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Articolo 165 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero

Dispositivo dell'art. 165 TUIR

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione.

2. I redditi si considerano prodotti all'estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

3. se concorrono redditi prodotti in più Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato.

4. La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero al quale si riferisce l'imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7.

5. La detrazione di cui al comma 1 può essere calcolata dall'imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d'imposta successivo. L'esercizio della facoltà di cui al periodo precedente è condizionato all'indicazione, nelle dichiarazioni dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali ancora non è avvenuto il pagamento a titolo definitivo.

6. L'imposta estera pagata a titolo definitivo su redditi prodotti nello stesso Stato estero eccedente la quota di imposta italiana relativa ai medesimi redditi esteri, costituisce un credito d'imposta fino a concorrenza della eccedenza della quota d'imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all'ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l'eccedenza dell'imposta estera può essere riportata a nuovo fino all'ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d'imposta nel caso in cui si produca l'eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente comma. Le disposizioni di cui al presente comma relative al riporto in avanti e all'indietro dell'eccedenza si applicano anche ai redditi d'impresa prodotti all'estero dalle singole società partecipanti al consolidato nazionale e mondiale, anche se residenti nello stesso paese, salvo quanto previsto dall'articolo 136, comma 6.

7. Se l'imposta dovuta in Italia per il periodo d'imposta nel quale il reddito estero ha concorso a formare l'imponibile è stata già liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell'eventuale maggior reddito estero, e la detrazione si opera dall'imposta dovuta per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione nella quale è stata richiesta. Se è già decorso il termine per l'accertamento, la detrazione è limitata alla quota dell'imposta estera proporzionale all'ammontare del reddito prodotto all'estero acquisito a tassazione in Italia.

8. La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata.

9. Per le imposte pagate all'estero dalle società , associazioni e imprese di cui all'articolo 5 e dalle società che hanno esercitato l'opzione di cui agli articoli 115 e 116 la detrazione spetta ai singoli soci nella proporzione ivi stabilita.

10. Nel caso in cui il reddito prodotto all'estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente.

Massime relative all'art. 165 TUIR

Cass. civ. n. 20291/2018

In materia d'imposte sul reddito, la Convenzione Italia - Francia del 5 ottobre 1989, ratificata con l. n. 20 del 1992, non esclude che il reddito percepito in Francia da un soggetto residente in Italia (quale dirigente di una società di diritto francese), anche se già tassato in Francia attraverso ritenute alla fonte, debba essere dichiarato anche in Italia, ferma la possibilità per il contribuente di portare in detrazione le imposte corrisposte all'estero, sicché è legittimo il recupero a tassazione effettuato ove il reddito percepito all'estero non venga indicato nella dichiarazione dei redditi.

Comm. Trib. II grado Bolzano n. 67/2018

Ai sensi dell’art. 165, comma 10 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, l’imposta assolta all’estero per i redditi ivi prodotti è detraibile in proporzione alla quota di reddito che sia soggetta ad imposizione anche in Italia. Di conseguenza è corretto l’operato dell’Ufficio che riconosca la detrazione, prevista dalle disposizioni della Convenzione con lo Stato estero, nei limiti della percentuale di reddito che concorre a formare la base imponibile per le imposte sul reddito italiane, atteso che lo scopo della norma richiamata è quello di evitare che il contribuente possa recuperare, attraverso il meccanismo del credito d’imposta, elementi di reddito che, prodotti all’estero, siano esenti da imposta in Italia.

Comm. Trib. Reg. Lombardia n. 2828/2018

Ai dividendi distribuiti da una società italiana in favore della società controllante residente nell'Unione Europea deve essere applicata la ritenuta nella misura del 1,375% al posto di quella ordinaria del 27%, purché venga dimostrato che la partecipazione non sia detenuta dalla holding estera soltanto per beneficiare del vantaggio fiscale.

