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Articolo 383 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cassazione con rinvio

Dispositivo dell'art. 383 Codice di procedura civile

La Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell'articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata [disp. att. 125, 126, 129 bis](1)(2).

Nel caso previsto nell'articolo 360 secondo comma, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello al quale le parti hanno rinunciato(3).

La Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo(4).

[omissis](5).

Note

(1) V. art. 10, r.d. 30-10-1933, n. 1611, che così cita: «Nei giudizi nei quali è parte un'amministrazione dello Stato la Corte di cassazione, nel disporre il rinvio ai sensi dell'art. 383 del c.p.c., rimanda la causa ad altra autorità giudiziaria con sede in luogo ove ha pure sede un ufficio dell'Avvocatura dello Stato».
(2) Il ricorso in Cassazione si configura come un mezzo di impugnazione a doppia fase: quella rescindente, volta ad annullare la sentenza impugnata (c.d. iudicium rescindens) di competenza della Corte; quella rescissoria, volta a sostituire la sentenza cassata (c.d. iudicium rescissorium) e di competenza del giudice di merito. In particolare, deve trattarsi di un giudice diverso da quello che ha emesso la sentenza cassata ma di pari grado: potrà trattarsi di un diverso ufficio giudiziario o anche di una diversa sezione del medesimo ufficio giudiziario.
(3) Il rinvio al giudice di appello invece che a quello di primo grado costituisce un'eccezione alla regola generale prevista nel 1° comma della norma. Tale eccezione si giustifica per il fatto che il ricorso è stato proposto omissio medio, cioè saltando il giudizio di appello [v. 360].
(4) Si tratta di una seconda eccezione (oltre quella relativa al ricorso omissio medio) al principio della identità di grado tra il giudice che ha emesso la sentenza cassata e quello che deve compiere il giudizio di rinvio. Con questa eccezione il legislatore ha voluto garantire alle parti il doppio grado di giudizio, atteso che il giudizio di primo grado è risultato affetto da un vizio di nullità che già avrebbe dovuto essere rilevato dal giudice d'appello.
(5) Comma abrogato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022 n. 197.

Ratio Legis

La norma riconosce l'importante principio dell'alterità del giudice di rinvio rispetto al giudice che ha emesso la sentenza cassata e ciò al fine di garantire l'effettiva imparzialità del giudizio di rinvio.

Spiegazione dell'art. 383 Codice di procedura civile

Normalmente, con l'accoglimento del ricorso, la Corte di Cassazione cassa con rinvio, chiudendo la fase rescindente con l'eliminazione del provvedimento impugnato ed attribuendo la causa ad altro giudice, di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, per il giudizio rescissorio.

Fanno eccezione l’ipotesi di cui all’ultima parte del primo comma dell’art. 384 del c.p.c. (in cui la Corte, se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide direttamente la causa nel merito, senza rinvio), nonché le ipotesi previste dall' art. 382 del c.p.c..

Si avrà, pertanto, cassazione con rinvio:
a) se viene riscontrata la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, n. 3);
b) per i casi di nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, n. 4, salve le ipotesi di cassazione senza rinvio);
c) per la presenza di un vizio di motivazione (art. 360, n. 5).

Nel caso in cui si ravvisi la necessità di ulteriori accertamenti sul fatto, la Corte può anche decidere direttamente la causa nel merito; si parla in questi casi di c.d. cassazione sostitutiva, la quale consente di evitare un giudizio di rinvio che sarebbe del tutto inutile.
Se, invece, non ricorrono i presupposti eccezionali per la decisione di merito da parte della Corte di Cassazione, la regola generale vuole che, dopo l'accoglimento del ricorso, vi sia il rinvio ad un giudice di pari grado a quello che ha pronunciato il provvedimento impugnato.

Giudice del rinvio deve essere un soggetto diverso, ma di pari grado, da quello che ha pronunciato la sentenza impugnata, scelto discrezionalmente dalla Suprema Corte.
La diversità non va riferita all'ufficio giudiziario, ma proprio alla persona che ha emesso il provvedimento, anche se vi è chi ritiene che con l'espressione “altro giudice” dovrebbe intendersi un altro ufficio giudiziario.

Un’eccezione alla regola per cui il giudice del rinvio deve essere diverso ma di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata, si ha nel caso del ricorso per saltum; in tale ipotesi la Corte, cassando la sentenza impugnata ai sensi del secondo comma dell’ art. 383 c.p.c., può rinviare liberamente al medesimo giudice di primo grado oppure al giudice che sarebbe stato competente per l'appello.

Nel giudizio di rinvio, poiché il giudice ha una cognizione limitata, non può conoscere di una domanda che non sia stata oggetto del ricorso per cassazione; inoltre, sono operanti i limiti derivanti dal giudicato implicito e, pertanto, non possono essere dedotte in sede di rinvio o comunque esaminate neppure le questioni conoscibili di ufficio.
La designazione del giudice di rinvio da parte della Corte determina una competenza funzionale non passibile di successive contestazioni, neppure per il sopravvenire di norme che modificano i criteri di competenza.


