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Articolo 953 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Costituzione a tempo determinato

Dispositivo dell'art. 953 Codice Civile

Se la costituzione del diritto è stata fatta per un tempo determinato, allo scadere del termine(1) il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione [934](2)(3).

Note

(1) La disposizione stabilisce, anzitutto, la possibilità di una superficie a termine, risultando, così, chiaro che possa aversi una superficie senza durata definita. Il termine finale può concernere ambo le fattispecie di cui all'art. 952.
(2) La disposizione si occupa, poi, dei rapporti tra il superficiario e il titolare del suolo al venir meno del diritto in esame, prevedendo che, alla scadenza del termine, il secondo acquisisca la proprietà della costruzione.
(3) Si tratta di un caso di proprietà temporanea, pacificamente ammesso in dottrina.

Spiegazione dell'art. 953 Codice Civile

Costituzione del diritto di superficie a tempo determinato

L’articolo in esame si riferisce al caso in cui la costituzione del diritto di superficie sia stata fatta per un tempo determinato. È naturale che in tale ipotesi, una volta estinto il diritto di superficie, la costruzione venga a far parte integrante del suolo e formi oggetto del diritto del suo proprietario.


Diritto di superficie su suolo di natura demaniale

Strettamente collegata con la questione della costituzione del diritto di superficie fatta per un tempo determinato è l’altra speciale questione relativa alla possibilità o meno che il diritto di superficie sorga in seguito a una concessione amministrativa e gravi sopra un suolo di natura demaniale.

Si è visto come l’origine primaria della superficie, in diritto romano, debba ricercarsi proprio nelle concessioni che lo stato faceva ai cittadini di fabbricare sopra il suolo pubblico. Ad essere esatti, però, il diritto di superficie costituito così su beni extra commercium ed emanante da soggetti di natura pubblica, assunse carattere di realtà ad una tutela quasi analoga a quella del diritto domenicale solo in un secondo tempo.

Comunque, la più moderna dottrina e giurisprudenza hanno considerato come veri diritti soggettivi le facoltà che vengono attribuite ai privati cittadini a seguito dei limiti che la pubblica amministrazione, con i suoi poteri discrezionali, pone alla propria sfera di attività.


Natura di tale diritto

Molto vive sono state, nel passato le discussioni circa l’estensione e la portata del diritto spettante al concessionario sulle costruzioni eseguite sul suolo demaniale, qualora la concessione fosse fatta a tempo determinato e fosse, in ogni caso, revocabile.

Una prima tesi era quella che, richiamandosi al principio dell'accessione, sosteneva che, dato carattere di demanialità o di indisponibilità dell'area in cui sorge la costruzione, questa per ciò stesso rimane extra commercium, in quanto assume la natura giuridica del suolo a cui accede, ma la giurisprudenza ne ha dichiarata l'infondatezza con una costanza e dichiarazioni esplicite non comuni, osservando e sostenendo che l'art. 448 cod. civ., dopo aver dichiarato che la costruzione si presume appartenere al dominus soli, si affrettava ad aggiungere “finché non consti del contrario”: tale inciso stava a dimostrare, oltre ad essersi di fronte ad una presunzione iuris tuntum, che poteva esser vinta dalla prova contraria che risultasse da scritto, che, secondo il sistema positivo del codice del 1865, era possibile la coesistenza di due distinte proprietà, quella della superficie e quella del suolo.

Non meno esplicitamente infondata la giurisprudenza ha dichiarato l'altra tesi che sosteneva l'inammissibilità della coesistenza di due proprietà, nel caso di costruzione eseguita sopra il suolo demaniale, in seguito a concessione fatta a tempo determinato e quindi in ogni tempo revocabile, perché in questi casi, si diceva, siamo di fronte a delle concessioni amministrative non meramente unilaterali, concessioni cioè che si risolvono nella rimozione di limiti legali posti alla libera esplicazione delle attività dei singoli, ma a concessioni-contratto, le quali determinano, per il loro carattere commutativo, obblighi e diritti reciproci, e per cui se il concessionario si vincola da una parte ad una prestazione, sotto forma di canone che rappresenta il corrispettivo, acquista dall'altra dei diritti soggettivi.

