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Articolo 2797 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Forme della vendita

Dispositivo dell'art. 2797 Codice Civile

Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita. L'intimazione deve essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno [602 c.p.c.](1).

Se entro cinque giorni dall'intimazione(2) non è proposta opposizione(3), o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto [534 c.p.c.], o, se la cosa ha un prezzo di mercato [1474], anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti [83 disp. att.]. Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del creditore, il termine per la opposizione è determinato a norma dell'articolo 163 bis del codice di procedura civile.

Il giudice, sull'opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito [1850].

Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse [1850, 2744; 53 l. fall.].

Note

(1) Il creditore per il conseguimento di quanto gli è dovuto può chiedere che il bene sia venduto ai pubblici incanti, previa intimazione al debitore. Tale intimazione, comunque, non è imposta a pena di nullità, in quanto punta solamente ad avere la sicurezza che la diffida ad adempiere sia pervenuta al debitore e che da essa si possa dedurre una data certa. Può pertanto essere sostituita da qualsiasi dichiarazione del creditore che soddisfi questo compito e che non riceva contestazione da parte del debitore.
(2) Il termine di cinque giorni per l'adempimento, scaduto il quale il creditore può porre in atto l'esecuzione, è espressamente sancito ex lege.
(3) Il giudice dinnanzi al quale va presentata la citazione per il giudizio di opposizione è quello competente nel merito, ossia il cosiddetto giudice di cognizione della vicenda dedotta in controversia.

Ratio Legis

La presente disposizione è strettamente collegata a quella dell'articolo precedente: si descrive infatti la procedura prevista per l'esecuzione forzata pignoratizia, finalizzata sia ad operare un rafforzamento della garanzia, sia una più veloce soddisfazione del credito, non essendo richiesto a tal fine il titolo esecutivo, a differenza della vendita comune nell'esecuzione forzata ordinaria ex art. 2910.

Spiegazione dell'art. 2797 Codice Civile

Vendita del pegno

Non pagato, il creditore può far vendere il pegno; la vendita deve avvenire all’incanto o a mezzo di pubblico ufficiale autorizzato a vendere cose come quella data in pegno.

Il divieto del patto commissorio (art. 2744 cod. attuale ; art. 1884 cod. del 1865 e art. 458 doc. com.) è norma (come vedremo al commento dell'art. 2798) d'inderogabile protezione del debitore, da circa sedici secoli adottata ovunque : segno indubbio dell'universalmente e costan­temente riconosciuta necessità di evitare che il debitore sia schiacciato dal bisogno che lo costringe a ricorrere al credito.


Convenzioni circa le forme della vendita

Nei contratti non è vietato pattuire forme celeri di vendita, ad es. a mezzo di pubblico mediatore, e previa semplice diffida al debi­tore, e coll'intesa che l'eventuale opposizione del debitore non sospenda la vendita.

Ma in nessun caso possono essere omesse le due fondamentali inde­rogabili garanzie del debitore : gli dev'essere intimata la minaccia della vendita ; e la vendita deve avvenire a mezzo di pubblico mediatore, al prezzo corrente.

La frequenza della vendita di merci di largo consumo (e perciò sempre richieste) ne assicura prezzi pressoché costanti. È quanto al de­bitore giova ed interessa. In materia commerciale è questa la ragione della larghissima diffusione dei due caratteristici istituti dell'esecuzione coattiva, e dei prezzi correnti (articoli 1474, 1515 e 1516 cod. civ. attuale ; articoli 38 e 68 doc. com.). È patto nullo i la soppressione convenzio­nale di ogni diffida al debitore : sarebbe ingiusta ed inutile sua vessa­zione. Nessun lecito interesse può avervi il creditore : mentre grave e mai trascurabile è l'interesse del debitore che, posto in guardia, farà quanto può perché si venda al più alto prezzo possibile.

Possono però gli statuti dispensare i Monti dalla diffida (art. 2785 cod. attuale ; art. 1890 cod. del 1865). Non si può, fuori di questi casi, opprimere il debitore.

