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Articolo 28 Codice del consumo

(D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)

[Aggiornato al 31/12/2023]

Ambito di applicazione

Dispositivo dell'art. 28 Codice del consumo

1. Le disposizioni della presente capo si applicano alle televendite, come definite nel regolamento in materia di pubblicità radiotelevisiva e televendite, adottato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con delibera n. 538/01/CSP del 26 luglio 2001, comprese quelle di astrologia, di cartomanzia ed assimilabili e di servizi relativi a concorsi o giochi comportanti ovvero strutturati in guisa di pronostici. Le medesime disposizioni si applicano altresì agli spot di televendita.

Spiegazione dell'art. 28 Codice del consumo

Il Titolo IV della parte II del codice del consumo, rubricato “Particolari modalità della comunicazione pubblicitaria”, dedica il suo Capo I al “Rafforzamento della tutela del consumatore in materia di televendite”.

Con il termine televendita ci si riferisce ad un’offerta, trasmessa al pubblico attraverso il mezzo televisivo o radiofonico, con la finalità di fornire, verso il pagamento di un corrispettivo, beni o servizi, compresi immobili, diritti ed obbligazioni.
Questa è la definizione che si ricava dall’art. 1 comma primo lett. e) del Regolamento in materia di pubblicità radiotelevisiva e di televendite, ripresa successivamente dall’art. 2 comma 1 lett. ii) del D.lgs. 31.07.2005 n. 177 (TU dei servizi di media audiovisivi e radiofonici).

Sotto il profilo civilistico la televendita può ricondursi all’offerta al pubblico di cui all’art. 1336 del c.c., veicolata attraverso il mezzo televisivo e dotata del valore vincolante di proposta, in quanto contenente gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta.
Una volta resa pubblica, la proposta acquista efficacia vincolante per il proponente, potendo alla stessa essere apposto un termine di durata; inoltre, può essere revocata con il rispetto della stessa forma utilizzata per l’offerta ovvero in forma equipollente, con effetto anche nei confronti di coloro ai quali la notizia non è giunta.

La televendita deve essere svolta in maniera tale che possa essere chiaramente riconoscibile e così distinguersi dal resto della programmazione televisiva attraverso il passaggio in sovraimpressione della scritta “Televendita” sia all’inizio che alla fine della trasmissione in cui viene inserita (la finestra di televendita ha una durata non inferiore a 15 minuti).

Occorre precisare che dalla televendita vanno tenute distinte altre forme di pubblicità, come gli spot pubblicitari, la sponsorizzazione e le telepromozioni, destinate queste ultime alla mera promozione di vendita di beni o prestazioni di servizi.

In particolare, mentre la televendita è un programma a sé stante, inserito tra altri programmi ed effettuato in uno spazio acquistato e gestito direttamente dal venditore del bene o servizio, la telepromozione non è altro che una forma di pubblicità inserita nell’ambito di un programma televisivo, gestita dalla stessa emittente televisiva che la trasmette e molto spesso anche condotta dallo stesso presentatore del programma.

Gli spot pubblicitari, intesi come forma di pubblicità di contenuto predeterminato, trasmessa da emittenti radiofoniche e televisive, di durata media pari a 30 secondi (è questa la definizione che si ricava dall’art. 1 comma 1 lett. d) del Regolamento in materia di pubblicità radiotelevisiva e televendita nonché dall’art. 2 comma 1 letttt. Ff) TU dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), promuovono un prodotto o un servizio evidenziandone le caratteristiche, ma non producono effetti obbligatori, essendo soltanto finalizzati a persuadere il pubblico della bontà del prodotto pubblicizzato.



Per sponsorizzazione, invece, si intende ogni contributo fornito da un’impresa pubblica o privata (non impegnata in attività televisive o radiofoniche o di produzione di opere audiovisive o radiofoniche) per il finanziamento di programmi allo scopo di promuoverne il nome, il marchio, l’immagine o i suoi prodotti (anche questa non può stimolare in via diretta l’acquisto dei prodotti o servizi che vengono sponsorizzati).

Per molti anni la fornitura di beni o la prestazione di servizi, effettuate attraverso il canale televisivo da colui che assumeva il ruolo di professionista e rivolta ai consumatori hanno trovato la propria disciplina nella normativa dettata in materia dei contratti conclusi fuori dai locali commerciali (D.lgs n. 50/1992); in particolare, l’art. 9 le faceva rientrare tra le altre forme speciali di vendita come “offerte effettuate al pubblico tramite il mezzo televisivo e altri mezzi audiovisivi e finalizzate ad una diretta stipulazione del contratto stesso”.
Requisiti indispensabile di tale forme di pubblicità era costituito dall’informazione sul diritto di recesso, essendo previsto che questa dovesse essere inserita nel corso della presentazione del programma, all’inizio e nel corso della trasmissione nella quale erano contenute le offerte; successivamente, e non oltre il momento di consegna della merce, doveva essere fornita la conferma scritta dell’informazione sul diritto di recesso.

Successivamente, in considerazione del fatto che si trattava pure sempre di contratti che si avvalgono di tecniche di comunicazione che pongono in contatto un operatore commerciale ed un consumatore non fisicamente e contestualmente presenti nello stesso luogo, queste forme di vendita sono state fatte rientrare nel campo di applicazione della più specifica disciplina dei contratti a distanza, e più precisamente il D.lgs. n. 185/1999.
Fu soltanto con l’emanazione nel 2005 del codice del consumo che la disciplina dettata per i contratti a distanza divenne integralmente applicabile alle vendite effettuate a mezzo televisione.
In particolare, sotto il profilo della tutela del consumatore nell’ambito della fruizione della comunicazione commerciale effettuata tramite televendita, il codice del consumo detta regole particolari, che riprende dalla Legge n. 122/1998 e dall’art. 52 della Legge n. 39/2002, la cui finalità è quella di proteggere chi è destinatario di comunicazioni persuasive effettuate per mezzo di notizie pubblicitarie.

Sussistono, poi, ulteriori regole settoriali applicabili alle vendite televisive, dovendosi queste fare rientrare, come le vendite per corrispondenza, tra le forme speciali di vendite al dettaglio disciplinate dagli artt. 18 e ss. del D.lgs. 114/1998, successivamente modificato dal D.lgs. n. 59/2010, a cui fa rinvio l’art. 67 del codice consumo.
Più precisamente, l’art. 68 del D.lgs. 59/2010 (sostitutivo dell’abrogato comma 1 dell’art. 18) richiede, intanto, che le attività di vendita tramite televisione ed altri mezzi di comunicazione siano soggette a dichiarazione di inizio attività, la quale deve contenere la dichiarazione del possesso dei requisiti imposti dall’art. 5 del D.lgs. 114/1998 per l’esercizio dell’attività di vendita al dettaglio nel settore merceologico di appartenenza.
Il quarto comma dell’art. 18 dispone che “Nei casi in cui le operazioni di vendita sono effettuate tramite televisione, l’emittente televisiva deve accertare, prima di metterle in onda, che il titolare dell’attività è in possesso dei requisiti prescritti dal presente decreto per l’esercizio della vendita al dettaglio. Durante la trasmissione debbono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese e il numero della partita Iva. Agli organi di vigilanza è consentito il libero accesso al locale indicato come sede del venditore”.
Di particolare importanza, infine, è anche il quinto comma dello stesso art. 18, il quale sancisce il divieto di condurre operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o altri mezzi di comunicazione, divieto che trova la sua ratio nel fatto che in questo modo non potrebbe garantirsi la contestualità e trasparenza della procedura.

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