Si tratta di diritti soggettivi, tutelabili davanti l'autorità giudiziaria nei confronti di tutti, e quindi anche nei confronti immediati della pubblica amministrazione, dato che non si nega all'ente pubblico concedente la facoltà di revocare ad nutum la concessione, ma anzi si riconosce che l'esercizio della facoltà di revoca sia giuridicamente legittimo tutte le volte che esso viene esplicato in seguito ad inadempienza del concessionario o in conseguenza di fatti che lo impongono a tutela delle esigenze superiori della pubblica utilità. Ma il diritto all'uso di questa facoltà riconosciuta all'ente pubblico e demandato all'autorità giudiziaria soltanto e limitatamente al fine di stabilire eventualmente, a favore del concessionario, un congruo indennizzo a titolo di risarcimento danni, in caso di legittimità accertata (iniuria), oppure a titolo d'equo compenso patrimoniale, per i profitti sottrattigli dalla pubblica amministrazione in conseguenza della revoca anticipata, seppur non arbitraria nella concessione.

Né può pregiudicare il diritto riconosciuto con la concessione la circostanza che questa è fatta a tempo determinato ed è in ogni caso revocabile, perché l'amministrazione ha sì la facoltà, come abbiamo detto, di revocare la concessione o di limitarne l'esercizio per motivi di pubblico interesse, la cui valutazione rientra nella sua discrezionale e insindacabile potestà, ma fin quando la revoca non viene pronunciata l'amministrazione è tenuta a rispettare i patti, e il diritto spettante al concessionario rimane intatto.


Realità del diritto del concessionario sulla costruzione eseguita su di un’area demaniale

Cosi pure, circa la questione se i diritti soggettivi derivanti dalle concessioni amministrative possano assumere consistenza e natura di realità, la più moderna giurisprudenza ha ammesso che il diritto, di cui il concessionario diventa titolare in seguito alla costruzione eseguita, dietro regolare concessione, su di un'area demaniale o su di un'area a questa assimilabile, è di natura reale immobiliare.

Il privato, infatti, investito di un tale diritto (il concessionario in una parola), viene messo, a seguito della concessione, in condizione di regolarsi, rispetto ai terzi, come il titolare vero e proprio della cosa posseduta, quasi che l'amministrazione concedente ne fosse ormai estranea.


Rapporti tra l’Amministrazione concedente e il concessionario

Questa quasi estraneità dell'amministrazione non toglie però che l'amministrazione stessa, nei suoi rapporti col concessionario, continui ad esercitare quella ingerenza, alta direzione e vigilanza, le quali sono rese necessarie - e quasi imposte - dall'interesse pubblico per tutte le relazioni giuridiche che quell'interesse pongono in essere: ingerenza, alta direzione, vigilanza, che vengono esercitate in modo molto tangibile, potendo esplicarsi, oltre che nella limitazione del diritto ad tempus, nella legittimazione in casi particolari alla revoca in tronco, alla decadenza e alla sospensione.

Ma fino a quando non viene dichiarata dalla pubblica amministrazione la revoca o la decadenza o la sospensione della concessione, il diritto riconosciuto al concessionario può essere esercitato da questo, nei confronti dei terzi, come una signoria insistente immediatamente sulla cosa: e quindi esso può rivendicarla, difenderla, tutelarla con tutte quelle garanzie che circondano i diritti reali immobiliari.

Conseguentemente, la costruzione appartiene al concessionario in proprietà, e questa proprietà non perde i suoi caratteri dominicali per il fatto di essere limitata nel tempo, poiché questa limitazione, considerato ius tollendi che viene assicurato nell'atto di concessione al privato, riguarda la consistenza immobiliare del dominio, costituita dai materiali usati dal concessionario costruttore, e non l’ oggettivazione generale e intrinseca del dominio stesso.

