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Articolo 560 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Modo della custodia

Dispositivo dell'art. 560 Codice di procedura civile

Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593(1).

Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non autorizzati dal giudice dell'esecuzione.

Il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze sino alla pronuncia del decreto di trasferimento, salvo quanto previsto dal nono comma.

Nell'ipotesi di cui al terzo comma, il custode giudiziario ha il dovere di vigilare affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino l'integrità.

Il custode giudiziario provvede altresì, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, alla amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità.

Il debitore deve consentire, in accordo con il custode, che l'immobile sia visitato da potenziali acquirenti, secondo le modalità stabilite con ordinanza del giudice dell'esecuzione.

Il giudice dell'esecuzione, con provvedimento opponibile ai sensi dell'articolo 617, ordina la liberazione dell'immobile non abitato dall'esecutato e dal suo nucleo familiare oppure occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura non oltre la pronuncia dell'ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni.

Salvo quanto previsto dal nono comma, il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile occupato dal debitore e dal suo nucleo familiare con provvedimento emesso contestualmente al decreto di trasferimento.

Il giudice dell'esecuzione, sentite le parti ed il custode, ordina la liberazione dell'immobile pignorato quando è ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti o comunque impedito lo svolgimento delle attività degli ausiliari del giudice, quando l'immobile non è adeguatamente tutelato o mantenuto in uno stato di buona conservazione, quando l'esecutato viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico.

L'ordine di liberazione è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento, nell'interesse e senza spese a carico dell'aggiudicatario o dell'assegnatario, salvo espresso esonero del custode ad opera di questi ultimi. Per l'attuazione dell'ordine di liberazione il giudice può autorizzare il custode ad avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell'articolo 68. Quando nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima al soggetto tenuto al rilascio di asportarli, assegnandogli un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza. Dell'intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato a cura del custode. Se l'asporto non è eseguito entro il termine assegnato, i beni mobili sono considerati abbandonati e il custode, salva diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, ne cura lo smaltimento o la distruzione(5).

Note

(1) Diversi sono i compiti del custode. Egli innanzitutto deve rendere il conto nei termini indicati dal giudice e, in ogni caso, ogni tre mesi. Previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, può concedere in locazione il bene immobile pignorato. Deve adoperarsi affinché coloro che sono intenzionati a presentare offerte di acquisto esaminino i beni in vendita. Sempre previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, il custode provvede all'amministrazione e alla gestione dell'immobile, documentando le entrate e le spese relative alla custodia dell'immobile affidatogli, presentando in cancelleria il conto della sua gestione e depositando le rendite nel termine fissato dal giudice e, in ogni caso, ogni tre mesi (si veda 593). Solamente il terzo nominato custode ha diritto al compenso, ma non il debitore, il quale percepirà solo il rimborso delle spese di custodia.
(2) Comma modificato dall'art. 18-quater, commi 1 e 3 del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162.

Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8, ha disposto (con l'art. 18-quater, comma 3) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle procedure di espropriazione immobiliare pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8, nel modificare l'art. 4, comma 4 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, ha conseguentemente disposto (con l'art. 18-quater, comma 2) che "In deroga a quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, le disposizioni introdotte dal comma 2 del predetto articolo 4 si applicano anche alle procedure di espropriazione immobiliare pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge n. 12 del 2019 nelle quali non sia stato pronunciato provvedimento di aggiudicazione del bene".
(3) Tale disposizione è stata modificata dall'art. 4 commi 2 e 4 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135.
Il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, ha inoltre disposto, con l'art. 4, comma 4, che "Le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
(4) Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8, ha disposto (con l'art. 18-quater, comma 3) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle procedure di espropriazione immobiliare pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
Il D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8, nel modificare l'art. 4, comma 4 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, ha conseguentemente disposto (con l'art. 18-quater, comma 2) che "In deroga a quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, le disposizioni introdotte dal comma 2 del predetto articolo 4 si applicano anche alle procedure di espropriazione immobiliare pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge n. 12 del 2019 nelle quali non sia stato pronunciato provvedimento di aggiudicazione del bene".
(5) Disposizione interamente riformulata dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 560 Codice di procedura civile

L’art.. 560 c.p.c. disciplina il “modo della custodia” ed è stato anch’esso modificato per effetto del D.Lgs. 10.10.2022, n. 149, di Riforma del processo civile, con il quale sono stati novellati i commi preesistenti ed aggiunto un nuovo comma.

