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Articolo 1872 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Modi di costituzione

Dispositivo dell'art. 1872 Codice Civile

La rendita vitalizia può essere costituita [1350 n. 10] a titolo oneroso, mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale(1).

La rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione o per testamento, e in questo caso si osservano le norme stabilite dalla legge per tali atti(2).

Note

(1) La rendita vitalizia è fattispecie formale (1350 n. 10 c.c.) e necessariamente aleatoria: il rischio grava su chi deve corrispondere la rendita e deriva dall'incertezza circa la durata della vita dell'avente diritto (v. 1873 c.c.). Come nella rendita perpetua (1861 c.c.), anche in quella vitalizia il diritto del soggetto è un diritto di credito. Se viene costituita per contratto esso è consensuale (1376 c.c.), di durata e con prestazioni periodiche corrispettive anche se indipendenti tra di loro.
(2) Oltre a queste vi sono altre fonti tra le quali il contratto a favore di terzo (1875, 1411 c.c.), quello di assicurazione (1882 ss. c.c.) e la promessa al pubblico (1989 c.c.).

Ratio Legis

La ratio sottesa alla norma è quella di stabilire una disciplina uniforme per ogni ipotesi di rendita vitalizia, sia tipica che atipica, a prescindere, quindi, dalla fonte.

Spiegazione dell'art. 1872 Codice Civile

Portata della norma
La norma regola i modi di costituzione della rendita vitalizia, in termini sostanzialmente uguali a quelli del vecchio codice.
È da notate una maggior precisione di dettato nella prima parte dell' articolo, ove si dice che la rendita a titolo oneroso si costituisce mediante alienazione di una coca mobile o immobile o mediante cessione di capitale, laddove il corrispondente art. 1789 del codice del 1865 usava l'espressione “mediante una somma di denaro o altra cosa mobile o mediante un immobile”.
Il capoverso condensa in sé il contenuto degli articoli 1790 e 1791 del codice del 1865, richiamando con espressione molto ampia: “le norme stabilite dalla legge” per il testamento o per la donazione, e vale quindi a eliminare il dubbio circa la portata tassativa o esemplificativa dell'elencazione contenuta nell'art. 1791.
Contratto di vitalizio a titolo oneroso
Il contratto di vitalizio a titolo oneroso, cui si riferisce la prima parte della norma, può definirsi quel negozio in forza del quale dietro un determinato corrispettivo, taluno (debitore della rendita vitaliziante, costituente) si obbliga a corrispondere ad altri (creditore della rendita, vitaliziato) una determinata prestazione periodica in denaro o in altre cose fungibili per la durata della vita di una o più persone determinate (c.d. vita contemplata).
Data l'ampiezza della formula usata dall'articolo, è chiaro che la controprestazione del vitaliziato può avere il più ampio contenuto: così il dominio diretto, quello utile, il diritto di superficie, una ragione di credito, un diritto successorio, la costituzione o rinuncia ad una servitù ecc.
Del pari è chiaro come, però, qualunque sia il contenuto di tale prestazione, il contratto di vitalizio abbia la natura giuridica di contratto consensuale e come sia priva di fondamento l'opinione di coloro che parlano invece di contratto reale, quando il vitalizio sia costituito mediante cessione di un capitale.
La legge, infatti, non solo non fornisce nessun appiglio per una tale distinzione, ma è anzi redatta in termini così generali da non consentirla.
Quanto alla forma del contratto, si è già visto come l' art. 1350 del c.c., n. 10, stabilisca la forma scritta.
L'elemento dell'alea
Il progetto ministeriale dichiarava all'art. 679 che “il contratto vitalizio a titolo oneroso è essenzialmente aleatorio”. La norma non è stata riprodotta nel codice, ma è chiaro che per esso, così come per quello del 1865, l'alea è un elemento essenziale del contratto di vitalizio e non solo un elemento accessorio di specie, il quale altro effetto non produce se non quello di attribuire al contratto medesimo un carattere di corrispettività e di onerosità che altrimenti non avrebbe.
Questo naturalmente vale per il contratto di vitalizio a titolo oneroso in senso proprio: anche per la nuova legge deve infatti ritenersi ammissibile il vitalizio improprio, cioè il contratto con cui una delle parti, accettando dall'altra il trasferimento di determinati beni, si obbliga a corrisponderle, vita natural durante, una prestazione periodica che si prevede inferiore al reddito dei beni trasferiti, in modo da escludere il concorso dell'alea.
Rendita costituita mediante donazione
Il secondo comma dell'articolo prevede anzitutto la costituzione di rendita mediante donazione.
Tale fonte può naturalmente atteggiarsi in vario modo, assumendo una duplice configurazione. In altre parole, può accadere che lo stesso donante si vincoli verso il donatario a corrispondergli una rendita vitalizia, oppure che il donante faccia acquistare al donatario il diritto alla rendita in modo che l'obbligazione gravi non già sul donante stesso, ma su di un terzo obbligato. Questo secondo tipo di donazione di rendita può a sua volta realizzarsi in due modi: o mediante cessione che il donante compie, a favore del donatario, di un diritto di rendita a lui spettante oppure a mezzo di una delegazione a pagare la rendita nelle mani del donatario.
Rendita costituita per testamento
L'altra fonte prevista dal secondo comma dell'articolo è il testamento che dispone un legato di rendita. In proposito è da tenere in particolar modo presente l' art. 670 del c.c., relativo al legato di prestazioni periodiche.
Quanto alla natura giuridica di tale legato, pare pacifico che si tratti di legato unico, riflettente un diritto principale di rendita vitalizia, di cui le singole prestazioni rappresentano i proventi o frutti.
Rendita costituita mediante contratto di assicurazione sulla vita
Altra fonte negoziale della rendita vitalizia (oltre al contratto a favore di terzi, cui si riferisce l' art. 1875 del c.c.) è il contratto di assicurazione sulla vita in talune sue particellari configurazioni (assicurazione di sopravvivenza, assicurazione di una rendita vitalizia immediata e assicurazione di una rendita vitalizia differita).
Naturalmente in ciascuno di questi tipi di assicurazione, il diritto del beneficiario alla rendita è condizionato.
Infatti, nell' assicurazione di sopravvivenza il diritto del beneficiario designato dallo stipulante è subordinato alla condizione che lo stesso beneficiario sopravviva all'assicurato senza essere stato revocato, nell' assicurazione di una rendita vitalizia immediata il diritto del beneficiario è poi subordinato alla condizione che lo stesso beneficiario sia ancor a vivo al momento della scadenza della prima rata; infine nell' assicurazione di una rendita vitalizia differita, alla condizione che il beneficiario sia ancora vivo dopo il termine di differimento.
Quanto poi alla forma richiesta per la fonte di rendita in esame, è naturalmente quella del contratto di assicurazione (art. 1919 del c.c.).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