In caso di rinvio al giudice di primo grado si parla di c.d. rinvio improprio, così definito perché è necessario ricominciare il processo dal momento in cui si è verificata la nullità non rilevata dal giudice d'appello.
In questo caso non operano i limiti che vincolano le parti ex art. 394 del c.p.c., con la conseguenza che, in caso di cassazione per insufficiente o viziata costituzione del contraddittorio, l'attore riacquista tutti i poteri processuali del giudizio di primo grado, potendo anche modificare le conclusioni dell'originario atto di citazione, proponendo domande nuove.

La Riforma Cartabia ha apportato a questa norma modifiche di mero coordinamento, limitandosi ad abrogare l’ultimo comma, relativo alle ipotesi in origine previste dall’art. 348 ter c.p.c., in conseguenza dell’abrogazione di quest’ultimo.
La soppressione di tale comma è sostanzialmente dovuta alla generale riconfigurazione dei cd. filtri in appello operata con la novella del 2022.

Massime relative all'art. 383 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 37847/2021

In tema di litisconsorzio necessario, ove il difetto di integrità del contraddittorio venga rilevato in sede di legittimità, appare superfluo - benché ne sussistano i presupposti - provvedere ai sensi degli artt. 383, comma 3, e 354 c.p.c., rimettendo la causa al primo giudice, quando l'azione sia "ab origine" improponibile, giacché la stessa rimessione determinerebbe un allungamento dei tempi per la definizione del giudizio, in contrasto col principio di ragionevole durata del processo, ex art. 111, comma 2, Cost., senza nel contempo attribuire alcun vantaggio alla parte pretermessa, ai fini della garanzia dell'effettività dei suoi diritti processuali; ne consegue che, in siffatta ipotesi, ben può disporsi la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza d'appello che aveva pronunciato su opposizione di terzo all'esecuzione per rilascio d'immobile, ex art. 619 c.p.c., proposta dal terzo in forza di un preteso diritto incompatibile con quello portato dal titolo esecutivo azionato, benché senza evocare in giudizio l'esecutato litisconsorte necessario, e ciò in forza dell'originaria improponibilità della domanda, non essendo consentito far valere un tale profilo di opposizione con l'azione così come spiegata). (Cassa senza rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 17/11/2018).

Cass. civ. n. 6494/2021

La sottoscrizione di una sentenza emessa da un organo collegiale ad opera di un magistrato che non componeva il collegio giudicante, in luogo del magistrato (nella specie, il presidente) che ne faceva parte e che avrebbe dovuto sottoscriverla, integra l'ipotesi della mancanza della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, disciplinata dagli artt. 132 e 161, comma 2, c.p.c. Il difetto di detta sottoscrizione, se rilevato, anche d'ufficio, nel giudizio di cassazione, comporta la dichiarazione di nullità della sentenza ed il rinvio della causa, ai sensi degli artt. 354, comma 1, 360, comma 1, n. 4, e 383, comma 4, c.p.c., al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione, il quale viene investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi alla mera rinnovazione della sentenza. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/07/2015).

Cass. civ. n. 5938/2021

La sentenza che dispone il rinvio c.d. proprio o prosecutorio, a norma dell'art. 383, comma 1, c.p.c., esaurisce l'individuazione del giudice del rinvio con l'indicazione dell'ufficio giudiziario, unitariamente inteso, di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, senza che rilevi anche l'articolazione organizzativa interna in sezioni dell'ufficio giudiziario indicato. (Rigetta, COMM.TRIB.REG. CATANZARO, 22/03/2013).

Cass. civ. n. 23315/2020

Quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l'integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell'art. 354, comma 1, c.p.c., resta viziato l'intero processo e s'impone, in sede di giudizio di cassazione, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell'art. 383, comma 3, c.p.c. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 12/09/2016).

Cass. civ. n. 2020/2020

Il provvedimento emesso dal tribunale nei confronti delle parti in lite, ma con motivazione e dispositivo relativi a causa diversa concernente altri soggetti, è affetto da nullità insanabile, che può essere rilevata d'ufficio in sede d'impugnazione, con conseguente rimessione dell'intero processo al primo giudice. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio al tribunale la sentenza d'appello, che aveva deciso nel merito un ricorso in tema di protezione internazionale, ancorché avesse rilevato la nullità dell'ordinanza definitoria del giudizio di primo grado in quanto pronunciata nei confronti di un soggetto diverso dallo straniero richiedente). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 22/02/2018).

Cass. civ. n. 8040/2019

In tema di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. di contratto preliminare stipulato da promittente venditore sposato in regime di comunione legale dei beni senza il consenso dell'altro coniuge, quest'ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario nel relativo giudizio, essendo egli comproprietario per l'intero della cosa, con la conseguenza che, qualora in appello non siano state rilevate, anche di ufficio, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del detto coniuge pretermesso e, quindi, la nullità del processo svoltosi, la decisione emessa va cassata con rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 383, comma 3, c.p.c.

