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Articolo 77 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rappresentanza del procuratore e dell'institore

Dispositivo dell'art. 77 Codice di procedura civile

Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari [1704, 1903, 2203, 2209 c.c.] non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto (1), tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari (2).

Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica e all'institore [2204 c.c.] (3).

Note

(1) La norma in esame disciplina l'ipotesi della c.d. rappresentanza processuale volontaria, tramite cui un soggetto, che ha il libero esercizio dei diritti, conferisce ad un altro il potere di rappresentarlo in un processo. Per la valida attribuzione del potere di rappresentanza non è richiesta la specificazione dei singoli rapporti in relazione ai quali viene attribuita la rappresentanza, bensì che sia stata conferita espressamente e per iscritto una procura e che tale procura venga attribuita a chi sia in pari tempo anche rappresentante sostanziale. Un esempio di deroga all'esclusione di una rappresentanza puramente processuale è prevista nei processi dinanzi al giudice di pace (si cfr. 7) dove è concesso alla parte la possibilità, esercitabile tramite mandato scritto in calce alla citazione, di farsi rappresentare anche da una persona che non sia rappresentante in senso sostanziale (si cfr.317).
(2) Un ulteriore ipotesi di deroga alla regola della procura scritta si riscontra nei casi in cui colui che è rappresentante sostanziale ma non rappresentante anche sul piano processuale, compie senza procura atti processuali urgenti come nell'ipotesi di azioni possessorie di cui all'art. 703 del c.p.c. o provocare misure cautelari come i sequestri ai sensi dell'art. 670 del c.p.c. e ss.. Si pensi ad esempio alle ipotesi in cui l'agente (si cfr. art. 1745 del c.c.) e il commesso (si ccfr. art. 2212 del c.c.) possono chiedere nell'interesse del preponente o dell'imprenditore i provvedimenti cautelari più opportuni.
(3) L'ultimo comma indica un'altra deroga alla necessità della procura scritta nel caso in cui la rappresentanza processuale si presuma conferita al procuratore generale di chi risieda o sia domiciliato all'estero oppure all'institore per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa cui è preposto (si cfr. 2204 2 c.c.).

Ratio Legis

Il legislatore attribuisce a ciascun soggetto la facoltà di conferire volontariamente la legittimazione processuale ad un rappresentante o institore, disciplinando inoltre le modalità di tale conferimento. La dottrina e la giurisprudenza considerano in senso restrittivo la portata del contenuto dell'articolo, ritenendo nullo il processo condotto dal falsus procurator (cioè dal rappresentante senza potere) e inammissibile lo strumento della negotiorum gestio (v. l' art. 2028 del c.c. e ss.) nel processo. In particolare la non operatività della gestione di affari in ambito processuale dipende dal fatto che essa presuppone il requisito dell'utiliter coeptum, ovvero l'utilità iniziale della gestione la cui sussistenza non può essere valutata in sede processuale a causa della struttura tecnica del processo.

Spiegazione dell'art. 77 Codice di procedura civile

Destinatari della presente disposizione sono il procuratore generale e quello preposto a determinati affari.
Colui il quale riveste la posizione di rappresentante volontario sulla base di una procura generale non può agire come tale nel processo se non ha ricevuto un'apposita procura per agire anche nel processo e cioè se il potere di stare in giudizio in nome del rappresentato non gli è stato conferito espressamente e per iscritto (la forma scritta non richiede però ulteriori requisiti formali, quali l'adozione dell'atto notarile, né particolari strumenti di pubblicità).
Qualora, invece, al procuratore generale ad negotia vengano conferiti anche poteri di rappresentanza processuale, in quel momento egli diviene titolare di una legittimazione processuale non esclusiva rispetto a quella originaria del rappresentato, il quale gli può subentrare e lo può sostituire in qualunque momento del processo.

Il difetto di potere rappresentativo processuale costituisce causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di un presupposto attinente la regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio.
Inoltre, poiché si tratta di questione inerente la regolarità del contraddittorio, il suo difetto sarà rilevabile d'ufficio.