572 A proposito della forma di costituzione della rendita vitalizia, ho precisato nell'articolo 668 (596 del progetto del 1936) che essa presuppone una alienazione di cosa o una cessione di capitale, per meglio rilevare, dal lato giuridico, il meccanismo genetico del contratto.
Il progetto del 1936 soggiungeva nell'articolo 597 che, se la costituzione della rendita si fa a titolo gratuito per donazione o per testamento, si applicano le norme relative alla forma di detti atti; ma il rinvio alle regole della donazione e del testamento andava fatto invia più generica, essendo ovvio che, nei casi suddetti, anche la disciplina sostanziale del contratto vitalizio è suscettibile di ricevere riflessi da quella della donazione e del testamento. Ho quindi richiamato con formula più comprensiva questa disciplina; e così mi è riuscito possibile sopprimere l'articolo 598 del progetto del 1936.

Massime relative all'art. 1872 Codice Civile

Cass. civ. n. 10031/2023

L'accordo, concluso in sede di separazione e poi trasfuso nel divorzio congiunto, con cui i coniugi convengano che, a fronte della cessione di quote societarie dalla moglie al marito, quest'ultimo corrisponda alla predetta ed ai figli, senza soluzione di continuità, un assegno "vita natural durante", anche dopo il raggiungimento della maggiore età, non è suscettibile di revisione ex art. 8 della l. n. 898 del 1970, trattandosi non di pattuizione di un assegno divorzile, ma di costituzione di una rendita vitalizia.

