La disposizione in esame, integralmente riscritta a fine 2018 con il D.L. 14.12.2018, n. 135 (convertito con modifiche dalla L. 11.2.2019, n. 12) stabilisce gli obblighi e le condizioni che debbono operare nella procedura espropriativa immobiliare per il regolare esercizio dell'attività di custodia (la custodia dei
beni immobili si definisce attiva, caratterizzandosi per gli aspetti di gestione e amministrazione attiva del bene, e così distinguendosi da quella meramente conservativa dei beni mobili).
Prima di tale riforma l'ordine di liberazione non teneva conto della natura e della qualifica del
debitore ed operava indiscriminatamente contro chiunque, incluso il debitore che abitasse nell'immobile esecutato.
Attualmente, viene invece sancito che il debitore ed il nucleo familiare che abitano nell'immobile, anche se non possono essere nominati custodi, devono custodire il bene pignorato con la
diligenza del buon padre di famiglia e tutelarne la sua integrità, potendo però non perdere il
possesso dell'immobile e delle sue
pertinenze sino al decreto di trasferimento.
Di contro viene imposto al debitore, in accordo con il
custode, di consentire che l'immobile sia visitato da potenziali acquirenti; è consentito al giudice ordinare, sentito il custode ed il debitore, la liberazione dell'immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, solo qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, ovvero l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare.
Permane il divieto posto in capo al debitore di dare in locazione l'immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell'esecuzione.
Il giudice non può mai disporre la liberazione dell'immobile pignorato, se non quando è reso il decreto di trasferimento, nei casi in cui lo stesso sia destinato a casa di
abitazione del debitore, ovvero se destinato come prima casa di abitazione dei familiari che ivi hanno sempre convissuto, ovvero se all'interno della stessa risiedono soggetti la cui tutela è costituzionalmente garantita.
E’ stato eliminato il procedimento semplificato di liberazione dell'immobile pignorato e la conseguente attività di asporto e, più in generale, il profilo della sorte dei beni mobili e dei documenti rinvenuti nell'immobile, come introdotti dall'art. 4, 1° co., lett. d, n. 1, D.L. 3.5.2016, n. 59 - conv., con modificazioni, dalla L. 30.6.2016, n. 119 - al 4° co. dell'art. 560.
Invariato, invece, rimane l'obbligo di
rendiconto posto a carico custode e del debitore ex art. 593, nonché il divieto di concedere in
locazione l'immobile senza la previa
autorizzazione giudiziale, adesso previsto al comma 7 della presente norma e posto a carico esclusivo del debitore.
Nonostante la norma espressamente non lo preveda, contro il provvedimento che dispone la liberazione il debitore può proporre
opposizione agli atti esecutivi ex art.
617 comma 2 c.p.c.
Per quanto concerne la concretizzazione dell’ordine di liberazione emesso dal Giudice in seguito al decreto di trasferimento, deve ritenersi che il relativo onere ricada sull’
aggiudicatario o assegnatario; in seguito al trasferimento, infatti, la titolarità del bene si trasferisce in capo a quest’ultimo e solo questi sarebbe legittimato a portare avanti tutti gli incombenti occorrenti per entrare in possesso dell’immobile (a tal fine dovrà instaurare l’apposito procedimento di
rilascio ex artt.
605 e ss c.p.c.).
Per effetto dell’art. 18 quater, D.L. 30.12.2019, n. 162, convertito con L. 28.2.2020, n. 8 è stata inserita al sesto comma della disposizione in commento la previsione che consente, previa richiesta dell'aggiudicatario, la pronuncia dell'ordine di liberazione da parte del custode, senza l'osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. (il giudice può autorizzarlo ad avvalersi della
forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'
art. 68 del c.p.c.).
Se nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnando ad essa un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza da provarsi con giustificati motivi.
Se vi sono beni mobili di provata o evidente titolarità di terzi, l'intimazione è rivolta anche a questi ultimi con le stesse modalità descritte per i
beni immobili.
Di tale
intimazione ne va dato atto nel
verbale, mentre per i soggetti intimati non presenti, l’intimazione viene notificata dal custode.
Se entro il termine assegnato l’asporto non dovesse essere eseguito, i beni mobili si considerano abbandonati ed il custode, salva diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.
