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Articolo 82 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Patrocinio

Dispositivo dell'art. 82 Codice di procedura civile

Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 1.100 (1).

Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore [417, 442] (2). Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.

Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti [86, 417, 707] (3), davanti [al pretore,] (4)al tribunale e alla corte di appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente (5); e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo [365] (6) (7) (8).

Note

(1) Le parole «euro 516,46» sono state sostituite dalle attuali «euro 1.100» dall'art. 13, comma 1, lett a), del D.L. 22 dicembre 2011, n.212, convertito con modificazioni nella L.17 febbraio 2012, n.10.
(2) Si precisa che i difensori devono essere necessariamente iscritti negli appositi albi, aperti a quanti risultino possesso dei requisiti richiesti dalla legge professionale. La tenuta degli albi consiste in una delle tante funzioni demandate al Consiglio dell'ordine degli avvocati presso ogni Tribunale.
(3) Sono diversi i casi in cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice. Ciò avviene ad esempio nelle cause di valore non superiore a euro 129,11 in materia di lavoro (417 1), di previdenza e assistenza obbligatorie (442) ed in materia di locazione (447bis). Diversamente, nell'ambito del giudizio di separazione vige l'obbligo per le parti di comparire personalmente davanti al giudice senza l'assistenza di un difensore (707).
Infine, se la parte è anche un avvocato, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore (86).
(4) Le parole "al pretore" sono state soppresse ai sensi dell'art. 61, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, a decorrere dal 2-6-1999.
(5) L'avvocato iscritto nell'apposito albo del distretto della Corte di appello, nel quale si trova l'ufficio giudiziario adito è legalmente esercente la professione forense. Infatti, non è ritenuta sufficiente la sola abilitazione all'esercizio della professione.
(6) Con la l. 24-2-1997, n. 127 è stato soppresso l'Albo dei procuratori legali, di conseguenza oggi, all'atto del superamento dell'esame di abilitazione, si acquisisce direttamente il titolo di avvocato dopo aver prestato il giuramento di rito ed essere iscritti all'Albo degli avvocati. Ad oggi, il termine «procuratore» indica solamente le funzioni procuratorie di rappresentanza della parte in udienza.
(7) L'avvocato cassazionista è il difensore iscritto nell'albo dei patrocinanti innanzi alle giurisdizioni superiori, tenuto dal Consiglio nazionale forense. Tale titolo viene conseguito dopo 12 anni di professione oppure in seguito al superamento di un apposito esame.
(8) Per stare in giudizio l'avvocato deve essere autorizzato con apposita la procura alle liti, ovvero l'atto unilaterale con il quale la parte designa il difensore che dovrà rappresentarla nel processo. La mancanza di procura implica la nullità dell'attività processuale compiuta dal difensore, attività che viene comunque considerata come posta in essere dal soggetto che si è costituito in giudizio senza difensore.

Ratio Legis

La norma in analisi sancisce in ossequio al più ampio diritto alla difesa previsto dall'art. 24 della Costituzione la necessità del patrocinio, fatta eccezione per alcune ipotesi. La difesa tecnica viene resa necessaria dalla complessità e dal tecnicismo del processo non affrontabili dalle parti personalmente senza l'ausilio dei difensori.

Brocardi

Ius postulandi

Spiegazione dell'art. 82 Codice di procedura civile

Nella norma in esame viene operata una distinzione tra l’ipotesi in cui le parti possono stare in giudizio personalmente e quella in cui esse devono necessariamente essere rappresentate mediante il ministero o l'assistenza di un professionista.
Dispone il primo comma che le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice di pace per le cause il cui valore non eccede euro 1.100 (nella previgente formulazione il limite era pari ad euro 516,46).
E’ stato tuttavia affermato che la possibilità di una difesa personale e il relativo limite di euro 1.100 possano valere anche in rapporto alle cause attribuite al giudice di pace ratione materiae, e non solo per quelle devolute in base al criterio del valore, oppure per quelle a tale giudice devolute in base al criterio del valore coordinato a quello della materia, con esclusione soltanto di quelle di valore indeterminabile.

Si è anche precisato che in tutti i casi in cui la parte può stare in giudizio personalmente, la medesima può farsi liberamente assistere da un soggetto che non abbia i requisiti del difensore tecnico; inoltre, quando è ammessa la difesa personale della parte, alla stessa deve riconoscersi la facoltà di delegare la partecipazione all'udienza ad altro soggetto.
Qualora, nel procedimento dinanzi al giudice di pace si realizzi la violazione dell'art. 82 in quanto la parte stia in giudizio personalmente senza che ne ricorrano i presupposti, si viene a generare una nullità relativa, la quale non è rilevabile d'ufficio e neppure eccepibile per la prima volta in sede di legittimità.