Cass. civ. n. 1080/2020

In tema di vitalizio alimentare, stante la natura "intuitu personae" di tale contratto atipico ed in difetto di una pattuizione che contempli la possibilità che l'assistenza sia prestata anche da terzi, le prestazioni in favore del vitaliziato possono essere eseguite unicamente dal vitaliziante contrattualmente individuato.

Cass. civ. n. 22009/2016

Il contratto atipico di cd. "vitalizio alimentare" differisce da quello, nominato, di rendita vitalizia, ex art. 1872 c.c., per l'accentuata spiritualità delle prestazioni assistenziali che ne costituiscono il contenuto, come tali eseguibili solo da un vitaliziante specificamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali, e per il carattere più marcato dell'alea che lo riguarda, correlata non solo alla durata della vita del beneficiario ma anche alla variabilità e discontinuità delle prestazioni suddette, suscettibili di modificarsi secondo i bisogni (anche in relazione all'età ed alla salute del beneficiario). Pertanto, l'individuazione dell'aleatorietà del citato vitalizio postula la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione, che il giudice del merito deve compiere con riferimento al momento di conclusione del contratto nonché al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza all'epoca esistenti in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato

Cass. civ. n. 19214/2016

Il contratto di vitalizio alimentare è nullo per mancanza di alea se, al momento della sua conclusione, il beneficiario sia affetto da malattia che, per natura e gravità, renda estremamente probabile un esito letale e ne provochi la morte dopo breve tempo o abbia un'età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere oltre un arco di tempo determinabile.

Cass. civ. n. 15904/2016

Il contratto atipico di vitalizio improprio o assistenziale si differenzia dalla donazione per l'elemento dell'aleatorietà, essendo caratterizzato dall'incertezza obiettiva iniziale circa la durata di vita del beneficiario e il conseguente rapporto tra valore complessivo delle prestazioni dovute dall'obbligato e valore del cespite patrimoniale cedutogli in corrispettivo. Ne consegue che l'originaria macroscopica sproporzione del valore del cespite rispetto al minor valore delle prestazioni fa presumere lo spirito di liberalità tipico della donazione, eventualmente gravata da "modus".

Cass. civ. n. 8209/2016

È legittimamente configurabile, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., un contratto atipico di "vitalizio alimentare", che si differenzia da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'art. 1872 c.c., per il carattere più marcato dell'alea che lo riguarda, inerente non solo la durata del rapporto, connesso alla vita del beneficiario, ma anche l'obbiettiva entità delle prestazioni (di fare e di dare) dedotte nel negozio, suscettibili di modificarsi nel tempo in ragione di fattori molteplici e non predeterminabili (quali le condizioni di salute del beneficiario), e per la natura accentuatamente spirituale di queste ultime, eseguibili, per tale motivo, unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali.

L'alea del contratto atipico di vitalizio alimentare comprende anche l'aggravamento delle condizioni del vitaliziante, per cui il trasferimento all'onerato di un ulteriore bene, mediante la conclusione di un successivo contratto cd. di mantenimento, quale compenso della maggiore gravosità sopravvenuta dell'assistenza materiale e morale da prestare, è privo di causa, giacché tale ulteriore attribuzione patrimoniale elimina il rischio, connaturale al precedente contratto, di sproporzione tra le due prestazioni e, dunque, non essendo giustificata da un diverso corrispettivo, la causa di scambio dissimula quella di liberalità.

Cass. civ. n. 9764/2012

Ai fini della configurabilità del contratto atipico di "vitalizio alimentare", il quale si differenzia dalla rendita vitalizia, di cui all'art. 1872 c.c., per il fatto di avere ad oggetto prestazioni basate sull' "intuitus personae", non è d'ostacolo la previsione che l'assistenza possa essere fornita dagli eredi o aventi causa del contraente, atteso che l'infungibilità della prestazione, che caratterizza il detto contratto, va riferita alla sua insostituibilità con una prestazione in denaro ed alla correlata incoercibilità. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che il contratto di mantenimento dedotto in lite ammettesse la possibilità che l'assistenza al cedente fosse prestata anche da terzi).