La lex fori, cioè la legge del luogo ove il pegno è realizzato, è deci­siva : perciò è inapplicabile la lex contractus se nel luogo ove fu stipulato il pegno potevano, ad es., validamente abbreviarsi i termini (o non aversi formalità) che per la lex fori sono inderogabilmente prescritte


Pegno senza ius distractionis: diritto degli altri creditori sul pegno, veste del creditore nel vendere

Nella definizione stessa del pegno è il diritto, di venderlo, del creditore insoddisfatto. Fermiamoci ora su tre punti. Possono le parti escludere il diritto del creditore di vendere il pegno ? Gli altri creditori possono vendere il pegno, rispettando però il pri­vilegio del creditore pignoratizio ? E che veste ha il creditore nel vendere il pegno ?

Il patto che vieta al creditore di vendere il pegno in sostanza limita alla sola ritenzione il diritto del creditore pignoratizio. Limitazione non illegale. Innanzi tutto il creditore, se il pegno è fruttifero, ne fa propri i frutti e li computa in conto degli interessi ed eventualmente anche sul capitale. In secondo luogo è tutelato il non illecito interesse nel limitare alla sola ritenzione la garanzia del creditore.

Già l'art. 2794 e così pure 1888 cpv. cod. del 1865 nell'interpretazione che gli si dava da taluni scrittori dà l'esempio di un diritto di ritenzione senza diritto vendere. La cosa fruttifera (abbiamo visto : art. 2791) consente intanto al creditore godimento dei frutti. D'altra parte, se il debitore ha vo­luto escludere lo ius distractionis, deve pur pagare alla scadenza. i mancanza, il creditore pignoratizio può far vendere il pegno come può far vendere ogni altro cespite del debitore, seguendo la procedura dell'esecuzione mobiliare : fa vendere (presso di sé) il pegno come farebbe vendere ogni altra cosa mobile del debitore presso terzi. Anche fra commercianti è valido il patto che vieta di vendere il pegno. Benché questo patto sia poco consono alla larghissima vendibilità di merci di largo con­sumo (e quindi aventi prezzi correnti) tuttavia non v'è ragione di non tutelare l'interesse del debitore che si augura di poter evitare la vendita da parte del creditore.

Finché il pegno è in possesso del creditore, vi possono compiere atti esecutivi gli altri creditori? Essendo il pegno rimasto di proprietà del debitore, il creditore ha diritto di escluderne gli altri? Poiché il pegno continua a restare nel patrimonio del debitore, nulla vieta ai chirografari di promuovere la vendita del pegno, purché rispettino la ritenzione ed il privilegio del creditore pignoratizio. Nel codice civile tedesco il § 1232 implicitamente risolve la questione poiché al creditore pignora­tizio con rango inferiore consente di vendere il pegno. È pure ammesso che il debitore, purché rispetti il diritto di pegno del creditore, possa lui far vendere il pegno.

E sarebbe strano del resto che i creditori chirografari (che indubbiamente possono far vendere l'immobile ipotecato) non potessero far vendere la cosa mobile data in pegno. Il possesso del creditore ne tutela la ritenzione ed. il privilegio ; ma non vieta il jus distractionis degli altri creditori, garantiti dagli articoli 274o e 2741 (articoli 1948 e 1949 cod. del 1865)

Il diritto di distrazione dei creditori pignoratizi di rango inferiore, e degli stessi chirografari, è confermato da disposizioni eccezionali di statuti (ad es 127 Monte di pietà di Milano) vietanti la vendita ad istanza di creditori non muniti di polizza.

Nel vendere il credito il creditore non è rappresentante del debitore. Perché vi sia rappresentanza non basta che vendendo il creditore influisca direttamente nel modificare il patrimonio del debitore.

Rappresentanza significa agire in nome e per conto del rappresen­tato ; seguirne le istruzioni, poterne subire revoca. Gli organi rappre­sentativi delle persone giuridiche seguono le istruzioni delle assemblee o di altri organi a ciò competenti, ed in conformità vogliono, nell'inte­resse della persona giuridica. Ne esprimono direttamente la volontà. Si rappresenta la persona capace, l'incapace e la persona giuridica, per farne gli interessi. Solo il curatore del fallimento agisce eventualmente anche contro gl'interessi del fallito (e si può persino contro di lui costi­tuire parte civile nel giudizio penale) perché alla qualità di rappresen­tante si aggiunge la veste del pubblico ufficiale. Egualmente chi eser­cita patria potestà od altro potere su minori può reprimerne le mancanze ma questo potere disciplinare, adempimento di pubblico ufficio, non è rappresentanza.