Comm. Trib. Prov. Torino n. 538/2018

La normativa pattizia convenzionale (Convenzione tra l’Italia e la Spagna per evitare le doppie imposizioni), la quale non prevede l’effettuazione, da parte del percipiente di redditi prodotti all’estero, di alcun adempimento formale ai fini del riconoscimento, da parte dello Stato di appartenenza, delle ritenute operate su tali redditi dal sostituto d’imposta straniero, prevale sulla normativa in- terna che subordina il riconoscimento delle ritenute operate dal sostituto d’imposta straniero alla indicazione dei redditi in questione nella dichiarazione fiscale da presentare in Italia da parte del percipiente dei redditi. La norma pattizia convenzionale, gerarchicamente sovraordinata alla norma nazionale interna, prevale su quest'ultima.

Comm. Trib. Prov. Cuneo n. 127/2018

E’ obbligo incondizionato la compilazione del quadro RW in presenza di investimenti all’estero, ancorché infruttiferi nel periodo d’imposta, non potendo essere sostituito tale adempimento dalle comunicazioni effettuate dagli intermediari finanziari ai sensi dell’art. 11 d.l. n. 201/2011.
Non si tratta di violazione meramente formale, in quanto la mancata indicazione reca pregiudizio all’attività di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, mentre la compilazione è utile per monitorare il transito di capitali tra Stato italiano e paesi esteri al fine di evitare che imponibili soggetti a tassazione in Italia siano sottratti ad imposizione mediante il trasferimento all’estero.

Comm. Trib. Prov. Bergamo n. 127/2018

Non è riconosciuto il credito d’imposta pari all’euroritenuta applicata dalla banca svizzera al soggetto che non ha indicato i redditi prodotti all’estero nella propria dichiarazione dei redditi e che non ha autorizzato l’agente pagatore svizzero a comunicare allo Stato italiano i capitali detenuti nello Stato extra UE.

Comm. Trib. Prov. Torino n. 1004/2017

Il credito per le imposte pagate all’estero può legittimamente essere esposto in dichiarazioni fiscali relative ad annualità d’imposta successive a quella in cui tale credito è maturato, in quanto la legge non contempla alcuna decadenza in relazione all’esercizio del diritto alla detrazione, ponendo la sola condizione della definitività del pagamento dell’imposta estera.

Cass. civ. n. 23984/2016

In materia d'imposte sul reddito, le norme pattizie derivanti da accordi tra gli Stati prevalgono, attesane la specialità e la "ratio" di evitare fenomeni di doppia imposizione, su quelle interne, e, pertanto, sul doppio criterio di prelievo dell'utile mondiale per i soggetti residenti e della territorialità della fonte di reddito per i soggetti non residenti, e sull'art. 165 del d.P.R. n. 917 del 1986.

In materia d'imposte sul reddito, l'art. 17 della Convenzione Italia - Francia del 5 ottobre 1989, ratificata con la l. n. 20 del 1992, relativo ai redditi prodotti da artisti, attribuisce ad entrambi gli Stati la potestà impositiva concorrente, sicché la doppia imposizione è evitata in virtù del riconoscimento del credito d'imposta: ciò si desume dal tenore letterale della disposizione, in cui ricorre l'avverbio soltanto, sintomatico dell'attribuzione della potestà impositiva esclusiva ad uno dei due Stati contraenti, esclusivamente nell'ipotesi in cui siano usati fondi pubblici per i compensi degli artisti.

Cass. civ. n. 23559/2014

Il beneficio del credito di imposta ex art. 8, comma 2, della legge n. 388 del 2000 è riconosciuto per l'intero costo dell'investimento, solo se, in applicazione del criterio del rapporto di inerenza previsto dagli artt. 75 (ora 109) e 121 bis (ora 164) del TUIR, approvato con d.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917, il contribuente dà prova dell'esclusiva strumentalità del bene acquistato all'esercizio dell'impresa. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Sicilia, Sez. dist. Siracusa, 10/03/2008).