Lo stesso legislatore ha tuttavia previsto delle deroghe, cioè dei casi in cui colui il quale assume la posizione di rappresentante volontario nel campo sostanziale ha anche la rappresentanza processuale, pur in mancanza di un conferimento scritto.
Infatti, lo stesso primo comma dell’art. 77 c.p.c. prevede una prima eccezione per il caso di atti urgenti e per le misure cautelari.

Altra deroga è quella disciplinata al secondo comma di esso, in cui si prevede che il potere rappresentativo processuale si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica e all'institore.
Si tratta di una c.d. presunzione iuris tantum, che esclude le risultanze contrarie.

La rappresentanza processuale volontaria può essere conferita soltanto a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio; infatti, la norma menziona, come possibili destinatari dell'investitura processuale, soltanto il procuratore generale e quello preposto a determinati affari, sul fondamento del principio dell'interesse ad agire (art. 100 del c.p.c.), inteso non soltanto come obbiettiva presenza o probabilità della lite, ma anche come appartenenza della stessa a chi agisce.

La necessità del possesso di un potere rappresentativo anche in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio dipende dal fatto che il potere di agire o resistere in sede processuale non è autonomamente disponibile rispetto alla totalità del bene della vita in relazione al quale venga richiesta tutela in giudizio

La giurisprudenza è concorde nel ritenere che gli atti compiuti dal rappresentante senza poteri o senza che i relativi poteri siano stati conferiti in forma scritta sono suscettibili di ratifica.
Infatti, si afferma che il difetto di legitimatio ad processum può essere sanato da una manifestazione di volontà del soggetto legittimato attraverso il suo intervento in giudizio ovvero mediante il rilascio della procura ai sensi dell'art. 77 c.p.c. in esame, che producono la regolarizzazione ex tunc del rapporto processuale, ma non valgono a sanare eventuali preclusioni o decadenze verificatesi medio tempore.

Massime relative all'art. 77 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 14894/2017

Il procuratore generale "ad negotia", cui siano conferiti anche poteri di rappresentanza processuale, diviene titolare di una legittimazione processuale non esclusiva rispetto a quella originaria del rappresentato, il quale può subentrargli e sostituirlo in qualunque momento del processo, non escluso quello iniziale del grado, senza che l’avvenuto conferimento di mandato al difensore, ad opera del rappresentante, comporti la necessità che questi appaia come la sola parte legittimata quanto meno nell’atto introduttivo del giudizio o del grado e con possibilità di sostituzione soltanto successiva. (Nella specie, un comune aveva appaltato la gestione del proprio patrimonio immobiliare conferendo alla società appaltatrice procura per lo svolgimento di tutte le attività, anche accessorie, nonché procura a stare in giudizio in nome e per conto dell'ente in tutti i procedimenti relativi ai servizi affidati; in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza reiettiva della domanda di indennità per migliorie avanzata nei confronti del comune dagli occupanti di un immobile comunale per difetto di legittimazione passiva dell’ente).

Cass. civ. n. 11100/2017

È improponibile la domanda giudiziale introdotta dal liquidatore di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, poiché l'effetto estintivo derivato da tale cancellazione determina il venir meno del potere di rappresentanza dell'ente estinto in capo al liquidatore e la successione dei soci alla società ai fini dell'esercizio, nei limiti ed alle condizioni stabilite, delle azioni dei creditori insoddisfatti.

Cass. civ. n. 12686/2016

La ratifica degli atti processuali compiuti da un soggetto carente della capacità di stare in giudizio è inidonea a sanare le decadenze processuali nel frattempo intervenute, avendo la sanatoria efficacia "ex nunc". (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che fosse inidonea a impedire il verificarsi dell'estinzione del giudizio la delibera del comitato di gestione della Cassa edile di mutualità ed assistenza di autorizzazione ad agire del suo Presidente, intervenuta oltre la scadenza del termine fissato per la riassunzione del giudizio sospeso dall'art. 412 bis c.p.c., "ratione temporis" vigente, e, dunque con effetto estintivo già verificato).

