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Articolo 167 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Comparsa di risposta

Dispositivo dell'art. 167 Codice di procedura civile

Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda(1), indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni(2) (6).

A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio (3). Se è omesso o risulta assolutamente incerto l'oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione (4).

Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell'articolo 269 (5).

Note

(1) Il convenuto ha l'onere di contestare i fatti dedotti dall'attore: ai sensi dell'art. 115 del c.p.c. il giudice può porre a fondamento della sua decisione i fatti "non specificamente contestati" dalla parte costituita.
(2) Le parole "le proprie generalità e il codice fiscale" sono state inserite con D.L. 29.12.2009 n. 193, convertito con modificazioni in l. 22.2.2010 n. 24.
Il primo comma indica il contenuto minimo della comparsa di risposta, volto ad individuare il thema decidendum, tale da consentire al giudice ed alla controparte di conoscere gli elementi di fatto posti presentati dal convenuto. Questi ha l'onere di prendere posizione su fatti costitutivi posti dall'attore a fondamento della propria domanda, ma ciò non viene previsto a pena di decadenza: nel silenzio del legislatore appare possibile ammettere una contestazione tardiva, con conseguente esigenza, per il rispetto del principio del contraddittorio, di consentire all'attore di proporre nuove prove tardive in ordine ai fatti tardivamente contestati dal convenuto.
Neanche l'onere di indicare i mezzi di prova e i documenti dei quali il convenuto intende avvalersi è sancito a pena di decadenza, in ragione della previsione di cui all'art. 184, che prevede la assegnazione da parte del giudice istruttore su istanza di parte, di un termine perentorio entro il quale entrambi i contendenti possono produrre documenti e dedurre nuovi mezzi istruttori. L'uso in ogni caso da parte del legislatore dell'espressione verbale «deve», fa presumere di poter ricollegare l'inosservanza del comma 1 al comportamento sleale e scorretto di cui all'art. 88 e valutabile dal giudice ai sensi dell'art. 116.
(3) L'espressione “e le eccezioni processuali e di merto che non siano rilevabili d’ufficio” è stata aggiunta dal D.L. 35/2005, con decorrenza dal 1 marzo 2006 secondo quanto disposto dal medesimo provvedimento, modificato dalla legge 263/2005, e dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.
Prima della riforma, il giudice all'udienza di comparizione di cui al previgente art. 180 c.p.c. assegnava al convenuto un termine perentorio, non inferiore a venti giorni precedenti alla prima udienza di trattazione, per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.
(4) La sanatoria opera ex nunc.
(5) La decadenza dalla facoltà di chiamare in causa il terzo è rilevabile d'ufficio e non è sanabile, salvi i casi di rimessione in termini o quelli in cui il giudice ritenga di ordinare la chiamata del terzo ai sensi dell'art. 107 del c.p.c..
Alla chiamata di terzo nel giudizio davanti al giudice di pace non si applica il terzo comma dell'art. 167 c.p.c.
(6) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Brocardi

Agere etiam is videtur, qui exceptione utitur: nam reus in exceptione actor est
Cui damus actiones, eidem et exceptiones competere, multo magis quis dixerit
Exceptio
Exceptio dicta est quasi quaedam exclusio quae opponi actioni cuiusque rei solet ad excludendum id quod in intentionem condemnationemve inductum est
Libellum responsionis
Nemo prohibetur pluribus exceptionibus uti, quamvis diversae sint
Qui excipit probare debet quod excipitur

Spiegazione dell'art. 167 Codice di procedura civile

La comparsa di risposta è quell’atto processuale per mezzo del quale il convenuto propone le sue difese, ovvero illustra la sua posizione in relazione alle domande formulate dall’attore.
Sotto questo profilo assume certamente un ruolo rilevante nel fissare la materia del contendere e porre, insieme all’atto di citazione, dei limiti al potere del giudice circa l’oggetto del processo.

Si tratta di un atto di natura recettizia, in quanto deve essere comunicato alla controparte, ciò che si realizza a seguito del suo deposito in cancelleria.
Per quanto concerne il suo contento, oltre a quanto previsto dalla norma in commento, si può anche richiamare il testo dell’art. 125 del c.p.c., che disciplina il contenuto e la sottoscrizione degli atti di parte; da quest’ultima norma se ne ricava che la comparsa dovrà anche contenere:
a) l’indicazione dell’ufficio giudiziario davanti a cui pende il processo;
b) l’indicazione delle parti e dei loro difensori;
c) la formulazione delle difese e conclusioni.

La comparsa di risposta, inoltre, dovrà essere corredata della procura alle liti e contenere le generalità ed il codice fiscale del convenuto.

Il secondo comma della norma prevede, a pena di decadenza, che il convenuto proponga eventuali domande riconvenzionali, ma tale potere deve intendersi condizionato alla sua tempestiva costituzione in giudizio (in tal senso si argomenta anche dal secondo comma dell’art. 171 del c.p.c.).
E’ soggetto a decadenza anche il potere di chiamare un terzo in giudizio; infatti, sebbene l’ultimo comma della norma si limiti a condizionare la chiamata alla dichiarazione da formularsi nella stessa comparsa di risposta, poiché tale ultimo comma fa espresso riferimento all’art. 269 del c.p.c., è dal secondo comma di quest’ultima disposizione che si ricava la sanzione della decadenza anche per tale adempimento.

