Dispone l’
art. 106 del c.p.c. che ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa (chiamata per connessione) o dal quale pretende essere garantita (chiamata in garanzia).
La chiamata del terzo consiste nella sua citazione in giudizio, per mezzo della quale viene chiesto al terzo di comparire all'udienza fissata dal giudice istruttore entro i termini stabiliti dall'
art. 163 bis del c.p.c. (ossia, termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della
notificazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all'estero).
A seguito della nuova disciplina dettata dalla Legge n. 534/1995, è precluso all'
attore di chiamare in causa un terzo se non lo abbia citato
ab initio, fatto salvo il caso in cui la necessità della chiamata in causa scaturisca dalle difese del
convenuto ovvero nell’ipotesi di
litisconsorzio necessario.
Il
giudice istruttore, nel dare la propria autorizzazione, deve comunque verificare la sussistenza dell’interesse a chiamare il terzo.
Il convenuto, da parte sua, ha facoltà di chiamare in giudizio il terzo esclusivamente nel corso della fase introduttiva della causa e lo potrà fare in sede di
comparsa di risposta, chiedendo nel contempo al giudice che venga fissata una nuova udienza.
Il giudice istruttore fissa con
decreto una nuova udienza e ne fa dare comunicazione dal
cancelliere alle parti, mentre la notifica al terzo è fatta a cura del convenuto stesso.
Occorre precisare che, diversamente da quanto disposto al comma 3, il giudice non è tenuto ad assegnare al convenuto un
termine perentorio per effettuare la notifica dell’atto di chiamata al terzo; l'unico limite temporale che deve osservarsi è costituito dall'udienza fissata dal giudice e dal rispetto dei termini minimi a comparire per il terzo chiamato.
Pertanto, l’unico compito che ha il giudice è quello di verificare la sussistenza delle condizioni processuali richieste dalla legge, senza alcuna valutazione di opportunità, di fondatezza o di merito, ossia:
-
la consequenzialità della chiamata dell'attore rispetto alle difese del convenuto;
-
la tempestività dell'istanza del convenuto se è questi a richiedere la citazione del terzo in causa.
Qualora l'interesse per l'attore di chiamare in causa un terzo scaturisca dalla comparsa di risposta del convenuto, questi può farlo, chiedendo l'autorizzazione al giudice istruttore, ma entro e non oltre la prima udienza di trattazione.
In caso di mancato rispetto dei termini della prima udienza disponibile, l’attore decade dalla possibilità di chiamare in causa il terzo.
Nel concedere l'autorizzazione alla chiamata del terzo, il giudice fissa anche un'udienza ed il termine perentorio entro cui l'attore deve notificare la citazione al terzo.
La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione notificata entro dieci giorni dall'avvenuta notifica (cinque in caso di abbreviazione dei termini), mentre il terzo deve costituirsi almeno venti giorni prima dell'udienza fissata.
Nel caso in cui il terzo, al momento della sua costituzione, presenti una domanda autonoma, il giudice, su istanza di parte, può concedere i termini di cui al sesto comma dell'
art. 183 del c.p.c. per il deposito delle memorie di modificazione o precisazione delle domande, delle eccezioni o delle conclusioni in precedenza proposte (tali termini saranno fissati nell'udienza di comparizione del terzo).
Se il terzo dovesse chiamare in causa un altro terzo, il rilascio dell'autorizzazione da parte del giudice non è soggetto ad alcuna condizione, dovendosi tener conto soltanto del requisito della tempestività della medesima richiesta; in tal caso, se l'autorizzazione è concessa in udienza, non occorre alcuna comunicazione, dovendosi fare applicazione di quanto disposto dall'art.
art. 134 del c.p.c..
Ai sensi del successivo
art. 272 del c.p.c., le decisioni sulle questioni relative all'ammissibilità della chiamata in causa del terzo sono decise dal collegio; viene anche operato un rinvio al secondo comma dell'art. 187, comma 2, il che deve intendersi nel senso che, nelle cause riservate a decisione collegiale, le questioni attinenti all'intervento su istanza di parte possono essere sottoposte all'esame del collegio, se la loro risoluzione può portare alla definizione dell'intero processo.
Agli effetti della chiamata del terzo, la dicitura “
prima udienza” contenuta nella norma in esame deve intendersi non in senso meramente cronologico, ma sostanziale, ossia come indicativa della fase in cui si abbia un'effettiva trattazione e cioè esercizio di attività istruttoria oppure la risoluzione di questioni insorte fra le parti.
Con ciò vuol dirsi che la preclusione per tale chiamata non si intenderà verificata qualora, esaurite le attività preparatorie attinenti alla comparizione e costituzione delle parti, si siano avute udienze di mero rinvio, ma non anche espletamento, sia pure in parte, di attività istruttoria o decisoria, a pregiudizio definitivo del terzo chiamato.
Nel caso in cui la comparsa sia depositata in cancelleria, tale udienza si farà coincidere con quella immediatamente successiva al deposito, mentre, se la costituzione avviene in udienza, l'istanza andrà formulata in quella medesima udienza.