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Articolo 2 Codice del consumo

(D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)

[Aggiornato al 31/12/2023]

Diritti dei consumatori

Dispositivo dell'art. 2 Codice del consumo

1. Sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalità, anche attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche amministrazioni.

2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:

  1. a) alla tutela della salute;
  2. b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
  3. c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;
  4. c-bis) all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà;
  5. d) all'educazione al consumo;
  6. e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
  7. f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;
  8. g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

Spiegazione dell'art. 2 Codice del consumo

L’espressione con cui si apre questa norma “Sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti…” pone innanzitutto in evidenza la circostanza che l’interesse da tutelare può essere sia di un singolo che collettivo.
Quest’ultimo non è altro che un interesse comune a diversi soggetti appartenenti ad un gruppo omogeneo (i consumatori), la cui tutela è garantita da un ente che ne rappresenta gli interessi (sono tali, ad esempio, le associazioni dei consumatori).

Fino a poco tempo fa in Italia erano previste soltanto azioni individuali, in quanto ogni consumatore era costretto ad agire singolarmente per il risarcimento di eventuali danni.
Solo successivamente, per effetto delle nuove disposizioni inserite all’art. 140 bis del Codice del Consumo, è stata introdotta anche in Italia la possibilità per i consumatori di far valere insieme i propri diritti, in forza della cd. “azione collettiva risarcitoria”.
La portata innovativa di questa previsione va ravvisata sul piano delle situazioni giuridiche sostanziali di pertinenza dei consumatori, riconosciute come diritti fondamentali, nonché su quello dei rimedi predisposti per il caso di una loro eventuale violazione da parte del professionista.

La seconda parte della norma può essere considerata una sorta di manifesto dei diritti dei consumatori, in quanto non fa altro che riportare un elenco di diritti che costituiscono la base della tutela dei consumatori; nello stesso tempo, l’elencazione di specifici diritti sembra costituire un superamento del concetto di interessi collettivi o diffusi, elevando espressamente le posizioni del consumatore, negli ambiti elencati, al rango di veri e propri diritti soggettivi, garantendone di conseguenza la tutela individuale o collettiva.

Analizziamo singolarmente i diritti che vengono qui enunciati:
a) il diritto alla tutela della salute.
Si tratta di un diritto già riconosciuto e garantito dalla nostra Costituzione Repubblicana all'art. 32 come diritto fondamentale per l'individuo e per l'interesse della collettività, e che viene specificamente ribadito tra i diritti dei consumatori, con riferimento al consumo di beni o prodotti e al diritto all’utilizzo di servizi.
Tuttavia, occorre evidenziare che il diritto previsto dal Codice del Consumo è ben diverso dal diritto alla salute sancito dall'art. 32 della Costituzione, il quale ultimo si sostanzia nel diritto a non subire una lesione dell'integrità psico-fisica (la salute, appunto), mentre quello previsto dalla norma in esame consiste nel diritto alla “tutela”, ossia alla "protezione" della stessa, o ancora, detto in altri termini, a che la salute non sia messa in pericolo (diritto alla sicurezza).
Pertanto, può dirsi che la salute non solo gode nel nostro ordinamento nazionale di una tutela diretta, volta a favorire il ripristino delle condizioni di integrità fisiche e mentali venute a mancare per qualsivoglia ragione, ma anche di una tutela indiretta, volta a prevenire che si creino situazioni, definite pericolose, che possano in qualche modo minacciare o abbiano elevata probabilità di nuocere, la salute degli individui, considerati anche sotto il profilo di consumatori.
Volendo esemplificare, può dirsi che rientrano nel campo di applicazione del diritto alla tutela della salute:
- un'adeguata educazione sanitaria;
- il poter vivere in un ambiente sano;
- l’utilizzo di strutture sanitarie secondo standard di efficienza ed efficacia;
- l'igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale, la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti ed il controllo della loro alimentazione;
- la sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell'informazione scientifica sugli stessi diretta ad assicurare l'efficacia terapeutica, la non nocività e la economicità del prodotto.