Il 2° co. prevede che, anche nelle cause di valore superiore, il giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, può autorizzare la parte a stare in giudizio di persona; con il riconoscimento di tale possibilità il legislatore ha inteso tutelare il diritto di difesa della parte nel caso in cui la natura ed entità della causa lo permettano.
Il provvedimento di autorizzazione a cui si fa riferimento al secondo comma non esige il rigore formale di una redazione per iscritto, potendo risultare implicitamente dai verbali di causa e desumersi, in particolare, dalla circostanza che il giudice provveda su di una determinata istanza senza rilevarne l'avvenuta proposizione ad opera della parte personalmente.
La mancanza di autorizzazione, sia essa esplicita che implicita, determina una invalida costituzione del rapporto processuale, deducibile dalla controparte e rilevabile anche d'ufficio dal giudice, ma sanabile con effetto ex tunc qualora la stessa autorizzazione venga concessa successivamente alla costituzione del soggetto.

Vi sono dei casi in cui è la stessa legge a consentire la difesa personale senza limite né per giudice adito né per valore; esempi del genere ricorrono in caso di opposizione a sanzione amministrativa ex art. 23, L. 24.11.1981, n. 689 ovvero nel caso di domanda per l'equa riparazione, dovuta a chi si pretende danneggiato dall'eccessiva durata del processo ex art. 3, 2° co., L. 24.3.2001, n. 89.
Nei giudizi in cui si consente alla parte la difesa personale, la stessa parte, se riveste anche la qualità di avvocato, avrà l'onere di specificare a che titolo intenda partecipare al processo; infatti, il legale che decide di stare in giudizio personalmente non può richiedere il rimborso delle spese vive sopportate, mentre il legale che manifesti l'intenzione di operare come difensore di sé medesimo ex art. 86 del c.p.c. ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

Secondo quanto disposto dal terzo comma di questa norma, le parti, salvo il caso di giudizi davanti al giudice di pace con i limiti prima visti e salvo i casi in cui la legge disponga altrimenti, devono stare in giudizio davanti al Tribunale ed alla Corte d’appello con il ministero di un procuratore regolarmente esercente, condizione, questa, che si realizza quando il difensore è munito di procura (sono fatti salvi i casi in cui la parte ha essa stessa la qualifica professionale che la rende idonea ad esercitare la funzione di difensore).
La procura alle liti è un negozio unilaterale endoprocessuale, per mezzo del quale viene conferito il potere di rappresentare la parte in giudizio; essa non presuppone l'esistenza, fra gli stessi soggetti, di un sottostante rapporto di patrocinio (ovvero del negozio bilaterale generatore del diritto al compenso), con il quale, secondo lo schema del mandato, il legale viene incaricato di svolgere l'attività professionale.

La norma sancisce il principio dell'onere del patrocinio, da intendersi nel senso che, al di fuori degli espressi casi derogatori, le parti devono stare necessariamente in giudizio con il ministero di un procuratore che le rappresenti, a cui viene conferito il c.d. ius postulandi.
Due sono fondamentalmente le ragioni che vengono poste alla base di tale scelta da parte del legislatore:
  1. la complessità delle norme, che regolano lo svolgimento del processo, ed il tecnicismo nella redazione degli atti richiedono una preparazione e delle competenze che solo un tecnico del diritto è in gradi di possedere (il quale, oltretutto, è tenuto continuamente ad aggiornarsi sui mutamenti legislativi e giurisprudenziali);
  2. la collaborazione di un esperto serve a filtrare il processo dalle emozioni che generalmente difettano nei diretti interessati e che potrebbero privarli della necessaria lucidità ed attitudine a valutare con serenità i fatti della controversia, scegliendo la più opportuna ed adeguata strategia processuale.
In questo modo, dunque, il legislatore, nell'esigere la collaborazione del difensore, ha in fondo inteso tutelare le parti stesse, garantendo loro nel miglior modo possibile l'esercizio del diritto di difesa, diritto riconosciuto come costituzionalmente inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
La mancanza della procura ad litem (sia per invalidità della stessa sia per mancanza della prova che essa sia stata rilasciata) produce la nullità dell'attività processuale compiuta, da considerare tuttavia pur sempre come attività posta in essere da una parte costituitasi in giudizio senza il ministero del difensore.
In tale ipotesi l'attività del difensore non sarà in grado di produrre alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità (conseguentemente, sarà ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio).
Lo stesso vale per il caso di sottoscrizione di un atto di citazione da parte di un praticante avvocato al di fuori dei limiti di competenza del suo jus postulandi: ciò comporta la nullità assoluta ed insanabile dell'atto stesso, a cui ne consegue, ex art. 1418 del c.c., la nullità delle relative prestazioni ed il diritto alla ripetizione delle somme versate dal cliente quale compenso per quelle stesse prestazioni.