Cass. civ. n. 15848/2011

Il cosiddetto contratto atipico di mantenimento è caratterizzato dall'aleatorietà, la cui individuazione postula la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei - quali la capitalizzazione della rendita reale del bene-capitale trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante -, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato. (Nella fattispecie, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente il requisito dell'alea in quanto le condizioni del vitaliziato, benché precarie anche per l'età avanzata, non consentivano di prevederne la morte nel volgere di pochi mesi).

Cass. civ. n. 10859/2010

È legittimamente configurabile, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., un contratto atipico di cosiddetto `vitalizio alimentare", autonomo e distinto da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'art. 1872 c.c., sulla premessa che i due negozi, omogenei quanto al profilo della aleatorietà, si differenziano perché nella rendita alimentare, le obbligazioni dedotte nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali di dare prevalentemente fungibili (e quindi, assoggettabili, quanto alla relativa regolamentazione, alla disciplina degli obblighi alimentari dettata dall'art. 433 c.c.), mentre nel vitalizio alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni (di fare e dare) di carattere accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali, con la conseguenza che a tale negozio atipico è senz'altro applicabile il generale rimedio della risoluzione, espressamente esclusa, per converso, con riferimento alla rendita vitalizia dall'art. 1878 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato, con rinvio, la sentenza di merito che aveva escluso la configurabilità della risoluzione del contratto di "vitalizio alimentare" per impossibilità sopravvenuta, ex art. 1463 c.c., della prestazione de) vitaliziante, colto da ictus celebrale che lo aveva invalidato in modo assoluto, non potendo a tal fine rilevare che la prestazione medesima potesse essere assicurata dai familiari dello stesso vitalizzante).

Cass. civ. n. 10798/2008

La costituzione di una rendita vitalizia, realizzata mediante il trasferimento di un bene immobile in favore dell'obbligato al versamento periodico, è nulla quando non sia riscontrabile l'aleatorietà del contratto perché il valore della rendita ricavabile dall'immobile e quello della prestazione assicurata sono sostanzialmente equivalenti, anche in considerazione dell'età avanzata del beneficiario del vitalizio, non essendo ravvisabile alcun rischio, ma esclusivamente una sproporzionata posizione di vantaggio, nel contraente che ha acquistato la proprietà dell'immobile. 

Cass. civ. n. 19763/2005

In tema di accertamento dell'alea nella rendita vitalizia, la cui mancanza, trattandosi di elemento essenziale del contratto, ne determina la nullità, è necessario verificare, sulla base delle pattuizioni negoziali, se sussisteva o meno tra le parti il requisito della «equivalenza del rischio» , cioè se al momento della conclusione del contratto era configurabile per il vitaliziato ed il vitaliziante una uguale probabilità di guadagno o di perdita, dovendosi tenere conto, a tal fine, con riferimento alle prestazioni delle parti, sia dell'entità della rendita che della presumibile durata della stessa, in relazione alla possibilità di sopravvivenza del beneficiario. Ne consegue che l'alea deve ritenersi mancante e, per l'effetto, nullo il contratto se, per l'età e le condizioni di salute del vitaliziato, già al momento del contratto era prefigurabile, con ragionevole certezza, il tempo del suo decesso e quindi possibile calcolare, per entrambe le parti, guadagni e perdite.

Cass. civ. n. 8357/1998

Alla stregua del principio di autonomia contrattuale, che consente alle parti di avvalersi di strumenti negoziali non tipizzati, è legittima la costituzione di una rendita vitalizia mista con donazione, da intendersi realizzata allorché le parti concludono una convenzione intesa a determinare, insieme allo scambio di attribuzioni patrimoniali tipicamente proprio del contratto di cui agli am. 1872 ss. c.c., a vantaggio di una di esse correlativamente eliminando o affievolendo, nella globale economia del rapporto, l'elemento dell'«alea», che, con riguardo allo schema delineato delle testé citate definizioni, può ritenersi sussistente solo quando, a causa di una ragionevole incertezza sulle possibilità di sopravvivenza del vitaliziato, risulti imponibile una previsione anticipata dei vantaggi e delle perdite cui le parti accingano ad andare incontro, non anche quando, con riguardo a tabelle statistiche concernenti l'andamento della vita media, e tenendo conto delle condizioni di salute dello stesso vitaliziante, sia invece ragionevole la prognosi di una data finale che consenta la qualificazione degli oneri e vantaggi suddetti.