Il terzo comma, nella sua nuova formulazione, introduce espressamente il rimedio dell’opposizione ex art. 617 del c.p.c. avverso l’ordine di liberazione del bene, in tal modo aderendo alla posizione assunta dalla giurisprudenza maggioritaria sul punto e richiamando quanto già prevedeva l’art. 560 prima della riforma del 2019.
Costituisce orientamento giurisprudenziale uniforme quello secondo cui all’ordine di liberazione dell’immobile va riconosciuto un ruolo funzionale agli scopi del processo esecutivo, in quanto consente la gara per la liquidazione del bene pignorato alle migliori condizioni, le quali indubbiamente dipendono anche dal fatto che il bene sia effettivamente integro, libero e disponibile.

Nel caso in cui l’immobile risulti abitato dal debitore, invece, occorre salvaguardare il suo diritto di abitazione; infatti, la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 128 del 22.06.2021, ha evidenziato la valenza sociale che va riconosciuta a tale diritto, rientrante “fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione”.
Tali considerazioni hanno indotto anche a risolvere in senso affermativo la questione in merito alla legittimità della tutela di tale diritto a favore del debitore non convivente.
In particolare, il problema si era posto in conseguenza dell’utilizzo nella legge delega dell’espressione “debitore convivente”, che aveva in un primo momento indotto a chiedersi se la tutela di tale diritto non fosse da ritenersi circoscritta al debitore con “famiglia”; tuttavia, la natura individuale del diritto all’abitazione e l’esigenza di evitare ingiustificate disparità di trattamento, hanno indotto il legislatore delegato a non recepire le indicazioni del legislatore delegante.

Pertanto, per le esecuzioni successive al 1.3.2023, il debitore che abiti nell’immobile non ne perderà il possesso, che farà salvo sino al decreto di trasferimento
Allo stesso ed alla sua famiglia è ovviamente richiesto di non alterare l’integrità e la conservazione del bene, ovvero di non assumere comportamenti dai quali potrebbe discendere un pregiudizio dell’immobile e dunque la diminuzione del suo il valore (in caso contrario, il giudice potrà disporre la liberazione anche anticipata dell’immobile).

A tale riguardo, il nuovo comma decimo dell’art. 560 prevede che il custode attui il provvedimento di liberazione dell’immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione, senza l’osservanza delle formalità di cui agli 605 e ss., successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario se questi non lo esentano.
Se nell'immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, il custode intima alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnando ad essa un termine non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza da provarsi con giustificati motivi.
Se vi sono beni mobili di provata o evidente titolarità di terzi, l'intimazione è rivolta anche a questi ultimi con le stesse modalità descritte per i beni immobili.
Di tale intimazione ne va dato atto nel verbale, mentre per i soggetti intimati non presenti, l’intimazione viene notificata dal custode.
Se entro il termine assegnato l’asporto non dovesse essere eseguito, i beni mobili si considerano abbandonati ed il custode, salva diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.

Salvo i casi di necessaria liberazione anticipata dell’immobile, in genere l’ordine di liberazione si presenta come un provvedimento autonomo e separato, emesso contestualmente alla pronuncia del decreto di trasferimento, autoesecutivo e indipendente rispetto al decreto di trasferimento, della cui materiale esecuzione si occuperà il custode.

Massime relative all'art. 560 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 11168/2015

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, la rinnovazione tacita del contratto alla seconda scadenza contrattuale, a seguito del mancato esercizio, da parte del locatore, della facoltà di disdetta (non motivata) del rapporto ai sensi dell'art. 28, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, costituisce una libera manifestazione di volontà negoziale. Pertanto, in caso di pignoramento dell'immobile locato eseguito in data antecedente alla scadenza del termine per l'esercizio della menzionata facoltà da parte del locatore, la rinnovazione della locazione necessita dell'autorizzazione del giudice dell'esecuzione prevista dall'art. 560, secondo comma, cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 8695/2015

Il proprietario-locatore (o il suo avente causa) che non ha (più) la custodia del bene pignorato non è legittimato ad esercitare le azioni derivanti dal contratto di locazione concluso senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione (e, pertanto, già inopponibile ai creditori e all'assegnatario). La titolarità di tali azioni, ivi compresa quella di pagamento dei canoni, non è, infatti, correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale (il contratto di locazione o la proprietà), ma spetta al custode, in ragione dei poteri di gestione e amministrazione a lui attribuiti e della relazione qualificata con il bene pignorato derivante dall'investitura del giudice.