Molto rilevante è l’onere, imposto in capo al convenuto dal primo comma della norma, di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, il che presuppone un’attività diversa da quella di proporre tutte le sue difese, prevista sempre dal primo comma.
Infatti, si ritiene che mentre l’attività di difesa consisterebbe nella semplice contestazione dei fatti costitutivi allegati dall’attore (le c.d. mere difese), l’onere di prendere posizione sui fatti verrebbe individuato nelle attività costitutive del convenuto.

Per quanto concerne le deduzioni probatorie, il primo comma prevede che il convenuto indichi i mezzi di prova di cui intende valersi ed i documenti che offre in comunicazione; dalla lettera della norma sembra potersi dedurre che la mancata deduzione non sia sanzionata da decadenza, e pertanto il convenuto potrà formulare le proprie deduzioni istruttorie sino al termine della fase caratterizzata dallo scambio dialettico tra le parti contrapposte.
Anche in ordine alle eccezioni può osservarsi che il testo della norma non indica espressamente che queste debbano essere formulate a pena di decadenza nella comparsa di risposta; tuttavia, questa norma deve essere raccordata con il disposto dell’art. 38 del c.p.c., il quale richiede che l’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio debbono essere eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata (ciò presuppone la costituzione tempestiva del convenuto).

Dispone sempre il primo comma che nella comparsa di risposta il convenuto deve formulare le conclusioni.
Ora, sebbene la lettera della norma non introduca alcuna prescrizione decadenziale o sanzione, esse rappresentano un importante elemento costitutivo della comparsa, in quanto proprio in relazione alla domanda dell’attore permettono al convenuto di evidenziare le proprie richieste ed in particolare l’istanza di rigetto della domanda introduttiva.

L’art. 2 del D.l. n. 432/1995 (convertito dalla Legge n. 534/1995) ha introdotto un regime di sanatoria della nullità della domanda riconvenzionale, prevedendo che nell’ipotesi di omissione o assoluta incertezza circa il suo oggetto o titolo, il giudice, dopo averne rilevato la nullità, deve fissare al convenuto un termine perentorio per integrarla.
L’ultima parte del secondo comma, tuttavia, precisa che, anche nel caso in cui intervenga la sanatoria della nullità, restano comunque ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente all’integrazione.
L’atto che contiene l’integrazione potrà essere depositato in cancelleria nel termine indicato dal giudice o che gli sia stato notificato nel caso di contumacia del convenuto.

Ovviamente, la domanda riconvenzionale deve contenere gli elementi costitutivi previsti per la domanda in generale, come risultanti dall’art. 163 del c.p.c..
Dal punto di vista prettamente pratico, tale domanda deve essere depositata in cancelleria unitamente al fascicolo, e da ciò ne conseguirà il diritto dell’attore di replicare e di prendere posizione, ciò che potrà fare nella prima udienza di trattazione di cui all’art. 183 del c.p.c..

L’attore contro il quale il convenuto abbia proposto domanda riconvenzionale potrà opporre a sua volta altra riconvenzionale, assumendo la qualità di convenuto rispetto alla prima (tale principio costituisce una deroga a quello secondo cui l’attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell’atto di citazione).

Sempre nella comparsa di risposta, a pena di decadenza, il convenuto dovrà, se vuole, proporre le c.d. domande di accertamento incidentale.

L’ultimo comma della norma si occupa della chiamata di terzo, la quale viene configurata come una fattispecie a formazione progressiva, integrata dal provvedimento del giudice, ovvero dal decreto con il quale il giudice sposta la data della prima udienza ad altra successiva.
Tale istituto potrà applicarsi non solo nei casi in cui il convenuto intenda proporre una domanda nei confronti del terzo (facendo valere nei suoi confronti un proprio diritto), ma anche quando intenda semplicemente evocare in giudizio il terzo, al fine di potergli eventualmente opporre la sentenza che verrà pronunciata all’esito di quel giudizio.
La Riforma Cartabia ha apportato solo una modifica a questa disposizione, prevedendo che il convenuto deve “in modo chiaro e specifico”, proporre tutte le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda.
Tale modifica si pone in linea con il principio di chiarezza e specificità degli atti processuali che la riforma ha inteso rafforzare e rendere generale.

Massime relative all'art. 167 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 39917/2021

Nel giudizio di usucapione intentato dal possessore, cui sia seguita la formulazione di una domanda riconvenzionale volta alla rivendica e alla restituzione del bene, la successiva domanda dell'attore, tendente al riconoscimento, ex art. 1150 c.c., del diritto al rimborso per le spese delle riparazioni ed all'indennità per i miglioramenti deve essere formulata, a pena di inammissibilità, nella prima udienza di trattazione, con conseguente preclusione alla sua proposizione nell'ulteriore corso del giudizio. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 07/10/2015).

Cass. civ. n. 26908/2020

Il convenuto, ai sensi dell'art. 167 c.p.c., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di "non contestazione" a seguito della modifica dell'art. 115 c.p.c., a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall'attore a fondamento della propria domanda, i quali debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di costituzione e risposta, si sia limitata ad una contestazione non chiara e specifica. Questo onere gravante sul convenuto si coordina, peraltro, con quello di allegazione dei fatti di causa che incombe sull'attore, sicché la mancata allegazione puntuale dei fatti costitutivi, modificativi o estintivi rispetto ai quali opera il principio di non contestazione esonera il convenuto, che abbia genericamente negato il fatto altrettanto genericamente allegato, dall'onere di compiere una contestazione circostanziata. (Rigetta, TRIBUNALE CASTROVILLARI, 13/03/2018).