Il procuratore, al fine di ricevere legittimamente il mandato, deve essere iscritto all'albo del distretto del giudice adito.
La prescrizione in base alla quale le parti devono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente e munito di procura vale anche per l’udienza di comparizione personale dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale, in sede di separazione personale dei coniugi, nei processi di divorzio, in caso di opposizione a precetto ed all'esecuzione (in quest’ultimo caso si instaura, infatti un giudizio di cognizione nel quale si applicano le regole di cui agli artt. 82 e 83 c.p.c.).

Nelle amministrazioni pubbliche gli avvocati dipendenti da enti pubblici ed iscritti nell'albo speciale annesso all'albo professionale sono abilitati al patrocinio esclusivamente per le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera; da ciò se ne fa conseguire che la cessazione del rapporto di impiego determina un difetto di legittimazione a compiere o a ricevere atti processuali relativi alle cause proprie dell'ente, con conseguente venir meno dello ius postulandi .

Un caso frequente a cui si assiste nella pratica è quello della nomina di una pluralità di difensori per una stessa parte; per tale ipotesi si presume che, in mancanza di una volontà di segno contrario della parte, il mandato alle liti conferito ai diversi difensori sia disgiunto.

Massime relative all'art. 82 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 7754/2020

Il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio davanti al tribunale in sede di appello neppure a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 247 del 2012 che, all'art. 41, comma 12, ne ammette l'attività difensiva solo in sostituzione e sotto la responsabilità del "dominus" avvocato. (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE CASSINO, 14/11/2017).

Cass. civ. n. 7037/2020

Nel caso in cui sia stato conferito un incarico ad un avvocato da parte di un altro avvocato ed in favore di un terzo, ai fini dell'individuazione del soggetto obbligato a corrispondere il compenso al difensore per l'opera professionale richiesta, si deve presumere, in presenza di una procura congiunta, la coincidenza del contratto di patrocinio con la procura alle liti, salvo che venga provato, anche in via indiziaria, il distinto rapporto interno ed extraprocessuale di mandato esistente tra i due professionisti e che la procura rilasciata dal terzo in favore di entrambi era solo lo strumento tecnico necessario all'espletamento della rappresentanza giudiziaria, indipendentemente dal ruolo di "dominus" svolto dall'uno rispetto all'altro nell'esecuzione concreta del mandato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, 17/07/2017).

Cass. civ. n. 14474/2019

In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura "ad litem" o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l'atto è speso), l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio. (Nella specie, la S.C., nel dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione, ha condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità il difensore sfornito di procura, poiché rilasciata in modo generico a margine dell'atto di appello e non con scrittura privata autenticata o con atto notarile indicanti gli elementi essenziali del giudizio cui la procura si riferiva). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 17/03/2017).

Cass. civ. n. 6905/2019

La procura alle liti è un negozio unilaterale endoprocessuale con cui viene conferito il potere di rappresentare la parte in giudizio e che non presuppone l'esistenza - fra le medesime persone - di un sottostante rapporto di patrocinio, ovvero del negozio bilaterale, generatore del diritto al compenso, con il quale, secondo lo schema del mandato, il legale viene incaricato di svolgere l'attività professionale. Ne consegue che la procura alle liti è solo un indice presuntivo della sussistenza tra le parti dell'autonomo rapporto di patrocinio che, se contestato, deve essere provato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la sussistenza del rapporto di patrocinio, essendo emerso che l'incarico professionale era stato conferito solo da uno dei litisconsorti, mentre gli altri avevano firmato la procura alle liti con designazione congiunta anche di altri codifensori, cui avevano conferito l'incarico professionale). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 29/10/2013).

Cass. civ. n. 13055/2018

In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura "ad litem" o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l'atto è speso), l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'inesistenza in vita del soggetto al momento della proposizione del ricorso connoti l'attività del legale come attività direttamente a lui riferibile, restando privo di rilievo il fatto che la procura potesse essere stata effettivamente rilasciata dalla parte anteriormente al proprio decesso e prima della pronuncia della sentenza impugnata). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO CATANIA, 03/04/2015).