Cass. civ. n. 6326/2019

In tema di giudizio di legittimità, nell'ipotesi in cui la cassazione della sentenza impugnata sia avvenuta ai sensi dell'art. 383, comma 4, c.p.c., il rinvio assume carattere meramente restitutorio e giustifica pertanto la designazione, ai fini del nuovo esame della causa, dello stesso giudice che ha pronunciato l'ordinanza d'inammissibilità dell'appello e che avrebbe dovuto invece pronunciare sull'appello.(Nella specie, la S.C., ha cassato la pronuncia sull'inammissibilità dell'appello ed ha rinviato allo stesso giudice di appello, senza vincolo di diversa composizione).

Cass. civ. n. 21070/2015

Nel caso di litisconsorzio cosiddetto "processuale", qualora l'impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello (sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti) determina la nullità dell'intero procedimento di secondo grado, rilevabile (anche d'ufficio) in sede di legittimità, con la conseguenza che la Corte di cassazione è tenuta a rimettere, ai sensi del combinato disposto degli artt. 331 e 383 c.p.c., le parti dinanzi al giudice d'appello per un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa.

Cass. civ. n. 11969/2015

Qualora il giudice d'appello, incompetente per territorio, abbia erroneamente definito in rito il giudizio, con declaratoria di inammissibilità del gravame per intervenuta decadenza, anziché declinare la competenza e disporre la rimessione del processo, ai sensi dell'art. 50 cod. proc. civ., facendo salvi gli effetti conservativi dell'impugnazione, in quanto comunque proposta ad organo egualmente giudicante in secondo grado, la causa, all'esito della cassazione di detta sentenza, va rinviata al giudice d'appello competente.

Cass. civ. n. 8600/2014

Qualora il giudice d'appello non abbia rimesso le parti dinanzi al giudice di primo grado, omettendo di rilevare l'errore da questi compiuto nel dichiarare l'estinzione del giudizio, con la cassazione della sentenza di appello deve essere disposto il rinvio al giudice di primo grado come previsto dall'art. 383 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 25250/2013

Qualora il giudice di appello abbia illegittimamente rimesso al giudice di primo grado la causa per omessa integrazione del contraddittorio e la Corte di cassazione rilevi detto errore commesso dal giudice di secondo grado, la causa va cassata con rinvio al medesimo giudice di appello (rinvio di tipo restitutorio), che resta investito del potere di riesaminare il merito della causa, nell'ambito di un giudizio nel quale le parti, salvi i limiti dell'impugnazione a suo tempo proposta, hanno la facoltà di svolgere tutte le difese e le argomentazioni che risultino compatibili con il rito di secondo grado, o la cui proposizione sia ammissibile in sede di gravame.

Cass. civ. n. 8723/2012

Il principio dell'alterità del giudice di rinvio, sancito dall'art. 383 c.p.c., è rispettato sia quando, dopo la cassazione la causa venga rinviata ad altro ufficio giudiziario, sia quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione, ovvero ad altro giudice monocratico dello stesso ufficio, purché non sussista identità personale tra il giudice del rinvio e quello che pronunziò la sentenza cassata. È, pertanto, onere della parte che, ricorrendo per cassazione avverso la sentenza pronunciata in sede di rinvio, ne invochi la nullità per violazione dell'art. 383 c.p.c., allegare e provare che la pronuncia di rinvio sia stata decisa dalle stesse persone fisiche che pronunciarono la sentenza cassata con rinvio.

Cass. civ. n. 22944/2010

In tema di controversie agrarie deve essere sempre designata, come giudice di rinvio, la stessa sezione specializzata agraria che ha reso la sentenza cassata, stante l'assoluta inderogabilità delle sezioni agrarie non solo "ratione materiae", ma anche "ratione loci", la quale si giustifica con l'esigenza di assicurare alle parti un organo meglio adatto, per la sua composizione, a valutare la situazione agricola del luogo, in rapporto alla natura dei terreni e delle colture e alle consuetudini della zona.

Cass. civ. n. 21542/2008

La designazione del giudice di rinvio, operata dalla Corte di Cassazione a seguito dell'annullamento della sentenza impugnata, attribuisce al detto giudice una competenza funzionale ratione materiae che non può essere modificata dal giudice del rinvio. (Nella specie la S.C. ha ritenuto ininfluente, sebbene erroneo, che, a seguito di riassunzione del giudizio, dinanzi al Tribunale, quale giudice d'appello, la discussione della causa fosse stata assegnata al giudice monocratico del medesimo ufficio, anziché al collegio, e questi, investito della controversia, non avesse ritenuto di rimettere gli atti al presidente del Tribunale per la corretta designazione del giudice collegiale del medesimo ufficio, dichiarando, invece, con sentenza, l'inammissibilità del ricorso in riassunzione in quanto diretto ad un organo giudicante di primo grado, quale il Tribunale in composizione non collegiale ).

