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Articolo 152 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Termini legali e termini giudiziari

Dispositivo dell'art. 152 Codice di procedura civile

I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente (1).

I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori (2).

Note

(1) La legge attribuisce al giudice la facoltà di fissare anche termini perentori, ma nei soli casi tassativamente previsti, come ad esempio la fissazione del termine per l'integrazione del contraddittorio (art.102 e 331); la fissazione del termine per l'integrazione dei modi di deduzione della prova per testi (art.244); o infine del termine per la riassunzione della causa (art.307, III comma).
Nel caso in cui il giudice stabilisca arbitrariamente un termine questo non ha alcuna rilevanza.
(2) Il comma in analisi sancisce il principio generale della presunzione del carattere perentorio dei termini previsti per il compimento di atti processuali, nel senso che i termini non possono essere ritenuti perentori se non vengono espressamente qualificati come tali dalla legge.
Infatti, la natura perentoria di un termine deve essere espressamente prevista dalla legge, oppure può essere desunta dallo scopo e dalla funzione che il termine adempie.

Ratio Legis

La norma indica il termine processuale, quale arco di tempo che la legge prevede per il compimento di un atto. Infatti, la funzione del termine da un lato è quella di agevolare i soggetti processuali nel compimento degli atti offrendo un adeguato spazio di tempo e dall'altro di consentire una sufficiente concentrazione delle attività processuali al fine di un più ordinato e celere svolgimento del processo.
Il nostro ordinamento prevede termini legali, ovvero quelli espressamente previsti dalla legge, e termini giudiziali, cioè disposti dal giudice. I primi, a loro volta, si distinguono in dilatori, quando fissano il momento prima del quale un atto non può essere compiuto, e termini acceleratori, quando indicano il momento entro il quale un atto può essere o deve essere compiuto. Infine, questi si distinguono ulteriormente in ordinatori, rivolti a regolare l'attività processuale in vista del normale andamento del processo, e perentori, che impongono di compiere l'atto entro un determinato termine a pena di decadenza.

Spiegazione dell'art. 152 Codice di procedura civile

Le norme dettate dagli artt. 152 e ss. c.p.c. trovano applicazione solo per i termini processuali, da distinguere da quelli di carattere sostanziale (i quali, a loro volta, possono anche essere contenuti in un atto processuale).

I termini processuali si distinguono in legali (fissati dalla legge) e giudiziari (fissati dal giudice, d’ufficio o su richiesta delle parti).
E’ il giudice a decidere la durata di un termine giudiziale, salvo i casi in cui la legge ne determini un limite minimo o massimo (es. il 3° comma dell’art. 307 del c.p.c.).

Secondo una distinzione funzionale, i termini possono essere:
  1. acceleratori (o finali): sono quelli entro i quali deve essere compiuta una determinata attività, come ad esempio i termini per proporre impugnazione.
Questi, a loro volta, possono essere perentori o ordinatori: entrambi determinano il valido compimento dei singoli atti del processo, ma solo i termini ordinatori, e non anche quelli perentori, possono essere modificati dal giudice prima della scadenza.
  1. dilatori (o intermedi): sono tali quelli che devono trascorrere prima che un atto possa essere compiuto (ne sono un esempio i termini a comparire).

Dall’inosservanza di un termine perentorio scaturisce la sanzione eccezionale, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, della nullità assoluta ed insanabile dell’atto processuale, ciò che invece non si verifica automaticamente per il mancato rispetto dei termini ordinatori; in quest’ultimo caso la decadenza può verificarsi previa valutazione discrezionale del giudice.
In buona sostanza, la differenza tra termini perentori ed ordinatori sta nella modalità con cui tale effetto di realizza, ossia ipso iure nel caso di termini perentori e previa valutazione discrezionale del giudice nel caso di termini ordinatori.

La regola fondamentale dettata dal primo comma dell’articolo in esame deve essere intesa nel senso che nella legge deve trovarsi la fonte del potere di stabilire i termini del processo.
Il secondo comma, invece, contiene il precetto più importante, ossia il divieto per il giudice di conferire perentorietà ai termini nei casi in cui ciò non sia espressamente consentito dalla legge (la violazione di tale divieto comporta che il termine deve automaticamente essere qualificato come ordinatorio).