Cass. civ. n. 9354/2012

In materia di trasporto marittimo, al raccomandatario, ai sensi dell'art. 288 cod. nav., spetta "ex lege" la rappresentanza processuale dell'armatore nei medesimi limiti in cui gli è conferita la rappresentanza sostanziale, ed entro tali limiti egli può promuovere azioni o essere convenuto in giudizio in qualità di rappresentante, indipendentemente da uno specifico conferimento di poteri processuali da parte dell'armatore, rimanendo escluse da tale rappresentanza le obbligazioni contrattuali che esulano dal rapporto di raccomandazione. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha negato che il potere di rappresentanza processuale conferito all'agente marittimo includesse il mandato a vendere l'imbarcazione).

Cass. civ. n. 23670/2008

Il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisce in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio con efficacia retroattiva, con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell'effettiva rappresentanza dell'ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator. Tanto la ratifica, quanto la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da un soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazione degli articoli 83 e 125 c.p.c.

Cass. civ. n. 3484/2008

Il conferimento di una procura generale o speciale ad negozia non comporta, di per sé, l'automatica attribuzione anche della rappresentanza volontaria processuale, per la cui sussistenza, invece, è necessario uno specifico ed espresso mandato, da redigersi in forma scritta. (Nella specie, la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto l'inidoneità della procura notarile rilasciata per il compimento di uno specifico affare — ossia per ottenere dall'INPS il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sui ratei di pensione corrisposti in ritardo — priva dell'espresso conferimento della rappresentanza processuale).

Cass. civ. n. 5862/2007

In tema di condominio, la legittimazione ad agire in giudizio dell'amministratore in caso di pretese concernenti l'affermazione di diritti di proprietà, anche comune, può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito da ciascuno dei condomini al medesimo amministratore e non già — ad eccezione della equivalente ipotesi di unanime positiva deliberazione di tutti i condomini — nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, che vale ad attribuire, nei limiti di legge e di regolamento, la mera legittimazione processuale ex articolo 77 c.p.c., presupponente peraltro quella sostanziale. Ne consegue che, in assenza del potere rappresentativo in capo all'amministratore in relazione all'azione esercitata, la mancata costituzione del rapporto processuale per difetto della legittimazione processuale inscindibilmente connessa al potere rappresentativo sostanziale mancante — vizio rilevabile anche d'ufficio, pure in sede di legittimità — comporta la nullità della procura alle liti, di tutti gli atti compiuti e della sentenza. (Nella specie, l'amministratore aveva esperito azione per far accertare la proprietà in capo al condominio dei locali soffitte di cui un condomino si era appropriato mettendoli in comunicazione con la propria abitazione a mezzo di una botola: la Suprema Corte, sulla base dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza della corte di merito, che aveva accolto la domanda, perché l'azione non poteva essere proposta).

Cass. civ. n. 2535/2006

In tema di potere di rappresentanza processuale, a nulla rileva che la procura venga conferita quanto il rapporto di lavoro dedotto in giudizio si sia già estinto, tenuto conto che gli unici requisiti stabiliti dalle norme e ricavabili dai principi giurisprudenziali, sono quelli della concomitanza in capo al procuratore dei poteri sostanziali e processuali, e ciò indipendentemente dal tempo del conferimento della procura e dall'individuazione aprioristica dei singoli rapporti ai quali è attribuita la rappresentanza sostanziale. La ratio di tale regola risiede esclusivamente nell'esigenza che il rappresentante processuale sia fornito anche dei poteri dispositivi relativi al rapporto sostanziale, dei quali può rivelarsi necessario l'esercizio anche se il rapporto si è svolto nel passato (ad esempio al fine di transigere o conciliare la lite). (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio suesposto, ha confermato la decisione di merito che, con riferimento a procura ad litem rilasciata non del legale rappresentante di una società, ma da un procuratore speciale, successivamente alla estinzione del rapporto di lavoro controverso, aveva rilevato la piena rispondenza all'art. 77 c.p.c.