Il creditore pignoratizio non agisce nell'interesse del debitore, ma in di lui danno. In questo senso è del resto il linguaggio comune, che le esecuzioni coattive esattamente chiama compre o vendite in danno. Anche nell'espropriazione immobiliare, chi mette l'immobile agli in­canti sul prezzo base del valore di stima, o mediante offerta di prezzo, non è un rappresentante del debitore, benché il risultato della vendita influisca sul patrimonio dell'espropriando, estinguendone i debiti nei limiti del ricavo dell'aggiudicazione. Il creditore pignoratizio, pel diritto reale irrevocabile datogli dal contratto di pegno, agisce sulla cosa altrui nell'interesse proprio. Ma non è rappresentanza come non si rappresenta il compratore o venditore (articoli 1515 e 1516 cod. civ. attuale e 68 cod. com.) contro cui si compra o vende in danno ; come l’assicurato che spende per salvare dal sinistro la cosa assicurata non rappresenta l'assicuratore (art. 1914 cod. civ. attuale e art. 436 cod. 2; benché questi gli debba rimborsare le spese non inconsiderate. Se il rappresentante del debitore, il creditore pignoratizio non potrebbe (art. 1471 n. 4 e art. 1457 cod. com.) ed invece può comprare il pegno agl'incanti : senza dire della sua facoltà di farselo senz'altro aggiudicare al prezzo di stima : art. 2798 Codice attuale, art. 1884 cod. del 1865 e articolo 458 cod. com.

Solo nell'interesse proprio il creditore esercita su cosa altrui il diritto reale irrevocabile di pegno. Non è perciò rappresentanza l'eser­cizio di questo diritto irrevocabile, benché in conseguenza di tale eser­cizio il patrimonio del debitore ne risulti o creditore del supero, ovvero debitore di quanto ancora occorre a pagare il debito.

Nessun incarico avendo dunque il creditore dal debitore, non ven­dendo il creditore pignoratizio come mandatario o comunque incaricato dal debitore, a viso aperto e senza infingimenti può comprar lui di­rettamente. Il più delle volte nel comprare il creditore si nasconde sotto altrui nome, e nega d'aver comprato. Per questo --- e. per la pietosa avversione alle esecuzioni coattive — talvolta la giurisprudenza, rite­nuta la slealtà del creditore (nel vendere il pegno, nel comprarlo lui a mezzo d'interposta persona e nel negare d'aver comprato) ha ammesso il debitore a provare l'ingente valore del pegno, pur se la vendita ebbe luogo a mezzo di mediatore a ciò autorizzato. Ma quest'eccessiva indulgenza verso il debitore non è giustificata : quando sono state osservate le forme prescritte nessun danno ne deve subire il creditore. Peggio per il debitore se, pur informato della vendita, non vi ha fatto intervenire altri in gara : segno quasi sempre evidente che nulla v'era da fare per averne un prezzo più vantaggioso nel mercato.



Vendita e aggiudicazione al creditore a prezzo di stima

Il diritto del creditore di scegliere fra l'aggiudicazione o la vendita del pegno (come vedremo nel commento all'art. 2798: si veda pure art. 1884 cod. del 1865 e art. 458 cod. comm.) ha fondamento nella na­tura stessa della realizzazione del pegno.

È vera espropriazione quando la vendita avviene in seguito a sen­tenza che ordina la vendita del pegno : o in virtù di altr6 titolo esecutivo. È esecuzione coattiva quando si seguono le norme dell'art. 2797; e principalmente quando per patto o per usi si può vendere il pegno (a mezzo di pubblico mediatore) nonostante opposizione del debitore. Comunque quando la realizzazione del creditore si ha colla vendita. agl'incanti, nessuna può vietare di concorrervi al creditore. Né può vietare di rendersi aggiudicatario al prezzo di stima. In tal guisa, se, il debitore perde il vantaggio di incanti che forse darebbero di più, in compenso ne ha il vantaggio di non correre il pericolo che si debba in seguito gradualmente ribassare il prezzo base, per mancanza di offerte.