Cass. civ. n. 26935/2013

La Comunità europea che sia parte in una lite può giovarsi dell'assistenza e difesa di un avvocato del libero foro, non avendo l'obbligo, in quanto ente sovranazionale, di avvalersi dell'Avvocatura dello Stato, significativamente rivolgendosi il tenore letterale del d.p.r. 17 febbraio 1981, n. 173, non alla Comunità o alla Commissione, bensì all'Avvocatura stessa, la quale può assumere il patrocinio legale di un ente soltanto in presenza di un'espressa disposizione legislativa al riguardo.

Cass. civ. n. 3874/2012

Il provvedimento col quale il giudice di pace autorizza la parte a stare in giudizio di persona ex art. 82, secondo comma, c.p.c. non deve necessariamente precedere l'instaurazione del giudizio, né manifestarsi in forma espressa, in quanto anche l'autorizzazione sopravvenuta durante il processo e resa implicitamente "per facta concludentia" garantisce l'effettività della difesa e la regolarità del contraddittorio.

Il provvedimento col quale il giudice di pace autorizza la parte a stare in giudizio di persona ex art. 82, secondo comma, c.p.c., sebbene intervenuto durante il processo e in forma implicita, non può essere revocato, con l'effetto di rendere invalida la costituzione del rapporto processuale, potendo il giudice di pace, con la sentenza che definisce il giudizio, unicamente dichiarare l'eventuale nullità della concessa autorizzazione.

Cass. civ. n. 9842/2010

In tema di sanzioni amministrative, ai fini della regolarità della costituzione in giudizio della P.A. nel giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione, è sufficiente la sottoscrizione della comparsa di risposta da parte del funzionario delegato e la sua dichiarazione di stare in giudizio in tale qualità, in quanto la delega rilasciata dall'autorità amministrativa al funzionario incaricato della difesa in tale giudizio, ai sensi dell'art. 23, comma quarto, della legge 24 novembre 1981, n. 689, non è equiparabile alla procura alle liti rilasciata al difensore a norma dell'art. 83 c.p.c., ma si concreta in un atto amministrativo di investitura di funzioni, riferibile anche ad una generalità indistinta di controversie future.

Cass. civ. n. 22186/2009

Il diritto di ogni cittadino di difendersi da sé o con il ministero di un difensore in ogni stato e grado di giudizio, previsto dall'art. 6 della C.E.D.U., non comprende la facoltà della parte che abbia già nominato il proprio difensore di esercitare attività difensiva (nella specie, di inviare atti al giudice) indipendentemente e, quindi, eventualmente anche in potenziale contrasto con le scelte tecniche del proprio difensore, potendo tale condotta costituire fonte di inefficienza e confusione per l'intero processo (particolarmente per quello civile) e, quindi, di potenziale menomazione per la difesa della stessa parte.

Cass. civ. n. 6166/2007

In tema di rappresentanza e difesa in giudizio delle Regioni da parte dell'Avvocatura dello Stato, la legge reg. non può prevedere, nemmeno nelle Regioni a statuto speciale, la necessità del mandato specifico all'Avvocatura stessa, avendo lo Stato legislazione esclusiva in materia di giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale e giustizia amministrativa (art. 117 Cost. lett. c), con la sola possibilità di attribuire condizioni particolari di autonomia limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace. Né la costituzione con legge reg. di un servizio legale interno, cui venga istituzionalmente demandato il patrocinio e l'assistenza in giudizio della Regione (nella specie: art. 3 della legge della Regione Calabria 17 aprile 1984, n. 24), comporta, nel silenzio della legge, la rinunzia della Regione stessa ad avvalersi del patrocinio facoltativo dell'Avvocatura dello Stato o configura una abrogazione tacita dell'art. 107 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. A tale riguardo, anche nel caso in cui la Regione scelga di avvalersi, per la difesa in giudizio, non del proprio servizio legale ma dell'Avvocatura dello Stato, deve trovare integrale applicazione la normativa statale sul suddetto patrocinio facoltativo, sicché si applicano, l'art. 1, secondo comma, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, richiamato dal successivo art. 45, in base al quale non è richiesto, per lo ius postulandi dell'Avvocato dello Stato, il rilascio del mandato, nonché l'art. 12 della legge 3 aprile 1979, n. 103, ai cui sensi l'Avvocato dello Stato non è onerato della produzione del provvedimento del competente organo regionale di autorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in giudizio.