Cass. civ. n. 11097/2004

La rappresentanza processuale volontaria può essere conferita soltanto a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, come si evince dall'art. 77 c.p.c., il quale menziona, come possibili destinatari dell'investitura processuale, soltanto il «procuratore generale e quello preposto a determinati affari» sul fondamento del principio dell'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) inteso non soltanto come obbiettiva presenza o probabilità della lite, ma altresì come «appartenenza» della stessa a chi agisce (nel senso che la relazione della lite con l'agente debba consistere in ciò che l'interesse in lite sia suo): più precisamente, l'art. 100 c.p.c., letto in combinazione con l'art. 77, indica la necessita che chi agisce abbia rispetto alla lite una posizione particolare che la norma stessa non definisce, ma che può desumersi dalle ipotesi individuate dall'altra norma, sì da condurre all'affermazione di una regola generale per cui il diritto di agire spetta a chi abbia il potere di rappresentare l'interessato o nella totalità dei suoi affari (procuratore generale) o in un gruppo omogeneo di questi, paragonabile ad un'azienda commerciale o ad un suo settore (institore).

Cass. civ. n. 9893/2004

Il potere di stare in giudizio in nome e per conto di altri (e di rilasciare, eventualmente, in tale veste, anche la procura al difensore, ove occorra) presuppone, salvi i casi di rappresentanza legale (art. 75 c.p.c.) un mandato che abbia forma scritta e conferisca potere rappresentativo anche con riferimento al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, atteso che il potere di agire o di resistere in sede processuale non è autonomamente disponibile rispetto alla titolarità del bene della vita in relazione al quale venga richiesta tutela in giudizio. Il principio di cui all'art. 1392 c.c., in forza del quale la procura non ha effetto se non sia conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere, non si applica, peraltro, con riferimento all'incarico di gestire una lite, in ordine al quale non assume rilevanza lo scopo cui il giudizio è strumentalmente diretto.

Cass. civ. n. 8421/2004

Nel quadro del principio per cui non può essere attribuita la rappresentanza processuale quando non risulti conferita al medesimo soggetto anche la rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, deve escludersi che il titolare della direzione affari legali di una società di capitali possa ritenersi munito, indipendentemente dal conferimento di apposita procura (e cioè per via di mera e necessaria deduzione logica dal fatto di ricoprire tale carica), di poteri di rappresentanza sostanziale in ordine ai rapporti caratterizzati dall'elemento comune di costituire oggetto di controversia. Ciò posto, la procura che attribuisca al detto dirigente il potere di decidere, a nome dell'azienda, le modalità di definizione dei rapporti controversi — se transigere, sottoporre la questione al giudice o agli arbitri, o resistere — non può essere interpretata quale conferimento di rappresentanza di ordine meramente processuale, atteso che l'anzidetto potere di scegliere ed attuare la migliore soluzione dei rapporti stessi rivela tipiche caratteristiche sostanziali e negoziali, comprendendo in sé e precedendo logicamente quello di costituirsi in giudizio (nella fattispecie, la Suprema Corte ha cassato la sentenza della Corte d'appello, che aveva ritenuto che una procura rilasciata al direttore della Direzione affari legali della RAI Spa dal presidente del consiglio di amministrazione contenesse il conferimento di poteri esclusivamente processuali, nonostante che la procura stessa investisse tale direttore del potere di assumere «tutte le iniziative in ordine alla instaurazione dei giudizi ed alla resistenza nelle cause» nonché di «effettuare rinunce e transazioni»).

Cass. civ. n. 12908/2003

A norma dell'art. 77 c.p.c., il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente se tale potere non sia stato loro conferito espressamente per iscritto; deve quindi ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione proposto non dal legale rappresentante di una società, ma da un procuratore che risulti nominato dall'amministratore delegato solo per stare in giudizio, attivamente e passivamente, nella fase di merito.

