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Articolo 182 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Liquidazione ordinaria

Dispositivo dell'art. 182 TUIR

1. In caso di liquidazione dell'impresa o della società il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e l'inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto economico, ovvero a norma dell'articolo 66 o dell'articolo 3, comma 177, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, se ne ricorrono i presupposti; il conto economico deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto dall'articolo 2277 del codice civile. Per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

2. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui all'articolo 66. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, ovvero a norma dell'articolo 66 se ne ricorrono i presupposti, salvo conguaglio in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae per più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi così determinati, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, si considerano definitivi e ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche concorrono a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all'impresa o dei soci per i periodi di imposta di competenza. Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell'articolo 8.

3. Per le società soggette all'imposta di cui al titolo II, il reddito relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, liquidando la relativa imposta salvo conguaglio in base al bilancio finale; le perdite di esercizio anteriori all'inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell'articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio. Se la liquidazione si protrae per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi determinati in via provvisoria si considerano definitivi e ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche i redditi compresi nelle somme percepite o nei beni ricevuti dai soci, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, concorrono a formarne il reddito complessivo per i periodi di imposta di competenza.

Massime relative all'art. 182 TUIR

Cass. civ. n. 22863/2011

È improponibile la domanda giudiziale introdotta dal liquidatore di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, poiché l'effetto estintivo che ne deriva - il quale, a seguito della riforma del diritto delle società, per quelle cancellate prima del 2004 opera a decorrere dal 01/01/2004, e si produce, ai sensi dell'art. 2495, comma secondo, c.c., anche in presenza di debiti insoddisfatti o di rapporti non definiti, istituendosi una comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione - determina il venir meno del potere di rappresentanza dell'ente estinto in capo al liquidatore, come pure la successione dei soci alla società ai fini dell'esercizio, nei limiti e alle condizioni stabilite, delle azioni dei creditori insoddisfatti. (Nella specie, la S.C. ha disposto, a norma dell'art. 382, terzo comma, c.p.c., la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per improponibilità della causa, essendo stato il giudizio tributario introdotto dal liquidatore di una società a responsabilità limitata contro una cartella di pagamento per IVA).

Cass. civ. n. 20878/2010

L'art. 94 cod. proc. civ., il quale contempla la condanna alle spese nei confronti dell'avversario vincitore, eventualmente in solido con la parte, del soggetto che la rappresenti (e, quindi, come nella specie, anche dell'amministratore di una società), si giustifica con il fatto che il predetto, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplica pur tuttavia, anche se in nome altrui, un'attività processuale in maniera autonoma, conseguendone l'operatività del principio della soccombenza; tale condanna postula la ricorrenza di gravi motivi, da identificarsi in modo specifico dal giudice, per la loro concreta esistenza, nella trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all'art. 88 cod. proc. civ. ovvero nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. (Nell'affermare il principio, la S.C. ha escluso la coincidenza dei gravi motivi con la mera scelta, del rappresentante di società in accomandita semplice, di costituirsi in giudizio in nome e per conto della società per ivi resistere alle pretese di controparte, senza tenere conto che, nell'arco di svolgimento del processo - anteriore al 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore della riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003 -, un diffuso orientamento giurisprudenziale riteneva che alla cancellazione della società dal registro delle imprese ed ai relativi adempimenti, ex art. 2312 cod. civ., non seguisse anche la sua estinzione, determinata invece, come in concreto non accertato, dall'effettiva liquidazione di tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo). (cassa e decide nel merito, App. Milano, 04/04/2003)

