un interprete è incompatibile con la particolare urgenza dell'adempimento investigativo; la mancata comprensione dell'atto esplicherà i suoi effetti solo sul termine per l'impugnazione dell'eventuale conseguente sequestro.
Cass. pen. n. 46250/2012
Il decreto con cui il P.M. convalida la perquisizione domiciliare eseguita d'urgenza dalla Polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 352 c.p.p. non è ricorribile per cassazione, salva l'ipotesi in cui lo stesso sia qualificabile come atto abnorme.
Cass. pen. n. 8963/2002
Il divieto di sequestrare presso i difensori «carte e documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato», non solo è limitato alla ipotesi in cui il sequestro sia disposto nell'ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l'attività difensiva (dovendo, viceversa, ritenersi esteso agli altri eventuali procedimenti — anche non penali — in cui il difensore sia impegnato nell'interesse dell'indagato o imputato), ma non esige neanche il conferimento di uno specifico e formale mandato difensivo potendo detto mandato desumersi dalla natura stessa dell'incarico, che, per altro, non necessariamente deve esser tale da poter essere conferito solo a chi esercita la professionale legale. (Fattispecie in tema di bancarotta, relativa a perquisizione presso uno studio legale e conseguente sequestro di titoli di credito, affidati dall'indagato ad un avvocato in vista della eventuale definizione in via concordataria e prefallimentare con i creditori).
Cass. pen. n. 1864/1997
In materia di traffico di sostanze stupefacenti, la disciplina in materia di perquisizioni non è applicabile quando la polizia giudiziaria, anche al di fuori degli spazi doganali, si limita, in ragione del potere conferitogli dal secondo comma dell'art. 103 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, a controllare ed inspicere, cioè a guardare quello che è immediatamente visibile nel veicolo, nei bagagli e negli effetti personali di un soggetto. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha respinto il ricorso e ritenuto regolare la condotta della polizia giudiziaria che aveva proceduto, senza preventiva autorizzazione del magistrato, a controllare, fuori degli spazi doganali e nelle vicinanze dell'aeroporto, il bagaglio di un viaggiatore, rinvenendo circa un chilogrammo di sostanza stupefacente nella fodera interna di una borsa).
Cass. pen. n. 5547/1996
L'attività di polizia giudiziaria disciplinata dall'art. 103 del T.U. delle leggi in materia di stupefacenti (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) non concreta formale perquisizione ai sensi dell'art. 352 c.p.p., differenziandosi da quest'ultima sia per la natura e la qualità dell'intervento - definito legislativamente di controllo e ispezione - sia per la sua specifica funzione. Infatti, mentre la perquisizione e l'ispezione previste dal codice di rito presuppongono sempre la commissione di un reato, i poteri concessi alla P.G. dal citato art. 103 D.P.R. 309/90 sono finalizzati anche ad attività di carattere preventivo, oltre che repressivo, ed hanno più ampio ambito.
Cass. pen. n. 25/1994
L'operatività dei limiti e delle garanzie previsti dall'art. 103 c.p.p. per le ispezioni e perquisizioni da eseguire negli uffici dei difensori non è subordinata alla condizione che tali atti siano disposti dall'autorità giudiziaria nello stesso procedimento in cui è svolta l'attività difensiva. Ne consegue che deve ritenersi illegittima la perquisizione di uno studio di un difensore disposta dal P.M. ed eseguita dalla polizia giudiziaria senza l'osservanza delle prescrizioni dell'art. 103, terzo e quarto comma, c.p.p., anche se con riferimento ad un procedimento diverso da quello in cui era svolta attività difensiva. (La Cassazione ha altresì evidenziato che poiché le garanzie previste per le ispezioni e le perquisizioni dal terzo e quarto comma, dell'art. 103, c.p.p., si riferiscono ai soli atti disposti dall'autorità giudiziaria, resta fermo il potere della polizia giudiziaria di procedere a perquisizione nei casi di cui all'art. 352 stesso codice).
Cass. pen. n. 4128/1993
In tema di perquisizione personale ad iniziativa della polizia giudiziaria, la flagranza, come condizione di chi viene colto nell'atto di commettere un reato, presuppone un rapporto di contestualità fra il comportamento del reo ed il fatto percettivo dell'ufficiale di polizia giudiziaria che ordina la perquisizione, ma quest'ultimo può bene risolversi ad agire per la certezza interiore derivantegli dal fatto che una persona, a lui nota come «dedita ad illecita attività», venga vista entrare nell'abitazione sorvegliata di altro soggetto conosciuto come «dedito allo spaccio di stupefacente». La circostanza che detta persona sia poi trovata con la droga indosso, mentre sta per uscire dall'abitazione, viene a dimostrare a posteriori l'esistenza della flagranza e la legittimità della perquisizione e del successivo arresto.
Cass. pen. n. 11908/1992
In tema di stupefacenti, per la legittimità della perquisizione prevista dall'art. 103, terzo comma, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è irrilevante la mancata utilizzazione degli «appositi moduli» ivi menzionati, contando invece il dato obiettivo che l'atto sia effettuato nel corso di servizio di indagini per la repressione del traffico di stupefacenti, che sussista fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope, che ricorrano motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentano di richiedere l'autorizzazione telefonica del magistrato competente.
Cass. pen. n. 3717/1990
È legittima la perquisizione, ai sensi dell'art. 352, comma 1, c.p.p., ed è altrettanto legittimo il sequestro del corpo del reato e delle altre pertinenze, in osservanza della norma di cui all'art. 354, comma 2, stesso codice, ricorrendo gli elementi costitutivi della flagranza, qualora gli ufficiali e gli agenti - nella specie della guardia di finanza - abbiano rilevato la condotta illecita nell'attualità (art. 382, n. 1 c.p.p.) della sua consumazione - materiale apposizione di marchio contraffatto ad opera di un dipendente dell'imputato - e in costanza della detenzione - per quanto concerne la detenzione a fine di commercio di prodotti industriali con i marchi contraffatti - che altro non è che una forma di reato permanente (art. 382, n. 2 stesso codice).