Cass. civ. n. 128/2002

L'art. 77 c.p.c., nel prevedere la forma scritta per il conferimento del potere di stare in giudizio a nome di un altro soggetto, non richiede ulteriori requisiti formali, quali l'adozione dell'atto notarile, né particolari strumenti di pubblicità. (Fattispecie relativa al conferimento di poteri di rappresentanza anche processuale a taluni dirigenti delle Ferrovie dello Stato Spa con “delibera” dell'amministratore straordinario; la S.C. ha ritenuto provata l'anteriorità della delibera stessa rispetto alla costituzione in giudizio in primo grado sulla base dell'inserimento della stessa nel libro delle delibere dell'amministratore straordinario, attestato con atto notarile, e della sua precisa e dettagliata menzione nella procura alle liti in calce alla memoria di costituzione).

Nel quadro del principio della non conferibilità della rappresentanza processuale ad un soggetto che non sia munito anche di poteri di rappresentanza sostanziale relativamente ai rapporti dedotti in giudizio, il legale rappresentante di una società di capitali può ritenersi abilitato a conferire ad altre persone fisiche il potere di rappresentare la società in giudizio — e quindi anche di conferire procura alle liti ai difensori a norma dell'art. 83 c.p.c. —, se le stesse siano munite anche di poteri di rappresentanza sostanziale di carattere generale o inerenti a un organico campo di interessi, come nel caso della rappresentanza institoria, peraltro configurabile anche riguardo al dirigente preposto ad un complesso di rapporti caratterizzati dall'elemento comune di costituire oggetto di controversia. (Nella specie la S.C., procedendo ad un esame diretto degli atti e annullando, sul punto, la sentenza impugnata, ha ritenuto la società Ferrovie dello Stato regolarmente costituita in giudizio fin dall'inizio in persona del capo dell'ufficio affari legali di Genova, in base alla delibera dell'amministratore straordinario del 17 dicembre 1992, con cui era stato attribuito il potere di rappresentanza processuale anche ai capi degli uffici legali territoriali, i cui poteri anche di rappresentanza sostanziale per i rapporti oggetti di contenzioso di loro competenza trovavano conferma, oltre che nel conferimento della “rappresentanza legale” e nella loro preposizione institoria — pur non esclusiva — a detto contenzioso—, nel potere, di cui erano muniti, di nominare i procuratori destinati a comparire in udienza in rappresentanza della parte a norma dell'art. 420, secondo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 15270/2001

Non può essere attribuita la rappresentanza processuale quando non risulti attribuita al medesimo soggetto altresì la rappresentanza sostanziale in ordine ai rapporti dedotti in giudizio, tuttavia il conferimento della rappresentanza sostanziale non deve necessariamente essere contenuto nel medesimo atto attributivo dei poteri di rappresentanza processuale, né tale conferimento deve risultare dal suddetto atto in maniera sempre espressa e attraverso l'uso di formule prestabilite, né, infine, i rapporti per i quali è attribuita la rappresentanza sostanziale devono essere necessariamente individuati in maniera specifica ed analitica; ne consegue che, a fronte di una procura attributiva di poteri rappresentativi processuali che non contenga altresì l'espressa attribuzione di correlativi poteri sostanziali, occorre sempre valutare, avendo riguardo al tenore complessivo dell'atto, se tali poteri non possano ritenersi presupposti o implicitamente attribuiti ed, eventualmente, se l'individuazione dei corrispondenti rapporti non possa ricavarsi in via indiretta o per relationem. (Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza d'appello dichiarativa dell'inammissibilità dell'impugnazione per difetto di legittimazione processuale del rappresentante della Rai, ritenendo che dalla procura attributiva di poteri di rappresentanza processuale potesse desumersi la precedente attribuzione di poteri di rappresentanza sostanziale in ordine ai rapporti dedotti in giudizio, atteso che nell'epigrafe dell'atto il rappresentante veniva individuato come Direttore della direzione risorse umane e organizzative della Rai, e perciò come dirigente preposto allo specifico settore relativo alla gestione del personale).

Cass. civ. n. 5643/1999

La legittimazione processuale, attiva e passiva, dell'institore per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa costituisce un attributo connaturale della qualità del soggetto; ne consegue che, per la sua sussistenza, non occorre affatto un'espressa enunciazione nella procura, mentre occorre un'espressa esclusione per poterla negare.