Proprietà superficiaria, quindi, « presupponente per la sua stessa giuridica esistenza la subordinazione dell'area demaniale a una servitù legale di appoggio (oneris ferendi), a sua volta di indubitato carattere reale, per il sostegno della costruzione, temporanea veramente questa, e revocabile ad nutum dall'autorità concedente secondo i principi generali regolanti le concessioni amministrative ».

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

445 L'art. 952 del c.c. delinea il diritto di superficie nel suo duplice profilo, distinguendo il caso in cui il dominus soli conceda ad altri il diritto di fare e mantenere sul suolo una nuova costruzione (concessione ad aedificandum) dal caso in cui la costruzione già esista sul fondo e il proprietario ne alieni la proprietà separatamente dalla proprietà del suolo. Limitandomi a dettare la disciplina meglio corrispondente alle ipotesi di maggior rilievo, ho lasciato alla dottrina il problema della configurazione giuridica della concessione ad aedificandum e del rapporto d'inerenza della costruzione al suolo. Per la risoluzione di tale problema può costituire un utile criterio direttivo la norma dell'ultimo comma dell'art. 954 del c.c., secondo la quale il diritto di fare la costruzione si estingue per prescrizione per effetto del non uso ventennale. Questa disposizione, che non si applica evidentemente alla proprietà sulla superficie, dimostra che in sé la concessione ad aedificandum è un autonomo diritto reale su cosa altrui, che diventa un vero diritto di proprietà quando la costruzione è eseguita. L'art. 953 del c.c. prevede l'ipotesi che la costituzione del diritto di superficie sia stata fatta per un tempo determinato; in questo caso è ovvio che, estinto il diritto di superficie, la costruzione, per la naturale espansione del diritto di proprietà, venga nuovamente a formare oggetto del diritto del proprietario del suolo.

Massime relative all'art. 953 Codice Civile

Cass. civ. n. 28639/2021

La controversia avente ad oggetto l'accertamento della titolarità della proprietà superficiaria di un manufatto insistente su area demaniale costituente oggetto di concessione marittima è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto, non venendo in rilievo alcuna contestazione sulla legittimità della presupposta concessione demaniale marittima né sulla correlata convenzione intercorsa tra le parti, la pretesa azionata risulta esclusivamente diretta a tutelare una posizione dì diritto soggettivo, indirizzata al riconoscimento della titolarità del diritto reale dedotto in causa.

Cass. civ. n. 2229/2021

In tema di imposte dirette, l'art. 104, d.P.R. n. 917 del 1986, norma agevolativa che prevede l'ammortamento finanziario, non è applicabile ai costi sostenuti dal concessionario, titolare del diritto di superficie, per la realizzazione della costruzione sul fondo, in occasione della devoluzione gratuita dei beni al concedente del diritto di superficie ex art. 953 c.c. alla scadenza del termine previsto nel contratto, trattandosi di norma tributaria applicabile alle sole concessioni rilasciate dagli enti pubblici, dovendosi viceversa utilizzare, nei rapporti privatistici, l'ammortamento tecnico di cui all'art. 102 d.P.R. n. 917 del 1986.

Cass. civ. n. 9935/2008

Il concessionario di un'area demaniale, sulla quale abbia ottenuto l'autorizzazione ad edificare uno stabilimento balneare, è titolare di una vera e propria proprietà superficiaria, sia pure avente natura temporanea e soggetta ad una peculiare regolamentazione in ordine al momento della sua modificazione, estinzione o cessazione. Egli è soggetto all'imposta comunale sugli immobili (ICI) anche prima del 1 gennaio 2001, data di entrata in vigore dell'art. 18 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 - che prevede che, nel caso di concessione su aree demaniali, soggetto passivo ICI sia il concessionario -, considerato che l'art. 3, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 stabilisce, anche nella formulazione anteriore all'art. 58, comma 1, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che siano soggetti ICI anche i titolari del diritto di superficie e degli altri diritti reali. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Ancona, 10 Marzo 2004).