Cass. civ. n. 28532/2013

L'acquisto di un veicolo si configura come investimento agevolabile per l'intero costo ai fini del credito di imposta previsto dall'art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 solo se, in applicazione del criterio del rapporto di inerenza previsto dagli artt. 75 (nella numerazione vigente "ratione temporis") e 121 bis (ora 164) del TUIR, approvato con d.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917, il contribuente ne dimostri l'esclusiva strumentalità all'esercizio dell'impresa. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Caltanissetta, 24/11/2008)

Cass. civ. n. 27174/2013

L'acquisto di un veicolo è qualificabile come investimento agevolabile per l'intero costo ai fini previsti dall'art. 8, comma 2, della legge n. 388 del 2000, con conseguente riconoscimento di un credito di imposta, se il bene presenta i requisiti di cui all'art. 121 bis (ora 164) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, vale a dire solo quando si dimostri la sua strumentalità esclusiva all'esercizio dell'impresa. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Salerno, 25/06/2007)

Cass. civ. n. 7355/2012

In tema di redditi prodotti all'estero da soggetti residenti in Italia, nel regime dell'art. 165 del T.U.I.R., le imposte pagate all'estero a titolo definitivo sono ammesse in detrazione in quanto afferenti a redditi prodotti all'estero che concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile in Italia, e la detrazione non può mai superare il rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo indicato dalla norma, escludendosi in tal modo una detraibilità dell'imposta pagata all'estero in relazione a redditi esteri che solo in parte concorrono a formare il reddito complessivo. (Nella specie, ove veniva in applicazione la Convenzione tra Italia e Portogallo contro le doppie imposizioni, resa esecutiva con legge n. 562 del 1982 - che prevede che l'ammontare della detrazione dell'imposta sui redditi pagata in Portogallo non può eccedere la quota di imposta attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo-, la contribuente pretendeva, quale credito di imposta, l'imposta versata all'estero sull'ammontare complessivo delle cedole incassate su titoli portoghesi senza tener conto che gli stessi erano stati posseduti solo per alcuni mesi e che quindi i relativi interessi rilevavano ai fini fiscali in Italia solo per la parte maturata nel periodo di possesso, e che quindi solo entro tali limiti poteva operare la detrazione; la S.C., nel respingere il ricorso della contribuente, ha affermato il principio su esteso). (rigetta, Comm. Trib. Reg. Brescia, 17/11/2009)

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Consulenze legali
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T. T. chiede
venerdì 31/03/2023
“buon giorno, sono regolarmente inscritto all AIRE e risiedo in un paese extra UE. Ho dei redditi (affitti) in Italia, ho chiesto al mio commercialista di richiedere il credito di imposta per le cedole su BTP (12,5%) e obbligazioni di aziende italiane (26%). MI e' stato detto che la risposta dell'agenzia delle entrate e' la seguente: IL SIGNOR .............. RISULTA ESSERE UN CITTADINO ITALIANO (anche se residente all'estero ed iscritto Aire) PER CUI LA TASSAZIONE E' QUELLA RISERVATA AI CITTADINI ITALIANI. NON CI PUO ESSERE UNA DIVERSA TASSAZIONE.
Ho diritto al credito di imposta? se si come posso far valere il mio diritto? Grazie”
Consulenza legale i 05/04/2023
I cittadini italiani, residenti all’estero e proprietari di immobili siti in Italia sono tenuti ad adempiere a una serie di obblighi di versamento e talvolta dichiarativi, secondo l’ordinamento italiano.
In particolare, allorquando tali beni immobili siano concessi in locazione, i proventi derivanti dal contratto possono rilevare fiscalmente sia nel Paese terzo, ove si è stabilita la residenza, sia in Italia, ove è sito l’immobile, in ragione del principio di imposizione su scala mondiale di cui all’art. 3 del T.U.I.R..
In tali ipotesi, ovverosia nel caso in cui i proventi siano rilevanti fiscalmente nello stato dove è sito l’immobile e nello Stato ove il proprietario è residente si pone il problema di doppia imposizione, che, come noto, è suscettibile di disincentivare gli investimenti che riguardano gli immobili in altri Stati, diversi da quello di residenza (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 12 aprile 2018, causa – C110/17).
Al fine di eliminare o limitare il fenomeno della doppia imposizione, con riferimento al medesimo presupposto impositivo, l’Italia ha firmato con la quasi totalità di Paesi con cui intrattiene rapporti commerciali una Convenzione contro le doppie imposizioni.
Si tratta di accordi bilaterali a livello internazionale, con i quali i Paesi firmatari regolano, reciprocamente, l’esercizio della potestà impositiva con il precipuo scopo di eliminare fenomeni di doppia imposizione sui redditi e/o sul patrimonio gravanti sui soggetti economici residenti nei vari Paesi nel mondo, che sarebbero in contrasto con generali e ineludibili principi in materia di libera circolazione delle persone e dei capitali, previsto specificamente in ambito unionale.
Nella quasi totalità di casi, le Convenzioni, nel caso di doppia imponibilità, prevedono il riconoscimento di un credito di imposta. Si tratta di un meccanismo, di cui all’art. 165 TUIR, che consente di detrarre dall'imposta italiana, in tutto o in parte, l'imposta che i residenti italiani hanno assolto all'estero, al fine di evitare la doppia imposizione sul medesimo reddito.
Il credito è scomputato in via prioritaria dall'imposta netta, prima di eventuali versamenti in acconto e di ritenute alla fonte a titolo di acconto (art. 22 del T.U.I.R.).
Possono beneficiare del credito tutti i soggetti residenti, indipendentemente dalla forma giuridica (persone fisiche imprenditori e non imprenditori, società di persone e di capitali ecc.).
L’Italia ha firmato un accordo bilaterale anche con gli Emirati Arabi che, all’art. 6, disciplina specificamente l’imposizione dei redditi immobiliari. Secondo tale norma, per bene immobile si intende il significato che a essa attribuisce il diritto dello Stato contraente in cui i beni stessi sono situati. In ogni caso, si considerano redditi immobiliari, oggetto della disciplina contenuta nella Convenzione, i redditi derivanti dalla utilizzazione diretta, dalla locazione o dell'affitto, nonché da ogni altra forma di utilizzazione di beni immobili.
La citata norma prevede che i redditi immobiliari che un residente di uno Stato contraente (nel caso di specie Emirati Arabi) ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato contraente (Italia) sono imponibili in detto altro Stato (Italia).
In altri più specifici termini, la Convenzione stabilisce la previsione di tassabilità dei redditi immobiliari unicamente in Italia

