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Articolo 2798 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Assegnazione della cosa in pagamento

Dispositivo dell'art. 2798 Codice Civile

Il creditore può sempre domandare al giudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento [505, 530 c.p.c.] fino alla concorrenza del debito, secondo la stima da farsi con perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa ha un prezzo di mercato [1474, 2744](1).

Note

(1) L'assegnazione produce l'attribuzione in capo al creditore pignoratizio della qualifica di proprietario del bene in questione, con l'unica accortezza che si dovrà procedere al versamento dell'eventuale conguaglio in favore del costituente, nell'ipotesi in cui il valore del bene pignoratizio risulti superiore alla somma vantata dal creditore.

Ratio Legis

Analogamente alla vendita (v. art. 2796), anche l'assegnazione è finalizzata a rafforzare la garanzia del creditore, il quale, tra l'altro, ha la facoltà di domandarla anche in un momento posteriore all'intimazione (v. art. 2797) e può procedere alla vendita fino a che non abbia ottenuto l'assegnazione.

Spiegazione dell'art. 2798 Codice Civile

Aggiudicazione al creditore al prezzo di stima

Poiché nel contrarre il pegno il debitore è quasi sempre mosso dalla necessità di procacciarsi denaro, è nullo il patto che consenta al creditore di facilmente appropriarsi il pegno, senza l'intervento del­l'autorità giudiziaria e senza quella sicura garanzia che è la stima al momento in cui si chiede l'aggiudicazione.

Diremo di qui a poco del divieto del patto commissario. Vediamo intanto della stima in seguito alla quale il pegno può essere senz'altro aggiudicato al creditore.

Può pattuirsi che, previa stima giudiziale, il pegno sia aggiudicato Senz'altro, per il prezzo di stima, al creditore, che resterà creditore della differenza, ovvero pagherà l'eventuale eccedenza di valore.

L'art. 2798, come già l'art. 1884 cod. del 1865, si riferisce alla stima futura, da farsi ordinare, scaduto e non adempiuto il debito.

Non sarebbe lecita una stima fatta d'accordo al momento della stipulazione del contratto, che potrebbe esser facile mezzo per eludere il divieto del patto commissorio.

È garantito il debitore solo da una stima giudiziale, al momento in cui egli è inadempiente. Non sarebbe garanzia sufficiente una stima preventiva. Potrebbe essere notevolmente aumentato di valore il pegno al momento dell'inadempimento dell'obbligazione. Valgono qui benché per diversa via le stesse ragioni di logica e di opportunità per cui l'assicuratore deve pagare all'assicurato solo il valore che cose perdute avranno al momento del sinistro (art. 1944 cod. civ. attuale e art. 435 cod. com.) e non già il loro valore, comunque concordemente periziato, al momento della stipulazione del contratto di assicurazioni. Analogamente l'esecuzione coattiva in danno del venditore o del compratore inadempiente deve farsi al momento della scadenza del contratto o pochissimo dopo, perché l'esecuzione coattiva è un surrogato (il meno imperfetto che si possa avere) del mancato adempimento. La realizza­zione amichevole (senza vendita agli incanti e senza intervento di me­diatore autorizzato) a favore del creditore pignoratizio è consentita solo se eseguita all'atto dell'inadempimento: la stima riferita ad un mo­mento anteriore non autorizza l'alienazione in base al valore così determinato.

Anche del resto in altri campi la medesima cosa può essere oggetto di contrattazione solo in un momento determinato e non prima: così (benché per altre ragioni) si può vendere l'eredità quando è già aperta la successione (articoli 1542 a 1547) : ma non può essere oggetto di con­tratto l'eredità di persona vivente : art. 1118 cod. del 1865 ; ora ar­ticolo 458 cod. civ.

Per questo è valida l'aggiudicazione al creditore in seguito a stima successiva: non sarebbe valida quella preventiva. Per la stessa ragione talvolta un mezzo di prova può consentirsi solo se concorrano taluni requisiti di tempo o di pronta attendibilità ad es. la rescissione per le­sione può esser esercitata dal venditore solo se i fatti denunziati siano bastantemente verisimili e gravi per far presumere la lesione :.la giuri­sprudenza richiede prova precostituita : art. 1532 cod. del 1865. Durante il contratto d'impiego è nulla ogni rinunzia dell'impiegato valida se successiva alla cessazione del rapporto impiegatizio : art. 17 legge 13 novembre 1924, n. 1825: e si veda ora art. 2113. L'esecuzione cambiaria può esser sospesa solo se ve ne siano gravi e fondati motivi : art. 64 legge cambiaria 14 dic. 1933: può chiedere la manutenzione chi Ve, siede da oltre un anno : art. 1170 ; occorre talvolta un fumus iuris, ecc.