Cass. civ. n. 6009/2020

Il giudice di merito, anche quando ritenga che la domanda di usucapione formulata dal convenuto in via riconvenzionale sia per qualsiasi motivo inammissibile , non può esimersi dall'esaminare il relativo tema "sub specie" di eccezione, essendo a tale riguardo sufficiente che quest'ultima sia stata sollevata nei termini previsti dal codice di procedura. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PALERMO, 18/05/2018).

Cass. civ. n. 3697/2020

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione in cui sia dedotta l'esistenza di un vincolo di impignorabilità del bene assoggettato ad espropriazione derivante da un determinato atto negoziale, è ammissibile la domanda riconvenzionale del creditore opposto volta ad ottenere, ai sensi dell'art. 2901 c.c., la dichiarazione di inefficacia dell'atto negoziale posto a base dell'opposizione, sussistendo connessione, in relazione all'oggetto e/o al titolo, tra le due domande, anche se tale dichiarazione di inefficacia, stante la natura dichiarativa della decisione e la necessità del suo passaggio in giudicato, potrà giovare al creditore esclusivamente ai fini dell'instaurazione di un nuovo processo esecutivo. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO GENOVA, 30/03/2018).

Cass. civ. n. 28518/2019

Nell'azione di disconoscimento della paternità, il mantenimento da parte del figlio disconosciuto del cognome paterno è espressione di un diritto potestativo e personalissimo che deve tradursi in una espressa domanda di accertamento da proporsi in sede giudiziale, anche in via riconvenzionale ed eventualmente subordinata all'accoglimento di quella principale, non potendosi ritenere ricompresa nella generica opposizione all'azione di disconoscimento proposta nei suoi confronti. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la perdita del cognome paterno del figlio disconosciuto, nonostante il padre che aveva intrapreso l'azione di disconoscimento, avesse manifestato la volontà di non opporsi al mantenimento del suo cognome). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 17/01/2018).

Cass. civ. n. 20317/2019

In relazione all'opzione difensiva del convenuto consistente nel contrapporre alla pretesa attorea fatti ai quali la legge attribuisce autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale la predetta pretesa si fonda, occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione. Infatti, mentre il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile (pertanto, soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze), il secondo spetta alla parte (ed è soggetto, perciò, alle preclusioni stabilite per le attività di parte) solo qualora la manifestazione della sua volontà sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nell'ipotesi di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente indichino come indispensabile l'iniziativa di parte; in ogni altro caso, si deve ritenere la rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito, senza che, peraltro, ciò comporti un superamento del divieto di scienza privata del giudice o delle preclusioni e decadenze imposte, atteso che il generale potere-dovere di rilievo d'ufficio delle eccezioni facente capo al giudice si traduce semplicemente nell'attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti, purché la richiesta della parte non sia strutturalmente necessaria o espressamente prevista, essendo, però, in entrambe le situazioni necessario che i predetti fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino legittimamente acquisiti al processo e provati. (Nella specie, in un giudizio avente ad oggetto la domanda di adempimento delle obbligazioni derivanti da un contratto di finanziamento proposta dalla banca nei confronti del fideiussore della mutuataria, la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice d'appello avesse esaminato l'eccezione di rinuncia al termine di cui all'art. 1957 c.c., formulata dalla banca per la prima volta in secondo grado al fine contrastare l'eccezione di decadenza da detto termine svolta dal fideiussore, trattandosi di mera difesa vertente su un fatto risultante dallo stesso contratto di finanziamento versato in atti sin dal giudizio di primo grado).

Cass. civ. n. 19833/2019

La domanda di collazione non è sottoposta ai termini di cui all'art. 167 c.p.c., in quanto l'obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell'apertura della successione e i beni donati devono essere conferiti indipendentemente dalla proposizione di una domanda dei condividenti, salva l'espressa dispensa da parte del "de cuius" nei limiti in cui sia valida; la domanda di accertamento dell'esistenza di una donazione indiretta, viceversa, pregiudiziale all'accoglimento della domanda di collazione, è soggetta ai termini di decadenza ex art. 167 c.p.c. e non può essere proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, integrando un'ipotesi di ampliamento o mutamento della domanda.

Cass. civ. n. 15895/2019

In tema di prescrizione estintiva, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte.

Cass. civ. n. 20721/2018

Le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall'attore hanno natura di mere difese e possono pertanto essere proposte in ogni fase del giudizio.

Cass. civ. n. 30545/2017

Le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall'attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l'eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l'allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti. (Nella specie, relativa a giudizio di responsabilità aquiliana per lesioni conseguenti a caduta su marciapiede, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva ritenuto tardiva la contestazione, sollevata per la prima volta in detta fase dal condominio convenuto, sulla titolarità del diritto di proprietà del marciapiede teatro del sinistro).

Cass. civ. n. 22701/2017

Il convenuto, ai sensi dell’art. 167, comma 1, c.p.c., deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata a una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, ivi inclusa l’interpretazione delle clausole contrattuali, sulla cui valenza deve tempestivamente, integralmente ed irretrattabilmente esprimersi; sicché, se nulla abbia eccepito in relazione al significato di una determinata clausola ovvero, come nella specie, abbia concordato con la controparte sul suo significato, tale interpretazione deve considerarsi come pacifica, esonerando l’attore da qualsiasi prova al riguardo e rendendo inammissibile la contestazione successiva.