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Consulenze legali
relative all'articolo 953 Codice Civile

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M. M. chiede
venerdì 03/02/2023 - Emilia-Romagna
“Una donna prima del matrimonio acquista un appartamento condominiale in diritto di superficie 99ennale e paga interamente con il proprio denaro.
Dopo qualche anno dal summenzionato acquisto si sposa in comunione dei beni.
Dopo pochi anni dal suddetto matrimonio il Comune di residenza vende l'area su cui grava il suddetto diritto (la quota pertinente all'unità immobiliare in questione) e, questa volta, l'acquisto è in comune col marito della donna.
Chiedo: l'unità immobiliare nel suo insieme entra o no nella comunione dei beni e per quale quota atteso che il diritto di superficie è stato interamente pagato con denari della donna prima del matrimonio?”
Consulenza legale i 09/02/2023
L’istituto giuridico che viene in considerazione nel caso in esame è quello del diritto di superficie, alla cui disciplina occorre fare riferimento per dare risposta a quanto viene chiesto.
Sembra evidente che oggetto di acquisto da parte della donna sia stata la c.d. proprietà superficiaria, o meglio la proprietà della costruzione separata da quella del suolo, acquisto pertanto effettuato in deroga a quello che costituisce il generale principio dell’accessione (modo di acquisto della proprietà attraverso il quale la proprietà del suolo attrae quella dei manufatti che vengono costruiti su di esso).
Tenuto conto che detto acquisto è stato effettuato prima del matrimonio ed oltretutto con denaro personale della stessa parte acquirente, il bene che ne ha costituito l’oggetto, ossia l’appartamento in condominio, deve per forza di cose farsi rientrare tra i beni personali, e ciò per espressa previsione del comma 1, lett. a) dell’art. 179 del c.c..
Fin qui la situazione sembra pacifica e non presentare alcun problema.

I dubbi, ovviamente, sorgono nel momento in cui viene posto in essere il successivo atto negoziale, ovvero l’acquisto, questa volta in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale dei beni, del terreno su cui è stata realizzata la costruzione.
Tale acquisto, infatti, va inquadrato tra quelli contemplati al comma 1, lett. a) dell’art. 177 del c.c., costituendo come tale oggetto di comunione immediata tra i coniugi.
Il trasferimento della proprietà del suolo dal Comune (alienante) ai coniugi (acquirenti), tuttavia, non può avere riflessi sul regime proprietario della costruzione (l’appartamento), o meglio, influirà su di esso in modo parziale e nei termini che appresso verranno precisati.

Infatti, non può in alcun modo incidere sulla proprietà superficiaria della costruzione, la quale, essendo stata costituita per un termine di durata pari a 99 anni, sarà destinata ad estinguersi solo alla scadenza di tale termine.
In tal senso si può agevolmente argomentare da quanto espressamente statuito dall’art. 953 c.c., ove viene precisato che, nel caso di costituzione del diritto di superficie a tempo determinato, tale diritto si estingue alla scadenza del termine, con la conseguenza che, riprendendo ad operare il regime generale dell’accessione, il proprietario del suolo diventerà proprietario della costruzione.