In generale può comunque affermarsi che sono ordinatori tutti quei termini che non sono riconosciuti come perentori e nei quali non siano riconoscibili i caratteri della dilatorietà (es. termini per il deposito della sentenza, per la fissazione delle udienze in corso di causa).

Massime relative all'art. 152 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 11758/2017

Ai fini della determinazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, – nella specie, per il computo del termine di impugnazione cd. lungo, ex art. 327, comma 1, c.p.c. – la modifica di cui all’art. 16, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014 (conv., con modif., dalla l. n. 162 del 2014), che, sostituendo l'art. 1 della l. n. 742 del 1969, ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 30 giorni (dall'1 al 31 agosto di ciascun anno), trova applicazione, in mancanza di una disciplina transitoria, a partire dalla sospensione dei termini relativa al periodo feriale dell’anno solare 2015, non rilevando, a tal fine, la data dell'impugnazione o quella di pubblicazione della sentenza.

Cass. civ. n. 5038/2017

In materia di sospensione feriale dei termini processuali, qualora si trovino cumulate fra loro, per ragioni di connessione, due controversie, una soltanto delle quali di opposizione all’esecuzione, quindi sottratta alla sospensione feriale dei termini, e l’altra relativa a domanda di garanzia, pertanto assoggettata a questo regime, la decisione che intervenga su di esse sciogliendo la connessione (nella specie, dichiarando inammissibile la domanda di garanzia), se impugnata soltanto per il capo che ha deciso l’opposizione all’esecuzione, resta sottratta all’applicazione della detta sospensione, in quanto è da ritenersi che la parte abbia prestato acquiescenza al capo non impugnato.

Cass. civ. n. 27338/2016

Ai fini della determinazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale – nella specie, per il computo del termine di impugnazione cd. lungo, ex art. 327, comma 1, c.p.c. - occorre verificare, in mancanza di una disciplina transitoria, se l’impugnazione sia stata proposta anteriormente o successivamente alla data dell'1 gennaio 2015, di efficacia dell'art. 16, comma 1, del d.l. n. 2014 n. 132 (conv., con modif., dalla l. n. 162 del 2014), che, sostituendo l'art. 1 della l. n. 742 del 1969, ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 30 giorni (dall'1 al 31 agosto di ciascun anno), operando la nuova disciplina solo nel secondo caso.

Cass. civ. n. 23193/2015

La sospensione dei termini durante il periodo feriale trova applicazione anche nelle controversie in materia di locazione, salvo che per la fase sommaria dei procedimenti di sfratto, il cui carattere d'urgenza giustifica l'applicabilità della deroga contenuta nell'art. 3 della legge n. 742 del 1969, in relazione all'art. 92 del r.d. n.12 del 1941.

Cass. civ. n. 21614/2007

La controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno per omesso versamento di contributi assicurativi, essendo relativa ad obblighi direttamente attinenti al rapporto di lavoro, deve annoverarsi fra quelle in materia di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatoria, non assoggettate, secondo quanto disposto dalla legge n. 742 del 1969, alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, anche con riferimento al giudizio per cassazione.

Cass. civ. n. 17073/2007

La sospensione dei termini processuali nel periodo feriale prevista dall'art. 3 della legge n. 742 del 1969 non è applicabile non solo alle controversie in materia di lavoro e previdenza, ma anche alle controversie di opposizione a decreto ingiuntivo e di opposizione ad ordinanza-ingiunzione inerenti la pretesa di ente previdenziale al versamento dei contributi e la ingiunzione al pagamento delle sanzioni amministrative, essendo tali controversie assoggettate al rito speciale del lavoro.