Cass. civ. n. 18963/2017

La mancata indicazione, nella comparsa di costituzione e risposta, della persona fisica che ha la rappresentanza in giudizio della persona giuridica convenuta (nella specie, liquidatore di una società) non ne determina la nullità quando la qualità del soggetto che si costituisce sia specificata nell’epigrafe dell’atto e ivi sia richiamata la procura alle liti, dalla quale risulti identificata la persona fisica che l'ha rilasciata, anche quanto alla carica all'epoca ricoperta.

Cass. civ. n. 19631/2016

Nella ipotesi di azione di ripetizione di somme per indebito oggettivo, fondata sull'affermazione che, pur nella sussistenza di uno specifico rapporto obbligatorio tra le parti, le somme richieste in ripetizione non sono dovute per mancata giustificazione del pagamento eccedente la causa di scambio, la difesa del convenuto assume natura di mera difesa, se volta a negare il fatto costitutivo della domanda, mentre si atteggia quale eccezione riconvenzionale di merito, ove rivolta ad individuare un autonomo titolo contrattuale giustificativo del pagamento contestato, sicché, in questa seconda ipotesi, ampliandosi il "thema decidendum", l'eccezione riconvenzionale deve essere fatta valere nel rispetto delle preclusioni processuali.

Cass. civ. n. 19186/2016

L'esclusione del vincolo di solidarietà passiva costituisce un'eccezione in senso stretto, soggetta alle relative decadenze. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito sulla tardività della suddetta eccezione, proposta in corso di causa, e non già con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, da eredi convenuti per la restituzione di somme a loro corrisposte in esecuzione di una sentenza riformata in grado di appello).

Cass. civ. n. 8814/2015

L'inammissibilità della domanda riconvenzionale che non comporti spostamento di competenza non è rilevabile d'ufficio, ma solo su tempestiva eccezione della parte riconvenuta.

Cass. civ. n. 1064/2014

In tema di prescrizione estintiva, l'elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell'effetto ad essa ricollegato dall'ordinamento, mentre la determinazione della durata di questa configura una "quaestio iuris" sulla identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale applicabile, che, previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione, compete al giudice con la conseguenza che non incorre in preclusioni la parte che, proposta originariamente una prescrizione quinquennale (nella specie, in materia di diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione di direttiva comunitaria a favore dei medici specializzandi), invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa.

Cass. civ. n. 992/2014

L'eccezione di "compensatio lucri cum damno" è finalizzata ad accertare se il danneggiato abbia conseguito un vantaggio in conseguenza dell'illecito, del quale tener conto ai fini della liquidazione del risarcimento, e non mira, invece, a verificare l'esistenza di contrapposti crediti. Ne consegue che la relativa deduzione non integra una eccezione in senso stretto e non è soggetta alle relative preclusioni.

Cass. civ. n. 28464/2013

La violazione delle norme sulla notificazione della citazione e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto costituiscono eccezioni "de iure tertii", che non possono essere sollevate da altro convenuto, potendo essere fatte valere soltanto dalla parte direttamente interessata. (Nella specie, i ricorrenti incidentali lamentavano che l'atto di appello non fosse stato notificato personalmente a talune delle parti, minorenni all'atto dell'instaurazione del giudizio di primo grado, ma divenute maggiorenni nel corso del suo svolgimento; la S.C., in applicazione dell'anzidetto principio, ha escluso che i suddetti ricorrenti fossero legittimati a far valere tale vizio non vertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario).

Cass. civ. n. 26859/2013

Nel processo di cognizione, l'onere previsto dall'art. 167, primo comma, cod. proc. civ., di proporre nella comparsa di risposta tutte le difese e di prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, comporta che, esaurita la fase della trattazione, non è più consentito al convenuto, per il principio di preclusione in senso causale, di rendere controverso un fatto non contestato, né attraverso la revoca espressa della non contestazione, né deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte. Ne consegue che, in grado di appello, non è ammessa la contestazione della titolarità passiva del fatto controverso che debba aversi per non contestata nel giudizio di primo grado.

Cass. civ. n. 18195/2012

La transazione novativa conclusa nelle more del giudizio non costituisce un'eccezione in senso stretto, perché introduce una questione processuale idonea a chiudere la lite, dichiarando la cessazione della materia del contendere sulla base di un fatto che non attiene al merito della controversia, e, dunque, non soggiace alle regole ed alle preclusioni che governano, nei vari gradi di giudizio, l'allegazione delle circostanze che ad esso si riferiscono.

Cass. civ. n. 6926/2012

La domanda di risoluzione del contratto non può ritenersi implicitamente contenuta nella richiesta, formulata dalla parte convenuta per l'adempimento del contratto, di rigetto della domanda attorea e di condanna della controparte al risarcimento del danno.

Cass. civ. n. 10860/2011

L'onere di specifica contestazione, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 167 c.p.c., deve essere inteso nel senso che, qualora i fatti costitutivi del diritto azionato (nella specie, di riscatto agrario) siano individuati dalla legge, il convenuto ha l'onere di contestarli specificamente e non, genericamente, con una clausola di stile, per evitare che gli stessi siano ritenuti incontestati; solo in presenza di tale condizione, l'attore ha l'onere di provarli, restando così assicurato il principio del contradditorio.

Cass. civ. n. 24856/2010

La parte convenuta, non costituita, nel rapporto processuale originario con l'attore, non è decaduta dalla facoltà di dedurre mezzi istruttori riguardanti la domanda riconvenzionale proposta nei suoi confronti da un convenuto costituito, prima della notificazione della domanda riconvenzionale contro di essa rivolta e della valida instaurazione del rapporto processuale.