Cass. civ. n. 5087/2008

La sentenza che dispone il rinvio a norma dell'art. 383, primo comma, c.p.c. (cosiddetto rinvio proprio o prosecutorio ), contiene una statuizione di competenza funzionale nella parte in cui individua l'ufficio giudiziario davanti al quale dovrà svolgersi il giudizio rescissorio (che potrà essere lo stesso che ha emesso la pronuncia cassata o un ufficio territorialmente diverso, ma sempre di pari grado ) ed una statuizione sull'alterità del giudice rispetto ai magistrati persone fisiche che hanno pronunciato il provvedimento cassato. Ne consegue che, se il giudizio viene riassunto davanti all'ufficio giudiziario individuato nella sentenza della Corte di cassazione, indipendentemente dalla sezione o dai magistrati che lo trattano, non sussiste un vizio di competenza funzionale, che non può riguardare le competenze interne tra sezioni o le persone fisiche dei magistrati ; se, invece, il giudizio di rinvio si svolge davanti allo stesso magistrato persona fisica (in caso di giudizio monocratico ) o davanti ad un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti aveva partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, essendo violata la statuizione sull'alterità, sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell'art. 158 c.p.c., senza che occorra fare ricorso alla ricusazione (art. 52 c.p.c. ), essendosi già pronunciata la sentenza cassatoria sull'alterità.

Cass. civ. n. 17457/2007

In tema di designazione da parte della Corte di cassazione del giudice di rinvio, la ragione della immodificabilità della stessa (al di fuori dell'ipotesi di un errore materiale, cui può sopperire il rimedio della correzione) e, quindi, anche della impossibilità di prospettare la non conformità a diritto di essa nel giudizio di cassazione conseguente allo svolgimento di quello di rinvio, non risiede tanto nel carattere funzionale ed inderogabile della competenza del giudice di rinvio, bensì nella circostanza che, non prevedendo il nostro ordinamento processuale civile l'impugnazione delle sentenze della Corte di cassazione, al di fuori dell'ipotesi di revocazione di cui all'art. 391 bis c.p.c. (ed ora - dopo il D.L.vo n. 40 del 2006 - da quelle di revocazione ed opposizione di terzo di cui all'art. 391 ter, limitatamente alla cassazione con decisione nel merito), la designazione del giudice di rinvio, quale parte della statuizione della Cassazione, non è suscettibile di essere messa in discussione, perché su di essa, quale questione di rito, si forma nell'ambito del processo in cui è intervenuta, la cosa giudicata formale.

Cass. civ. n. 26832/2006

... Qualora il giudice d'appello, pur avendo rilevato il vizio di rito in cui sia incorso il primo giudice nel dichiarare estinto il giudizio, non gli abbia rimesso la causa, dichiarando esso stesso l'estinzione del giudizio, con la cassazione della sentenza di appello deve essere disposto il rinvio al giudice di primo grado come previsto dall'art. 383, ultimo comma, c.p.c. che disciplina virtualmente tutte le ipotesi cosiddette di rinvio improprio al giudice di primo grado, tra le quali non possono non rientrare quelle in cui si ravvisino violazioni degli strumenti destinati a dare attuazione al principio del contraddittorio, per omissione o nullità degli atti volti a provocare, anche nel corso del procedimento di primo grado, la costituzione di altre parti nei confronti delle quali deve essere pronunciata la decisione.

Cass. civ. n. 24972/2006

In tema di contenzioso tributario, qualora la commissione tributaria regionale, dopo aver accertato la mancata comunicazione dell'avviso di trattazione della controversia in primo grado, invece di disporre la rimessione della causa alla commissione tributaria provinciale, come previsto dall'art. 59, comma primo, lettera b), del D.L.vo 31 dicembre 1992, n. 546, abbia consentito al contribuente di produrre la documentazione posta a fondamento del ricorso, decidendo poi la causa nel merito, l'intervenuta regolarizzazione del contraddittorio nel giudizio di secondo grado, con possibilità per il contribuente di esplicitare tutte le proprie difese, non consente alla Corte di cassazione di annullare la sentenza di appello con riferimento all'iniziale vizio che inficiava la sentenza di primo grado, posto che la cassazione con rinvio, ai sensi dell'art. 383, primo comma, c.p.c., è prevista soltanto al fine di consentire una valutazione di merito, nella specie ampiamente espletata ed adeguatamente motivata.

Cass. civ. n. 16577/2005

La mancata segnalazione, da parte del giudice, di una questione sollevata d'ufficio che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle parti, private dell'esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione che ha condotto alla decisione solitaria. Qualora la violazione, nei termini suindicati, si sia verificata nel giudizio di appello, la sua deduzione in cassazione determina, se fondata, la cassazione della sentenza con rinvio, affinché in tale sede, in applicazione dell'art. 394, terzo comma, c.p.c., sia dato spazio alle attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a causa della decisione solitariamente adottata dal giudice. (Sulla base di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, con cui il giudice di appello aveva rigettato l'azione revocatoria promossa da una banca nei confronti di un atto di disposizione patrimoniale posto in essere da un fideiussore, rilevando d'ufficio la nullità della fideiussione, ai sensi dell'art. 10 della legge 17 febbraio 1992, n. 154, senza rimettere la causa sul ruolo per consentire all'attrice di allegare e provare che il debito garantito derivava da operazioni bancarie poste in essere anteriormente all'entrata in vigore della predetta disposizione, non avente efficacia retroattiva).

Cass. civ. n. 8786/2005

La designazione del giudice di rinvio, individuata dalla S.C. a seguito dell'annullamento della sentenza impugnata in altra sezione della stessa Corte di appello, attribuisce al detto giudice una competenza funzionale ratione materiae che non può essere modificata né dal giudice del rinvio, né dalla S.C. Ne consegue che deve ritenersi emessa da giudice incompetente la sentenza pronunciata in sede di rinvio dalla stessa sezione della Corte di appello, anche se operante con due distinti collegi.