Cass. civ. n. 19786/2006

Anche nell'ipotesi di rappresentanza e difesa facoltativa degli enti pubblici da parte dell'Avvocatura dello Stato, non è necessario che, in ordine ai singoli giudizi, l'ente rilasci uno specifico mandato all'Avvocatura medesima, né che questa produca il provvedimento del competente organo dell'ente recante l'autorizzazione del legale rappresentante ad agire o a resistere in causa, giacché, a norma dell'art. 45 R.D. n. 1611 del 1933, anche al patrocinio cosiddetto facoltativo si applica il secondo comma dell'art. 1 R.D. cit., alla stregua del quale gli Avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie prevedono il mandato speciale, purché consti la loro qualità. (Fattispecie relativa alla difesa in giudizio dell'Anas Spa, già Ente Nazionale per le Strade, per la quale permane il patrocinio facoltativo dell'Avvocatura dello Stato a norma dell'art. 2 del D.L.vo n. 142 del 1994).

Cass. civ. n. 8026/2006

Nei giudizi dinanzi al giudice di pace, nei casi in cui è ammessa la difesa personale della parte, deve ritenersi consentito alla stessa la facoltà di delegare la partecipazione all'udienza ad altro soggetto.

Cass. civ. n. 17008/2004

Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, l'autorizzazione a stare in giudizio di persona, «in considerazione della natura e entità della causa» ex art. 82 c.p.c., attiene all'accertamento che nulla osti a che il soggetto possa agire senza il patrocinio di un difensore, ed è volta a rimuovere un limite al potere della parte di agire personalmente, essendo pertanto volta a tutelare, oltre a quello delle parti, anche l'interesse generale e costituzionalmente garantito dell'effettività del diritto di difesa. Tale mancanza di autorizzazione dà luogo all'invalida costituzione del rapporto processuale, deducibile dalla controparte e rilevabile anche d'ufficio dal giudice, ma sanabile con effetto ex tunc qualora essa autorizzazione venga concessa successivamente alla costituzione del soggetto, rimanendo anche in tal caso assicurate le esigenze di tutela perseguite dalla norma.

Cass. civ. n. 12680/2004

Nei giudizi in cui è consentito alla parte la difesa personale (e cioè nel procedimento dinanzi al giudice di pace, ex art. 82 c.p.c., ove il valore della lite sia inferiore al milione di lire, ovvero, senza limite né per giudice adito né per valore, in caso di opposizione a sanzione amministrativa ex art. 23 della legge n. 689/1981), è onere della parte stessa, che riveste anche la qualità di avvocato, specificare a che titolo intenda partecipare al processo, poiché (a prescindere dal profilo fiscale), mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l'intenzione di operare come difensore di se medesimo ex art. 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

Cass. civ. n. 8500/2004

In tema di contratti della P.A., che devono essere stipulati ad substantiam per iscritto, il requisito della forma del contratto di patrocinio è soddisfatto con il rilascio al difensore della procura ex art. 83 c.p.c., atteso che il relativo esercizio della rappresentanza giudiziale, tramite la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo perfeziona — con l'incontro di volontà fra le parti — l'accordo contrattuale in forma scritta, che, rendendo possibile l'identificazione del contenuto negoziale e i controlli dell'Autorità tutoria, risponde ai requisiti previsti per i contratti della P.A.

Cass. civ. n. 12831/2003

L'Avvocatura dello Stato, cui spetta, senza bisogno di mandato, la rappresentanza processuale delle amministrazioni dello Stato, anche se ad ordinamento autonomo, ha la capacità di compiere tutti gli atti processuali consentiti al difensore munito di mandato, con la sola esclusione (in mancanza di un espresso conferimento del relativo potere), di quelli che importano una disposizione del diritto in contesa; il rapporto sottostante a quello di mandato ex lege fra l'amministrazione e l'Avvocatura e relativo alla gestione della lite costituisce un rapporto meramente interno all'amministrazione medesima, senza alcuna necessità che questa deliberi, con atti di rilievo esterno, la sua volontà di agire o resistere in giudizio, nei vari gradi e fasi di esso.

Cass. civ. n. 13069/2002

Il difetto di rappresentanza — difesa tecnica che colpisce la citazione introduttiva del giudizio comporta una nullità insanabile all'interno e nello sviluppo del processo, non l'inesistenza dello stesso, posto che il contraddittorio, pur se gravemente viziato, non è radicalmente assente; detta nullità, a sua volta, si riflette sulla sentenza, tramutandosi in motivo di gravame avverso la stessa, secondo la regola dell'art. 161, primo comma, c.p.c., restando sanata soltanto dal giudicato.