Cass. civ. n. 18207/2010

La questione relativa alla titolarità passiva del rapporto controverso, che attiene al merito della lite, non costituisce un'eccezione in senso stretto - soggetta, come tale, al regime decadenziale sancito, nel sistema processuale di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, dall'art. 180, secondo comma, c.p.c. e, a seguito delle modifiche recate dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, dall'art. 167 c.p.c. - bensì, involgendo la contestazione di un fatto costitutivo del diritto azionato, integra una mera difesa, sottoposta agli oneri deduttivi e probatori della parte interessata e, segnatamente, ove con essa si introducano nuovi temi di indagine, alle preclusioni connesse alla esatta identificazione del "thema decidendum" e del "thema probandum", con l'ulteriore conseguenza che l'esclusione dal "thema decidendum" dei fatti tardivamente contestati (e la loro conseguente inopponibilità nelle fasi successive del processo) si verifica solo allorché il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l'esistenza o l'inesistenza, "ex officio", in base alle risultanze ritualmente acquisite.

Cass. civ. n. 12832/2009

A differenza del difetto di legittimazione passiva - rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, salvo il limite del giudicato eventualmente formatosi - l'effettiva titolarità attiva del rapporto giuridico attiene al merito della controversia e il suo difetto, non rilevabile d'ufficio dal giudice, è rimesso al potere dispositivo delle parti, le quali sono tenute a dedurlo nei tempi e modi previsti per le eccezioni di parte; ne consegue che, nel giudizio di risarcimento dei danni, l'eccezione relativa alla titolarità del diritto di comproprietà del bene danneggiato deve essere sollevata - nella vigenza del sistema novellato dalla legge n. 353 del 1990, "ratione temporis" applicabile - nel termine assegnato dal giudice per la proposizione, da parte del convenuto, delle eccezioni non rilevabili d'ufficio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto tardiva, e quindi inammissibile, la menzionata eccezione, sollevata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado e poi ribadita in appello).

Cass. civ. n. 5356/2009

L'art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti.

Cass. civ. n. 4381/2009

L'onere di provare la qualità di erede, gravante sul soggetto che agisce in giudizio in tale qualità, viene meno quando la controparte abbia tardivamente sollevato eccezioni in proposito, dopo avere accettato il contraddittorio senza alcuna contestazione al riguardo.

Cass. civ. n. 15707/2008

a formulazione delle conclusioni richiesta dall'art. 167 c.p.c., pur integrando un elemento costitutivo della comparsa di risposta, non implica che il loro difetto sia di per sé causa di nullità dell'atto ove, dal tenore complessivo dello stesso, non risultino genericità o imprecisioni, e dunque sia raggiunto il suo scopo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto ritualmente sollevata nella comparsa di risposta l'eccezione di prescrizione del diritto azionato, benché la stessa non fosse riportata nelle conclusioni dell'atto, ma solo nella narrativa ).

Cass. civ. n. 13079/2008

Nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto si connoti per la concomitante ricorrenza di più circostanze, occorre che la contestazione del convenuto esplicitamente si appunti su una o più caratteristiche del fatto costitutivo complesso, essendo altrimenti priva della specificità necessaria a radicare, per un verso, l'onere dell'altra parte di offrire la prova, e, per altro verso, il dovere del giudice di procedere ad uno specifico esame. (Nella specie, rilevato che la qualità di affittuario coltivatore diretto di cui all'art. 6 della legge n. 203 del 1982 richiede sia la coltivazione del fondo col lavoro proprio e della propria famiglia sia che la forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, la S.C. ha ritenuto che, a fronte dell'affermazione di chi si dichiari coltivatore diretto, rappresentando anche di essere iscritto alla relativa confederazione e di aver sempre coltivato la terra, l'affermazione del convenuto che l'attore ha l'onere di provare la sua qualità di coltivatore diretto non equivale a contestazione del fatto, risolvendosi nel generico richiamo della regola di cui all'art. 2697 c.c., inidoneo ad integrare la contestazione imposta dall'art. 167 c.p.c., nella lettura ermeneutica datane dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 761 del 2002 ).

Cass. civ. n. 11657/2008

In applicazione degli artt. 38, secondo comma, 166, 171, secondo comma e 167, secondo comma, c.p.c. (quest'ultimo nel testo vigente a decorrere dal 22 giugno 1995 e fino all'entrata in vigore, in data 1 marzo 2006, delle modifiche introdotte con il decreto legge n. 35 del 14 marzo 2005, conv. con mod. nella legge 14 maggio 2005, n. 80 ), l'eccezione di incompetenza per territorio derogabile è formulata tempestivamente nella comparsa di costituzione, anche se essa è depositata con la costituzione del convenuto «fino alla prima udienza » mentre, successivamente alla entrata in vigore del D.L. n. 35 del 2005, l'eccezione è tempestivamente proposta soltanto se contenuta nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione. (Principio enunciato dalle S.U. ai sensi dell'art. 363 c.p.c. nell'ambito di una pronuncia di inammissibilità del ricorso ).

Cass. civ. n. 12231/2007

L'onere di specifica contestazione, introdotto, per i giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della legge n. 353 del 1990, dall'art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, comporta che i suddetti fatti, qualora non siano contestati dal convenuto, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti una specifica dimostrazione. (Nella specie, relativa ad azione di un Comune per il recupero di spese effettuate in luogo di un privato inadempiente ad ordine dell'autorità, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto non controverso l'importo richiesto dall'ente, poiché la contestazione della parte aveva riguardato soltanto la liquidità ed esigibilità del credito, mentre solo in comparsa conclusionale in grado di appello era stato dedotto che la fattura prodotta non costituiva prova sufficiente della spesa sostenuta).