Cass. civ. n. 3971/2007

La sospensione dei termini di svolgimento di attività difensiva disposta dall'art. 4 del D.L. n. 245 del 2002, convertito con modificazioni nella legge n. 286 del 2002, recante interventi urgenti a favore delle popolazioni colpite dalle calamità naturali nelle regioni Molise e Sicilia, comporta che, per i soggetti residenti, alla data del 29 e 31 ottobre 2002, nonché 8 novembre 2002, nei territori individuati nei decreti del Presidente Consiglio dei Ministri in pari data, dovevano ritenersi sospesi fino al 31 marzo 2003 i processi civili in corso, ditalchè non poteva essere loro imposto di costituirsi in giudizio o svolgere attività difensiva. (Nella specie, risultando non contestato che il ricorrente risiedesse all'epoca in Catania, luogo dove gli era stata notificata la citazione, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di pace del luogo, che all'udienza fissata il 22 gennaio 2003 aveva fatto precisare le conclusioni all'altra parte e trattenuto la causa in decisione).

Cass. civ. n. 21782/2006

Qualora un ufficio giudiziario non sia in grado di funzionare regolarmente per eventi di carattere eccezionale, accertati nelle forme previste dal D.L.vo 9 aprile 1948, n. 437, la proroga dei termini di decadenza per il compimento di atti presso quell'ufficio o a mezzo del personale addetto, stabilita dal medesimo D.L.vo, opera anche per gli atti che possono essere alternativamente compiuti presso un diverso ufficio giudiziario (nella specie, la notificazione del ricorso per cassazione): il rischio del mancato o irregolare funzionamento dell'ufficio giudiziario non può infatti ricadere sulla parte, alla quale la legge attribuisce una facoltà di scelta, dovendo essere pienamente garantito il diritto di difesa, che risulterebbe pregiudicato ove la parte, la quale può ben compiere l'atto nell'ultimo giorno utile, facendo giusto affidamento sul regolare funzionamento dell'ufficio, venisse a trovarsi nell'impossibilità di porlo in essere, perché l'ufficio non è in grado di funzionare, e non potesse compierlo altrove per mancanza di tempo.

Cass. civ. n. 4785/2005

In tema di computo di termini processuali, ove il termine sia cominciato a decorrere prima dell'inizio della sospensione feriale, il giorno 16 settembre, e cioè il giorno in cui i termini processuali, terminato il periodo di sospensione feriale, è ripreso a decorrere, deve essere computato, giacchè, in relazione ad un termine che, pur essendo frazionato a causa della sospensione feriale, resta comunque unico, non è ipotizzabile che vi siano due giorni – uno, quello in cui si è verificato il momento iniziale del termine; l'altro, consistente nel primo giorno successivo al periodo di sospensione feriale – iniziali, e quindi non computabili, soltanto il primo di essi (quello in cui si è verificato il momento iniziale del termine) dovendo essere escluso dal computo.

Cass. civ. n. 17202/2004

Il principio secondo cui l'art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 esclude dalla sospensione feriale dei termini processuali le cause inerenti alla dichiarazione e alla revoca del fallimento si applica anche nel caso in cui sia stata contestualmente proposta domanda di risarcimento danni da responsabilità processuale aggravata, in quanto prevale il regime previsto per la causa principale, atteso il rapporto di accessorietà necessaria intercorrente tra le due domande.

Cass. civ. n. 2790/2002

L'inosservanza dei termini stabiliti per il compimento degli atti del giudice (e dei suoi ausiliari) resta sottratta alla disciplina dettata dagli artt. 152 ss. c.p.c. in quanto, pur incidendo detti termini sulla durata complessiva del processo, essi non sono ulteriormente qualificati dalle norme che li prevedono, né ricevono sanzione in conseguenza della loro inosservanza, poiché l'atto compiuto dopo la relativa scadenza conserva validità ed efficacia, salvi eventuali riflessi di carattere disciplinare ex art. 9, comma sesto della legge n. 534/1995, che pone a carico dei dirigenti degli uffici giudiziari l'obbligo di sorvegliare sulla scrupolosa osservanza, da parte dei magistrati, dei doveri d'ufficio, compresi quelli relativi all'osservanza dei termini previsti dal codice di rito e dalle altre leggi vigenti (principio affermato dalla S.C. con riferimento a fattispecie relativa ad espulsione dello straniero ed al relativo decreto del tribunale emesso oltre i dieci giorni previsti dalla legge, ex art. 13, comma nono del D.L.vo n. 286/1998).

