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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 1355 del 5 maggio 1992
«L'art. 104 del nuovo codice di procedura penale ha fissato la regola generale secondo cui il rapporto con il difensore rappresenta un diritto dell'imputato detenuto ed una particolare estrinsecazione del diritto di difesa che è immediatamente...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44932 del 16 novembre 2012
«In materia di misure cautelari personali, il decreto del G.i.p. che dilaziona il diritto dell'indagato al colloquio con il proprio difensore ai sensi dell'art. 104, comma terzo, c.p.p., non è autonomamente impugnabile né può essere oggetto di...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 570 del 16 marzo 1994
«Il termine perentorio di dieci giorni entro il quale il tribunale del riesame deve decidere sulla richiesta avanzata dall'interessato secondo il combinato disposto del nono e decimo comma dell'art. 309 c.p.p. inizia a decorrere dal momento in cui...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1472 del 4 febbraio 1999
«Il difensore che assuma formalmente l'incarico a favore di un assistito, ma in realtà su impulso e mandato sostanziale di altri soggetti, che provvedono materialmente al compenso, al solo scopo di venire a conoscenza delle dichiarazioni del suo...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 658 del 29 gennaio 1997
«Per aversi incompatibilità del difensore, in relazione all'assunzione da parte sua della difesa di più imputati nello stesso procedimento, occorre che sussista una situazione di interdipendenza di posizioni processuali per la quale un imputato...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8350 del 2 marzo 2011
«In caso di condanna per il reato di falsa testimonianza, il risarcimento disposto in favore della parte civile non può ricomprendere la totalità degli effetti dannosi subiti per la sottoposizione al procedimento penale, ma solo del danno...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 47441 del 22 dicembre 2008
«L'onere di comunicare "subito" all'autorità procedente la non accettazione o la rinuncia all'incarico difensivo è assolto solo in caso di comunicazione tempestiva, ovvero quando la stessa non provoca alcun ritardo nella definizione del processo....»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 4036 del 18 aprile 1996
«Attesi i differenti presupposti della difesa di fiducia e di quella d'ufficio, non può riguardarsi come illegittima la designazione, da parte del giudice, come difensore d'ufficio, del medesimo legale che, già investito di mandato fiduciario, vi...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 6660 del 9 luglio 1997
«In tema di rinuncia del difensore al mandato difensivo, qualora un difensore, nominato in primo grado dall'imputato congiuntamente ad altro difensore, non abbia partecipato ad alcuna udienza del giudizio di primo grado, in cui era stato invece...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3898 del 15 febbraio 1996
«Nel vigente ordinamento processuale penale non è ammessa la rinuncia tacita all'incarico da parte del difensore nominato: la stessa invero non può desumersi dalla condotta processuale tenuta dal difensore poiché non compete, di certo, all'autorità...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3549 del 18 marzo 1999
«In tema di nomina di difensore, la revoca delle precedenti nomine, che risultino in eccedenza rispetto al numero consentito, può avvenire anche attraverso “comportamento concludente”. Invero, non essendo prevista come obbligatoria la adozione di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9305 del 26 agosto 1994
«Nel caso in cui l'imputato, pur avendo nominato due difensori, si sia limitato in concreto ad avvalersi di uno solo di essi, sul quale ha concentrato la propria scelta originaria, a lui affidando nella prassi la propria difesa in ogni atto,...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 3418 del 28 settembre 1993
«Il difensore di ufficio, nominato ai sensi dell'art. 97 c.p.p., non può essere revocato ad libitum , implicitamente, con una successiva nomina di ufficio; in caso di mancato reperimento, mancata comparizione o abbandono di difesa va designato un...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7928 del 23 agosto 1993
«Il criterio interpretativo formatosi in relazione al codice di rito del 1930, secondo cui non poteva ritenersi la permanenza della qualità di difensore nell'avvocato che, pur regolarmente avvisato, non si fosse presentato all'udienza del giudizio...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2019 del 18 gennaio 2006
«La disposizione dell'art. 108 comma primo c.p.p., così come modificata dall'art. 5 della legge 6 marzo 2001 n. 60, nel prevedere che il nuovo difensore dell'imputato o quello designato d'ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo,...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 20475 del 24 maggio 2002
«L'inosservanza dell'art. 523, comma 2, c.p.p. nella parte in cui prescrive che le conclusioni della parte civile devono comprendere anche la determinazione dell'ammontare dei danni di cui si chiede il risarcimento, non comporta alcuna nullità.»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 15098 del 22 aprile 2002
«Nel caso in cui il nuovo difensore nominato il giorno prima dell'udienza, in sostituzione del difensore revocato, faccia richiesta di termini a difesa, il provvedimento di diniego posto in violazione dell'art. 108 c.p.p., integra una nullità a...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 44418 del 29 ottobre 2008
«L'obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento e non ai documenti, già formati, che vengano acquisiti, a meno che la loro utilizzazione possa pregiudicare i diritti dell'imputato e sempre che quest'ultimo...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 21047 del 5 maggio 2004
«Nel giudizio di cassazione, è onere della parte che intende produrre atti in lingua straniera procedere con perizia giurata alla loro traduzione — ovvero ottenere il testo in lingua italiana dei provvedimenti provenienti da pubbliche autorità...»