Cass. civ. n. 12133/2001

Avendo l'art. 6 della legge 24 febbraio 1997, n. 27 abrogato l'art. 5 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito nella legge n. 36 del 1994 (che ammetteva il procuratore legale ad esercitare la professione solo entro il distretto), ed avendo l'art. 8 della legge 16 dicembre 1999, n. 479 attribuito efficacia retroattiva a tale abrogazione (estendendone gli effetti a tutti i processi in corso alla data di entrata in vigore della citata legge n. 27 del 1997), il difensore munito di procura può, con la suddetta decorrenza, svolgere in ogni caso il suo patrocinio senza limitazioni territoriali.

Cass. civ. n. 6959/2001

Gli artt. 1 e 6 della legge 24 febbraio 1997, n. 27, nel sopprimere la distinzione tra procuratori legali e avvocati, prescrivendo l'iscrizione in un unico albo per entrambi, non ha eliminato l'attività procuratoria, né di conseguenza ha, implicitamente, abrogato l'art. 82 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, a norma del quale, se il procuratore, assegnato fuori della circoscrizione del Tribunale ove ha sede l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale svolge il suo ufficio, non ha ivi eletto domicilio, esso si intende eletto presso la cancelleria della autorità giudiziaria adita. Né tale disposizione può esser sospettata di incostituzionalità per violazione degli articoli 35 o 41 della Costituzione, in quanto non determina né una compressione del diritto del difensore ad organizzare liberamente il proprio lavoro, né una limitazione della sua attività economica, sotto il profilo del relativo onere aggiuntivo a carico della parte che lo ha scelto, avendo il legislatore, nella sua discrezionalità, preferito addossarlo a quest'ultima anziché alla controparte, esonerandola dai maggiori costi delle notifiche fuori circondario.

Cass. civ. n. 3761/2001

Per la costituzione in giudizio del Prefetto la delega al funzionario incaricato, pur in assenza di forme particolari, deve essere conferita per iscritto, sia per ragioni processuali in conformità con l'art. 83 c.p.c., sia per regolarità amministrativa ex legge 7 agosto 1990, n. 241. (Fattispecie: costituzione di funzionario, delegato dal Prefetto, in giudizio di opposizione all'ordinanza ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria per violazione delle norme sulla circolazione stradale).

Cass. civ. n. 112/1999

Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, la violazione dell'art. 82 c.p.c. che si realizza allorché la parte stia in giudizio personalmente senza che ne ricorrano i presupposti, genera una nullità relativa, non rilevabile d'ufficio e non eccepibile per la prima volta in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 7412/1998

A seguito della legge 24 febbraio 1997 n. 27, che ha soppresso l'albo dei procuratori legali prevedendo l'iscrizione di questi ultimi nell'(unico) albo degli avvocati, abrogando (all'art. 6) l'art. 5 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, che ammetteva il procuratore legale ad esercitare la professione solo intra districtum, è venuta meno la distinzione tra avvocato e procuratore e quindi, essendo il primo abilitato ad operare indifferentemente come difensore e come rappresentante della parte, può svolgere il suo patrocinio senza limitazioni territoriali. Tale jus superveniens non vale però a sanare le nullità degli atti in precedenza compiuti in violazione dell'art. 5 cit., atteso che l'abrogazione di questa disposizione non ha efficacia retroattiva e che per le norme processuali vale il principio tempus regit actum.

Cass. civ. n. 6410/1998

Il provvedimento con il quale il giudice di pace autorizza la parte a stare in giudizio personalmente a norma dell'art. 82, comma secondo c.p.c. non esige il rigore formale di una redazione per iscritto, potendo risultare implicitamente dai verbali di causa e desumersi, in particolare, dalla circostanza che il giudice provveda su di una determinata istanza senza rilevarne l'avvenuta proposizione ad opera della parte personalmente. (Nella specie la S.C. ha ritenuto sussistere un'implicita autorizzazione alla parte a stare in giudizio di persona ricavandola dalla circostanza che il giudice di pace non aveva rilevato nulla in ordine alla circostanza che la parte svolgesse attività difensiva senza l'ausilio di un difensore).