Cass. civ. n. 16126/2001

In tema di azione per la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale, l'art. 274 c.c. disciplina un procedimento camerale che prescinde dall'instaurazione del contraddittorio attraverso la notificazione di copia del ricorso alla parte nei cui confronti s'intende promuovere l'azione e comporta per il giudice procedente il solo obbligo di sentire le parti ed il P.M., mentre l'assunzione di sommarie informazioni è rimessa quanto ai suoi termini alla sua discrezionale iniziativa officiosa; pertanto, versandosi al di fuori dei casi in è consentito al giudice fissare termini perentori, il termine eventualmente fissato dal presidente del tribunale per la notifica del ricorso ha natura meramente dilatoria e può esserne disposta la rinnovazione anche dopo la scadenza.

Cass. civ. n. 4086/2001

L'art. 61 della legge n. 449 del 1997, che ha disposto la sospensione dei termini sostanziali e processuali per tutti i soggetti residenti o aventi la sede operativa nelle Marche e nell'Umbria a decorrere dal 26 settembre 1997, è norma processuale retroattiva; pertanto, è nulla la citazione che fissa l'udienza di comparizione in data ricadente nel periodo di sospensione anche se la notifica è stata effettuata e la prima udienza si è svolta, nella contumacia di soggetto residente nelle zone terremotate, prima dell'entrata in vigore della legge. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza contumaciale del giudice di pace, che non aveva disposto la rinnovazione della citazione, affinché provveda ai sensi dell'art. 164, secondo comma c.p.c.).

Cass. civ. n. 35/2001

L'articolo 1 della legge n. 742 del 1969, che stabilisce la sospensione dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e a quelle amministrative, va interpretato nel senso che la sospensione opera con riguardo a tutti i giudizi in materia di diritti soggettivi o interessi legittimi, salve le eccezioni espressamente previste; l'istituto opera, pertanto, anche nei giudizi davanti alle giurisdizioni speciali e, quindi, anche a quelli promossi innanzi alla Giunta Speciale per le Espropriazioni presso la Corte d'Appello di Napoli.

Cass. civ. n. 8261/1999

Allorquando l'osservanza del termine perentorio stabilito per il deposito di un atto di parte in cancelleria deve essere documentata necessariamente attraverso l'attestazione ufficiale del cancelliere, incombe alla parte, su cui grava l'onere di provare la tempestività dell'adempimento, di controllare l'effettiva apposizione della attestazione; poiché l'eventuale omissione comporta l'impossibilità di verificare il tempo dell'avvenuto deposito è presunta la non tempestività dell'atto. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto improcedibile il ricorso in materia di ineleggibilità a seguito di mancata certificazione della data di deposito).

Cass. civ. n. 5074/1997

Sebbene l'art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si può da tale norma dedurre che, ove manchi un'esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz'altro escludersi la perentorietà del termine; nulla vieta infatti di indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba esser rigorosamente osservato, e sia quindi perentorio, come deve ritenersi, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, per il termine di cinque giorni prima dell'udienza entro il quale devono costituirsi (art. 98, terzo comma l. fall.) i creditori esclusi dallo stato passivo del fallimento che abbiano proposto l'opposizione di cui allo stesso art. 98, in considerazione delle esigenze di certezza e celerità del procedimento di verifica dello stato passivo fallimentare, con la conseguenza che dalla inosservanza di tale termine deriva la decadenza dell'opposizione, non sanabile da una riproposizione di essa, che in quanto tardiva, è da dichiarare inammissibile.

Cass. civ. n. 8519/1996

In tema di proroga dei termini di decadenza in conseguenza del mancato funzionamento di uffici giudiziari, l'effetto retroattivo direttamente riconducibile al disposto legislativo che prevede l'automatica proroga del termine a quindici giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale che accerta il mancato funzionamento dell'ufficio (art. 1 del decreto legislativo 9 aprile 1948, n. 437) comporta che gli atti posti in essere entro tale termine sono per ciò stesso tempestivi, anche se anteriori al provvedimento ministeriale (restando escluso l'onere della reiterazione).