Cass. civ. n. 14765/2014

Nella vendita forzata, l'applicabilità delle norme del contratto di vendita, non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, riguarda anche l'art. 1477 cod. civ., concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore, ivi compresi gli accessori, le pertinenze ed i frutti dal giorno della vendita. Ne deriva che, in relazione allo "ius ad rem" (pur condizionato al versamento del prezzo), che l'aggiudicatario acquista all'esito dell'"iter" esecutivo, è configurabile un obbligo di diligenza e di buona fede a carico dei soggetti tenuti alla custodia e conservazione del bene aggiudicato, così da assicurare la corrispondenza tra quanto ha formato oggetto della volontà dell'aggiudicatario e quanto venduto, nonché un obbligo di correttezza (quale espressione di un principio di solidarietà sociale)anche dei terzi, i quali, allorché l'aggiudicatario lamenti la perdita o il danneggiamento dell'immobile aggiudicato prima del deposito del decreto di trasferimento, rispondono del relativo danno a norma dell'art. 2043 cod. civ. (In applicazione del principio esposto, la S.C. ha confermato la decisione con la quale il giudice di merito ha condannato al risarcimento dei danni un terzo che, d'accordo con i proprietari, aveva effettuato, dopo l'aggiudicazione di un fondo ma prima del decreto di trasferimento, il taglio di alberi da pioppo ivi insistenti).

Cass. civ. n. 20341/2010

La locazione stipulata dal custode giudiziario, a tal fine autorizzato dal giudice, di un immobile sottoposto ad esecuzione forzata, è contratto la cui durata risulta "naturaliter" contenuta nei limiti della procedura concorsuale, non potendo essere opposta a colui che abbia acquistato il bene a seguito di vendita forzata.

Cass. civ. n. 15623/2010

Il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 560, comma terzo, c.p.c. (come sostituito dall'art. 2, comma terzo, lettera e), n. 21, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80, come sostituito dall'art. 1, comma 3, lett. i) della legge 28 dicembre 2005, n. 263), ordina la liberazione dell'immobile pignorato non è suscettibile di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma settimo, Cost., trattandosi di provvedimento per il quale non ricorrono i requisiti della decisorietà e della definitività, pur rimanendo possibile, per il terzo avente titolo alla prosecuzione della legittima detenzione dell'immobile (come il conduttore "iure locationis"), formulare opposizione all'esecuzione avverso il provvedimento stesso, che costituisce titolo esecutivo per il rilascio da eseguirsi a cura del custode.

Cass. civ. n. 13202/2010

In tema di espropriazione immobiliare, ai sensi del terzo comma dell'art. 560 c.p.c. (come sostituito dall'art. 2, comma terzo, lett. e), n. 21, del d.l. n. 35 del 2005, conv., con modif., nella legge n. 80 del 2005), al giudice dell'esecuzione è consentito disporre la liberazione dell'immobile espropriato anche quando il debitore esecutato, che occupava l'immobile, non sia stato autorizzato ad abitarlo in tutto o in parte ovvero quando l'autorizzazione sia stata revocata, poiché la prosecuzione della detenzione da parte dello stesso debitore non può prescindere dall'emanazione del preventivo provvedimento autorizzativo del suddetto giudice. Tale provvedimento ha natura di ordinanza, che non è né revocabile né modificabile, in quanto espressamente dichiarata non impugnabile, ed è adottabile, previa assicurazione del principio del contraddittorio, omettendosi ogni formalità di sorta e senza presupporre la richiesta di parte, potendo essere disposta dal giudice dell'esecuzione anche d'ufficio.

Cass. civ. n. 16375/2009

La locazione di un bene sottoposto a pignoramento stipulata senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, in violazione dell'art. 560 c.p.c., non comporta l'invalidità del contratto ma solo la sua inopponibilità ai creditori e all'assegnatario, precisandosi che il contratto così concluso non pertiene al locatore - proprietario esecutato, ma al locatore - custode, e che le azioni da esso scaturenti devono essere esercitate dal custode. (Nella specie, relativa ad azione - proposta dal locatore, proprietario esecutato, in proprio e non quale custode - per il pagamento dei canoni di una locazione di un bene pignorato stipulata senza la detta autorizzazione, la S.C. ha confermato a sentenza impugnata, con la quale si era ritenuta la parte attrice priva di legittimazione sostanziale e processuale).