In ogni modo sino all'ultimo è sempre prevalente il diritto del debitore di riscattare il pegno pagando tutto quanto deve in quando non è stata trasferita la proprietà al creditore, è integro il diritto del debitore di riavere la cosa sua (art. 948 cod. attuale : art. 439 cod. del 1865). La legge generalmente favorisce tutto quanto vale a sanare l'effetto d'inadempienza o di irregolarità. Oltre l'art. 1453 (art. 1165cod. del1865) basta ricordare la benignità della giurisprudenza che consente sino all'ultimo all'enfiteuta di fermare la devoluzione pagando : ed il prevalere del diritto del socio che vuol regolarizzare la società, sull'istanza attuale, di scioglimento da parte di altri soci (art. 972 cod. att., art. 1565 cod. del 1865 ; articoli 97 e 99 cod. com.).
Nell'espropriazione immobiliare invece il debitore espropriato ha diritto che gli incanti abbiano sempre luogo : la stessa offerta di prezzo da parte dell'espropriante (in base all'imposta fondiaria od in base a perizia) non lo esime dal dover subire la prova degli incanti. L'espro­priante può optare fra incanti a base di sua offerta di prezzo (se possi­bile : art. 663 c. p. c.) ed incanti a base di prezzo di stima ; ma la stessa offerta di prezzo pur se di gran lunga superiore al multiplo di imposta ad al prezzo di stima, non esime l'espropriante dal subire la prova degli incanti e consente al debitore (oltreché di pagare) di far concorrere altri offerenti.

Indubbiamente dunque è più vantaggiosa, sotto questo profilo, la posizione del debitore nell'espropriazione immobiliare rispetto al de­bitore che ha dato in pegno cosa mobile della quale il creditore chieda l'aggiudicazione a prezzo di stima.

Vi sono due ragioni di tale differenza. Innanzi tutto è questo uno dei molteplici aspetti della predilezione della legge per la proprietà immobiliare : a favore cioè del proprietario d'immobili. In secondo luogo il valore venale delle cose mobili, per l'altissima frequenza delle loro alienazioni, è molto più livellato del valore venale degli immobili. Di tal che (essendo più facilmente determinabile il valore venale di cose mobili) minor danno ha il debitore pignoratizio dalla facoltà concessa (art. 1798 cod. attuale ; art. 1884 cod. del 1865) al creditore di optare fra gl'incanti e l'aggiudicazione a sé, secondo stima di periti.

Come all'aggiudicazione secondo stima al creditore pignoratizio non si può opporre il debitore, così non vi si possono opporre, è evidente, neanche gli altri creditori. Ma al debitore possono surrogarsi (art. 2900 cod. attuale ; art. 1234 cod. del 1865) riscattando.


Vendita del pegno del debitore fallito

Il fallimento del debitore consente alla massa un diritto che non hanno altri debitori : il diritto di far vendere ai pubblici incanti il pegno (persino se il debito non è ancora scaduto) ed il diritto altresì di riscattare il pegno, anche prima della scadenza del debito . arti­coli 35 e 53 R. D. 16 marzo 1942, n. 267.

Chiara è la ragione di questa deroga al diritto comune. Quando è dissestato il debitore, ne scadono anticipatamente quasi tutte le obbligazioni : art. 55 R. d. 16 marzo 1942 n. 267. È lieve e trascurabile la regola perciò che (ai fini del riscatto del pegno) si consideri scaduta l’obbligazione pur non ancora scaduta del fallito. Senza dire del vantaggio che ha il creditore pagato anticipatamente. Se il debito non produce interessi, il curatore può pagare facendo deduzione dell'intero sugli degl'interessi cioè che il creditore viene a lucrare per il fatto di essere pagato anticipatamente. Se il debito produce interessi, il fallito deve gli interessi solo sino al giorno in cui paga anticipatamente, dato che è suo diritto pagare anticipatamente. E solo sacrificato l'interesse del creditore di godere vantaggiosi interessi di un debito munito di garanzia reale. Poco male di fronte al disastro comune del fallimento.