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Consulenze legali
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Michele chiede
venerdì 29/05/2020 - Marche
“Buongiorno,
io sono un socio accomandatario di una società in accomandita semplice in liquidazione. La liquidazione dura ormai da 6 anni. Il liquidatore annualmente non consegna i bilanci, ma ogni anno si limita a consegnare il quadro RH, dove viene indicato il solo risultato di esercizio, senza fornire ulteriori informazioni sui dati economici, patrimoniali e finanziari di questa società in liquidazione. Secondo me, questo documento non è un bilancio, né un rendiconto di gestione e perciò il liquidatore viola l’art. 2261 c.c., in quanto il quadro RH è un documento fiscale estremamente sintetico, utilizzabile solo nella denuncia dei redditi e non permette di capire la gestione dell’azienda. Infatti, come Voi sapete, non tutte le spese vengono riportate nel quadro RH: per esempio non vengono considerate le sanzioni pecuniarie, come anche non riporta i debiti, i crediti, la liquidità in cassa... In breve, è un semplice foglio fiscale che riporta tra l’altro un solo importo (il risultato economico). Il liquidatore, tuttavia, afferma che questo documento fiscale è equipollente ad un bilancio, e perciò lo esenta dal consegnare ai soci il conto economico, lo stato patrimoniale, gli estratti conto... Personalmente, non ne sono convinto.
La domanda è questa: dato che ho intenzione di impugnare il quadro RH che mi arriverà tra pochi giorni, come mi devo comportare per non incorrere in sanzioni davanti al Fisco? Infatti, nella denuncia dei redditi io devo riportare comunque il risultato economico di questa società, ma nello stesso tempo non vorrei che, indicando nella denuncia dei redditi il quadro RH, io approvi quanto fatto dal liquidatore, assumendomene la responsabilità. Infatti, il liquidatore afferma che, dato che io ho riportato, nella mie pregresse denunce dei redditi, i vari risultati economici degli anni passati (indicatimi dal liquidatore stesso coi quadri RH), io finora non ho fatto altro che approvare quanto da lui compiuto. Come posso fare per non indicare il quadro RH nella denuncia dei redditi (evitando di approvare quanto fatto dal liquidatore) e nello stesso tempo non incorrere in sanzioni erariali? E quanto tempo ho per impugnare il quadro RH, se è vero che sono equipollenti ai bilanci e finora non ho fatto che approvarli implicitamente dato che li ho indicati nelle denunce dei redditi?
Vorrei che tale cosa rimanga riservata.
Grazie, saluti cordiali.”
Consulenza legale i 14/06/2020
Ai sensi dell’art. 2276 del c.c., richiamato in tema di società in accomandita semplice dall’art. 2315 del c.c., gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle disposizioni stabilite per gli amministratori, se non è diversamente disposto dallo stesso codice civile o dal contratto di società.
Ne deriva che, per effetto delle disposizioni di cui all’art. 2261 del c.c., “i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all’amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti”; e, in base al successivo comma 2, “Se il compimento degli affari sociali dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il rendiconto dell’amministrazione al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso”.

La disposizione di cui al comma 2 dell’art. 2261 si applica, quindi, anche nell’ambito della procedura di liquidazione volontaria della società e la stessa non si pone in contrasto con quella di cui all’art. 2311 del c.c. che sembrerebbe porre a carico dei liquidatori solo un obbligo di rendicontazione finale dal momento che fa riferimento al solo l’obbligo di redigere il bilancio finale e proporre ai soci il piano di riparto, una volta che siano state compiute le operazioni di liquidazione.
Ne deriva che, per effetto della sopra citata disciplina dell’art. 2261, comma 2, del c.c. si riconosce ai soci il diritto di controllo nei confronti dei liquidatori, non solo nella fase conclusiva della procedura di liquidazione ma anche nel corso del suo svolgimento laddove la stessa si protragga oltre il termine di un anno e, tale diritto è così rilevante che il suo mancato rispetto può essere considerato una giusta causa abilitante alla richiesta di revoca dei liquidatori per effetto del loro comportamento contrario alle disposizioni di legge o dell’atto costitutivo, così come espressamente previsto dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 1870 del 17.06.1959, in applicazione della disciplina di cui all’art. 2275 del c.c..

Va, tuttavia, rilevato che il dovere di formare il conto, in modo da consentire ai soci l’esercizio del diritto di riscontro della corrispondenza al vero delle singole poste e della loro entità, è fissato a tutela degli stessi soci e rientra nell’ambito della categoria dei diritti disponibili e, pertanto, gli stessi soci potrebbero rinunciarvi sia in sede di atto costitutivo della società sia con un successivo atto (Cfr. in tal senso Cassazione, Sentenza n. 3356 del 05.06.1985).
E’ evidente, tuttavia, che in assenza di tale rinuncia, per effetto di tutto quanto sopra detto, l’obbligo di rendicontazione annuale del liquidatore permane.
Bisogna, tuttavia, osservare che la stessa Suprema Corte, nella medesima sentenza, ha precisato che tale rinuncia non deve necessariamente essere espressa, potendosi fare derivare anche da comportamenti concludenti che dimostrino l’approvazione da parte dei soci dell’operato dei liquidatori (così come potrebbe essere inteso, nel caso di specie, la dichiarazione del reddito di partecipazione, semplicemente sulla base del prospetto di riparto rilasciato dal liquidatore); ma anche in questo caso, è onere del liquidatore dimostrare che i soci lo abbiano esonerato dall’obbligo di formare e rendere il conto annuale (Trib. di Napoli, 7 marzo 2006, Soc. 2007, 1002; Cassazione, Sentenza n. 6524 del 09.07.1994) e, in ogni caso, la semplice richiesta dei soci di rendere il conto della propria attività sarebbe sufficiente a dimostrare che detta rinuncia non è mai stata fatta o, quanto meno, non viene sicuramente fatta a partire dalla data delle medesima richiesta.