La stima preventiva potrebbe ingiustamente opprimere il debitore. Non l'opprime la stima ordinata dopo che il debito è scaduto : quando non oppresso dal bisogno di aver danaro, il debitore è più libero nel discutere le valutazioni dello, stimatore. Al debitore non nuoce l'attri­buzione al creditore al prezzo corrente, se la cosa ha un prezzo di mer­cato : nel quale vi è così ampia garanzia che quando vi sono prezzi correnti (tanto essi tranquillizzano) è persino consentita l'entrata del com­missionario come contropartita nel contratto di cui ebbe incarico dal committente : art. 1735 del c.c..

L'aggiudicazione del pegno al creditore, in seguito a stima, gli tra­sferisce la proprietà della cosa, come in ogni altra vendita. Espressa­mente il creditore qui consente di avere cosa diversa da quella dovutagli : art. 1197 del c.c.. Il creditore ed il debitore vi hanno consentito all'atto stesso della costituzione del pegno. Il debitore non può più revocare tal consenso, non può più menomare l'irrevocabile diritto reale assoluto del creditore pignoratizio.

Se la stima peritale del pegno gli attribuisce un valore superiore al debito, il creditore deve la differenza. Ma il debitore può sempre evitare tale dazione in pagamento (e chiedere quindi la restituzione del pe evitar tale offrendo di pagare il debito. Non vi si può opporre creditore dal momento che è soddisfatto : basta che il debitore prevenga l'aggiudicazione del pegno al creditore. Come quando il creditore fa vendere il pegno agli incanti, le spese sono a carico del debitore : sono necessarie per la realizzazione del diritto del creditore. Le spese di perizia sono pure a carico del debitore ché altrimenti creditore non realizzerebbe al netto quanto deve avere.


Nullità del patto commissorio

Scritta già negli articoli 1884 cod. del 1865 e 459 cod comm., la nullità del patto commissorio che attribuisce la proprietà del pegno al creditore se il debitore non adempie, è ora riaffermata nell'art. 2744 che anzi giustamente (secondo quanto ora ritenuto dalla migliore dottrina) dice nullo anche il patto commissorio stipulato successivamente alla costituzione del pegno.

L'universale secolare diffusione del divieto del patto commissorio è Una delle più evidenti prove del fondamento morale e dell'intuizione razionale dei rapporti sociali disciplinati dal diritto. Ripugna che il cre­ditore possa prendere in giro il debitore, quasi sempre bisognoso.

Mendace è la costante illusione dei debitori restii a vendere con patto di riscatto, ma sempre pronti a dare pegno od ipoteca. L’infima per­centuale di vendite con patto di riscatto (rispetto all'enorme quantità di pegni ed ipoteche) dimostra che solo la sicura speranza di non per­dere la cosa induce i debitori a dare beni in garanzia, mentre rarissimamente i vendono a scopo di garanzia.

Il divieto del patto commissorio non importa il divieto altresì della vendita con patto di riscatto.

Chi ebbe il denaro a titolo di prezzo ha un vantaggio che non ha il debitore, cui reca danno il ribasso di valore del pegno. Infatti il vendi­tore riscatterà (o farà riscattare da altri) solo se allettato dal maggior valore della cosa venduta ; non la riscatterà se diminuita di valore. La maggior durezza perciò del patto commissorio rispetto alla vendita con patto di riscatto spiega perché sia vietato solo il patto commissorio.

La nullità del patto commissorio non rende nullo (abbiamo già visto) tutto il contratto di pegno. » nullo solo il patto commissorio (diversamente art. 2265 del c.c. e art. 1719 cod. del 1865 dichia­ranti nulla la società infetta da patto leonino) che è considerato patto aggiunto. L'immoralità del patto commissorio spiega che resti in piedi il pegno, togliendosene solo il patto immorale : in certo senso mutilan­dosi (cioè violentandosi) la volontà delle parti che vollero il pegno col patto commissorio, come le condizioni impossibili ed illecite nei testa­menti cadono, ma non cade la disposizione pur condizionata : articolo 634 cod. attuale, e art. 849 cod. del 1865.