Di contro, poiché uno degli acquirenti del suolo, seppure in regime di comunione legale, risulta essere lo stesso soggetto titolare della costruzione separata (proprietà superficiaria), si realizzerà quel fenomeno giuridico, proprio del diritto delle obbligazioni, che si definisce “confusione”, in quanto proprietario del suolo (per una quota ideale pari ad ½ indiviso) e proprietario della costruzione verranno di fatto a coincidere.
In conseguenza di ciò, la donna assumerà la posizione giuridica di piena proprietaria della costruzione per una quota pari ad ½ indiviso, mentre continuerà ad essere titolare del solo diritto di superficie per la restante quota di ½ della medesima costruzione.
Allo scadere dei 99 anni, invece, anche il coniuge, acquirente del suolo, diventerà pieno proprietario della costruzione in ragione di ½ indiviso, e ciò per effetto del riespandersi del diritto di proprietà ex art. 953 c.c.
Da un punto di vista meramente pratico, se oggi i coniugi decidessero di vendere, all’atto di vendita la moglie interverrebbe nella qualità di piena proprietaria per ½ indiviso della costruzione e di superficiaria dell’altro mezzo, mentre il di lei coniuge vi interverrebbe quale proprietario, in regime di comunione legale dei beni, del suolo su cui la costruzione sorge.

Infine, si rende necessaria un’ultima ma non meno importante precisazione.
L’acquisto da parte della moglie della piena proprietà della costruzione per effetto di confusione si inquadra tra i c.d. acquisti a titolo originario della proprietà.
In ordine a tale forma di acquisto, sia in dottrina che in giurisprudenza sono stati avanzati parecchi dubbi circa il regime applicabile, se considerarli come ricadenti nella comunione legale ex art. 177 c.c. ovvero farli rientrare tra i beni personali ex art. 179 c.c.
In particolare, in materia di accessione (è questa la forma di acquisto a titolo originario che viene qui in considerazione), accanto alla tesi della caduta in comunione del bene che costituisce oggetto di tale forma di acquisto, ha assunto prevalenza e si ritiene, pertanto, preferibile, la tesi della personalità del bene, la quale argomenta dalla lettera dello stesso art. 177 c.c.
Tale norma prevede solo “acquisti compiuti …” e quindi postula necessariamente una attività negoziale, tra cui non può fari rientrare l’accessione.
Con l’accessione infatti non si crea un nuovo, autonomo e distinto bene ma si realizza solo un incremento del bene preesistente, di cui quindi segue le sorti.

Per concludere e completare il quadro, va anche sottolineato che, nel momento in cui andrà ad estinguersi il diritto superficie (situazione che nel caso di specie non può che essere soltanto ipotetica, data la durata novantanovennale di tale diritto), il coniuge che “subirà” le conseguenze negative dell’accessione (ossia la donna che ha sostenuto per intero le spese di acquisto), potrà comunque godere di una tutela, seppure obbligatoria, consistente nel poter vantare un diritto di credito pari alla metà del prezzo corrisposto per detto acquisto.

Antonio P. chiede
venerdì 03/04/2020 - Emilia-Romagna
“Per attuare un “Contratto per la Costituzione del Diritto di Superficie a tempo determinato - Art. 953 cc.” la procedura legale o più corretta è quelle di stipulare un atto fatto da un notaio; oppure vi sono altre forme previste dalla legge ma meno garantite per chi cede il trasferimento del diritto di superficie?”
Consulenza legale i 09/04/2020
La risposta alla domanda che viene posta rende necessario fornire preliminarmente alcuni brevissimi cenni relativi al diritto di superficie ed alla sua natura giuridica.
Come si ricava dalla stessa definizione che ne viene data all’art. 952 del c.c., trattasi di un diritto reale di godimento su cosa altrui, dalla cui costituzione ne deriva una scissione di alcune delle facoltà rientranti nell’ambito del più generale diritto di proprietà, in modo tale da permettere ad un terzo, con il consenso del proprietario (in alcuni casi anche contro la sua volontà), di esercitare un diritto che ha come contenuto alcune di queste facoltà.
Il contratto, per mezzo del quale le parti esprimono la loro volontà e costituiscono questo diritto, rientra nella categoria dei c.d. contratti ad effetti reali, disciplinati dall’art. 1376 del c.c., il quale stabilisce che il diritto che ne costituisce oggetto si acquista per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.

