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Articolo 270 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Chiamata di un terzo per ordine del giudice

Dispositivo dell'art. 270 Codice di procedura civile

La chiamata di un terzo nel processo a norma dell'articolo 107 può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per un'udienza che all'uopo egli fissa (1).

Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo (2).

Note

(1) Si parla in questo caso di intervento coatto su ordine del giudice: tale ordine non è indirizzato al terzo, ma alle parti. La citazione del terzo avverrà a cura della parte più diligente, che solitamente sarà quella maggiormente interessata all'intervento.
L'ordinanza con cui il giudice dispone la chiamata in causa del terzo non è impugnabile, ma è soggetta al riesame del collegio in sede di decisione della causa (art. 178 del c.p.c.).
(2) Se le parti non provvedono alla citazione del terzo, la causa viene cancellata dal ruolo: dall'ordinanza che dispone la cancellazione decorre il termine di cui all'art. 307 del c.p.c. per la riassunzione della causa.
Poiché il provvedimento del giudice istruttore con cui si ordina la chiamata è una tipica ordinanza revocabile, si è ritenuto che il magistrato, nell'esercizio del suo potere discrezionale, possa, anziché ordinare la cancellazione della causa dal ruolo, fissare una nuova udienza per la prosecuzione del giudizio tra le parti originarie.

Ratio Legis

La chiamata in causa del terzo da parte del giudice persegue l'obiettivo di prevenire un moltiplicazione di liti aventi il medesimo oggetto o comunque connesse, assicurando peraltro una unità e uniformità di giudizio in ordine a rapporti contigui.

Brocardi

Adcitatio

Spiegazione dell'art. 270 Codice di procedura civile

Anche il giudice può ordinare, d'ufficio ed in qualsiasi momento, la chiamata in causa di un terzo al quale la causa è comune ex art. 107 del c.p.c., invitandolo a comparire ad un'udienza fissata per tale scopo.
L'ordine è contenuto in un'ordinanza non impugnabile, la quale, tuttavia, può essere soggetta a riesame da parte dello stesso organo giudicante.
Parte della dottrina ha osservato che il giudice possa ordinare la chiamata del terzo nel processo in qualunque momento dello svolgimento del giudizio di primo grado, e dunque fino all'udienza di rimessione della causa al collegio.
In base ad un diverso orientamento, invece, la chiamata del terzo potrebbe essere legittimamente disposta solo fino a quando le parti non abbiano esaurito il potere di modificare le rispettive domande ed eccezioni.

Come si ricava dalla stessa espressione usata all’art. 107 c.p.c. “quando ritiene opportuno”, la chiamata in causa di un terzo è rimessa alla libera valutazione del giudice, ed in quanto tale non può costituire oggetto di censura (né a seguito di appello né di ricorso in Cassazione).

Dispone il primo comma dell’art. 270 che il giudice istruttore fissa un’apposita udienza per la chiamata del terzo.
Poiché l'indicazione dell'udienza di comparizione del terzo è analoga all'indicazione della udienza stabilita dal n. 7 dell'art. 163 del c.p.c., la fissazione di un'udienza per la chiamata di un terzo disposta dal giudice non comporta fissazione di alcun termine perentorio.
Da ciò se ne fa conseguire che l'inosservanza dell'ordine di chiamata del terzo e, conseguentemente, la mancata comparizione dello stesso all'udienza fissata, non impedisce al giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale, di fissare una nuova udienza di comparizione.

Per quanto concerne le modalità della chiamata, si è osservato che questa debba essere effettuata mediante citazione, ad opera di una delle parti, ovvero della parte più diligente, in quanto il destinatario dell'ordine del giudice non è il terzo, ma le parti già presenti nel processo, e più precisamente la parte che ha interesse ad evitare la cancellazione della causa dal ruolo.

Prevede il secondo comma della norma che se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone la cancellazione della causa dal ruolo, mediante ordinanza non impugnabile.
Parte della dottrina ha posto in evidenza che la norma non precisa se la cancellazione della causa dal ruolo per mancata citazione del terzo determini estinzione immediata del processo o se esso rimanga quiescente, con possibilità di riassumerlo entro il termine di un anno ai sensi del primo comma dell'art. 307 del c.p.c..

Va, tuttavia, osservato che l'inosservanza dell'ordine del giudice comporta la cancellazione della causa dal ruolo e non l’estinzione del processo, a differenza della inosservanza dell'ordine di integrazione previsto dal secondo comma dell'art. 102 del c.p.c..
Pertanto, a seguito della cancellazione la parte interessata deve riassumere la causa nei termini di legge, e quindi, poiché l'ordine di chiamata resta fermo, far fissare dal giudice una nuova udienza per la citazione (tuttavia, anche se la citazione avvenisse per la nuova udienza fissata dalla parte, non vi sarebbe nullità).

Massime relative all'art. 270 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 1291/2012

Quando il convenuto contesti di esser titolare dell'obbligazione dedotta in giudizio indicando un terzo quale esclusivo soggetto passivo della pretesa attrice, non v'è necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di quest'ultimo, in quanto, potendo emettersi la pronunzia di accertamento positivo o negativo della sussistenza di quella titolarità con effetti limitati alle parti in causa, non si versa in situazione di impossibilità di adottare una pronunzia idonea a produrre gli effetti giuridici voluti senza la partecipazione al giudizio di determinati soggetti. Ne consegue che nella indicata ipotesi l'intervento del terzo nel giudizio può esser disposto in corso di causa ex art. 107 c.p.c. solo dal giudice di primo grado nell'esercizio di un potere discrezionale ed insindacabile, ma qualora l'ordine predetto sia rimasto inosservato e il giudice non abbia provveduto a cancellare la causa dal ruolo a norma dell'art. 270 c.p.c., deve ritenersi che tale ordine sia stato implicitamente revocato.