Cass. civ. n. 1462/2003

Allorquando si sia verificata violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non ha disposto la integrazione del contraddittorio, nè da quello di appello che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell'art. 354, primo comma, c.p.c., resta viziato l'intero procedimento e si impone, in sede di giudizio per cassazione, l'annullamento, anche di ufficio, delle pronunce emesse e il rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell'art. 383, ultimo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 12143/2002

La cassazione della sentenza di appello, con rimessione della causa ad altro giudice di pari grado di quello che ha emesso la sentenza cassata non pone in nessun caso nel nulla la sentenza di primo grado, in quanto ciò si verifica solo se la Suprema Corte ravvisa l'esistenza di una nullità nel giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ed in questo caso la Suprema Corte rinvia la causa ad un giudice di primo grado, e non a diversa sezione della Corte d'appello.

Cass. civ. n. 2016/2001

Il principio secondo cui, per il fatto che le decisioni della Corte di Cassazione non possono essere riformate, è inammissibile l'individuazione di un nuovo giudice in sostituzione di quello designato dalla precedente sentenza di annullamento della Cassazione, non opera nei casi in cui si sia di fronte all'ipotesi in cui la Suprema Corte abbia semplicemente disposto — ope legis — la remissione della causa al primo giudice, per il fatto del ricorso di una delle ipotesi di nullità considerate dall'ultimo comma dell'art. 383 c.p.c. e della conseguente esigenza che il processo si rinnovi ab imis. Più in particolare, nell'ipotesi in cui il rinvio sia avvenuto per l'integrazione del contraddittorio nel caso di litisconsorzio necessario, il giudizio è destinato a riprendere il suo corso nella pienezza — per le parti quali risultanti dalla integrazione del contraddittorio — di tutti i poteri processuali, in essi compresi anche la legittimazione di quelle pretermesse nella fase iniziale, ad eccepire ed a sollevare il problema della competenza territoriale, la quale dovrà essere determinata non più solo in relazione alle parti originarie, ma a tutti i litisconsorti necessari, senza — d'altronde — che, nell'ipotesi in cui il processo fosse stato originariamente instaurato sulla base del foro determinato ai sensi del comma secondo dell'art. 18 c.p.c. (foro del convenuto privo di residenza, domicilio o dimora nello Stato, o dimora sconosciuta) possa ritenersi applicabile l'art. 33 c.p.c. che, nell'ipotesi di cause contro più persone connesse per l'oggetto o per il titolo, consente l'instaurazione di un unico processo davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di uno dei convenuti. E ad un tal riguardo non potrà d'altra parte dispiegare alcun rilievo neppure il principio della cosiddetta perpetuatio iurisdictionis sancito dall'art. 5 c.p.c., presupponendo quest'ultimo pur sempre che la competenza si sia radicata correttamente, in relazione — perciò — a tutte le parti unite nell'eventuale litisconsorzio necessario sostanziale, e non potendo — d'altronde — la posizione del litisconsorte necessario originariamente pretermesso parificarsi a quella del chiamato in causa iussu iudicis, la quale ultima identifica — in realtà — un'ipotesi di litisconsorzio meramente processuale.

Cass. civ. n. 731/1999

Il principio dell'alterità del giudice di rinvio, sancito dall'art. 383 c.p.c. ed inteso a tutela dell'imparzialità del giudice e della funzionalità del giudizio, deve ritenersi rispettato non solo quando la causa venga rinviata dopo la cassazione ad altro ufficio giudiziario, ma anche quando il rinvio avvenga allo stesso ufficio in diversa composizione, ovvero ad altro giudice monocratico dello stesso ufficio, purché non vi sia identità personale tra il giudice del rinvio e quello che pronunziò la sentenza cassata; ne consegue che, in tema di procedimento disciplinare dei magistrati, deve ritenersi inammissibile per difetto di rilevanza l'eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 383 c.p.c. e 17 legge n. 195 del 1958 nella parte prevedente che la decisione della controversia in sede di rinvio avvenga ad opera della stessa sezione disciplinare autrice della sentenza cassata, qualora risulti che i componenti della sezione disciplinare in sede di rinvio non furono gli stessi che pronunciarono la decisione cassata.

Cass. civ. n. 628/1998

La designazione del giudice di rinvio a seguito dell'annullamento della sentenza impugnata, attribuendo a quest'ultimo una competenza funzionale ratione materiae come tale inderogabile, non può essere modificata né dal giudice designato con declinatoria di competenza né dalla stessa Corte di cassazione cui è soltanto consentito di intervenire sulla propria decisione in forma di ordinanza per la correzione di errori materiali sul tipo e sul luogo del giudice designato a conoscere della causa in sede di rinvio. Peraltro, la erronea designazione relativa al luogo del giudice, per essere questi lo stesso che ha pronunziato la sentenza impugnata, non comporta nullità insanabile della nuova sentenza, ex art. 158 c.p.c. per vizio di costituzione dell'organo giudicante, se la composizione personale di quest'ultimo risulti in concreto diversa rispetto alla composizione di quello che ha pronunziato la sentenza cassata, restando anche in tale caso soddisfatte le esigenze che stanno alla base del principio di alterità del giudice codificato nell'art. 383 c.p.c.