Cass. civ. n. 10498/2009

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, disciplinata dalla legge sull'equo canone, la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza contrattuale, per il mancato esercizio da parte del locatore della facoltà di diniego della rinnovazione stessa (artt. 28 e 29 della legge 27 luglio 1978, n. 392) costituisce un effetto automatico scaturente direttamente dalla legge e non da una manifestazione di volontà negoziale. Ne consegue che, in caso di pignoramento dell'immobile e di successivo fallimento del locatore, siffatta rinnovazione non necessita dell'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, prevista dal secondo comma dell'art. 560 c.p.c.

Cass. civ. n. 26238/2007

Anche se la locazione dell'immobile pignorato è stata stipulata prima del pignoramento, la rinnovazione tacita della medesima richiede l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, in forza dell'art. 560, secondo comma, c.p.c.; peraltro, il custode giudiziario deve assicurare la conservazione e la fruttuosa gestione della cosa pignorata previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, sicché è legittimato ad inviare la disdetta e a promuovere la procedura di rilascio per finita locazione. La norma citata, rettamente interpretata nel senso esposto, non suscita dubbi di incostituzionalità per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto la peculiare funzione del pignoramento nell'ambito del processo di esecuzione giustifica la particolarità della sua disciplina in cui si inquadra in modo armonico e coerente il suddetto secondo comma dell'art. 560 c.p.c.

Cass. civ. n. 19323/2005

Dopo il pignoramento di un immobile che era stato già dato in locazione, il locatore-proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene, per effetto del quale la proprietà del bene e dei frutti si trasferisce all'aggiudicatario. Pertanto qualora il locatore venga nominato custode dell'immobile pignorato, mutando il titolo del possesso del bene, può richiedere il pagamento dei canoni solo nell'esercizio del potere di amministrazione e gestione del bene. A tal fine, intrapresa dal locatore, dopo il pignoramento, azione per il pagamento dei canoni, per economia dei giudizi e in forza del principio di conservazione degli atti processuali, gli è consentito dichiarare in sede di appello, modificando la veste assunta, di agire in qualità di custode, ufficio comunicato al conduttore all'atto della notifica del pignoramento contenente la relativa nomina. Per l'esercizio di tale potere processuale non è necessaria l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, trattandosi di esplicazione di compiti di ordinaria amministrazione nella gestione dell'immobile pignorato, ai cui frutti si estende il pignoramento.

Cass. civ. n. 15297/2002

La rinnovazione tacita della locazione integra un nuovo negozio giuridico bilaterale, con la conseguenza che, trattandosi di immobile sottoposto a sequestro giudiziario, è richiesta l'autorizzazione del giudice, per effetto del combinato disposto degli artt. 560, secondo comma, e 676 c.p.c. Peraltro, essendo la misura cautelare finalizzata alla tutela degli interessi del sequestrante, la inefficacia relativa della locazione di immobile da parte del custode giudiziario in assenza di autorizzazione può essere fatta valere solo dallo stesso sequestrante.

Cass. civ. n. 9237/2002

Il decreto con il quale il giudice dell'esecuzione dispone che i canoni di locazione dell'immobile pignorato siano versati al custode del bene, essendo emesso in funzione strumentale alla procedura coattiva, spiega i suoi effetti soltanto nell'ambito del processo esecutivo in cui l'ausiliare è stato nominato, dovendosi escludere ogni ultrattività del suddetto decreto nel caso in cui la procedura si estingua. Pertanto il custode del bene già pignorato, che abbia acquistato l'immobile dal debitore esecutato, non può nella veste di nuovo proprietario valersi di tale decreto contro il conduttore dell'immobile, relativamente ai canoni dovuti per il periodo corrispondente alla procedura esecutiva estinta, né a tal fine può invocare il fenomeno successorio tra le due distinte qualità soggettive.

Cass. civ. n. 15373/2000

Il potere, previsto dall'art. 560 c.p.c., richiamato dall'art. 676 c.p.c., del giudice di autorizzare il custode di un bene sottoposto a sequestro alla locazione del medesimo è assolutamente discrezionale, sì che l'opposizione di parte al riguardo non ha alcun rilievo e perciò esclude possa costituire causa idonea per i danni che la controparte assume di avere conseguentemente subito.