Cass. civ. n. 5342/1997

È legittimamente configurabile, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., un negozio atipico di c.d. «vitalizio alimentare», autonomo e distinto da quello, nominato, di rendita vitalizia, di cui all'art. 1872 stesso codice, sulla premessa che vitalizio alimentare e rendita, omogenei quanto al profilo della aleatorietà, si differenziano perché, nella seconda, le obbligazioni dedotte in contratto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali di dare prevalentemente fungibili e, quindi, assoggettabili, quanto alla relativa regolamentazione, alla disciplina degli obblighi alimentari dettata dall'art. 433 c.c., mentre, nel primo, le obbligazioni contrattuali attengono a prestazioni (di dare e di fare) aventi contenuto accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificamente individuato in funzione della sua propria qualità personale, con la conseguenza che a tale negozio atipico è senz'altro applicabile il rimedio della risoluzione per inadempimento, di cui all'art. 1453, espressamente escluso, invece, per la rendita vitalizia. 

Cass. civ. n. 1516/1997

Requisito essenziale del contratto di costituzione di rendita vitalizia a titolo oneroso (rendita prevista in corrispettivo dell'alienazione di un bene o della cessione di un capitale, ai sensi dell'art. 1872, primo comma, c.c.) è costituito dall'alea, la quale presuppone che il vitaliziato non sia affetto da una malattia che, per natura e gravità, renda certa o estremamente probabile la sua prossima morte, e deve obiettivamente sussistere al momento della conclusione del contratto, che è affetto da nullità anche quando è in buona fede che le parti al momento della sua sottoscrizione abbiano, erroneamente, ritenuto la sussistenza dell'alea.

Cass. civ. n. 8825/1996

Il contratto con il quale una parte si obbliga, in corrispettivo (del trasferimento di un bene o) della cessione di un capitale, a fornire all'altra prestazioni alimentari o assistenziali per tutta la durata della vita (cosiddetto vitalizio improprio, o alimentare o di assistenza) va qualificato come negozio atipico, che è solo altamente affine a quello di rendita vitalizia disciplinato dal codice civile, presentando uno schema causale autonomo rispetto a quest'ultimo contratto, in quanto, con esso, un soggetto incapace di provvedere da sé ai propri bisogni essenziali ed esigenze di vita, ottiene in cambio della cessione di un bene o di un capitale, non la semplice dazione periodica di denaro odi cose fungibili, bensì il diretto soddisfacimento, mediante l'attività personale della controparte, di esigenze di varia natura, concernenti vitto, alloggio, pulizia, cure mediche e simili. Ne consegue che all'indicato contratto non sono applicabili le norme della rendita vitalizia che siano incompatibili con le suddette peculiarità, né è applicabile, in particolare, l'art. 1878 c.c., il quale — negando ingresso al generale rimedio risolutoria in caso di mancato pagamento di rate o di rendite scadute — esprime una ratio non riferibile al negozio atipico di assistenza, nel quale la mancata esecuzione, anche per un breve periodo, delle prestazioni infungibili dedotte in contratto priva il beneficiario di mezzi di sussistenza o dell'assistenza che non potrebbe altrimenti procurarsi, rendendo, così applicabile la disciplina generale della risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1453 c.c.

Cass. civ. n. 12650/1995

Il contratto con il quale una parte si obbliga a prestare ad un'altra, per tutta la durata della vita, servizi, assistenza e cure personali in corrispettivo della cessione di un bene immobile, va qualificato come negozio atipico, il quale, pur essendo affine a quello di rendita vitalizia, se ne differenzia per lo intuitus personae che determina la scelta dell'obbligato, nonché per il carattere non meramente patrimoniale e per l'infungibilità delle prestazioni, consistenti in un facere, invece che in un dare, come nel vitalizio tipico, e cioè in una serie di prestazioni di carattere essenzialmente morale e spirituale, quali la compagnia, l'accompagnamento ed il sostegno morale in favore dell'anziano. (Nella specie, la parte, in corrispettivo della cessione della nuda proprietà di un immobile, s'era obbligato a prestare all'ottantunenne cedente, per tutta la durata della vita dello stesso, il servizio e l'assistenza completa di cui lo stesso aveva bisogno, nonché a lasciare, entro un mese, la propria occupazione, per dedicarsi esclusivamente alla detta assistenza).