Cass. civ. n. 6563/1997

La Corte di cassazione, in ipotesi di ius superveniens incidente su questioni ancora aperte in relazione ai motivi di ricorso e alla mancata formazione di un giudicato anche implicito, deve limitarsi a cassare con rinvio la pronuncia impugnata, senza esaminare le questioni sulla costituzionalità della nuova normativa, che il giudice di rinvio, nel provvedere alla concreta applicazione della nuova disposizione, sarà pienamente in grado di valutare sotto il profilo della rilevanza oltre che della non manifesta infondatezza. (Fattispecie relativa ai criteri dettati dall'art. 3, comma sessantacinquesimo, legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la liquidazione del danno da occupazione illegittime compiute in occasione della esecuzione di opere pubbliche).

Cass. civ. n. 11505/1996

Il fatto che il collegio giudicante nella fase di rinvio sia stato presieduto da un magistrato autore di altre sentenze pronunciate in cause analoghe e parallele a quella oggetto di rinvio non viola il principio dell'alterità del giudice del rinvio sancito dall'art. 383 c.p.c., né integra una qualche ipotesi di incompatibilità funzionale e, in particolare, quella prevista come causa di astensione obbligatoria dall'art. 51, comma primo, n. 4, c.p.c. per il caso in cui il giudice abbia nella stessa causa «conosciuto come magistrato in altro grado del processo», né viola l'art. 37, lettera b) del nuovo codice di procedura penale, estensibile analogicamente al processo civile, sotto il diverso profilo della anticipata manifestazione del convincimento del giudice.

Cass. civ. n. 7436/1996

Nell'ipotesi in cui la cassazione della sentenza impugnata sia avvenuta, ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c., per un errore che abbia precluso al giudice d'appello l'esame del merito della causa, di talché questi non abbia avuto modo di esprimere alcun convincimento sulla stessa, il rinvio assume carattere meramente restitutorio e giustifica pertanto la designazione, ai fini del nuovo esame della causa, dello stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, atteso che non è riconducibile alla fattispecie suddetta l'ipotesi di cui all'art. 383 c.p.c., nella parte in cui prevede la cassazione con rinvio della causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, norma la cui ratio è quella di consentire che il nuovo accertamento venga effettuato senza preconcetti o condizionamenti di sorta, anche soltanto indiretti, in una situazione di oggettività ed imparzialità.

Cass. civ. n. 8797/1995

La norma dell'art. 51, n. 4 c.p.c., relativa all'obbligo di astensione del giudice che della sua causa «ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo», non è applicabile nell'ipotesi di cassazione per error in procedendo con rinvio (cosiddetto restitutorio o improprio) al medesimo giudice che ha emesso la decisione cassata, atteso che tale giudizio di rinvio (diversamente da quanto accade nell'ipotesi di rinvio cosiddetto proprio a seguito di annullamento per i motivi di cui ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c.) non si configura come un grado diverso ed autonomo da quello concluso dalla sentenza cassata.

Cass. civ. n. 6694/1995

Nel giudizio di rinvio il necessario carattere di alterità del giudice designato ex art. 383 c.p.c., rispetto al giudice autore della sentenza cassata, non comporta uno snaturamento della nozione di competenza, intesa come riparto dei compiti tra i diversi uffici giudiziari, e, nel caso di designazione di altra sezione dello stesso ufficio onde proviene la sentenza cassata, non connota tale sezione quale ufficio giudiziario diverso rispetto alle altre sezioni. Ne consegue che, non attenendo alla competenza, non è denunziabile ai sensi dell'art. 45 c.p.c. il conflitto fra due sezioni della medesima corte d'appello circa la investitura a conoscere di una concreta vertenza in sede di rinvio. (Nella specie, cassata con rinvio una sentenza non definitiva in tema di responsabilità contrattuale, con designazione di altra sezione della medesima corte d'appello quale giudice di rinvio, la sezione designata, dopo avere riaffermato, con altra pronunzia non definitiva, l'obbligo risarcitorio del convenuto, ha, per la liquidazione del danno, rimesso la causa, con ordinanza, alla sezione che aveva emanato la sentenza annullata, la quale, sul rilievo che la rimessione della causa al giudice del rinvio estende a questi anche la cognizione del quantum debeatur, ha sollevato d'ufficio conflitto di competenza, dichiarato inammissibile dalla S.C.).

Cass. civ. n. 2925/1990

Nel giudizio di appello disciplinato dal nuovo rito del lavoro e svoltosi in sede di rinvio, la mancanza, nella copia del decreto presidenziale, in calce a quella del ricorso in riassunzione, consegnata all'appellato in sede di notifica, delle indicazioni del nome del giudice relatore e della data dell'udienza di discussione, contenute invece nell'originale dell'atto stesso, determina una nullità che investe non il ricorso predetto (il quale conserva la sua validità ai fini della tempestività della riassunzione) ma solo la notifica del medesimo, non essendo tale notifica autonomamente idonea a far conoscere al destinatario il contenuto dell'atto notificato, e che comporta la cassazione della sentenza resa in contumacia di tale destinatario, con rinvio, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 383 c.p.c., allo stesso giudice che ha reso quella decisione, dovendo l'ipotesi (minore) della nullità del solo giudizio di secondo grado ritenersi compresa in quella (più ampia) della nullità del giudizio di primo grado espressamente contemplata dalla disposizione predetta.