b) il diritto alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi. Di tale diritto se ne occupa specificamente la parte quarta del codice del consumo, nella sezione dedicata alla sicurezza dei prodotti, alla responsabilità del produttore ed alle garanzie legali di conformità.
L’espressione qui utilizzata deve intendersi nel senso che ogni prodotto commercializzato deve essere sicuro, o meglio nel senso che, in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili, il prodotto non deve presentare alcun rischio o soltanto rischi ridotti, compatibili con il suo utilizzo e considerati accettabili secondo un elevato livello di tutela della salute e della sicurezza dei consumatori.
Esiste, infatti, tutta una serie di norme che riguardano alcune categorie di prodotti specifici (come i giocattoli, gli ascensori, gli esplosivi per uso civile, i dispositivi medici ecc) e la conformità alle disposizioni specifiche relative alla sicurezza rende il prodotto sicuro.
In assenza di una specifica regolamentazione, il prodotto può considerarsi sicuro se risponde ad una legittima attesa di sicurezza del consumatore, il quale fa uso del prodotto in condizioni normali o ragionevolmente prevedibili.
La possibilità di eseguire dei controlli effettivi ed efficaci, a livello nazionale ma coordinati a livello europeo, costituisce condizione essenziale per garantire un elevato livello di sicurezza.

c) il diritto ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità.
Tale diritto è disciplinato in maniera specifica nella Parte II, nella sezione dedicata all’informazione ai consumatori, alla pubblicità ed alle pratiche commerciali.
Nel corso degli anni la tutela giuridica del consumatore è stata rivolta essenzialmente al momento del contratto, trascurando l’inquadramento della pubblicità e delle comunicazioni informative destinate ai consumatori.
In tale ottica si inserisce l’adozione del D.lgs. n. 145 del 2 agosto 2007, riguardante appunto la pubblicità ingannevole e comparativa, le cui disposizioni sono state fatte poi confluire nel Codice del Consumo.
In particolare, può dirsi che il diritto a una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità si risolve in tutta una serie di obblighi e limitazioni, rivolte ai produttori, tenuto conto del fatto che i consumatori non dispongono sempre di adeguati strumenti per poter rendersi conto di eventuali esagerazioni o inganni, rischiando così di essere indotti a farsi idee sbagliate rispetto a prodotti o servizi, o, peggio, di finire al “sovraconsumo” ed al “sovraindebitamento”.
Il diritto ad una adeguata informazione, dunque, deve vedersi dal lato passivo, ovvero, come obbligo di informare il consumatore al fine di riequilibrare il rapporto di consumo che vede il consumatore come elemento debole (c.d. asimmetria informativa).
Le informazioni al consumatore devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore; in ogni caso, è essenziale che comprendano le indicazioni in materia di sicurezza, composizione e qualità dei prodotti.
In ordine alla definizione di “diritto ad una corretta pubblicità” si ritiene possa essere utile richiamare quella contenuta nel sopra citato decreto legislativo n.145/07 dove, per pubblicità si intende una “qualsiasi forma di messaggio diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi, oppure la costituzione o il trasferimento di diritti e obblighi su di essi”, comprendendo, quindi, sia la pubblicità rivolta al grande pubblico e diffusa su larga scala, sia una comunicazione personale rivolta a un privato.

c bis) il diritto all’esercizio delle pratiche commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà.
Il Decreto legislativo n. 221/2007 ha approvato le modifiche al Codice del Consumo per l’inserimento della disciplina delle Direttive comunitarie 2002/65 in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari, e 2005/29, in materia di pratiche commerciali scorrette
Il diritto sancito in questa lettera si affianca, quasi per completarlo, al diritto ad una corretta pubblicità sopra esaminato. In linea generale può essere definito (in senso passivo) come l’obbligo di non fornire al consumatore indicazioni che possano alterare sensibilmente la sua capacità di scelta, “inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.
Questo nuovo “diritto fondamentale”, trova espressa e specifica attuazione per mezzo delle regole dettate agli artt. 18 e ss. del Codice del Consumo, dovendosi evidenziare la più ampia nozione di “pratica commerciale”, che include quella di “corretta pubblicità”.