Cass. civ. n. 9998/1992

L'aleatorietà costituisce elemento essenziale del contratto di vitalizio oneroso configurato dall'art. 1872 c.c., che va accertato con riguardo al momento della conclusione del contratto, caratterizzato dall'incertezza obiettiva iniziale circa la durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza in ordine al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio. L'indagine circa l'esistenza dell'incertezza, sotto il duplice profilo considerato, costituisce un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato.

Cass. civ. n. 8498/1991

Nel caso in cui, successivamente alla stipulazione di un contratto preliminare di costituzione di vitalizio alimentare mediante il trasferimento della proprietà di un immobile del vitaliziando, questi, promittente alienante, sia deceduto ne deriva l'automatica risoluzione del detto preliminare per l'impossibilità sopravvenuta della prestazione di costituire a favore del beneficiario la rendita finalizzata al suo mantenimento, con la conseguenza che va esclusa la sopravvivenza a carico degli eredi dell'obbligo di stipulare il contratto definitivo, né può correlativamente farsi luogo alla sentenza sostitutiva a norma dell'art. 2932 c.c.

Cass. civ. n. 6245/1991

A differenza della rendita vitalizia costituita, a norma del primo comma dell'art. 1872 c.c., mediante contratto a titolo oneroso, in cui il carattere aleatorio costituisce un requisito essenziale e di conseguenza non può essere sacrificato con una disposizione intesa ad eliminare l'esistenza del rischio a carico delle parti contraenti, nella rendita vitalizia costituita mediante legato è valida la clausola di indicizzazione monetaria della rendita stessa posta a carico dell'erede.

Cass. civ. n. 8432/1990

Il vitalizio alimentare, con il quale una parte si obbliga, in corrispettivo dell'alienazione di un immobile o dell'attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all'altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni, è soggetto al rimedio della risoluzione per il caso d'inadempimento, tenendo conto che si tratta di contratto atipico, non riconducibile, per peculiarità dell'alea, delle prestazioni del vitaliziante e della funzione perseguita, nell'ambito della rendita vitalizia, e, quindi, sottratto all'applicazione diretta dell'art. 1878 c.c., in tema di esclusione della risoluzione in ipotesi di mancato pagamento di rate di rendita scadute, e che, inoltre, tale norma, la quale trova giustificazione nella non gravità della turbativa dell'equilibrio negoziale in presenza di inadempienza nel pagamento di dette rate di rendita, oltre che nella possibilità di un soddisfacimento coattivo del creditore, non è suscettibile di applicazione analogica al vitalizio alimentare, caratterizzato da prestazioni indispensabili per la sopravvivenza del creditore, in parte non fungibili e basate sullo intuitu personae.

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R. C. chiede
sabato 01/07/2023
“Può un genitore ancora nelle piene facoltà riconoscere una modica somma mensile alla figlia che presta aiuto morale e materiale? Come potrebbe formalizzare tale gesto e a quanto potrebbe ammontare l'importo considerata una pensione di 1100 euro? Vorrei avere dettagli precisi onde evitare di incorrere in successivi problemi legali o fiscali considerando l'esistenza di un'altra figlia”
Consulenza legale i 06/07/2023
La domanda che viene posta attiene ad un problema spesso ricorrente nelle famiglie, ovvero quello relativo alla sussistenza o meno per un figlio che, a differenza degli altri, assiste i genitori anziani o privi di idonei mezzi di sussistenza ad essere ricompensato per tali servizi o comunque ad essere rimborsato delle eventuali spese sostenute ed a godere di un trattamento di favore al momento dell’apertura della successione.
La risposta che a tale domanda si dà è, in genere, negativa.