Ne consegue che, con riferimento all’immobile in questione il contribuente è tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi e al versamento delle imposte dirette (imposte sui redditi o della cedolare secca) e dell’IMU in Italia.

Il trattamento delle rendite finanziare non è espressamente disciplinato dalla Convenzione, la quale prevede espressamente una norma di carattere generale (art. 22), in base alla quale, gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente, qualunque ne sia la provenienza, che non sono stati trattati negli articoli precedenti della presente Convenzione sono imponibili soltanto in questo Stato (Emirati Arabi).
In tali casi, qualora non siano regolati sin Convenzione pacificamente i rapporti fra gli Stati contraenti e si creino situazioni di doppia imposizione, il successivo art. 23, stabilisce che “per quanto concerne gli Emirati Arabi Uniti:
se un residente degli Emirati Arabi Uniti ritrae redditi che, in conformità alle disposizioni della presente Convenzione, sono imponibili in Italia, gli Emirati Arabi Uniti devono accordare una detrazione dall'imposta sul reddito di tale residente di ammontare pari all'imposta sul reddito pagata in Italia.

Tale detrazione, tuttavia, non potrà eccedere la quota dell'imposta, calcolata negli Emirati Arabi Uniti prima che venga concessa la deduzione, attribuibile ai redditi imponibili in Italia".
Considerato che le rendite finanziarie subiscono una tassazione alla fonte, sono di per sé già tassate in Italia.
Ciò significa che, se non essendo previsto uno specifico trattamento nella Convenzione, e considerato che tali rendite sono già tassate in Italia, allorquando la disciplina fiscale degli Emirati Arabi dovesse prevedere anch’essa una tassazione delle medesime rendite, occorrerà utilizzare il credito di imposta, eventualmente maturato, negli Emirati Arabi, in quanto Paese di residenza.