Cass. civ. n. 7422/1999

La locazione di un bene sottoposto a sequestro giudiziario senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, in violazione dell'art. 560 c.p.c., non comporta l'invalidità della locazione bensì solo la sua inopponibilità ai creditori e all'assegnatario. Ne consegue che non può eccepire il difetto di autorizzazione da parte del giudice, il conduttore della locazione non autorizzata.

Cass. civ. n. 8462/1994

I contratti stipulati dal custode giudiziario, con o senza l'autorizzazione del giudice, non possono mai pregiudicare in nessun modo il diritto del proprietario a ricevere il bene nella condizione giuridica in cui è stato trasmesso dal suo diretto dante causa, per cui la stipulazione di un contratto di colonia parziaria non è opponibile ai creditori, né all'aggiudicatario dell'immobile stesso, e l'affitto da parte del custode di un fondo rustico sottoposto al sequestro giudiziario, senza l'autorizzazione del giudice, non è viziato da nullità assoluta per violazione dell'art. 560 c.p.c. (richiamato dall'art. 676), bensì, essendo la misura cautelare finalizzata alla protezione degli interessi del sequestrante, da efficacia relativa (ed opponibilità del negozio), con la conseguenza che il vizio può esser fatto valere solo da chi ha provocato il provvedimento cautelare, e, successivamente, dall'assegnatario del bene, senza che a questi l'affittuario possa opporre la proroga legale del contratto.

Cass. civ. n. 6602/1994

Il proprietario nominato custode dell'immobile pignorato non può compiere, senza l'autorizzazione del giudice, atti che eccedono i limiti dell'ordinaria amministrazione, tra i quali rientra la cessione del contratto di affitto agrario dal conduttore al terzo, che deve considerarsi, perciò, inopponibile all'aggiudicatario del bene.

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Consulenze legali
relative all'articolo 560 Codice di procedura civile

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Luigi M. chiede
lunedì 03/05/2021 - Campania
“E' valido un contratto di comodato di bene immobile oggetto, come ben noto ad entrambe le parti, di sequestro penale e pignoramento immobiliare, entrambi regolarmente trascritti?”
Consulenza legale i 09/05/2021
La disciplina dei beni soggetti a sequestro penale ed a pignoramento immobiliare può ricondursi ad unità sotto il profilo degli effetti che da essi ne conseguono in ordine alla disponibilità dei beni.
In tal senso può argomentarsi dal secondo comma dell’art. 320 del c.p.p., nella parte in cui dispone che “l’esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile”.
Pertanto, è sostanzialmente alle norme del codice processuale civile che occorre fare riferimento per rispondere al quesito posto.

Ora, a differenza di quanto accade per la locazione, non vi è una norma del codice processuale civile né del codice civile che si occupi espressamente del contratto di comodato stipulato a seguito del pignoramento, con la conseguenza che occorrerà fare riferimento a quelli che sono i principi generali dettati dal legislatore in tema di custodia degli immobili pignorati.
Ciò che è certo è che il pignoramento immobiliare, così come il sequestro disposto in campo penale, non fa venir meno la proprietà del bene in capo al debitore-proprietario; tuttavia, lo stesso debitore non può, dal momento in cui è stato costituito il vincolo di indisponibilità, disporre del bene pignorato, ed in particolare non può venderlo, darlo in locazione o in comodato.

In particolare, nel caso della locazione, come si è prima accennato, l’art. 560 c.p.c. comma 7 dispone espressamente che “Al debitore è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell’esecuzione”, e ciò perché la legge non consente al debitore di percepire frutti (quali sono i canoni di locazione) che dovrebbero essere acquisti alla procedura esecutiva (e, dunque, a vantaggio dei creditori).
Solo il giudice dell’esecuzione, infatti, può consentire la locazione dell’immobile su cui cade un pignoramento, disponendo nel medesimo provvedimento con cui si autorizza la locazione, che i proventi di quest’ultima dovranno essere accreditati al creditore procedente in acconto sulle maggiori somme che gli saranno liquidate in sede di vendita forzata.