Due sono le ragioni del divieto del patto commissorio : una morale : una, per così dire, tecnica. Ragione morale : evitare lo strozzamento di debitori, nell'angustia del bisogno facili all'illusione di potere solle­citamente riscattare il pegno. Ragione tecnica : la mancanza di prezzi di mercato di facile controllo. Prezzi di facilissimo controllo che, quando vi, sono, consentono persino di derogare al divieto dell'ingresso del com­missionario nel contratto : gli consentono di costituirvisi contropartita del suo committente : art. 1735 cod. civ. attuale ; art. 386 cod. com. Probabilmente se oggetto di pegno, fossero solo titoli di Stato ed altri titoli o merci che hanno un sicuro prezzo di borsa, non vi sarebbe ra­gione di vietare il patto commissorio. Il debitore nulla avrebbe da te­mere : nessun creditore pignoratizio oserebbe attribuirsi per un suo credito di ottanta quel che incontestabilmente vale oggi cento. Il divieto del patto commissorio difende il debitore dal pericolo che il creditore gli dica che in fondo il pegno appropriato vale proprio quanto gli è dovuto. Non è la prima volta del resto che lo stesso fatto riceve valutazioni diverse a seconda che accada in un momento anziché un altro, o in talune circostanze anziché in altre. Per ricordare un esempio di esperienza quo­tidiana: ai diritti nascenti dal contratto di impiego validamente impiegato rinunzia dopo la cessazione del rapporto. La rinunzia è nulla se anteriore alla cessazione.

Il divieto del patto commissorio oltreché nell'art. 1884 c.c. 1865 era scritto anche nell'art. 459 cod. com. Le ragioni morali del divieto sono così gravi che anche nel silenzio del codice di commercio non se ne sarebbe mai dubitato, anche in materia di commercio : come, per la stessa ragione, la rescissione della vendita per lesione enorme è consentita anche in materia di commercio al venditore che la legge (articoli 1529 e 1309 cod. del 1865) vuole non sia costretto dal bisogno : si veda ora l'azione generale di lesione dell'art. 1448. Gli affari commer­ciali esigono rapidità, ma non prescindono mai dalle considerazioni morali tenute presenti dal codice civile. Queste considerazioni sull'in­derogabilità, sulla natura cogente, proibitiva del divieto del patto com­missorio, che interessa perciò l'ordine pubblico devono sempre tenersi presenti (articoli 11 e 31 preleggi) quando sorgano questioni di diritto internazionale privato o di diritto intertemporale : prevarrà nel dubbio la legge territoriale, nè sarà facile ammettere diritti quesiti.


Nullità della clausola che, attribuendo per intero al creditore il prezzo di stima o il prezzo ricavando dalla vendita, lo esime dal versarne l’eccedenza

Al pari del patto commissorio è nulla la clausola che attribuendo per intero al creditore il prezzo di stima o il prezzo ricavando dalla vendita del pegno, lo esima dal versare l'eccedenza.

Nulla è pure la clausola che esima il creditore dal dare la differenza; ed esima insieme il debitore dall'obbligo di versare il di più, ove il prezzo di stima od il ricavo della vendita superi il debito. Questa convenzione aleatoria angaria il debitore.

È come una scommessa : immorale perché normalmente determi­nata dal bisogno di avere in prestito danaro. La pericolosità di questa specie di scommessa, di quest'anticipato forfait del diritto di realizza.. zione del creditore pignoratizio, sta nell'illusione costante del debitore che spera di poter riscattare in tempo e facilmente il pegno : mentre rarissimamente subisce il sacrificio attuale (comunque riparabile col riscatto) di vendere con patto di riscatto.

Nulla è pure la clausola autorizzante il creditore a vendere il pegno senza la formalità degli incanti o senza analoghe formalità a tutela del de­bitore. Senza tali garanzie la vendita coattiva del pegno può anga­riare il debitore, pub lasciargli il dubbio che si sia svenduto, che il cre­ditore stesso a mezzo d'un prestanome si sia appropriato del pegno a vile


Nullità del patto commissorio stipulato dopo la costituzione del pegno

Il patto commissorio, anche se stipulato dopo la costituzione del pegno, stipulato cioè non più nella medesima angustia in cui versava il debitore quando, pressato dalla necessità di far danaro, chiese ed ebbe credito garantito da pegno : art. 2744 del c.c..