Cass. civ. n. 4948/1986

Allorché la Corte di cassazione, rilevata la nullità assoluta ed insanabile della sentenza d'appello non sottoscritta da uno dei giudici e priva della menzione dell'impedimento del medesimo, abbia cassato detta pronuncia, rimettendo la causa allo stesso giudice di secondo grado a norma degli artt. 354, primo comma, 360 n. 4 e 383, ultimo comma, c.p.c., il giudice del rinvio è investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa e non deve invece limitarsi ad una formale rinnovazione della sentenza sulla base di quanto statuito nel dispositivo della sentenza cassata; tale principio trova applicazione anche nel caso in cui la sentenza sia stata resa in controversia soggetta al rito del lavoro, atteso che la nullità della sentenza per la mancata sottoscrizione di un giudice si comunica necessariamente anche al dispositivo letto nell'udienza pubblica.

Cass. civ. n. 593/1985

Salvo il caso di improponibilità della domanda, nel quale, ex art. 382, terzo comma, c.p.c., si fa luogo a cassazione senza rinvio, l'accoglimento del ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto comporta sempre il rinvio della causa al giudice del merito, ancorché questi, per effetto della applicazione del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte, debba poi rigettare la domanda. Invero, la cassazione con o senza rinvio dipende da tassative norme processuali, non da un potere discrezionale della Suprema Corte, e questa, quale giudice di legittimità, non può emettere pronunzie di merito.

Cass. civ. n. 5385/1984

Qualora la cassazione con rinvio venga disposta con assegnazione della causa ad altra sezione dell'ufficio giudiziario che emise la sentenza annullata, come consentito dall'art. 383 c.p.c., la circostanza che la pronuncia in sede di rinvio venga resa dalla medesima sezione, che pronunciò la sentenza cassata, non determina una situazione d'incompetenza, né comunque spiega di per sé effetti invalidanti, nemmeno nel caso di partecipazione di uno o più giudici ad entrambe le decisioni, in violazione dell'obbligo di astensione di cui all'art. 51, n. 4 c.p.c., trattandosi di inosservanza che la parte, che non si sia avvalsa del rimedio della ricusazione, non può dedurre come ragione di nullità della sentenza (ravvisabile solo nel diverso caso in cui il giudice abbia nella causa un proprio interesse diretto, che lo ponga nella veste di parte).

Cass. civ. n. 690/1984

La cassazione della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c., per un error in procedendo — comportante una errata decisione limitata al rito oppure la nullità di uno o più atti del processo, e conseguentemente della sentenza che abbia pronunciato sul merito, o direttamente di questa con il rinvio della causa ad altro giudice di secondo grado o al giudice di primo grado ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 383 c.p.c. — sostanzia un rinvio improprio onde il pregresso giudizio deve nuovamente e validamente svolgersi nello stesso grado di appello oppure in primo grado, con la correlativa applicazione delle norme che disciplinano l'uno o l'altro giudizio e la conseguenza, nella prima ipotesi, ove non sia effettuata l'integrazione del contraddittorio disposta ai sensi dell'art. 331 c.p.c., dell'inammissibilità dell'appello.

Cass. civ. n. 546/1984

Quando la Corte di cassazione annulla la sentenza impugnata per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario sin dalla costituzione del rapporto processuale, rinviando la causa al giudice di primo grado a norma dell'art. 383, ultimo comma, c.p.c. (cosiddetto rinvio improprio), il giudizio deve cominciare ex novo, sicché le parti vengono a trovarsi nell'identica situazione dell'annullamento senza rinvio e il detto giudice del merito può liberamente riesaminare e valutare i fatti di causa, senza essere vincolato da pregresse statuizioni.

Cass. civ. n. 5736/1979

L'ultimo comma dell'art. 383 c.p.c. — secondo cui la Corte di cassazione, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo — disciplina virtualmente tutte le ipotesi cosiddette di rinvio improprio al giudice di primo grado, tra le quali non possono non rientrare quelle in cui si ravvisino violazioni degli strumenti destinati a dare attuazione al principio del contraddittorio, per omissione o nullità degli atti volti a provocare, anche nel corso del procedimento di primo grado, la costituzione di altre parti nei confronti delle quali deve essere pronunciata la decisione. Ne consegue che, nell'ipotesi di annullamento della sentenza con la quale i giudici d'appello avevano confermato la pronuncia di estinzione del processo, resa direttamente dal collegio al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 308 cpv. c.p.c., deve egualmente disporsi il rinvio della causa al giudice di primo grado. (Nella specie, in primo grado l'istruttore aveva concesso una proroga del termine fissato per l'integrazione del contraddittorio, ma il collegio, sull'assunto dell'improrogabilità dei termini perentori, aveva dichiarato l'estinzione del processo, con sentenza confermata in appello).

