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Articolo 167 Codice della privacy

(D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Trattamento illecito di dati

Dispositivo dell'art. 167 Codice della privacy

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, operando in violazione di quanto disposto dagli articoli 123, 126 e 130 o dal provvedimento di cui all'articolo 129 arreca nocumento all'interessato, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2 sexies e 2 octies, o delle misure di garanzia di cui all'articolo 2 septies arreca nocumento all'interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni(1).

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena di cui al comma 2 si applica altresì a chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, procedendo al trasferimento dei dati personali verso un paese terzo o un'organizzazione internazionale al di fuori dei casi consentiti ai sensi degli articoli 45, 46 o 49 del Regolamento, arreca nocumento all'interessato.

4. Il Pubblico ministero, quando ha notizia dei reati di cui ai commi 1, 2 e 3, ne informa senza ritardo il Garante.

5. Il Garante trasmette al pubblico ministero, con una relazione motivata, la documentazione raccolta nello svolgimento dell'attività di accertamento nel caso in cui emergano elementi che facciano presumere la esistenza di un reato. La trasmissione degli atti al pubblico ministero avviene al più tardi al termine dell'attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente decreto.

6. Quando per lo stesso fatto è stata applicata a norma del presente codice o del Regolamento a carico dell'imputato o dell'ente una sanzione amministrativa pecuniaria dal Garante e questa è stata riscossa, la pena è diminuita.

Note

(1) Tale comma è stato modificato dall'art. 9, comma 1, lettera g), del D.L. 8 ottobre 2021, n. 139.

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Consulenze legali
relative all'articolo 167 Codice della privacy

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
martedì 16/01/2024
“Buongiorno, circa un mese fa ho postato (senza sapere che fosse un reato) uno screen di un post della pagina pubblica di facebook di un famoso youtuber/streamer in un gruppo facebook dove ho scritto che l'ho fatto per farlo vedere ai bannati nella sua pagina ufficiale . Poche ore dopo (una volta che mi sono accorto che era illegale) ho cancellato il post in questione. Ora io so bene di aver violato l'articolo 167 del codice penale che regola la privacy. Tuttavia nell'articolo c'è scritto che "chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato o arreca nocumento all'interessato sarà punito con la reclusione".
Ora io voglio capire cosa si intende per nocumento, profitto e danno concreto. Io non ho calunniato, ne scritto insulti, ne falsità nel post ne ho guadagnato soldi dalla pubblicazione. La mia paura è che nel profitto rientrino pure i like e la visibilità,cose che comunque non ho più perché come dicevo ho cancellato il posto (post cancellato un giorno dopo della mia cancellazione anche dall'autore). Vorrei avere una consulenza per capire se devo preoccuparmi o posso stare tranquillo.”
Consulenza legale i 18/01/2024
In realtà la condotta emarginata nella richiesta di parere non denota alcuna fattispecie di rilevanza penale, men che meno l’art. 167 del codice privacy.

Tale articolo, invero, punisce condotte variegate di trattamento illecito di dati personali (riguardanti singoli utenti e/o riguardanti flussi di comunicazioni informatiche e non) che presuppongono la sussistenza di circostanze molto lontane da quelle verificatesi e enucleate nella richiesta di parere.

Il contenuto di una pagina appartenente ad un social non costituisce affatto dato personale tale per cui la diffusione dello stesso (anche a soggetti bannati che non avrebbero diritto a vedere quel contenuto) non costituisce il reato menzionato in precedenza.

Alla luce di quanto suesposto possiamo dunque ritenere assorbita l’ulteriore questione sul concetto di profitto (non sussistendo il reato è inutile chiedersi se, nel caso di specie, ci possa essere stato un qualche profitto penalmente rilevante) anche in considerazione del fatto che tale termine nel diritto penale assume le connotazioni più disparate ed è estremamente difficile darne una definizione univoca.