Vero che all'atto della stipulazione del debito il debitore implora il creditore - e dopo, in certo modo, s'invertono le parti : con cavilli po­tendo il debitore procrastinare il pagamento e spesso anche l'espropria­zione. Si potrebbe in certo senso esser tentati al paragone colla situazione inversa della garanzia nel periodo sospetto prefallimentare : garanzia non presunta in frode se contestuale.

Ma l'analogia è solo apparente e regge fino ad un certo punto. Non resistono alla critica le ragioni per cui taluni dicevano lecito il patto com­missorio stipulato in epoca posteriore alla stipulazione del pegno. Indub­biamente la vera e gravissima angustia del debitore si ha quando va in cerca di danaro ; ma anche dopo egli è sempre in condizione di bisogno. Può subire grave pressione da parte del creditore almeno per procrasti­nare atti esecutivi. Se pure molto spesso debitori cavillosi (subendo spese legali enormi) riescono a dilazionare il pagamento e l'espropria­zione, è sempre repugnante che, schiacciato dal peso degli interessi e delle spese, premuto dal timore di atti esecutivi, il debitore debba subire una ingiusta violenza stipulando il patto commissorio, anche se dopo la costituzione del pegno. Vi sono le identiche gravi ragioni che alla epoca della costituzione del pegno vietano il patto commissorio originario.

A giustificare la validità del patto commissorio successivo si disse che il trasferire il pegno al creditore è dazione in pagamento. Ed è proprio la combinazione dell'acquisto col pegno che vincola il debitore : vincolo che non v'è quando il venditore pattuisce che riavrà la cosa venduta se il compratore sarà inadempiente; poiché in tal caso il venditore riavrà la sua cosa non come creditore, ma come venditore. Ad alleviare l'asprezza dello stato di necessità ond'è oppresso il debitore non v'è che l'attribuzione del pegno al creditore al prezzo di stima al momento dell'inadempienza.

Nell'interpretazione del § 1129 cod. civ. tedesco si ritiene valido il patto commissorio successivo, ma si ritiene nullo il patto per cui il con­duttore autorizza il locatore a trattenersi gli invecta et illata se non soddisfatto.

Lodevole è perciò l'innovazione dell'art. 2744 che dichiara nullo anche il patto commissorio successivo.


Nei prestiti su polizze assicurazione vita è valido il patto che autorizza l’assicuratore ad incamerare il valore di riscatto se alla scadenza l’assicurato non paga il debito

Un patto commissorio, e perciò vietato dalla legge, parte della dottrina (Vivante e Navarrini) vede nel patto per cui l'assicuratore che ha fatto un prestito su d'una polizza vita può senz'altro incamerarne il valore di riscatto se alla scadenza l'assicurato non paga il debito.

Nella dottrina tedesca non è mai sorta una simile questione : è incontestato che l'assicurato può senz'altro dare in pegno il diritto che egli ha di riscattare.

Invece, in Francia, appunto per girare la questione ed evitare la nullità del patto commissorio, parte della dottrina e della giurispru­denza, negando che vi sia prestito su pegno, o parla d'un pagamento anticipato, da parte dell'assicuratore, del suo debito del valore di ri­scatto ; o ricorre all'idea d'un conto corrente fra assicuratore ed assicurato. Ma può ritenersi prevalente la teoria del prestito, anche quando a torto, si neghi trattarsi di prestito garantito da pegno.

Nel nostro diritto non è possibile negare che l'assicuratore presti su pegno. Le polizze parlano recisamente di prestiti ad interesse antici­pato su polizze. Il prestito è preceduto dalla consegna della polizza. Per l'art. 13, n. 4 D. L. 29 aprile 1923, n. 966 sulle imprese di assicurazione, gli assicuratori sono autorizzati ad investire la copertura della riserva matematica, fra l'altro, in mutui sopra polizze di assicurazione nei limiti del corrispondente valore di riscatto.

L’assicurato riceve in prestito una somma, a garanzia della cui restituzione dà in pegno all’assicuratore proprio il credito che verso l’assicuratore riscatterà. Non ripugna l’ordinamento che il riscatto possa avvenire automaticamente, senza avviso e diffida all’assicurato stesso, e per il solo fatto del mancato pagamento alla scadenza.