Sebbene la disposizione appena citata faccia riferimento alla sola locazione, si ritiene che la stessa debba essere posta in stretta correlazione con i precedenti commi 3 e 6, laddove si dice (comma 3) che il debitore ed i suoi familiari non perdono il possesso dell’immobile fino al decreto di trasferimento, ma costituendo l’atto dispositivo del godimento del bene, a favore di terzi, un comportamento del debitore contrario agli obblighi di legge, esso è idoneo, a mente del comma sesto, a provocare l’ordine di liberazione anticipato dell’immobile, anche in considerazione del fatto che l’immobile non verrebbe più ad essere abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare.

Occorre, infatti, porre in evidenza che il pignoramento (così come il sequestro) costituisce ex lege il debitore nell'ufficio (di diritto pubblico) di custode dell'immobile e dei suoi accessori, con conseguente interversione del potere di fatto uti dominus esercitato dal debitore in possesso juris publici, nella veste di ausiliario del giudice e quindi nell'interesse della procedura.
Da ciò se ne deve far conseguire che, così come accade nel caso della stipula di un contratto di locazione, in cui la mancata autorizzazione del giudice dell’esecuzione “rende la locazione stipulata dal custode inopponibile ai creditori procedenti ed intervenuti nella esecuzione nonché all’acquirente del bene, con la conseguenza che lo stesso giudice dell’esecuzione può disporre, in qualsiasi momento, la liberazione dell’immobile” (cfr. Cass. sent. n. 29491/19 del 14.11.2019, Cass. 27/09/2018 n. 23320; Cass. 27/06/2016 n° 13216; Cass. 28/09/2010 n° 20341; Cass. S.u. 20/01/1994 n° 459; Cass. 17/10/1994 n° 8462), anche la stipula di un contratto di comodato senza alcuna autorizzazione giudiziale può ritenersi astrattamente consentita, dovendosi tuttavia avere piena cognizione delle conseguenze a cui si rischia di andare incontro, e precisamente:
  1. inopponibilità del contratto alla procedura esecutiva;
  2. ordine anticipato di liberazione dell’immobile ex art. 560 comma 6 c.p.c., qualora si tratti di immobile abitativo ed il giudice venga a conoscenza del fatto che lo stesso non è più abitato dal debitore e dai familiari con lui conviventi (unica ragione per cui viene lasciato nella loro disponibilità);
  3. trattandosi di contratto posto in essere in attuazione di una mera amministrazione processuale del bene, la sua durata non può, in alcun caso, eccedere quella della procedura esecutiva (dunque, sarebbe incerta);
  4. nell’ipotesi di ordine di liberazione anticipato, con contestuale surroga di custodia, il nuovo custode, nominato dal giudice dell’esecuzione, sarebbe anche legittimato a richiedere al comodatario il pagamento di quanto dovuto a titolo di occupazione gratuita per il periodo in cui il contratto di comodato ha avuto efficacia inter partes.

In conclusione, la risposta è che non esiste alcuna disposizione che vieti espressamente al debitore/custode di concedere in comodato l’immobile pignorato/sequestrato a terzi, ma le conseguenze (come viste sopra) non sarebbero di scarso rilievo, senza considerare che la detenzione del bene da parte del comodatario non consentirebbe al custode di ottemperare a quanto previsto al secondo comma dell’art. 560 c.p.c., ossia di conservare il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e di mantenerne e tutelarne l'integrità.


M. D. A. chiede
mercoledì 23/11/2022 - Lombardia
“Buona sera, in data 05.03.2015 è passata in giudicato una sentenza che mi condannava alla restituzione di un immobile in favore dell'erede, annullando le disposizioni testamentarie del de cujus che mi aveva lasciato in eredità l'immobile (io sono un terzo), la sentenza mi condannava anche al pagamento delle spese legali. Dopo la sentenza che è stata trascritta dall'erede beneficiario, costui non si è fatto sentire nè per le spese legali (credo ormai prescritte 10 anni) nè per la restituzione dell'immobile (diritto prescritto?) . Ho provveduto a notificare un'offerta per intimazione ma l'erede è risultato irreperibile. A questo punto potrei chiedere la nomina di un sequestratario , mi chiedo potrei essere nominato io o in alternativa il mio commercialista. Siccome l'immobile già da prima del giudizio era stato da me locato a un terzo, costui sta ancora pagando i canoni a me e occupando l'immobile. Quali possono essere le conseguenze in caso di nomina di un sequestratario? Devo consegnare al sequestratario tutti i canoni o solo quelli degli ultimi 10 anni? l'attuale conduttore ha legittimazione attiva in questo ricorso per la nomina oppure posso procedere da solo visto che sono io il condannato alla restituzione? E' possibile fare valere un'azione di usucapione e se si quali sono i termini? Ringrazio anticipatamente”
Consulenza legale i 04/12/2022
Diversi sono gli aspetti e le problematiche che il quesito in esame richiede di affrontare.
Per tale ragione ed al fine, soprattutto, di evitare confusione nella trattazione degli argomenti, si preferisce suddividere la risposta in paragrafi diversi.