Dopo la notifica o la comunicazione del decreto di trasferimento, il custode, su istanza dell'aggiudicatario o dell'assegnatario, provvede all'attuazione del provvedimento di cui all'art.
586, 2° co., decorsi sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla predetta istanza, con le modalità sopra descritte.
Ritornando ai poteri di amministrazione e gestione custodiale dell’immobile, va osservato che l’attuale quinto comma subordina gli stessi alla previa autorizzazione giudiziale, senza distinguere tra gli atti di amministrazione (per l’autorizzazione l’
art. 171 delle disp. att. c.p.c. richiede la previa audizione delle parti).
Ci si è posti, pertanto, il dubbio se tale autorizzazione debba ritenersi necessaria per qualunque atto di amministrazione, senza distinguere tra ordinaria e straordinaria amministrazione; la conclusione a cui si è giunti è che anche per gli
atti di ordinaria amministrazione sia necessario un provvedimento autorizzativo generale del giudice dell’esecuzione, che secondo parte della dottrina deve indicare specificatamente le attività di amministrazione e conservazione consentite (in linea generale, le autorizzazioni al custode impartite dal giudice dell'esecuzione costituiscono una manifestazione del suo potere di vigilanza).
Di particolare rilevanza è la previsione dell'autorizzazione ai fini della
locazione del bene pignorato o, comunque, della stipula di qualunque contratto la cui causa si articoli nella concessione di un
diritto personale di godimento verso un determinato
corrispettivo: al riguardo la disposizione in esame fa esplicitamente divieto al custode, sia esso il debitore o un terzo, di dare in locazione l'immobile pignorato se non è specificamente autorizzato dal giudice dell'esecuzione.
Oggetto di autorizzazione deve essere anche la
disdetta che il custode intende intimare al conduttore dell'immobile al fine di evitare, in pendenza del processo di espropriazione, la rinnovazione tacita della locazione.
L'autorizzazione alla locazione ha l'effetto di rendere quest'ultima opponibile ai creditori esecutanti e all'
aggiudicatario, e al debitore in caso di estinzione del processo.
Sebbene il giudice gode nell’esercizio di tale potere di ampia discrezionalità, sembra evidente che l’autorizzazione sarà data solo in quanto, anche in ragione della durata della concessione in godimento, non arrechi pregiudizio al
creditore pignorante e ai
creditori intervenuti nell'esecuzione e comunque non venga pregiudicata la possibilità di utile vendita.
L’eventuale mancanza di autorizzazione, pur non inficiando la validità del contratto, rende inopponibile la locazione nei confronti dell'aggiudicatario, dei creditori e del debitore in caso di cessazione del pignoramento, salvo che sia stato
quest'ultimo a stipulare il contratto.
L'
ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione autorizza la locazione dell'immobile pignorato, determinandone il canone, non è impugnabile con ricorso straordinario in Cassazione ex
art. 111 Cost., in quanto si tratta di provvedimento privo di carattere decisorio; esso non risolve tra le parti della causa un contrasto in ordine all'appartenenza di un diritto, né è configurabile un diritto delle stesse parti a che le funzioni dell'ufficio di custodia siano esercitate in un modo o nell'altro.
Altro problema che nella prassi ci si è trovati e ci si trova spesso a dover affrontare è quello relativo alla possibilità di ricorrere all'ordine di rilascio, come disciplinato dalla norma in esame, nelle ipotesi di occupazione dell'immobile da parte di soggetti terzi, diversi dal debitore.
Secondo la tesi che può ritenersi preferibile, l'ordine di liberazione è da considerare efficace nei confronti, non soltanto del debitore, ma anche dei terzi privi di titolo o con titolo non opponibile alla procedura (ad es., in quanto concernente una alienazione o una locazione ultranovennale non trascritta anteriormente al pignoramento), mentre la presenza di atti opponibili al creditore pignorante (come ad esempio una locazione) renderebbe necessario per la liberazione dell'immobile l'esercizio da parte del custode dell'azione ordinaria.
Per quanto concerne, infine, i titoli da considerarsi opponibili, si afferma che, in virtù di quanto disposto dal terzo comma dell’'
art. 2923 del c.c., non sarebbero opponibili al creditore procedente le locazioni il cui canone sia inferiore di un terzo rispetto al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.