I poteri dell'
institore riguardano solo la gestione dell'impresa. Pertanto egli non può alienare l'azienda o darla in affitto, né può compiere atti che determinino la sua sostanziale trasformazione.
Allo stesso tempo le limitazioni contenute nella
procura (v. art.
2203) non possono giungere al punto di svuotare di contenuto la preposizione institoria.
È controverso se gli
atti pertinenti all'esercizio dell'impresa vadano individuati tenendo conto dell'oggetto dell'impresa stessa da un punto di vista astratto ovvero se la pertinenza vada determinata in relazione al caso concreto. Sono atti pertinenti sia gli
atti necessari, sia quelli
meramente utili.
Tra gli atti pertinenti vanno inclusi anche quelli per i quali sia richiesta la forma scritta
ad substantiam.
Il potere di
rappresentanza processuale dell'institore è disciplinato anche dall'art.
77, 2° comma, c.p.c. Secondo l'opinione prevalente, la rappresentanza processuale dell'institore può essere limitata dal
preponente solo per quanto riguarda la legittimazione processuale attiva, non quella passiva che è disposta nell'interesse dei terzi.
Rientrano nella rappresentanza institoria le decisioni circa la
gestione delle controversie dinanzi agli organi di giurisdizione, con la sola eccezione delle decisioni relative alla composizione delle liti, per cui è richiesta una specifica autorizzazione.
La legittimazione processuale non è limitata agli atti compiuti dall'institore, ma riguarda
tutti i giudizi dipendenti da qualsiasi atto da chiunque compiuto nell'esercizio dell'impresa o della sede o del ramo cui l'institore è preposto.
La legittimazione processuale viene meno soltanto con l'estinzione dell'impresa e non per la semplice cancellazione dal
registro delle imprese.