d)il diritto all’educazione al consumo.
Si tratta di un processo mediante il quale è possibile migliorare la capacità del consumatore di valutare le scelte di consumo. La scelta da parte del consumatore di un bene rispetto ad un altro può infatti influenzare l’economia, l’ambiente e la società (un consumatore educato al consumo non è oggetto, ma soggetto del mercato).
Tale diritto viene specificatamente disciplinato all’art. 4 del codice consumo e si sostanzia nella predisposizione di attività rivolte ai consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati e dirette a rendere evidenti le caratteristiche di beni e servizi, ovvero rendere chiaramente percepibili i costi ed i benefici, i vantaggi e gli svantaggi conseguenti ad una scelta di consumo.
L’educazione al consumo consiste, quindi, nella predisposizione di strumenti informativi utilizzati per istruire il consumatore, che necessita di tutela, sul funzionamento dell’economia di mercato, sui prodotti e i servizi, sulle fonti di informazione, su come difendere i propri interessi. Inoltre, aiuta a formare un comportamento adeguato per raggiungere interessi individuali e/o collettivi in ambito consumeristico. supportare i consumatori nei loro tentativi di organizzare la loro vita quotidiana in modo sostenibile e nel rispetto delle risorse disponibili.
In modo ancora più sintetico, può dirsi che per educazione al consumo si intende che i consumatori devono:
1. acquisire un bagaglio informativo riguardante beni e servizi di consumo;
2. avere i criteri di base per comprendere i valori legati al consumo e i giusti metodi di valutazione;
3. essere consapevoli della funzione sociale del consumo ed avere una conoscenza di base del loro ruolo.


e)il diritto alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali.
Tale diritto si sostanzia nella predisposizione e formulazione del regolamento contrattuale in modo chiaro e comprensibile, cioè in modo completo e leggibile, nel rispetto della clausola di buona fede e impostando i contenuti in modo tale che siano considerati “giusti” da entrambe le parti.
In ogni caso deve essere garantito il diritto all’autonomia contrattuale (in forza della quale le parti sono libere di determinare il contenuto del contratto) ed il rispetto degli obblighi imperativi (ovvero, l’impossibilità di escludere tra i contenuti del contratto le disposizioni a tutela dei consumatori).
Considerando il consumatore come parte debole, essenziale è la cooperazione tra le parti, così da permettere allo stesso consumatore di valutare liberamente e consapevolmente la convenienza e l’opportunità della contrattazione, assumendosene i relativi rischi.
Ciò consente di riequilibrare la posizione del consumatore rispetto a quella della controparte professionale, dotata di maggiori conoscenze tecniche, maggiori risorse, maggiore forza contrattuale e capacità di influire sulle sorti del rapporto.

f) il diritto alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti.
Tale aspetto trova disciplina nella Parte V del Codice del Consumo relativo alle associazioni rappresentative dei consumatori a livello nazionale.
Il diritto in esame consiste, innanzitutto, nella predisposizione di quelle disposizioni normative in forza delle quali si riconosce la possibilità per i consumatori e gli utenti di associarsi liberamente e democraticamente, e si consente loro, attraverso i propri rappresentanti e con gli strumenti posti a disposizione dall’ordinamento, di partecipare al processo decisionale per le questioni che li interessano, a livello locale, nazionale o comunitario.
Inoltre, la portata di tale diritto si sostanzia nella possibilità concessa alle associazioni dei consumatori, nel rispetto di determinati criteri, di essere riconosciute a livello nazionale, finanziate e ammesse a partecipare alle riunioni periodiche del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (attraverso l’espressione di pareri, la formulazione di proposte, l’elaborazione di programmi ed altre iniziative) nel settore dei diritti e delle tutele dei consumatori e degli utenti.

g) il diritto all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.
Si tratta di un diritto strettamente connesso al rispetto dei principi di efficacia, efficienza, economicità e qualità e che trova la sua specificazione nella norma di rinvio di cui all’art. 101 del codice consumo.
Entrambe le disposizioni trovano, a loro volta, fondamento normativo nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 (recante Principi sull’erogazione dei servizi pubblici) e nell’art. 11 del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
In particolare, la Direttiva del 1994 (cd. Direttiva Ciampi) reca una definizione di servizi pubblici stabilendo che “sono considerati servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all’assistenza e previdenza sociale, all’ istruzione e alla libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell’art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas”.
L’art. 11 del D.Lgs 286/99, in attuazione dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, detta i principi base in merito alla qualità dei servizi pubblici e alle carte dei servizi e rinvia alle direttive annuali del presidente del consiglio la definizione dei criteri di fissazione degli standard di efficienza ed efficacia e le modalità di adozione delle carte di servizi, comprese le modalità di indennizzo automatico e forfettario all'utenza per mancato rispetto degli standard di qualità.

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