Potrebbe averne minore danno l’assicurato se l’assicuratore dovesse realizzare il pegno come si fa per ogni altra cosa, cioè mettendola in vendita al migliore offerente, nelle forme del commercio, ed a mezzo di pubblico ufficiale a ciò autorizzato ? Ma non esiste un mercato delle polizze-vita, che non circolano nem­meno come veri titoli di credito : art. 1889 del c.c.. Né possono avere un mercato ed un valore venale ; per stipulare l'assicurazione sulla vita di un terzo bisogna, fra l'altro, avervi interesse (art. 449 cod. com., art. 1919) e non facile scoglio da superare è la contestazione della polizza da parte dell'assicuratore che alla morte dell'assicurato spesso assume aver costui dichiarato circostanze non vere.

Certo non v'è alcun ostacolo legale alla vendita agli incanti della polizza vita, né è da escludere che gli assicurati ne potrebbero avere minor danno. Ma non essendovi un mercato normale di polizze vita (la rarità stessa di tal mercato dimostrandone l'inutilità, ed anzi l'incongruenza) non si può dire vietato come patto nullo (perché affine al patto commis­sorio) il riscatto automatico.

Il valore di riscatto (se pure svantaggioso per l'assicuratore) è anche esso un valore rigorosamente controllato (come i prezzi di borsa o di mer­cato che consentono perciò il contratto del commissionario con sé stesso : art. 1735 cod. civ. attuale e art. 386 cod. com.) e quindi il patto di ri­scatto automatico non opprime il debitore come invece l'opprimerebbe l'acquisto ad un prezzo arbitrario. Non può l'autorità giudiziaria dichia­rare nullo il patto di riscatto automatico, che l'autorità amministrativa chiamata a controllare le condizioni di riscatto implicitamente consente e ritiene valido.

Infine, l'assicurato che contrae un prestito sulla polizza sa che gioca l'ultima carta per non riscattarla, e che è prossimo ormai al riscatto.

E sarebbe strano non potersi ribellare (e come ribellarsi?) al riscatto a danno dell'assicurato moroso nel pagamento dei premi : ed evitare il riscatto invece all'assicurato in mora al pagamento di somma ben più grave.

In sostanza il prestito su polizza è come ogni altro pegno irregolare: opera automaticamente la compensazione (anche nel fallimento l'uno o dell'altro contraente) perché creditore pignoratizio è stato autorizzato a conteggiare (e ad utilizzare autopagandosi) il credito avuto in pegno. L’assicurato ha voluto spostare il momento del riscatto, e lo spostamento (nel futuro) è a tutto suo vantaggio.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2798 Codice Civile

Cass. civ. n. 24137/2018

Il pegno irregolare si differenzia da quello regolare in quanto le somme di danaro o i titoli depositati presso il creditore diventano di proprietà del medesimo, sicchè in caso di inadempimento del debitore, il creditore è tenuto soltanto a restituire l'eventuale eccedenza dei titoli rispetto alle somme garantite, mentre nel pegno regolare egli ha diritto a soddisfarsi disponendo dei titoli ricevuti in pegno.

Cass. civ. n. 17046/2016

La soddisfazione sul pegno implica il prelievo diretto della somma che il debitore deve pagare al creditore, così determinandosi il pagamento (totale o parziale) del debito e non già la compensazione, non rilevando che il pegno sia stato costituito dal terzo o venga a trasferirsi in capo al terzo, il quale, in tal modo si costituisce come ulteriore debitore del creditore, senza che, peraltro, quest'ultimo divenga, a sua volta, creditore di costui. Ne consegue che la prelazione pignoratizia determina il mero adempimento del debito originario da parte del terzo, restando irrilevante il fatto che lo stesso terzo possa poi agire in regresso nei confronti del debitore, posto che a tale rapporto il creditore rimane estraneo.

Cass. civ. n. 8778/1998

Allorché il creditore si soddisfi sul pegno, si determina il pagamento (totale o parziale) del debito e non la compensazione, in quanto il creditore preleva direttamente la somma che il debitore dovrebbe pagargli. Tale principio vale anche se il pegno è stato costituito dal terzo, il quale, cosa facendo, si costituisce quale ulteriore debitore del creditore, senza, con ciò, divenire a sua volta creditore di costui; sicché la prelazione pignoratizia determina il mero adempimento del debito originario da parte del terzo, restando irrilevante il fatto che quest'ultimo possa poi agire in regresso nei confronti del debitore, posto che a tale rapporto il creditore rimane estraneo.

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