Cass. civ. n. 305/1970

Nell'ipotesi che il processo non sia stato riassunto nei confronti di tutti gli eredi di una parte defunta, il rinvio della causa al primo giudice deve intendersi all'intero procedimento e non soltanto alla domanda proposta dalla parte defunta (nello stesso giudizio, più parti avevano proposto una pluralità di domande contrapposte).

Cass. civ. n. 1694/1969

Nel caso in cui il giudice di appello abbia irritualmente disposta l'integrazione del contraddittorio ed abbia pronunciato nel merito, invece di rimettere la causa al primo giudice, la Corte di cassazione non deve annullare senz'altro la sentenza di appello e rinviare la causa al giudice di primo grado, ma deve esaminare, anche di ufficio, le questioni attinenti al litisconsorzio e, ove ritenga inammissibile o inattuali le lacune, deve procedere all'esame degli altri motivi del ricorso.

Cass. civ. n. 1994/1962

La violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, posta in essere fin dalla costituzione del rapporto processuale, importa, con l'annullamento della sentenza da parte della Corte di cassazione, il rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 383 c.p.c.

Cass. civ. n. 2369/1951

A norma dell'art. 354 c.p.c. il giudice di appello deve rimettere la causa al primo giudice se riconosce che nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio con l'intervento obbligatorio del P.M. Omessa tale rimessione da parte del giudice di appello la Suprema Corte, cassando la sentenza di secondo grado, deve a norma dell'art. 383 rinviare la causa al primo grado.

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Anonimo chiede
martedì 04/04/2017 - Campania
“Causa risarcimento danni. La sentenza di I grado e poi quella di appello condannano al risarcimento, pagato dalla parte soccombente. Sul giudizio pende ricorso per cassazione. Nell'ipotesi che la parte ricorrente ottenga la cassazione con rinvio della parte della sentenza relativa al quantum (ma non quella relativa all'an), il ricorrente ha diritto alla restituzione delle somme versate nelle more del futuro giudizio?”
Consulenza legale i 11/04/2017
La risposta è purtroppo negativa.

Nonostante la causa venga rinviata al giudice del merito, quello che scaturisce dalla pronuncia di rinvio della Cassazione, nel caso in esame, non è un giudizio nuovo, ma – più propriamente – una nuova fase, autonoma, del medesimo procedimento.
Si parla, infatti, del giudizio di Cassazione come di un mezzo di impugnazione diviso in due fasi: quella rescindente (volta a cassare la sentenza impugnata) e trattata dalla stessa Corte di Cassazione e quella cosiddetta rescissoria (finalizzata a sostituire la sentenza cassata con una nuova che tenga conto delle indicazioni della Cassazione), di competenza del giudice di merito.
Quest’ultimo dovrà essere, necessariamente, diverso da quello che ha emesso la sentenza cassata, anche se di pari grado.

A seguito del rinvio, come si diceva, si svolge un’ulteriore fase del processo di merito, nella quale l’oggetto del giudizio di rinvio sarà lo stesso delle precedenti fasi, ma nel quale si deve tener conto delle statuizioni della Corte in sede di annullamento della sentenza di appello.
Va tenuto presente soprattutto – ai fini che ci occupano – che occorre distinguere a seconda che la sentenza di cassazione abbia accolto il ricorso per motivi che incidono o meno sull’accertamento dei fatti come contenuto nella sentenza cassata. In caso, ad esempio, di cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il giudice di rinvio non può porre in discussione i fatti già accertati nel precedente giudizio di merito. Se, invece, la sentenza è stata cassata per vizio di motivazione il giudice di rinvio potrà procedere a un nuovo esame dei fatti.
In proposito si veda Cass. civ., sez. III, 10/9/2010 n. 19301: La norma di cui all'art. 384 c.p.c. preclude alla Corte di cassazione di pervenire alla decisione nel merito allorché vi siano ulteriori fatti da accertare, ma non ne inibisce la valutazione quando i fatti siano stati già tutti accertati o non siano contestati e non ve ne siano altri, ancora da accertare, suscettibili di poter essere apprezzati o perché mancano o perché la facoltà di domandarne l'accertamento è impedita alle parti dalle preclusioni in cui siano incorse. Ne consegue che, ove in relazione all' an debeatur non sussistano ulteriori fatti da accertare e sia univoca la valenza di quelli accertati, il giudice di legittimità può emettere una pronuncia di condanna generica (nella specie, di risarcimento del danno in favore dell'utilizzatore del bene concesso in leasing), rimettendo al giudice del rinvio la sola determinazione del quantum debeatur e ciò proprio al fine di agevolare il più possibile la definizione della controversia, in armonia con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo.

In definitiva, nella fattispecie di cui al quesito, la decisione è già stata presa, la questione pendente riguarda soltanto l’esatta quantificazione del danno: le somme sono quindi dovute (e non andranno restituite) ma il giudice del rinvio dovrà procedere ad un diverso calcolo del loro ammontare, per cui, solo al termine della nuova fase di merito, si potrà eventualmente conoscere la differenza da retrocedere al condannato e procedere quindi alle restituzioni.