Proprio perché per effetto di tali contratti si comprimono facoltà o si impongono pesi, vincoli e limiti al diritto di proprietà, vige nel nostro ordinamento il c.d. principio della tipicità, da intendere nel senso che i privati non possono dar vita a schemi giuridici volti a limitare la proprietà al di fuori delle ipotesi previste dal legislatore (c.d. numerus clausus).

Chiariti questi aspetti preliminari, vediamo adesso come funziona il diritto di superficie.
Dispone il primo comma dell’art. 952 c.c. che, per mezzo del contratto di costituzione del diritto di superficie il proprietario può costituire in favore di un terzo il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione, in maniera tale che il terzo potrà acquisire la proprietà della costruzione così realizzata, c.d. proprietà superficiaria (diversa è l’ipotesi prevista dal secondo comma della norma, che qui non rileva).
Nella fattispecie costitutiva del diritto di superficie si distinguono due diversi momenti strettamente connessi tra di loro, in quanto mentre in un primo momento nasce il c.d. diritto ad aedificandum, ossia il diritto alla edificazione, nel successivo momento, in cui la costruzione è stata realizzata, quel diritto ad edificare si trasforma in diritto reale di proprietà sull’immobile costruito.

Entrambi i diritti, quello ad edificare e quello sulla costruzione, proprio in quanto momenti inscindibili di un’unica fattispecie contrattuale, hanno natura di diritti reali, il che comporta che per la loro costituzione dovrà non solo osservarsi il requisito della forma scritta richiesto dal n. 2 dell’art. 1350 del c.c., ma sarà anche necessario procedere alla trascrizione del relativo atto ai sensi del n. 2 dell’art. 2643 del c.c., trascrizione che sarà possibile solo se il relativo contratto rispetta la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata con sottoscrizione autenticata.
Stesso discorso vale per il caso di costituzione di un diritto di superficie a tempo determinato, fattispecie disciplinata espressamente dall’art. 953 c.c., dalla quale origina pur sempre un diritto reale, il quale a sua volta si caratterizza per la previsione di un termine finale di durata del diritto, allo scadere del quale il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione, ritornando ad essere di nuovo applicabile il principio generale dell’accessione (di cui all’art. 934 del c.c.), eccezionalmente derogato dall’art. 952 c.c.

Tutto quanto è stato fin qui detto ci consente di dare una prima risposta alla domanda che è stata posta nel quesito, ovvero se sia possibile o meno la costituzione di un diritto di superficie facendo ricorso a forme alternative a quella dell’atto pubblico o, può aggiungersi, a quella della scrittura privata con sottoscrizione autenticata, necessitante pur sempre dell’intervento del notaio.
La risposta è negativa, sempre che vi sia nelle proprie intenzioni quella di costituire il diritto di superficie quale vero e proprio diritto reale di godimento su cosa altrui, secondo la forma tipica prevista dal legislatore.

Tuttavia, leggendo la bozza di contratto fatta pervenire a questa redazione, sembra che le intenzioni delle parti non siano tanto quelle di costituire sic et simpliciter un diritto di superficie a tempo in favore di un terzo, quanto quelle di concedere ad una società di costruzione il diritto di edificare entro il termine di tre anni un immobile sul proprio fondo, con obbligo per il proprietario del terreno di alienare prima di quella data ed alla medesima società costruttrice il fondo su cui verrà realizzato il nuovo edificio e per la società costruttrice di alienare all’attuale proprietario del fondo due dei realizzandi appartamenti, effettuando una parziale compensazione di quanto da ciascuno di essi dovuto (nella prassi notarile tale finalità viene normalmente raggiunta stipulando una permuta di cosa presente con cosa futura, preceduta anche da un eventuale preliminare).