Cass. civ. n. 10182/2007

La non contestazione della domanda scaturisce dalla non negazione del fatto, fondata sulla volontà della parte, intesa come oggettivo aspetto dell'atto. Deve essere pertanto inequivocabile, di talchè non può ravvisarsi né in caso di contumacia del convenuto, né in ipotesi di contestazione meramente generica e formale, la quale tuttavia costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice di merito. L'accertamento della sussistenza di una (pur generica) contestazione ovvero d'una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell'interpretazione del contenuto e dell'ampiezza dell'atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile solo per vizio di motivazione. (Fattispecie relativa alla richiesta del compenso per prestazioni relative a più rapporti di lavoro successivi).

Cass. civ. n. 4901/2007

L'art. 167, secondo comma, c.p.c., nel testo introdotto, a far data dal 30 aprile 1995, dall'art. 11 della legge n. 353 del 1990, sanziona con la decadenza l'inosservanza dell'onere di proporre la domanda riconvenzionale con la comparsa di costituzione, e, nel regime delle preclusioni dettato dalla novella per il procedimento ordinario, ispirato alla ratio di garantire la celerità e la concentrazione dei procedimenti civili, la relativa violazione va considerata pregiudizievole non di un mero interesse privato, ma dell'interesse pubblico a scongiurare il protrarsi dei tempi processuali, e come tale è rilevabile d'ufficio dal giudice anche in sede di impugnazione, a meno che sulla tempestività della proposizione della domanda non si sia formato un giudicato anche implicito.

Cass. civ. n. 10031/2004

L'art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti. (Nella specie, relativa ad azione risarcitoria a seguito di diffamazione, il giudice d'appello, con la sentenza cassata dalla S.C., aveva negato che vi fosse in atti la prova che una lettera di contenuto diffamatorio fosse stata consegnata anche ad un secondo destinatario, sebbene l'attore nell'atto di citazione avesse affermato di averla consegnata a questi, chiedendo l'ammissione di prove orali sul punto, e la circostanza non fosse stata oggetto di contestazione nel corso del primo grado di giudizio).

Cass. civ. n. 6936/2004

L'art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti. Tuttavia, in tanto può porsi il problema della contestazione del fatto ed assumere rilievo la non contestazione — quale indice, in positivo e di per sé, di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto — in quanto l'allegazione del fatto, con tutti gli elementi costituenti il suo contenuto variabile e complesso, risulti connotata da precisione e specificità, tali da renderla conforme al modello postulato dalla regola legale o contrattuale per l'attribuzione del diritto; altrimenti, il fatto resta, per ciò stesso, estraneo al potere-dovere di contestazione, atteso il collegamento con quello di allegazione (di cui costituisce riflesso processuale) posto dal citato art. 167 c.p.c., e la sua omessa deduzione (nella estensione dovuta) lo restituisce interamente al thema probandum come disciplinato dall'art. 2697 c.c.

Cass. civ. n. 16066/2002

Nel giudizio di divorzio l'attribuzione dell'assegno divorzile è subordinata, alla domanda di parte, la quale va conseguentemente formulata — conformemente ai principi della domanda e del contraddittorio — nel rispetto degli istituti processuali che ne sono l'espressione, ivi compresi quelli relativi ai modi e tempi della proposizione delle domande riconvenzionali, di tal che, maturata eventualmente la decadenza prevista dall'art. 167 c.p.c. il convenuto non può più proporre la relativa domanda nel giudizio.

Cass. civ. n. 4704/2001

L'interruzione della prescrizione — che costituisce una controeccezione all'eccezione di prescrizione in tutto assimilabile alle eccezioni in senso stretto al cui regime processuale soggiace — deve essere proposta dalla parte in modo chiaro e inequivocamente diretto a minifestare l'intento di contrastare l'eccezione avversaria. Ne consegue che non è possibile attribuire effetti ostativi dell'operatività della prescrizione alla mera produzione di documenti pure se idonei a fornire la prova dell'avvenuta interruzione.

Cass. civ. n. 15941/2000

La mancata proposizione da parte del convenuto, nella comparsa di risposta, della domanda riconvenzionale in via gradata rispetto alla eccezione di incompetenza del giudice adito per essere la controversia devoluta agli arbitri non comporta la decadenza del convenuto stesso dal diritto di proporre l'eccezione di compromesso, poiché, pur dovendo quest'ultima, per il suo carattere relativo e derogabile, essere dedotta in limine litis, tuttavia, in virtù dell'unità inscindibile dell'atto difensivo, il fatto che una domanda o un'eccezione venga proposta prima o dopo di un'altra non assume alcuna rilevanza ove sia comunque possibile desumere, con un semplice procedimento logico, la gradualità delle richieste formulate.

Cass. civ. n. 11410/1998

La comparsa di risposta non sottoscritta dal difensore, mancando la certezza della sua provenienza, è nulla, essendo l'atto privo di un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo. Tuttavia, allorquando la parte convenuta non si sia limitata a depositare in cancelleria una comparsa priva della sottoscrizione del difensore, ma abbia partecipato attivamente al giudizio senza che siano sorte contestazioni in ordine all'individuazione del procuratore costituito, la nullità non può essere pronunciata, ostandovi la sanatoria generale che il terzo comma dell'art. 157 c.p.c. fa derivare dal raggiungimento dello scopo dell'atto viziato.