Cass. civ. n. 9576/1997

Nei processi che si svolgono dinanzi alla corte di appello, le parti devono necessariamente essere assistite da difensori (art. 82 c.p.c.) e, pertanto, viola la norma di cui all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, nonché quelle di cui agli artt. 82 e 437 c.p.c. (ed è, conseguentemente, nulla) quella deliberazione del collegio, dinanzi al quale si sia svolta l'udienza di discussione di una controversia agraria, qualora il difensore di una delle parti abbia dichiarato di aderire alla astensione proclamata dal consiglio dell'ordine territoriale, che sia stata adottata omettendo di compiere, e di rendere sufficientemente manifesto, il (necessario) giudizio di comparazione tra il diritto della parte di essere difesa e l'interesse all'esercizio, celere e corretto, della funzione giurisdizionale quale servizio pubblico essenziale ordinato a tutela del bene costituzionalmente garantito della tutela giudiziaria dei diritti, non potendosi, all'uopo, legittimamente ritenere incombente, in capo al difensore che dichiari di volersi astenere, uno specifico obbligo di indicazione espressa e compiuta delle attività processuali che egli si riprometta di svolgere (pur potendo ciò qualificarsi, per il predetto, in termini di onere volto all'arricchimento del complessivo quadro degli elementi sottoposti al vaglio del giudicante), e dovendosi, al contrario, presumere, giusto disposto dell'art. 88 c.p.c., che il detto difensore, nel formulare la richiesta di rinvio, avesse in animo di svolgere una concreta attività difensiva.

Cass. civ. n. 7649/1997

i sensi degli artt. 56 R.D. 31 agosto 1933, n. 1592 (T.U. sull'istruzione superiore) e 43 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (T.U. sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato), come modificato dall'art. 11 legge 3 aprile 1979, n. 103, la rappresentanza e difesa in giudizio di un'Università degli studi statale, ove non sussista conflitto con lo Stato o con le Regioni, spetta ope legis all'Avvocatura dello Stato, mentre può essere eccezionalmente affidata ad un difensore del libero foro in forza di apposita motivata delibera.

Cass. civ. n. 3491/1994

La disposizione di cui all'art. 82, terzo comma, c.p.c. — a norma della quale, salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti ai tribunali ed alle corti d'appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente — si applica, in mancanza di diversa disposizione, anche al processo del lavoro — relativamente al quale, costituendo esso una species del genus processo civile, trovano applicazione tutte indistintamente le disposizioni dettate per il processo civile ordinario, salvo quelle espressamente derogate o manifestamente incompatibili — e pertanto la parte appellante in una controversia individuale di lavoro (come pure la parte appellata che intenda costituirsi in giudizio) deve necessariamente avvalersi del ministero di un procuratore iscritto ad un ordine circondariale compreso nel distretto in cui rientra l'ufficio giudiziario adito, comportando l'esercizio delle funzioni di procuratore extra districtum la nullità insanabile degli atti in tal guisa posti in essere per difetto dello ius postulandi, ovvero della capacità del procuratore di stare in giudizio per la parte che rappresenta, senza che possa rilevare che lo stesso sia eventualmente iscritto anche nell'albo degli avvocati.

Cass. civ. n. 12048/1992

Nelle procedure speciali, in cui è consentito alle parti di proporre e di svolgere personalmente le loro difese, come il procedimento per la liquidazione delle competenze professionali degli avvocati e procuratori ex artt. 28 e ss. della L. 13 giugno 1942, n. 794, è ammissibile il conferimento della rappresentanza e della difesa della parte ad un legale, purché questi sia abilitato all'esercizio professionale e munito di regolare mandato. Ne consegue, in caso di costituzione a mezzo di soggetto privo di detti requisiti, l'invalidità della costituzione medesima e dell'attività difensiva svolta dal rappresentante.

Cass. civ. n. 8603/1984

Le disposizioni degli artt. 82 e 83 c.p.c., sul patrocinio delle parti e la procura alla lite, trovano applicazione anche nei procedimenti di esecuzione. Pertanto, nel processo esecutivo per espropriazione forzata immobiliare, devoluto al tribunale, l'intervento del creditore, per partecipare alla distribuzione della somma ricavata, ovvero anche, se munito di titolo esecutivo, per compiere o promuovere il compimento di singoli atti del processo, richiede il ministero di un procuratore legale abilitato nel distretto in cui ha sede detto tribunale e ciò anche nel caso di intervento di un'esattoria delle imposte ove rappresentata dal collettore, non trovando deroga il citato art. 82 c.p.c. nel disposto dell'art. 130 del D.P.R. 15 maggio 1963, n. 858. Ne deriva che l'intervento effettuato in detto processo dal creditore personalmente, in quanto proveniente da soggetto privo dello ius postulandi, si traduce in un atto giuridicamente inesistente, per inidoneità assoluta a raggiungere lo scopo cui è destinato, e come tale non è suscettibile di sanatoria per effetto di successiva comparizione di procuratore munito di regolare mandato (la quale, nel concorso dei prescritti requisiti, può eventualmente integrare un intervento tardivo con valore ex nunc), con l'ulteriore conseguenza che l'opposizione agli atti esecutivi, esperibile dagli interessati per far valere detta inesistenza, non è soggetta al termine perentorio di cinque giorni, ma può essere proposta in qualunque momento durante il corso del processo esecutivo.