Si tratta di una fattispecie per la verità non del tutto nuova alla casistica giurisprudenziale.
Infatti, la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile che le parti (proprietario del terreno e terzo) possano anche stipulare un contratto non già ad effetti reali (quale quello che costituisce il diritto di superficie come diritto reale di godimento), ma ad effetti obbligatori, in conseguenza del quale sorge a vantaggio di un soggetto (la società costruttrice) il diritto di credito a costruire su fondo altrui.
Il proprietario del fondo avrà così l’obbligo di permettere la costruzione sul proprio suolo senza poterne chiedere la rimozione, sebbene operi l’accessione.
Diverse, ovviamente, saranno le situazioni giuridiche a cui danno luogo le due fattispecie contrattuali (quella ad effetti reali e quella ad effetti obbligatori), in quanto la tutela di un rapporto obbligatorio, a differenza di quello reale, è una tutela di tipo relativo, cioè attuabile soltanto tra le parti di quel rapporto, e non erga omnes (ossia nei confronti di chiunque, effetto che solo l’atto pubblico e la trascrizione possono consentire).

Conseguentemente, il diritto di credito di costruire (tecnicamente definito concessione ad aedificandum) non potrà mai opporsi ad un eventuale terzo acquirente del fondo, qualora il proprietario del fondo si decida ad alienarlo senza preoccuparsi di vincolare con il contratto di vendita l’acquirente stesso al rispetto del diritto di credito alla edificazione già concesso con il precedente contratto (nel contratto ad effetti reali, invece, l’eventuale conflitto sarà risolto in base ai principi della trascrizione).

La medesima giurisprudenza costruisce la fattispecie obbligatoria, cioè quella che qui si intende realizzare, come un contratto atipico o misto (espressamente riconosciuto ammissibile nel nostro ordinamento in forza del principio generale della autonomia contrattuale dettato dall’art. 1322 del c.c.), in cui predominerebbe la locazione, affermando peraltro che, sebbene il contratto costitutivo del diritto reale all’edificazione non rispettoso della forma scritta (cioè atto pubblico con relativa trascrizione) sia da ritenere nullo, se ne deve ammettere la sua conversione ex art. 1424 del c.c. nel predetto contratto atipico ad effetti obbligatori.
Il rischio che si corre, però potrebbe essere quello che un eventuale giudice, investito di una possibile controversia insorta tra le parti, possa limitarsi a ravvisare la nullità di quel contratto per difetto di forma, e non riconoscere la sua conversione nella fattispecie atipica obbligatoria ex art. 1424 c.c.

Per una analisi più approfondita della fattispecie contrattuale a cui qui si vuole fare ricorso si segnala la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II civ., n. 1392 dell’11.02.1998, in cui la Suprema Corte afferma appunto che la concessione ad aedificandum non sempre e non necessariamente deve concretarsi in un diritto reale di superficie, potendo in taluni casi assumere i caratteri ed i contenuti di un diritto personale efficace nei soli confronti del concedente, trovando la sua fonte e disciplina in un contratto atipico con effetti meramente obbligatori, non soggetto a rigori di forma o di pubblicità (in tal senso si richiamano Cass. Sez. Unite 02.06.1984 n. 3531; Cass. 25.01.1968 n. 233 e Cass. 17.12.1968 n. 4006).

Non si può fare a meno di segnalare, per concludere, Cassazione n. 1418 del 14.12.1988, Commissione Tributaria centrale n. 3289 del 05.04.1995 e Ris. Ministeriale n. 80 del 01.07.1993, dalle quali si evince che quando non risulta ceduto il diritto di superficie ex art. 952 c.c. (ossia come diritto reale), la costruzione non può che appartenere al proprietario del suolo e solo ed unicamente questi ha diritto a ritenere suoi i costi di costruzione ed a chiedere la detrazione dell’IVA che è stata corrisposta ai costruttori ed ai fornitori.
Con ciò vuol dirsi che la costituzione del diritto di superficie in forma obbligatoria potrebbe far sorgere anche dei problemi di natura fiscale sia per il proprietario del fondo che per la società costruttrice.