Cass. civ. n. 4199/1996

Ove nello stesso giudizio siano proposte più domande, una soggetta alla sospensione dei termini nel periodo feriale (a norma dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742) ed altra non soggetta a tale termine (a norma dell'art. 3 della stessa legge), tutta la causa è soggetta al regime della sospensione, stante l'impossibilità di configurare una duplicità di termini di impugnazione, del medesimo tipo, per una stessa sentenza e ad opera della stessa parte.

Cass. civ. n. 6282/1995

Ai sensi dell'art. 1 comma secondo della legge 1 febbraio 1993, n. 25, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 4 dicembre 1992, n. 471, recante interventi urgenti nelle zone della Liguria e della Toscana colpite da eccezionali avversità atmosferiche prevedendo, tra l'altro, la sospensione dei termini processuali dal 22 settembre 1992 al 31 marzo 1993 solo per i soggetti che abbiano in concreto subito danno, restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto legge non convertito del 5 ottobre 1992, n. 397, che concedeva la sospensione a tutti i soggetti residenti, con la conseguenza che tale sospensione, nonostante la decadenza di quest'ultimo decreto, opera anche a favore dei soggetti che, pur non avendo subito danni, si siano di essa avvalsi durante il periodo di vigenza del decreto medesimo.

Cass. civ. n. 3668/1995

In tema di sospensione dei termini durante il periodo feriale dall'1 agosto al 15 settembre, l'art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, il quale stabilisce che, se il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo, va inteso nel senso che il giorno 16 settembre deve essere compreso nel novero dei giorni concessi dal termine, atteso che tale giorno segna non l'inizio del termine, ma l'inizio del suo decorso, il quale non include il dies a quo del termine stesso, in applicazione del principio fissato dall'art. 155 primo comma c.p.c. (Nel caso di specie il ricorso per cassazione, notificato il 12 e il 14 settembre, era stato poi depositato il ventiduesimo giorno utile successivo all'ultima notifica, e pertanto dichiarato improcedibile).

Cass. civ. n. 12426/1993

L'art. 1 L. 7 ottobre 1969, n. 742, modificando la precedente disciplina di cui all'art. 1 L. 14 luglio 1965, n. 818, ha stabilito la sospensione durante il periodo feriale di tutti indistintamente i termini processuali, che riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione anche quando detto periodo risulta interamente nel loro corso.

Cass. civ. n. 12747/1992

In presenza di irregolare funzionamento di uffici giudiziari, dovuto a sciopero del personale ad essi addetto, come la ricognizione dell'impedimento, con apposito decreto ministeriale, secondo le modalità del D.L.G. 9 aprile 1948, n. 437, preclude l'accertamento in concreto della possibilità per la parte – che abbia inteso gravarsi della disposta proroga, nella specifica controversia – di osservare il termine di cui trattasi, così, ove sia mancato tale decreto, l'allegazione dello sciopero non è circostanza sufficiente a determinare una proroga del termine perentorio venuto a scadenza nel periodo di irregolare funzionamento dell'ufficio, neanche in applicazione analogica del disposto dell'art. 155, ultimo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 8786/1992

La disposizione dell'art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, che per le cause considerate urgenti, tra cui quelle di lavoro, sancisce la non operatività della sospensione nel periodo feriale, manifestamente non contrasta né con l'art. 3 Cost., atteso che tutti i cittadini versanti nella situazione processuale contemplata nella norma si trovano sullo stesso piano rispetto agli esercitabili diritti, né con l'art. 24 Cost., poiché il più rapido svolgimento del procedimento, in relazione alla natura dello stesso, come anche l'eventuale scelta temporanea o definitiva, di un difensore diverso da quegli che voglia usufruire del periodo feriale, non implica violazione dei diritti della difesa.