U. M. chiede
mercoledì 13/07/2022 - Lazio
“Buongiorno, il mio quesito verte sulla utilizzabilità in giudizio come mezzo di prova della registrazione audio dell’assemblea condominiale effettuata nei locali del condominio senza il consenso dei partecipanti.
Le norme nazionali ed europee (D.Lgs. 196/2003, Regolamento UE n. 679/2016, ) e la costante giurisprudenza della SC (Cass 18908/2011, Cass. 21612/2013 , Cass. 27424/2014, Cass. n. 20384 /2021 ) stabiliscono che “è consentita la registrazione audio per uso personale a difesa dei propri diritti a prescindere dal consenso dei partecipanti”.
Tuttavia Cassazione civile sez. II, 09/01/2019, n.313 stabilisce che “le registrazioni fonografiche possono assurgere a dignità di fonte di prova limitatamente all’ipotesi in cui la parte contro la quale sono prodotte non contesti che le conversazioni o le dichiarazioni, con il tenore che le suddette registrazioni tendono a comprovare, siano realmente accadute. L’eventuale contestazione preclude la verifica per mezzo di consulenza tecnica, a differenza di quanto accade per le scritture private” (Cass. 12715/1998)”
Inoltre Cassazione civile sez. II, 17/01/2019, n.1220 ha precisato che il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni la loro qualità di prova, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, nel senso che deve concretizzarsi nell’allegazione di elementi che attestino la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (ex plurimis, Cass. 08/03/1996, n. 1862; Cass. 03/07/2001, n. 8998; Cass. 22/04/2010, n. 9526; Cass. 28/01/2011, n. 2117; Cass. 19/01/2018, n. 1250; Cass. 14/05/2018, n. 11606)”
Sembra quindi corretto ritenere che la semplice opposizione non sia sufficiente per respingere una richiesta di CTU. Vorrei quindi che mi fossero esemplificati cortesemente gli elementi che possono ritenersi giuridicamente adeguati per attestare effettivamente la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta.”
Consulenza legale i 25/07/2022
Il quesito in esame riguarda la fonoregistrazione del contenuto dell’assemblea condominiale, argomento che è stato oggetto di discussione da parte della più autorevole dottrina nonché oggetto di numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità.

Secondo la Corte di cassazione, in relazione al quesito posto, non sussiste una lesione della riservatezza dei partecipanti poiché la registrazione non produce una compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso solo da chi vi partecipa o vi assiste.

Tale dinamica non rappresenta neppure una forma di intercettazione, difettandone il requisito fondamentale: la terzietà del captante che dall’esterno si intromette in un ambito privato non violabile (Cass. pen., SS. U.U., 28/05/2003, n. 36747).

È stato anche chiarito che colui che partecipa ad una riunione di condominio (o un semplice colloquio tra amici) accetta il rischio di essere registrato (Cass. pen., sez. III, sent. 24/03/2011, n. 18908), a condizione che all'assemblea medesima sia presente colui che sta registrando e che questa non avvenga in luoghi privati.

È opportuno evidenziare che in assenza di puntuali disposizioni del relativo regolamento condominiale, il Presidente dell’assemblea non può impedire la registrazione fonografica, in virtù del diritto del singolo condomino a controllare il procedimento di formazione della volontà assembleare.
In questo senso il rifiuto del Presidente è passibile di impugnazione ai sensi dell’art. art. 1137 del c.c.

Un aspetto specifico riguarda invece il tema della divulgazione.
Anche se è ammissibile e lecito fonoregistrare il contenuto dell’assemblea condominiale, non lo è pubblicare o divulgare lo stesso a terzi, ad esempio attraverso i più conosciuti canali di comunicazione o social.
In questo caso è infatti configurabile la fattispecie di illecito trattamento dei dati di cui all’art. art. 167 del codice privacy.

Tuttavia quanto appena esposto subisce alcune deroghe. Infatti, anche in conformità ai principi del Regolamento europeo, l’art. art. 2712 del c.c. prevede che “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
Occorre però che la fonoregistrazione non venga contestata da chi era presente al momento dell’assemblea e al tempo stesso sia parte del giudizio in oggetto, quanto a sussistenza o tenore risultante dal supporto informatico.
Tale disconoscimento deve essere svolto in modo chiaro e circostanziato nonché nel rispetto delle preclusioni processuali previste dal codice di procedura civile di cui agli artt. art. 167 del c.p.c. e art. 183 del c.p.c..