M.I. chiede
venerdì 24/09/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
affitto l'appartamento in Rep. Ceca, dove in dichiarazione redditi da entrate +6.733 € si può togliere 30% (spese forfait) - 2.020 € e mi dà l'imponibile +4.713 €, di cui dovrei pagare il 15% € 707, poi c'è altro sgravio fiscale x ogni contribuente - € 977 e mi dà 0 da pagare. La mia domanda, so che in Italia si paga dall'imponibile senza uscite e sgravi fiscali, ma non si dovrebbe calcolare anche quei 15% che ho dichiarato all'estero anche se non ho pagato, come da suoi articoli nel suo sito. Dopo ho spesa anche fattura di agenzia ceca che si occupa della casa di € 637/anno. In che righe delle dichiarazioni in IT devo compilare e se c'è qualche legge o sentenza in questione? Ho letto su internet:
"Per effetto delle spese inerenti in base alla legislazione locale, il canone risulta ridotto a zero per effetto di una deduzione generale. In tale contesto, precisa l'Agenzia, si deve, comunque, affermare che nello Stato estero il reddito dell'immobile è soggetto ad imposizione sul reddito."
grazie per la vs. risposta”
Consulenza legale i 05/10/2021
Dal quesito posto sembra desumersi che ci si trovi davanti a persona fisica fiscalmente residente in Italia.
Sulla base di tali presupposti va detto quanto segue:
I soggetti residenti in Italia sono tassati sui redditi ovunque prodotti in base al c.d. worldwide taxation principle.
Tale principio è contenuto nell’art. 3 TUIR (Testo unico delle imposte sul reddito) in forza del quale “l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da TUTTI i redditi posseduti”.
Come si può ben comprendere, questo può condurre a una doppia imposizione, che, si genera dal sovrapporsi di pretese impositive, tra loro concorrenti, di piu Stati che radicano le rispettive potesta tributarie sulla base di criteri non coordinati tra loro.
Per porre rimedio alla doppia imposizione in Italia è previsto il metodo dell’esenzione (art. 165 TUIR) : tale metodo prevede che lo Stato di residenza (l’Italia, appunto) conceda al contribuente una detrazione per le imposte pagate nello Stato della fonte.
Il comma 1 dell’art. 165 del TUIR detta le condizioni per l’applicazione del credito per le imposte pagate all’estero. Infatti, dispone che “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo relativamente a detti redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta”.
Di conseguenza, tre sono le condizioni richieste:
• il contribuente residente in Italia deve aver prodotto un reddito all’estero
Questo criterio si applica solo se NON è esistente una Convenzione contro le doppie imposizioni tra lo Stato della fonte e lo Stato della residenza in quanto se essa esiste, il credito d’ imposta sarà riconosciuto a QUALSIASI elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato a imposizione in applicazione della specifica Convenzione contro le doppie imposizioni esistente tra lo Stato della fonte e lo Stato della residenza.
• tale reddito deve concorrere alla formazione del reddito complessivo;
• le imposte pagate dal contribuente all’estero devono essere pagate a titolo definitivo
Questo criterio si applica solo se NON è esistente una Convenzione contro le doppie imposizioni in quanto se essa esiste, ed il reddito di cui si tratta è citato dalla Convenzione contro le doppie imposizioni esistente tra lo Stato della fonte e lo Stato della residenza, allora l’imposta pagata su tale reddito è considerata pagata a titolo definitivo. La definitività di un’imposta pagata all’estero coincide con la sua irripetibilità, ossia con la circostanza che essa non è più suscettibile di modificazione a favore del contribuente.
Tra l’Italia e la Repubblica Ceca esiste una convenzione per evitare la doppia imposizione firmata a Praga IL 5 MAGGIO 1981 dove è previsto all’articolo 6 che si occupa dei Redditi immobiliari
“1. I redditi derivanti da beni immobili, compresi i redditi delle attività agricole o forestali, sono imponibili nello Stato contraente in cui detti beni sono situati.
3. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano ai redditi derivanti dalla utilizzazione diretta, dalla locazione o dall'affitto, nonché da ogni altra forma di utilizzazione di beni immobili.
4. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 3 si applicano anche ai redditi derivanti da beni immobili di un'impresa, nonché ai redditi dei beni immobili utilizzati per l'esercizio di una libera professione.”