A) TERMINE ENTRO CUI METTERE IN ESECUZIONE UN TITOLO GIUDIZIALE
Il primo dubbio che si avanza è quello relativo al termine oltre il quale deve considerarsi prescritto per la parte vittoriosa di un giudizio civile il diritto di mettere in esecuzione la sentenza che ha statuito in suo favore, sia per il capo relativo alla condanna alle spese legali sia per il capo in cui il giudice ha statuito nel merito della controversia (condannando il convenuto alla restituzione dell’immobile).
Trova applicazione al riguardo l’ordinario termine decennale di prescrizione fissato dall’art. 2946 c.c., norma che a sua volta va coordinata con l’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Nel caso in esame si dice che la sentenza è passata in giudicato in data 05.03.2015, il che comporta che dalla data del 5 marzo 2025 la parte vittoriosa in giudizio non potrà più legittimamente mettere in esecuzione quel titolo in ogni sua parte (ovvero, sia per le spese che per la restituzione dell’immobile).

B) OFFERTA PER INTIMAZIONE
La scelta di avvalersi dell’istituto giuridico dell’offerta reale per intimazione è certamente più che corretta, costituendo l’unica strada percorribile in tutti quei casi in cui il creditore non voglia ricevere la prestazione dovuta.
Norma di riferimento, trattandosi di consegnare un immobile, è l’art. 1216 c.c., il quale dispone che in questi casi l’offerta consiste nella notifica al creditore di un atto con il quale gli viene intimato di prendere in consegna l’immobile.
Qualora tale intimazione dovesse avere esito negativo, il debitore potrà chiedere al giudice la nomina di un sequestratario, al quale l’immobile dovrà essere consegnato.
Solo da quest’ultimo momento il debitore potrà considerarsi liberato.
Nel quesito si dice che l’erede vittorioso a cui consegnare il bene, si è reso irreperibile, ma ciò di certo non può impedire il perfezionarsi della notifica ed il completamento della procedura di offerta reale per intimazione.
L’art. 1216 c.c., infatti, richiama espressamente il secondo comma dell’art. 1209 c.c., dalla lettura del quale si evince che l’offerta per intimazione va notificata secondo le forme prescritte per gli atti di citazione, ovvero secondo le norme dettate dal codice di procedura civile agli artt. 137 e ss.
In particolare, seppure nel quesito non venga specificato a cosa ci si intenda riferire quando si dice “l’erede è risultato irreperibile”, se con tale espressione si vuole richiamare il concetto di “irreperibilità” fatto proprio dal legislatore nel codice di procedura civile, la notifica potrà senza alcun dubbio perfezionarsi secondo le forme prescritte dall’art. 143 c.p.c.

C) PROCEDIMENTO PER LA NOMINA DEL SEQUESTRATARIO
Norma applicabile per dare attuazione a quanto disposto dall’art. 1216 c.c. è l’art. 79 disp. att. c.c., il quale distingue a seconda che vi sia giudizio pendente o meno.
Qualora, come nel caso di specie, non vi sia un giudizio pendente, il sequestratario è nominato, sentito il creditore, dal Presidente del Tribunale del luogo in cui l'immobile si trova con decreto che è emesso nelle forme camerali ed è suscettivo di reclamo al presidente della Corte d'Appello.
Per quanto concerne la concreta individuazione del soggetto a cui affidare l’incarico di custode sequestratario, in assenza di una espressa disposizione al riguardo, si ritiene che debba farsi applicazione delle norme dettate dal codice di procedura civile in tema di sequestro (artt. 670 e ss. c.p.c.), ed in particolare troverà applicazione l’art. 676 c.p.c., il quale, al suo secondo comma, attribuisce al giudice (ovvero il Presidente del Tribunale) la facoltà di scegliere il custode tra quello dei contendenti che offre maggiori garanzie e che dà cauzione.
Il terzo comma di quella stessa norma precisa che il custode della cosa sequestrata (ovvero il sequestratario) ha “gli obblighi e i diritti previsti negli articoli 521, 522 e 560”, norme dettate in tema di pignoramento mobiliare ed immobiliare e che prevedono, tra l’altro, il diritto del custode ad un compenso e l’obbligo per lo stesso di rendere il conto della sua gestione.
Pertanto, alla domanda se può essere nominato sequestratario colui che deve consegnare il bene ovvero il suo commercialista, può rispondersi suggerendo di indicare già questi soggetti nel ricorso da presentare al Presidente del Tribunale ex art. 79 disp. att. c,c., offrendosi eventualmente di prestare eventuali garanzie per una corretta e diligente amministrazione della cosa.
Sarà poi il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, a valutare a quale soggetto poter affidare la custodia dell’immobile.