Venendo al quesito non è però chiara la seguente frase “Sembra quindi corretto ritenere che la semplice opposizione non sia sufficiente per respingere una richiesta di CTU”, non comprendendosi il nesso logico con quanto scritto in precedenza.
In questo senso Le chiediamo di essere più specifico.

Quanto all’ultima domanda si segnala che nel quesito sono assenti gli elementi di fatto, una narrativa, aspetti assolutamente importanti per poter fornire una risposta più concreta e completa.

P. R. chiede
mercoledì 21/03/2018 - Trentino-Alto Adige
“Sono un ingegnere dipendente di una società privata e mi occupo tra le altre cose della progettazione di impianti di videosorveglianza. Può capitare che per testare nuovi prodotti li debba collegare e rendere operativi temporaneamente all'interno dell'ufficio con la possibilità che si verifichino delle videoregistrazioni. Tale ufficio è però condiviso con altri due colleghi e capita spesso che vi transitino o intrattengano anche altri colleghi. Mi è stato fatto notare che questo può configurare reato nonostante si tratti di prove tecniche. La cosa mi ha spaventato e volevo chiedere a cosa posso andare incontro qualora un mio collega decidesse di querelarmi e cosa potrei produrre o rispondere per attenuare/non aggravare le mie responsabilità?”
Consulenza legale i 26/03/2018

Nel caso di specie potrebbe rilevare il reato previsto e punito dall’articolo 167 del codice della privacy.

È tuttavia evidente che ai fini della sussistenza dell’illecito in questione occorre l’esistenza di alcuni elementi essenziali che “orientano” la condotta del soggetto agente: il “fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno”, il “nocumento” derivante dalla condotta del soggetto (sia per i commi 1 e 2) e la “comunicazione e la diffusione dei dati personali” (solo in riferimento al capoverso del comma 1).

Insomma, è vero che il reato ben potrebbe essere integrato in seguito alla videoregistrazione di qualsivoglia soggetto (la giurisprudenza è infatti costante nel ritenere “dato personale” anche la raffigurazione video di un determinato soggetto), ma è anche vero che, come accennato precedentemente, è richiesto un elemento ulteriore alla mera e semplice videoregistrazione.

In genere, infatti, la condotta in questione diviene penalmente rilevante solo allorché il soggetto agente utilizzi le videoregistrazioni per trarne profitto, danneggiare qualcuno ovvero al fine di diffondere dette video registrazioni.

In tal senso si è pronunciata anche la Cassazione, con sentenza nr. 18908 del 13 maggio 2011, la quale ha addirittura assolto un investigatore privato che aveva registrato in modo occulto determinati soggetti proprio perché dette registrazioni non erano destinate ad essere oggetto di diffusione e comunicazione (si vedano anche i precedenti Cass. Pen. sent. nr. 26680 del 2004; Cass. Pen. sent. nr. 5728 del 15 febbraio 2005).

Chiarito quanto precede è agevole dare una risposta al quesito.

Nel caso,infatti, del soggetto che esegua videoregistrazioni essendo il tecnico a ciò deputato e al solo fine di testare il corretto funzionamento dell’impianto installato, sembra davvero improbabile che sussista il reato di cui all’art. 167 del codice della privacy.

Ciò non solo perché le videoregistrazioni non sono destinate a essere comunicate e/o diffuse, ma anche perché manca alla base un ulteriore presupposto: il fine di trarne profitto ovvero di arrecare danno.

Fine che, nel caso di specie, come detto, è solo quello di testare l’impianto di video registrazione nell’espletamento legittimo del lavoro commissionato.

Fermo restando dunque che la condotta descritta non sembra integrare il reato di trattamento illecito dei dati, in casi del genere si consiglia comunque, per una cautela assoluta, di procedere alla cancellazione delle registrazioni effettuate una volta che non se ne abbia più bisogno.