Cass. civ. n. 22419/2008

La chiamata in causa di un terzo ai sensi dell'art. 107 c.p.c. è sempre rimessa alla discrezionalità del giudice di primo grado, involgendo valutazioni circa l'opportunità di estendere il processo ad altro soggetto, onde l'esercizio del relativo potere, che determina una situazione di litisconsorzio processuale necessario, è insindacabile sia da parte del giudice di appello, che del giudice di legittimità. Ne consegue che il giudice di appello non può far altro che constatare la rituale dichiarazione di intervenuta estinzione del giudizio da parte del giudice di primo grado, ove non si sia provveduto alla riassunzione del processo, con l'integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo, nel termine di un anno dall'ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo pronunciata a seguito dell'inottemperanza all'ordine di chiamata in causa.

Cass. civ. n. 776/2004

La parte che non abbia provveduto alla chiamata del terzo in giudizio nelle forme e nei termini fissati dall'art. 269, comma I c.p.c. non può denunciare, in sede di gravame (appello o cassazione), la mancata concessione di un termine per effettuare detta chiamata ex art. 269, comma II, c.p.c., ovvero il mancato esercizio del potere di ordinare l'intervento di detto terzo a norma del precedente art. 107, vertendosi in tema di prerogative esclusive e discrezionali del giudice di primo grado.

Cass. civ. n. 707/2004

In materia di procedimento civile avanti al giudice di pace (in forza dell'art. 311 c.p.c. disciplinato, per quanto non espressamente previsto, dalle norme relative al procedimento avanti al Tribunale, in quanto applicabili), ben può tale giudice, ai sensi del combinato disposto degli artt. 311, 281 bis, 270 e 107 c.p.c., ordinare la chiamata in causa del terzo ex art. 107 c.p.c. «in ogni momento» del giudizio di primo grado, senza limiti di tempo, e quindi anche dopo l'esaurimento dell'istruttoria orale, non essendo al riguardo vincolato dalle preclusioni in cui siano eventualmente incorse le parti originarie per effetto dell'art. 320 c.p.c., giacchè, attese le finalità pubblicistiche che presiedono alla chiamata del terzo iussu iudicis la deroga al regime delle ordinarie preclusioni nascente dal combinato disposto di cui agli artt. 270 e 184 bis c.p.c. non può non trovare applicazione anche nel procedimento in questione, atteso che l'economia dei giudizi e l'uniformità dei giudicati sono valori che devono prevalere sulle pure apprezzabili esigenze di snellezza e celerità a tale procedimento impresse dalla riforma del 1990, come si desume dalla circostanza che proprio con il mantenere in tale occasione immutata la disciplina dell'istituto in questione il legislatore ha dimostrato di considerare le suindicate finalità pubblicistiche come meritevoli di maggiore tutela.

Cass. civ. n. 9237/2000

La fissazione di un'udienza (ai sensi dell'art. 270 c.p.c.) per la chiamata di un terzo, disposta dal giudice (ex art. 107 c.p.c.) per ragioni di opportunità, non comporta fissazione di alcun termine perentorio, trattandosi dell'indicazione dell'udienza di comparizione del terzo del tutto analoga all'indicazione della udienza stabilita dall'art. 163 n. 7 c.p.c. per l'ordinaria citazione, con la conseguenza che l'inosservanza dell'ordine di chiamata del terzo — e, correlativamente, la mancata comparizione dello stesso all'udienza fissata — non impediscono al giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale, la fissazione di una nuova udienza di comparizione.

Cass. civ. n. 4000/1985

Per attribuire la qualità di parte all'interventore iussu iudicis non è necessario che egli proponga domande o che queste siano proposte contro di lui.

Quando l'intervento in causa è disposto dal giudice ai sensi dell'art. 107 c.p.c., diventa irrilevante, avuto riguardo al preminente interesse pubblico cui tale disposizione è ispirata, il decorso del termine previsto dall'art. 269 dello stesso codice per l'ipotesi di chiamata in causa del terzo ad istanza di parte.

Cass. civ. n. 5133/1981

La valutazione dell'opportunità di ordinare l'intervento in causa del terzo a norma dell'art. 107 c.p.c. rappresenta una prerogativa esclusiva e discrezionale del giudice di primo grado, sia per i limiti temporali stabiliti, per la chiamata di un terzo in causa, dall'art. 269 c.p.c., sia per la salvaguardia del doppio grado di giurisdizione. Da ciò consegue che il mancato uso del relativo potere non può formare oggetto di sindacato da parte del giudice di appello, il quale, da un lato, non potrebbe rimettere la causa al primo giudice per l'esercizio di quel potere, esulando tale ipotesi dai motivi di remissione tassativamente previsti dall'art. 354 c.p.c., e, dall'altro, non potrebbe ordinare l'intervento del terzo in appello, ostandovi il divieto di cui all'art. 344 dello stesso codice.

Cass. civ. n. 3326/1979

L'irritualità dell'introduzione di una domanda, nei confronti del terzo chiamato in causa per ordine del giudice, perché effettuata con atto non notificato, ma solo depositato in cancelleria prima che il terzo medesimo con la notificazione della chiamata assuma la qualità di parte, resta sanata ove quest'ultimo, nel costituirsi, accetti il contraddittorio, difendendosi nel merito.

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