Cass. civ. n. 352/1982

L'art. 82 comma terzo c.p.c. nella parte in cui nel richiedere l'assistenza tecnica della parte nei procedimenti davanti al tribunale ed alle corti d'appello — e quindi anche nei procedimenti camerali contenziosi — fa salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, deve essere interpretato nel senso che tale salvezza sussiste, oltre che per il caso di specifica disposizione in questo senso, anche per le ipotesi in cui, data la peculiarità delle fasi di determinati procedimenti, il dover far ricorso al patrocinio, oneroso o gratuito, di un difensore come condizione essenziale al compimento di atti processuali, entro rigorose scadenze, si risolverebbe in un irreparabile danno per la parte. Tale principio si applica, allo scopo di evitare il pregiudizio del genitore, spesso in difficili condizioni economiche o culturali, nella prima fase del procedimento di adottabilità, nonché nel procedimento contenzioso, che si svolge a seguito di opposizione al decreto di adottabilità, nel quale deve ritenersi consentito al genitore di stare in giudizio personalmente — ma sempre salvo il suo diritto di farsi assistere da un difensore fin dal primo momento della procedura di adozione speciale — sia per agevolare l'esercizio del suo diritto ad avere un riesame della decisione, sia perché l'ulteriore svolgimento del giudizio assume carattere officioso per la tutela di interessi che hanno riflessi pubblicistici.

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Consulenze legali
relative all'articolo 82 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F.F. chiede
mercoledì 08/09/2021 - Lazio
“Io ho richiesto a diverse banche con ho dei contenziosi di produrre gli estratti conto, ma nonostante diverse istanze le banche non mi consegnano i documenti.<br />
Posso fare da sola i decreti ingiuntivi per ottenere tale documentazione e se si potrei avrei un fac simile e una linea guida?<br />
Grazie<br />
<br />
Consulenza legale i 09/09/2021
La difesa personale, senza dunque l'ausilio di un avvocato iscritto all'albo, è possibile nei casi stabiliti dal primo comma dell'art. 82 c.p.c., ovvero solamente nel caso in cui ricorrano le due condizioni menzionate nella predetta disposizione: i) competenza del Giudice di Pace; ii) valore della causa non superiore ad euro 1.100,00. In tutti gli altri casi, occorre l'assistenza di un avvocato.

Si segnala che non è possibile ricorrere alla difesa personale neppure qualora la causa fosse di valore indeterminabile.

Pertanto, venendo alla risposta al quesito, la possibilità di procedere personalmente, senza dunque la difesa tecnica, per ottenere contro la banca un ordine di consegna di documentazione bancaria, sarebbe astrattamente possibile solamente se la causa fosse di competenza del Giudice di Pace e se il valore della causa non superasse l'importo di euro 1.100,00.

Antonio C. chiede
martedì 12/01/2021 - Sicilia
“Sono Amministratore Unico di una srl dichiarata fallita. Da privato e senza l’ausilio di un legale posso chiedere un “ GUDIZIO DI REVISIONE STRAORDINARIA ex art. cpc ?
Grazie”
Consulenza legale i 16/01/2021
La revocazione straordinaria ex art. 395 c.p.c. è una impugnazione che si propone avanti allo stesso giudice (inteso come ufficio giudiziario) che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato oggetto della revocazione.

Nel caso di specie, viene richiesto se sia possibile proporre personalmente, senza ausilio dunque di un avvocato, la revocazione avanti al Tribunale che ha dichiarato il fallimento della società.

Ciò non è possibile alla luce di quanto dispone l’art. 82 c.p.c.: “Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti , davanti al tribunale e alla corte di appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di Cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo”.

È obbligatoria pertanto l’assistenza di un legale per poter chiedere la revocazione della sentenza.