Cass. civ. n. 4965/1998

Ai sensi dell'art. 167 c.p.c., così come introdotto dall'art. 3 del D.L. 21 giugno 1995, n. 238, reiterato e convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534, coordinato con il secondo comma dell'art. 171 c.p.c., il convenuto che non si costituisce nel termine assegnatogli dall'art. 166 c.p.c. — e cioè, salva l'abbreviazione dei termini, almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione — ma tardivamente, decade dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali, ma non le eccezioni — diversamente invece dalla formulazione dell'art. 11 legge 26 novembre 1990, n. 353, applicabile soltanto dal 30 aprile al 21 giugno 1995, in base alla quale il convenuto che si costituiva tardivamente decadeva altresì dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, e perciò il giudice deve esaminare la questione di competenza territoriale semplice, ancorché rilevata in comparsa di risposta dal convenuto tardivamente costituitosi.

Cass. civ. n. 7592/1995

Il convenuto che si costituisce tardivamente in corso di giudizio non può proporre domanda riconvenzionale perché questa, anche quando è collegata alla causa petendi della domanda dell'attore, contiene, comunque, un nuovo petitum ed introduce, quindi, una domanda nuova soggetta alle preclusioni degli artt. 183-184 c.p.c. al generale principio che consente di proporre più domande solo entro il limite della tempestiva costituzione in giudizio.

Cass. civ. n. 3116/1990

Le domande riconvenzionali — anche se tardivamente proposte (nella specie, in sede di precisazione dalle conclusioni), anziché con la comparsa di risposta, come richiede l'art. 167 c.p.c. — sono tuttavia ammissibili qualora la controparte non ne eccepisca immediatamente la tardività ed anzi accetti il contraddittorio su di esse, atteso che, il divieto di mutamento della domanda in primo grado, cui va ricondotto anche quello di tardiva proposizione della riconvenzionale, risponde ad un interesse privato onde la sua violazione non è rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione di parte, ed ove questa non abbia viceversa accettato il contraddittorio al riguardo, con la conseguenza che così la detta domanda rimane acquisita al processo ed il giudice ha l'obbligo di pronunciarsi su di essa.

Cass. civ. n. 7924/1987

La compensazione, comportando un ampliamento della controversia, può assumere o il carattere di una eccezione riconvenzionale proponibile anche in un momento successivo a quello della presentazione della comparsa di risposta nel giudizio di primo grado qualora la deduzione di un controcredito abbia il solo scopo di paralizzare la pretesa avversaria, ovvero la natura di domanda riconvenzionale, allorché tenda ad un fine più ampio di quello della semplice difesa, quando cioè mira ad ottenere una pronuncia di condanna nei confronti dell'altra parte.

Cass. civ. n. 3833/1985

L'inammissibilità della domanda riconvenzionale, perché proposta oltre il termine fissato dall'art. 167 c.p.c., senza che la controparte abbia accettato il contraddittorio, non resta esclusa dalla circostanza che l'interesse alla domanda medesima sia insorto in corso di causa (nella specie, per la conoscenza di nuovi fatti in base ai risultati di consulenza tecnica).

Cass. civ. n. 4805/1983

La domanda riconvenzionale deve ritenersi implicitamente abbandonata qualora il convenuto che l'abbia formulata si limiti, in sede di precisazione delle conclusioni, a chiedere il rigetto della domanda attrice.

Cass. civ. n. 653/1962

La costituzione del convenuto nel procedimento davanti al tribunale si effettua, tra l'altro, con il deposito della comparsa di risposta, quale requisito di forma costitutiva e quale atto fondamentale della difesa del convenuto, di cui costituisce l'atto iniziale di esercizio del diritto di contraddire in giudizio. Il mancato deposito della comparsa di risposta non è suscettibile di forme sostitutive. Non può, quindi, ritenersi avvenuta la costituzione in giudizio, davanti al tribunale, del convenuto, per il solo fatto che egli sia comparso (anche se, per la sua qualifica professionale di procuratore e avvocato, era esente dall'obbligo di comparire a mezzo di procuratore munito di apposito mandato) e, senza depositare comparsa di risposta, abbia presentato scritti difensivi o fatto richieste istruttorie, perché tale attività, non seguita ad una rituale costituzione, è del tutto abnorme, irrituale e fuori di un valido rapporto processuale.

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Consulenze legali
relative all'articolo 167 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
lunedì 08/01/2024
“Buonasera, Vi pongo la seguente domanda: atto di citazione con documenti allegati (ordinario Cartabia). Se il Convenuto non si costituisce con la Comparsa di Costituzione e Risposta entro i 70 giorni prima dalla data dell’udienza, ma 45 giorni prima, l’Attore può eccepire che il Convenuto non ha contestato tempestivamente ed in modo specifico i fatti dedotti nell’Atto di Citazione e nei documenti allegati al primo scritto difensivo?
Tale eccezione può essere fatta solo al primo scritto difensivo o anche dopo?

Consulenza legale i 15/01/2024
La risposta al presente quesito richiede una breve spiegazioni processual – civilistica.
L’art. 167 c.p.c. (pre e post riforma Cartabia) stabilisce che il convenuto nella comparsa di risposta debba proporre tutte le sue difese prendendo posizione chiara e specifica sui fatti presentati dall’attore.
La costituzione oltre il termine di 70 giorni prima della data d’udienza, fa intervenire la decadenza solo per la domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.
La giurisprudenza e la dottrina hanno individuato due tipi di eccezioni: in senso stretto e in senso lato, distinguendole inoltre dalle mere difese.