Al successivo articolo 23 vengono individuati i metodi per evitare le doppie imposizioni ed è previsto per quanto concerne l'Italia:
Se un residente dell'Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Cecoslovacchia, l'Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell'articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l'Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagata in Cecoslovacchia, ma l'ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo. Tuttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta alla fonte a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana.”

Al fine di meglio comprendere quanto sopra può essere formulato un esempio:

Reddito complessivo ( reddito italiano e canoni di locazione esteri) prodotto pari a 100.000, di cui il 20% costituito dal reddito di canoni di locazione prodotti in Cecoslovacchia. Pago in Italia euro 23.000 di imposte. Il credito di imposta per quanto pagato all’estero potrà essere soltanto il 20% di 23.000, nonostante io in Cecoslovacchi abbia pagato eventualmente di più.

Al fine di calcolare l’imposta è tuttavia preliminare calcolare la base imponibile di applicazione dell’imposta.

A tal proposito l’art. 70 del TUIR disciplina la formazione della base imponibile statuendo all’ultimo comma che “I redditi dei terreni e dei fabbricati situati all'estero concorrono alla formazione del reddito complessivo nell'ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero concorrono a periodo di imposta, ridotto del 15% a titolo di deduzione forfetaria delle spese.”

Ai fini della dichiarazione dei redditi e della compilazione del modello Unico PF va poi aggiunto che l’art. 67 alla lettera f) del comma 1 del TUIR qualifica i redditi di beni immobili situati all’estero come “redditi diversi” .
Tali redditi andranno inseriti nella dichiarazione dei redditi nel rigo RL12.

Le istruzioni al modello UNICO, rigo RL12, precisano che: se il reddito derivante dalla locazione dell’immobile sito all’estero è ivi imponibile, il contribuente deve indicare l’ammontare dichiarato nello Stato estero, senza alcuna deduzione di spese. In tale ipotesi, al contribuente spetta il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero e non l’abbattimento forfetario del 15%.”
V’è da dire che da ulteriori documenti di prassi dell’Agenzia (Circolari Agenzia delle Entrate n. 45/E/10 (§ 4.1) e n. 13/E/2013 (§ 5.2)) è tuttavia desumibile che l’ammontare dei canoni da dichiarare in Italia è costituito dall’ammontare dei redditi al netto delle spese deducibili all’estero, senza tuttavia alcuna deduzione forfettaria.

Nel caso che ci occupa dunque l’ammontare netto sarebbe di euro 6733,00 detratte le spese di agenzia. Non sono detraibili le spese forfettarie.

Calcolata la base imponibile bisognerà procedere con il calcolo dell’imposta dovuta in Italia al netto dell’imposta pagata all’estero per il medesimo reddito. Sul punto la convenzione Italia- Repubblica Ceca, sopra citata, prevede la deduzione di quanto pagato all’estero nei limiti previsti dall’art. 23, ed il TUIR concede un abbattimento forfettario del 15% dei redditi prodotti all’estero nel solo caso di redditi non soggetti a tassazione nello stato estero.
Nel caso che ci occupa il reddito prodotto all’estero è in realtà assoggettabile a tassazione nello stato estero, seppure in via di fatto non sia stata pagata alcuna cifra in considerazione dello sgravio fiscale previsto dalla legislazione locale.
Esemplificando, se l’imposta dovuta nello stato estero (in considerazione di un maggior reddito imponibile) fosse stata maggiore dello sgravio di euro 977, l’imposta residua sarebbe stata pagata.
Ciò vuol dire che, nel caso concreto, trattasi di reddito assoggettabile ad imposta, dunque non esente.
Il reddito dato dai canoni di locazione nella legislazione Cecoslovacca è soggetto a tassazione. Non è previsto dunque in Italia l’ipotesi dell’abbattimento forfettario del reddito pari al 15% previsto dall’art 70 del TUIR.

Di fatto tuttavia non essendo stata versata alcuna imposta nello stato estero per via dello sgravio fiscale, l’imposta sul reddito prodotto all’estero andrà interamente versata in Italia, secondo il calcolo previsto dall’art. 70 del TUIR per la base imponibile e quanto disposto dall’art 23 della Convenzione Italia-Repubblica Ceca ai fini del calcolo dell’imposta dovuta in concreto.