Cass. civ. n. 10771/1998

Il dirigente di un'impresa preposto alla gestione di un determinato settore aziendale, nel venire in relazione con terzi per la conclusione di affari pertinenti al medesimo settore, impegna la responsabilità dell'impresa indipendentemente dal conferimento di specifiche procure, in quanto il potere di rappresentanza costituisce effetto naturale della sua collocazione nell'organizzazione dell'impresa. Conseguentemente non può dubitarsi della validità della procura alle liti dal medesimo rilasciata sulla base di poteri di rappresentanza processuale dell'impresa formalmente conferitagli con apposita procura, sotto il profilo della dissociazione tra poteri rappresentativi di natura processuale e sostanziale. (Fattispecie relativa a procura alle liti per controversia di lavoro rilasciata dal direttore della direzione risorse umane e organizzazione della Rai, peraltro munito formalmente di poteri rappresentativi anche in merito a rinunce e transazioni).

Cass. civ. n. 5715/1997

Il carattere della irrevocabilità, peculiare del mandato conferito nell'interesse del mandatario (cosiddetto mandato in rem propriam), si estrinseca e si esaurisce nel limitato ambito dei rapporti interni tra mandante e mandatario, il quale ultimo è, pur sempre, chiamato a svolgere una attività per conto altrui, sì che i diritti spettanti al mandante, non riversandosi automaticamente nella sfera giuridica del mandatario, non potranno, da questi, legittimamente farsi valere in giudizio senza l'osservanza dell'onere di cui all'art. 77 c.p.c.

Cass. civ. n. 5316/1997

Gli atti compiuti in giudizio dal rappresentante senza poteri o senza i poteri conferiti con la forma scritta, richiesta dall'art. 77 c.p.c., sono soggetti a ratifica, sicché il difetto di legittimazione ad processum viene eliminato dalla manifestazione di volontà del soggetto legittimato attraverso il suo intervento in giudizio (nella specie, nel corso del giudizio di primo grado) o il rilascio della procura ai sensi dell'art. 77 citato, che producono la regolarizzazione ex nunc del rapporto processuale, ma non valgono a sanare eventuali preclusioni o decadenze verificatesi medio tempore.

Cass. civ. n. 2754/1997

L'operatività ex tunc della ratifica nell'ambito del diritto processuale permette di riferire allo pseudo rappresentato l'attività svolta dal falsus procurator, salvo il caso espressamente eccettuato dall'art. 182 c.p.c. che si sia verificata una decadenza. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata con cui era stata dichiarata l'inammissibilità dell'appello per difetto di rappresentanza dell'amministratore di un condominio, nonostante la ratifica dell'assemblea intervenuta nel corso dello stesso giudizio d'appello, ma dopo che era scaduto, il termine per proporre impugnazione).

Cass. civ. n. 4652/1996

Ai sensi del principio secondo cui la rappresentanza processuale di cui all'art. 77 c.p.c., con la relativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferita soltanto a colui che già sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio (espressione del più generale principio del processo relativo alla non disponibilità in via negoziale del potere di stare in giudizio, per la necessità di collegamento tra diritto alla tutela giurisdizionale e affermazione della titolarità del diritto sostanziale), il legale rappresentante di una società di capitali, pur in presenza di una disposizione dello statuto sociale che lo abiliti al conferimento di una procura di carattere esclusivamente formale, non conferisce validamente ad altro soggetto la rappresentanza processuale della società stessa, allorché tale delega sia disgiunta dall'attribuzione di poteri di rappresentanza sostanziale. Il conseguente difetto di legittimazione processuale del soggetto designato come rappresentante è rilevabile in ogni stato e grado del processo, non escluso il giudizio di cassazione, investendo un presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale.

Cass. civ. n. 8681/1995

Il potere di rappresentanza processuale, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferito soltanto a colui che sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, talché neppure il rappresentante legale di una società di capitali può conferire ad un terzo una rappresentanza limitata soltanto agli atti del processo.

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