Infatti, anche se tale risposta può sembrare ingiusta (morale e diritto non sempre vanno di pari passo), il figlio che si prende cura del genitore anziano o bisognoso non fa altro che adempiere ad un'obbligazione naturale, dovendo assolvere ad un dovere morale, per il quale non è mai previsto che si possa avere diritto ad essere pagato né ad altri tipi di rimborsi.
Sotto il profilo prettamente giuridico, l’obbligo che i figli hanno nei confronti dei genitori trova fondamento negli artt. 433, 441, 443 e 2034 c.c.
Qualora gli anziani genitori versino in stato di bisogno, perchè, ad esempio, la pensione non è sufficiente per pagare tutte le spese o perché malati, grava sui figli l’obbligo di alimenti ex art. 433 del c.c.. La legge richiede che il soggetto non riesca a far fronte alle spese essenziali, come il vitto, l’alloggio, il vestiario e i medicinali, essendo irrilevante che lo stato di bisogno possa essere imputabile al genitore che, ad esempio, ha dilapidato il proprio patrimonio senza pensare al futuro.
Se poi il genitore ha più di un figlio, tutti sono obbligati, secondo quanto disposto dal comma 1 dell’art. 441 del c.c., a concorrere alla prestazione in base alle proprie capacità, mentre se uno dei figli non intende versare alcuna somma, può sempre ospitare in casa propria il genitore, in tal modo adempiendo all’obbligo di legge ai sensi del comma 1 dell’art. 443 del c.c..

Inoltre, come si è prima accennato, il figlio che cura gli anziani genitori adempie ad un’obbligazione naturale ex art. 2034 del c.c., espressione con cui ci si riferisce a tutte quelle somme versate spontaneamente in esecuzione di doveri morali e sociali e che in quanto tali non sono ripetibili, ossia di esse non è possibile chiedere la restituzione (si tratta, in buona sostanza, di tutti quei doveri imposti dal principio di solidarietà ed il cui inadempimento determina una disistima sociale).
Tuttavia, si è prima osservato che tale situazione può in effetti apparire ingiusta da un punto di vista morale, ed è proprio per tale ragione che nella prassi si cerca di rimediare a tale sorta di diseguaglianza facendo ricorso ad una fattispecie negoziale mutuabile dal contratto tipico di rendita vitalizia (disciplinato dagli artt. 1872 e ss. c.c.), ovvero il c.d. contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale.
Prima di analizzare tale figura contrattuale, occorre evidenziare che, ex art. 1872 c.c., la rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale.
Anche con il contratto di vitalizio assistenziale vi sono due parti contrapposte: il vitaliziante ed il vitaliziato.
Il primo si obbliga ad eseguire una prestazione di dare e di fare; il secondo, beneficiario della prestazione, si obbliga a cedere un bene mobile o immobile o un capitale.
La particolarità del vitalizio assistenziale sta nella prestazione a carico del vitaliziante, la quale deve essere per lo più di carattere morale e spirituale piuttosto che materiale.
La stessa Corte di Cassazione, con sentenza n. 27914/2017, ha affermato infatti che “il contratto atipico di cd. “vitalizio alimentare” differisce da quello, nominato, di rendita vitalizia, ex art. 1872 c.c., per l’accentuata spiritualità delle prestazioni assistenziali che ne costituiscono il contenuto, come tali eseguibili solo da un vitaliziante specificamente individuato alla luce delle proprie qualità personali…” (va precisato che sebbene si parli di “vitalizio alimentare”, i giudici tendono a non distinguere fra loro le varie tipologie di contratti di vitalizio e che, pertanto, quanto detto è applicabile anche al vitalizio assistenziale).

In particolare, per ciò che concerne l’oggetto specifico del vitalizio assistenziale, in forza di tale contratto il vitaliziato si obbliga a cedere un capitale o un bene mobile (purchè suscettibile di valutazione economica) o mobile registrato o immobile in cambio dell’assistenza che gli sarà prestata dal vitaliziante.
La prestazione a carico del vitaliziante deve essenzialmente consistere nell’offrire assistenza morale al vitaliziato e solo in via residuale una assistenza di tipo materiale (l’assistenza materiale, quale la fornitura di ciò che è necessario materialmente per vivere e dunque alimenti, vestiti, pulizia, cure mediche, è per lo più prestazione tipica dei contratti di mantenimento e di vitalizio alimentare).
Dalla prestazione di assistenza morale discende il carattere di infungibilità della prestazione stessa e del soggetto che la presta.