Cass. civ. n. 1401/1992

L'art. 92 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario, il quale indica le cause civili che vanno trattate anche durante il periodo feriale e che l'art. 3 della L. 7 ottobre 1969, n. 742 sottrae alla sospensione dei termini processuali durante il periodo anzidetto, in quanto norma di eccezione è di stretta interpretazione e non può trovare applicazione oltre i casi espressamente considerati (preleggi, art. 14). Pertanto sono soggette alla regola generale della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale le cause aventi ad oggetto il contratto cosiddetto di vitalizio alimentare, non potendo tali controversie farsi rientrare fra quelle relative ad «alimenti», indicate nel menzionato art. 92 R.D. n. 12 del 1941, che vanno individuate nelle cause aventi ad oggetto l'obbligo legale di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433, 448 c.c., con esclusione di quelle concernenti l'obbligazione di contenuto alimentare derivante da altro titolo (negozio giuridico inter vivos o mortis causa; obbligo risarcitorio).

Cass. civ. n. 1163/1971

Non possono validamente essere comminati termini perentori non previsti espressamente dalla legge od alla cui fissazione il giudice non sia espressamente autorizzato dalla legge, tuttavia la previsione di un termine perentorio può risultare da una norma di carattere generale. Nella ipotesi di causa principale connessa a domanda riconvenzionale, il giudice adito in tanto si spoglia della cognizione della riconvenzionale in quanto afferma la competenza di altro giudice a conoscere di essa. Conseguentemente, la norma generale applicabile nella fattispecie è l'art. 50 c.p.c. che prevede l'estinzione del processo non riassunto avanti al giudice dichiarato competente entro il termine fissato con il provvedimento del giudice a quo, ovvero, in difetto di fissazione, entro sei mesi dalla comunicazione del provvedimento stesso. (Nella specie, è stato ritenuto legittimo il provvedimento con il quale il pretore, decidendo la causa principale, aveva anche assegnato alle parti un termine perentorio per la riassunzione davanti al tribunale della causa riconvenzionale eccedente la sua competenza).

Cass. civ. n. 2460/1964

Quando la legge fa decorrere da un determinato atto un termine perentorio, entro il quale si deve esercitare un diritto o adempiere ad un onere a pena di decadenza, non si può ritenere che il termine sia inutilmente decorso se non risulti in modo certo che l'atto, da cui si inizia la decorrenza del termine, sia stato effettivamente compiuto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 152 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Stefano P. chiede
lunedì 15/02/2021 - Veneto
“Il consulto ha per oggetto un sollecito di pagamento delle spese di cancelleria (contributo unificato+anticipazione forfetaria) ricevuto il giorno 11 c.m. a mezzo posta elettronica ordinaria, per una causa depositata presso un ufficio giudiziario il giorno 10/08/2020 e formulata secondo il procedimento europeo per contenziosi di modesta entità.
Si chiede se vi siano profili di invalidità dell'atto per la scadenza del termine di notifica (ex. Art, 248 DPR 115/2002) e modalità di notifica; e se sia per tanto opponibile.”
Consulenza legale i 22/02/2021
L’art. 248 D.P.R. 115/2002 (T.U. Spese di Giustizia) prevede appunto che, entro trenta giorni dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo, l'ufficio notifichi alla parte l'invito al pagamento dell'importo dovuto, quale risulta dal raffronto tra il valore della causa ed il corrispondente scaglione, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese.
Già la lettura del testo della disposizione mostra come tale termine non sia qualificato come perentorio (art. 152 c.p.c.), non essendo prevista alcuna decadenza in relazione alla mancata notifica nei tempi indicati.
Anche la giurisprudenza ha precisato la natura ordinatoria del termine in questione: si veda Comm. Trib. Prov. Milano, sentenza 20 aprile 2015, n. 3548, nonché Comm. Trib. Reg. Lazio, sentenza 6 luglio 2017, n. 4073, secondo cui “il termine di trenta giorni, stabilito dall’art. 248 del DPR n. 115 del 2002, in mancanza di una espressa previsione normativa, non può ritenersi un termine perentorio, bensì meramente acceleratorio; sicché dalla sua inosservanza non discende decadenza alcuna dell’attività accertativa dell’Ente impositore”.
Quanto alle modalità di notifica, un’impugnazione fondata solo sulla notifica a mezzo posta ordinaria dimostrerebbe, comunque, che la notifica, ancorché irregolare, ha raggiunto il suo scopo (ovvero far pervenire l’atto al destinatario).
Diversa questione è se, in mancanza di impugnazione oltre che di versamento da parte del debitore, la notifica irritualmente eseguita possa validamente costituire il presupposto per la successiva riscossione coattiva.