Si cita la sentenza recente della Corte di Cassazione n. 12980/2020 che ribadisce la definizione di tali eccezioni.
Le eccezioni in senso lato sono quelle con cui si allega l’esistenza di fatti impeditivi modificati o estintivi della pretesa fatta valere; le eccezioni in senso stretto invece sono quelle riservate alla parte dalla legge o che corrispondono ad azioni costitutive (cass. civ. S.U. n. 1099/1998).
Ci sono poi le mere difese, da intendere come contestazione dei fatti proposti dall’attore, che non sono soggette alla decadenza prevista dall’art. 167 c.p.c.

In conclusione, quindi, è necessario leggere la comparsa di costituzione del convenuto per verificare se ci sono eccezioni in senso stretto per cui bisogna contestare, nella prima memoria utile dopo il deposito della costituzione, l’intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 167 c.p.c.
Per tutte le altre eccezioni e le mere difese non c’è decadenza e la costituzione tardiva non influisce sulla loro ammissibilità.

M. P. chiede
sabato 05/11/2022 - Campania
“Mio cugino mi cita in giudizio per fruire di una servitù di parcheggio che mia madre defunta aveva concesso alla sorella anch'essa deceduta con atto notarile. L'atto veniva stipulato in data 07.10.1999, si tratta di una permuta nella quale mia zia cedeva a mia madre un terzo di un locale (che per i restanti due terzi era di mia madre) ed in cambio mia madre le concedeva di parcheggiare l'auto nel giardino circostante un immobile di sua proprietà. In data 15 luglio 2003 veniva redatto tra le parti un ulteriore atto notarile nel quale in cambio della delimitazione del posto dove parcheggiare l'auto, mia zia cedeva a mia mamma la metà di un locale cantinato di sua proprietà.
La causa veniva decisa con il rigetto della domanda. Nella sentenza che allego gli atti costitutivi della servitù venivano dichiarati nulli e qui si pone la mia domanda. Mio cugino adesso mi chiede la restituzione del "prezzo della permuta".
Va precisato che ad oggi mia madre ha ricevuto solo il terzo dell'immobile stabilito nel primo atto di permuta mentre il secondo atto non è stato adempiuto, attesa la morte di ambedue le contraenti prima del trasferimento della metà del locale cantinato.
Devo precisare che mio cugino, come leggerete, non aveva chiesto mai finora la restituzione del bene nell'ambito del giudizio che si è definito con sentenza. Può farlo adesso?
Spero di essere stata chiara nell'esposizione.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 15/11/2022
Va premesso che, per poter rispondere al presente quesito, si è resa necessaria la lettura della sentenza pronunciata tra le parti, nonché della richiesta (formulata in sede di avvio della procedura di mediazione) di restituzione di quanto ricevuto dalla convenuta in adempimento del contratto di permuta, stipulato a suo tempo tra le rispettive danti causa.
Ora, la sentenza esaminata è una sentenza di rigetto. Essa, infatti, ha respinto le domande formulate da entrambe le parti: innanzitutto quella dell’attore, il quale aveva proposto un’actio confessoria servitutis, chiedendo appunto di accertare e dichiarare la propria titolarità del “diritto di servitù perpetua di posteggiare un’autovettura all’interno dell’area esterna il fabbricato” di proprietà della convenuta, e per l’effetto ordinare a quest’ultima l’immediata consegna ad esso istante delle chiavi del cancello di accesso all’area; il tutto con vittoria di spese.
La convenuta, costituitasi tardivamente rispetto alle preclusioni di cui all’art. 167 del c.p.c., aveva concluso chiedendo il rigetto della domanda dell’attore e, comunque, accertarsi la nullità dell’atto di costituzione della servitù di parcheggio, con vittoria di spese da distrarsi in favore degli antistatari.
Nel merito, in primo luogo, la convenuta aveva eccepito la prescrizione del diritto dell’attore di accettare l’eredità materna, eccezione respinta proprio in virtù della tardività della costituzione in giudizio.
Parimenti, il tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di accertamento della nullità dell’atto di costituzione della servitù di parcheggio (oggetto di contratto di permuta tra le danti causa), da qualificarsi, ad avviso del giudicante, come riconvenzionale, in quanto tale proposta tardivamente.
Tuttavia, il tribunale ha preso in considerazione tale richiesta “come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito di paralizzare la pretesa dell’attore”, come da giurisprudenza della Cassazione.
Proprio in accoglimento di tale eccezione la sentenza in esame ha accertato la nullità della permuta e, pertanto, rigettato la domanda dell’attore.
Chiarito quanto sopra, possiamo passare a rispondere all’interrogativo sollevato nel quesito.
Va premesso che non desta alcuna perplessità la circostanza che l’attore non avesse “chiesto mai finora la restituzione del bene nell'ambito del giudizio che si è definito con sentenza”: infatti, come abbiamo visto, nel procedimento da poco concluso l’attore aveva chiesto l’accertamento dell’esistenza in proprio favore di una servitù di posteggio, il che presupponeva semmai la validità del contratto di permuta.
Accertata giudizialmente la nullità di tale contratto, l’attore chiede ora, del tutto logicamente, la restituzione di quanto ricevuto dalla convenuta in esecuzione di esso.
Va, oltretutto, escluso che l’attore possa utilizzare la sentenza già emessa come titolo esecutivo, attesa la sua natura di pronuncia di mero rigetto: pertanto, per ottenere quanto preteso dovrà necessariamente, in difetto di spontanea restituzione da parte della convenuta, iniziare un apposito giudizio.