Da un punto di vista formale, si richiede che il contratto di vitalizio assistenziale rispetti i requisiti di forma previsti per la rendita vitalizia, il che comporta che dovrà essere redatto, a pena di nullità, nella forma scritta (c.d. forma ad substantiam ).
Del resto, solo con l’osservanza di tale forma può essere specificato il contenuto dell’obbligo assistenziale sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo.
Dovrà, pertanto, prestarsi particolare attenzione nel formalizzare le prestazioni del vitaliziante aventi per lo più carattere morale e spirituale come la compagnia, i tempi di visita e altre modalità di assistenza della stessa natura anche con riferimento ai tempi ed ai luoghi, specificando e qualificando quelle materiali come prestazioni di carattere meramente accessorio (è opportuno, comunque, sempre una loro specificazione per evitare possibili contenziosi futuri).

Altra caratteristica che non può assolutamente difettare in un contratto di vitalizio assistenziale, al pari di quello di rendita vitalizia, è l’aleatorietà, intesa come rischio che ciascuna parte si assume alla stipula di un contratto in ordine ai vantaggi/svantaggi che possono derivare dal rapporto giuridico instaurato (se manca l’alea il contratto sarà nullo).
In tal senso si è espressamente pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza n. 4825/2016 in cui ha affermato quanto segue:
Il contratto di vitalizio ha natura di contratto aleatorio, postulando la esistenza di una situazione di incertezza circa il vantaggio o lo svantaggio economico che potrà alternativamente realizzarsi nello svolgimento e nella durata del rapporto, con la conseguenza che la mancanza di alea è riscontrabile tutte le volte in cui l’entità della prestazione assicurata sia inferiore o pari ai frutti o agli utili ricavabili dal cespite ceduto, ovvero quando il beneficiario della rendita sia da ritenere prossimo alla morte per malattia o per età: in tali ipotesi il contratto è nullo per difetto di causa”.

Pertanto, sebbene si tratti di prestazioni a cui per legge ciascun figlio è obbligato, qualora solo uno dei figli sia a ciò disposto, sarà ben possibile, in virtù del generale principio di autonomia contrattuale su cui si fonda l’ordinamento giuridico italiano, stipulare in forma scritta (è sufficiente una scrittura privata con data certa) un contratto di vitalizio assistenziale, in forza del quale il figlio si obbliga a prestare assistenza morale al padre ed in via residuale una assistenza di tipo materiale, in cambio di un contributo economico, il quale non può avere carattere di corrispettivo ed il cui importo massimo si ritiene possa essere determinato in misura non superiore ad un quinto della pensione lorda percepita dal beneficiario, ragguagliando tale importo alla somma che per legge sarebbe assoggettabile a pignoramento.

Masaia L. chiede
giovedì 24/02/2011 - Veneto

“Due sorelle devono dividere due immobili. Su uno di questi una delle sorelle ha un diritto di abitazione da testamento fino a quando si sposerà: ha detto che non lo farà mai. La madre ha l'usufrutto dei due immobili. Sono passati 20 anni dal testamento.
Il diritto di abitazione costituito per testamento può essere inteso come donazione oppure rendita vitalizia? Rientra nella collazione? Grazie.”

Consulenza legale i 25/02/2011

Il diritto di abitazione è un diritto reale limitato avente ad oggetto una casa, con facoltà di abitarla limitatamente ai bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia.

Il diritto di abitazione costituito per testamento (che quindi sorge con la morte del de cuius) non è soggetto a collazione, poiché questa ha ad oggetto tutto ciò che i figli e i loro discendenti ed il coniuge hanno ricevuto dal defunto in vita per donazione direttamente o indirettamente.

Non si può parlare di rendita vitalizia, poiché da questa discende il diritto di una parte ad esigere una prestazione periodica di una somma di denaro o di una certa quantità di altre cose fungibili, ed ha quindi un contenuto diverso dal diritto di abitazione.