MAURIZIO S. chiede
martedì 24/03/2020 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
M.S.

A seguito delle vigenti misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemolgica da COVID-19, sono a richiedere il Vs. parere per il presente quesito che è attinente a quello Q202024887.

La sentenza di primo grado del giudice dell’opposizione all’esecuzione è parzialmente vittoriosa per l’opponente, ovvero limitatamente alla parziale impignorabilità della somma di denaro da reddito di lavoro pignorata presso banca.

Il creditore procedente ricorre in appello chiedendo la nullità della sentenza per non avere il giudice dell’opposizione all’esecuzione quantificato l’importo della parte impignorabile oggetto di contestazione tra le parti, o in subordine chiede che sia il giudice dell’appello a quantificare con certezza l’importo impignorabile da liberare dalla somma pignorata.

Il creditore procedente cita in giudizio d’appello l’esecutato per la data del 14 maggio 2020.

L’esecutato vuole proporre appello incidentale e deve depistarlo presso la corte d’appello entro 20 giorni dalla data dell’udienza comunicata dal creditore procedente, quindi sembra che l’ultimo girono utile sia il 24 aprile 2020.

PARERE:

A seguito delle vigenti misure urgenti COVID-19, per il caso illustrato le scadenze per impugnare la sentenza di primo grado con ricorso incidentale rimane invariata, quindi l’ultimo giorno sarebbe il 24 aprile, o diversamente sono previste nuove obbligatorie date anche per la fattispecie prospettata, e come vengono calcolate anche in prospettiva di eventuali proroghe.
Il presente parere è dato dal fatto che nel decreto non è chiaro se sono rinviate tutti gli atti del processo anche per le cause come nel caso di specie non ancora iscritta a ruolo.

In attesa porgo Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 30/03/2020
In materia di giustizia, l’art. 83 del D.L. 17/03/2020, n. 18 (c.d. “cura Italia”), ha stabilito, al comma 1, il rinvio d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020 delle udienze dei procedimenti civili e penali, pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, già fissate nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 15 aprile 2020.
Il secondo comma della norma in esame si occupa, invece, dei termini processuali, prevedendo che, nel medesimo periodo (9 marzo 2020/15 aprile 2020) sia sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.
Si tratta di una previsione piuttosto ampia, che ricomprende i termini per la costituzione in giudizio, come si desume anche dall’elencazione esemplificativa contenuta nello stesso comma 2, che indica tra gli altri i termini “per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali”.
Vengono poi specificate le modalità pratiche di tale sospensione. In particolare, si precisa che, nel caso in cui il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso sarà differito alla fine di detto periodo.
Giungiamo così alla previsione che ci riguarda, quella del termine computato “a ritroso” (come, appunto, il termine per la costituzione dell’appellante e contestuale proposizione dell’appello incidentale), il quale ricada in tutto o in parte nel periodo di sospensione.
In questo caso, il decreto prevede che venga “differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”.
Rispetto al termine per la costituzione in giudizio e per la proposizione dell'appello incidentale, dunque, è previsto che venga rinviata l’udienza in relazione alla quale deve essere computato il termine, in modo tale che i venti giorni precedenti la data stessa ricadano dopo la fine del periodo di sospensione.
Quanto alla questione della mancata iscrizione a ruolo, occorre distinguere a seconda della scadenza del relativo termine. Se, infatti, il termine fosse inutilmente scaduto prima dell’inizio del periodo di sospensione, si produrrebbero gli effetti che la legge fa discendere dalla mancata costituzione dell'attore.
Se, invece, il termine per l’iscrizione a ruolo non fosse scaduto prima del 9 marzo, occorrerebbe computarne la scadenza secondo le regole sopra esaminate, previste dall’art. 83 del decreto “cura Italia”.
In ogni caso, l’emergenza da COVID-19 è ancora in atto e non è escluso che possano intervenire, nel frattempo, ulteriori aggiornamenti normativi anche sulla questione oggetto del quesito.