D) SITUAZIONE DEI CANONI LOCATIZI RELATIVI ALL’IMMOBILE DA CONSEGNARE
Il problema dei canoni riscossi a titolo di locazione dell’immobile da consegnare si ritiene che possa essere risolto facendo applicazione degli artt. 1148 e 1189 c.c.
Più precisamente, si ritiene intanto che la posizione di colui che è tenuto a restituire l’immobile in forza di un titolo giudiziale (sentenza) sia riconducibile a quella del possessore di buona fede, al quale dunque è applicabile l’art. 1148 c.c., nella parte in cui dispone che è legittimato a fare propri i frutti civili maturati fino al giorno della domanda giudiziale, mentre “risponde verso il rivendicante dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre di famiglia”.
Sotto il profilo dei rapporti tra locatore e conduttore, invece, troverà applicazione l’art. 1189 c.c., nella parte in cui dispone che il conduttore-debitore che effettua il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche deve intendersi liberato dalla propria obbligazionese prova di esser stato in buona fede”, mentre colui che ha ricevuto il pagamento pur non essendone legittimato sarà tenuto alla restituzione di quanto riscosso verso il vero creditore secondo le norme dettate in tema di ripetizione di indebito.
Anche in questo caso, in assenza di un termine breve di prescrizione, varrà il termine ordinario decennale ex art. 2946 c.c.
Nel momento in cui, invece, il Presidente del Tribunale provvederà a nominare il sequestratario, costui, nella qualità di custode, potrà chiedere al giudice di proseguire il rapporto di locazione, con obbligo di accantonare i canoni a tale titolo riscossi e di renderne il conto ex art. 560 c.p.c.
Nessuna pretesa potrà avanzare il sequestratario così nominato sui canoni riscossi prima della sua nomina, considerato che gli stessi potranno essere pretesi soltanto da colui al quale l’immobile deve essere riconsegnato, il quale, a tal fine, dovrà esperire, come prima è stato detto, l’azione di ripetizione di indebito.
L’attuale conduttore, in ogni caso, non ha alcuna legittimazione nella vicenda in esame, essendo soggetto estraneo al rapporto sia processuale che sostanziale esistente tra l’erede vittorioso ed il soccombente nel giudizio di restituzione.

E) USUCAPIONE
Non sussistono i presupposti richiesti dalla legge per far valere l’usucapione.
Uno dei presupposti principali per avvalersi di tale forma di acquisto della proprietà, infatti, è la non interruzione del possesso, la quale ricorre allorquando, nel lasso di tempo richiesto dalla legge, non intervenga:
1. né una causa di interruzione naturale (tale sarebbe, ad esempio, l’abbandono del bene),
2.né una causa di interruzione c.d. civile, che si verifica nel caso in cui contro il possessore, che pure conserva materialmente il possesso del bene, venga proposta una domanda giudiziale volta a privarlo di esso;
3.né il possessore abbia effettuato un riconoscimento del diritto del titolare, per tale intendendosi un atto o un fatto che non si limiti ad evidenziare la consapevolezza del possessore circa la spettanza ad altri del diritto dallo stesso esercitato come proprio, ma esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare.
Nel caso di specie sembra evidente che ricorrono sia un’interruzione civile (la domanda giudiziale conclusasi con la sentenza che impone la restituzione) sia il riconoscimento del diritto del titolare, quest’ultimo risultante dall’offerta reale per intimazione notificata al soggetto a cui il bene deve essere restituito.