Non va dimenticato nemmeno che, se l’atto costitutivo o lo statuto della società prevedono, in aderenza al disposto dell’art. 2217 del c.c., l’obbligo di redazione dell’inventario che deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa, nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee alla medesima; tenuto conto che lo stesso, sempre per effetto del disposto del citato articolo, si conclude con il bilancio ovvero con il conto dei profitti e delle perdite, che deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite, è evidente che sarà difficile per il liquidatore sostenere di essere stato esonerato dall’obbligo di rendicontazione di cui all’art. 2261 c.c. e, anche in questo modo, potrebbe invocarsi la revoca degli stessi ex art. 2275, comma 2, del c.c..

Non va dimenticato nemmeno che, anche sotto il profilo fiscale, l’art. 182 del TUIR dispone espressamente che, in caso di liquidazione dell’impresa o della società, il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e l’inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto economico che deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto dall’articolo 2277 c.c.
Il successivo comma 2, con specifico riferimento alle imprese individuali ed alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dispone che il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui all'articolo 66, ossia nel caso delle c.d. “imprese minori”.
Se la liquidazione si protrae oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, ovvero a norma dell'articolo 66 se ne ricorrono i presupposti, salvo conguaglio in base al bilancio finale.
Se la liquidazione si protrae per più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi così determinati, ancorché già tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 21, si considerano definitivi e ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche concorrono a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci per i periodi di imposta di competenza.

Pertanto, anche sotto il profilo fiscale, non è sufficiente la compilazione del prospetto di riparto ma è necessaria la redazione di un bilancio o di un prospetto di rendicontazione sulla base del quale dare atto di come sia stato determinato il risultato relativo alla singola frazione annuale del periodo di liquidazione, posto che, per altro, per quanto detto prima, laddove detto periodo si protrae per più di tre esercizi, i redditi determinati in base alle disposizioni del citato art. 182, assumono carattere definitivo.
Del resto occorre considerare che, anche da un punto di visto dichiarativo, la società è tenuta, anche in sede di liquidazione, alla compilazione del quadro RF o del quadro RG del Modello Redditi Società di Persone la cui corretta compilazione presuppone necessariamente la tenuta delle scritture contabili e la redazione di un bilancio o di un rendiconto.
Il reddito di impresa così determinato, confluisce poi nel quadro RN attraverso cui viene effettuata l’imputazione dello stesso ai soci e sulla base del quale deve essere rilasciato, dagli amministratori ovvero, in fase di liquidazione, dai liquidatori, il “prospetto di riparto” che, debitamente firmato, costituisce il titolo giuridico sulla base del quale viene individuata e dichiarata la quota di reddito assegnata al socio nonché tutti gli altri dati da riportare all’interno di vari quadri della dichiarazione del singolo socio.

Ne deriva che, laddove si volesse contestare il reddito così come determinato dal liquidatore, l’impugnazione non può riguardare il quadro RH che, per altro, è un quadro del modello di dichiarazione del singolo socio ma, dovrebbe riguardare il prospetto di riparto firmato dal liquidatore, il modello di dichiarazione dal quale lo stesso deriva e, in generale l’attività degli stessi liquidatori che non avrebbero assolto agli obblighi di legge e di statuto, ivi compreso in primis l’obbligo di rendicontazione e quello di corretto assolvimento degli obblighi fiscali.
L’impugnazione dei predetti atti, in definitiva e per quanto sin qui detto, non può quindi che concretizzarsi in un’azione di revoca del liquidatore da esercitare, in sede civile, ex art. 2275, comma 2 del c.c., sul presupposto che lo stesso non ha regolarmente assolto agli obblighi imposti dalla legge e dallo statuto tra cui rientra quello di rendicontazione in sede civilistica nonché di corretta determinazione e dichiarazione del reddito in sede fiscale.