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Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 21021 del 13 maggio 2003
«L'obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti già formati da acquisire al procedimento medesimo, dei quali il giudice deve disporre la traduzione ai sensi dell'art. 143, comma 2 c.p.p.;...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 38238 del 15 novembre 2002
«Tutti gli atti processuali compiuti, in un territorio nel quale è insediata una minoranza linguistica riconosciuta, nella lingua, diversa da quella italiana, ivi dominante, devono essere tradotti in italiano, a pena di nullità, in caso di...»
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Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 27347 del 5 luglio 2001
«La mancata consegna di copia della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazione a giudizio con la traduzione nella lingua di origine degli imputati stranieri, che siano stati presenti all'udienza preliminare con l'assistenza...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1400 del 3 febbraio 1999
«La sentenza che conclude il giudizio di appello rientra fra gli atti che devono essere tradotti nella lingua del cittadino appartenente alla minoranza linguistica slovena se costui ne abbia fatto richiesta. Tuttavia, in caso di mancata traduzione,...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 758 del 26 aprile 1995
«L'obbligo di usare la lingua italiana (art. 109 comma primo c.p.p.) si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti già formati da acquisire al procedimento medesimo. Ciò deriva, oltre che dal tenore letterale della citata norma...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 21952 del 31 maggio 2001
«In tema di procedimento a carico di imputati appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute presenti nella regione Trentino Alto Adige, il requisito del bilinguismo del giudice — che non può essere inteso come condizione di sua capacità — non...»
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Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 36541 del 24 settembre 2008
«È inammissibile l'impugnazione redatta in lingua straniera, interamente o in uno dei suoi indefettibili elementi costitutivi indicati dall'art. 581 c.p.p., proposta da soggetto legittimato (nella specie, estradando ) che non conosca la lingua...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5573 del 13 maggio 1998
«Il segno di croce apposto in calce all'atto da parte dell'analfabeta è un semplice elemento grafico convenzionale indicante che una persona non sa scrivere, e, non essendo idoneo ad individuare l'autore, non può costituire equipollente della...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1358 del 13 febbraio 1997
«La sottoscrizione dell'impugnazione deve essere effettuata scrivendo di propria mano in calce all'atto il nome e il cognome di chi deve firmare: il semplice segno di croce apposto dall'analfabeta non equivale a sottoscrizione, ma è una mera...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 1062 del 7 aprile 1997
«È valido ed efficace il mandato difensivo conferito mediante crocesegno autenticato dal difensore ai sensi dell'art. 39 disp. att. c.p.p.; se, infatti, il segno di croce è privo di qualsiasi valore per l'ovvia ragione che non dà alcuna certezza...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2973 del 20 agosto 1992
«L'esistenza di vizi formali concernenti l'indicazione del giudice non è causa di nullità quando dal contesto e dal contenuto del provvedimento risulti chiaramente identificabile il giudice che lo ha emesso. (Nella fattispecie la Corte Suprema ha...»