Alla vendita del pegno da parte del curatore (avvenga anche prima della scadenza del debito) non può mai opporsi il creditore. Sarebbe assurdo che solo per lui non vigesse la regola ferrea dell'anticipata sca­denza dei debiti del fallito : art. 55 R. D. 16 marzo 1942, n. 267. In un sol caso può opporsi il creditore : rinunciando al diritto di ottenere il pagamento del suo credito sui beni non vincolati da pegno : articoli 35 e 53 R. D. 16 marzo 1942, 267. Questa opposizione è ammissibile solo se il debito non è ancora scaduto Scaduto, nulla può di regola fare il creditore per evitare la vendita.

Nessun serio danno ha il creditore, sia che il curatore riscatti il pegno, sia che, prima ancora della scadenza del debito, ne faccia ordinare la vendita agl'incanti. Supposta infatti un'obbligazione con scadenza re­lativamente lontana, il creditore pignoratizio non può pretendere di attendere la scadenza del. termine, quando invece la procedura falli­mentare mira proprio alla sollecita realizzazione dell'attivo.

L'anticipata realizzazione del pegno, al creditore pignoratizio toglie solo il diritto di farsi aggiudicare il pegno, previa stima, se il curatore preferisce valersi dell'art. 53 R. D. 16 marzo 1942, n. 267. Poco male, nella sventura che duramente colpisce il restante ceto creditorio.

Quando il curatore non si avvale dell'art. 53 R. D. 16 marzo 1942, n. 267, il creditore pignoratizio, anche contro il fallito, ha facoltà di farsi aggiudicare pegno o (se preferisce) di farlo vendere agli incanti. Per la vendita può sempre creditore pignoratizio valersi o delle forme stabilite dall'art. 2797, ovvero di quelle forme ancora più celeri eventualmente stipulate col debitore, come quando ad es. v'è patto che l'opposizione del debitore non sospende la vendita.

Occorre ora paragonare gli articoli 53 e 72 R. D. citato. In entrambi i casi il curatore può, nell'interesse del fallimento, avere un trattamento di preferenza. La curatela del contraente fallito può avere interesse a dare esecuzione ad un contratto (pegno, vendita) in corso di esecuzione : può aver interesse a far realizzare sollecitamente il pegno, profittando ad esempio di favorevoli corsi di mercato. Nel­l'uno e nell'altro caso la curatela deve prevenire il contraente in bonis ; almeno un giorno prima della scadenza del debito garantito da pegno, il curatore deve esercitare l'opzione consentitagli dagli articoli 35 e 53 R. D. 16 marzo 1942, n. 267, se non vuole che alla scadenza il credi­tore eserciti i diritti che gli U. la legge. Ma anche aperti gl'incanti il cu­ratore (e così del resto ogni debitore) può riscattare il pegno pagando il debito e le spese ; lo può sino all'ultimo momento, sino a quando non sia stato il pegno aggiudicato : arg. art. 948. Del resto anche il curatore che intende dar esecuzione ad un contratto che reputi vantaggioso, deve farne notifica al contraente in bonis. I,a scelta del curatore è irre­vocabile, come irrevocabile è la scelta del creditore fra gl'incanti e la aggiudicazione : arg. art. 1286, e arg. art. 875 e art. 1177 cod. del 1865.

L'art. 53 R. D. 16 marzo 1942, n. 267 è per il debitore più liberale dell'art. 2795: quest'ultimo richiede la dimostrazione di un'occasione favorevole : tal requisito non occorre pel curatore che senza dover nulla provare può senz'altro riscattare o far vendere ai pubblici incanti.


Forma della vendita del pegno

Come abbiamo già visto, per gli articoli 2797 e 2798 (art. 1884 cod. del 1865) il pegno deve essere venduto all'incanto od aggiudicato al creditore al prezzo di stima. Invece per l'art. 458 cod. com. o vi erano patti speciali, ovvero il creditore poteva seguire la procedura stabilita dall'art. 363 cod. com.

Scaduto il debito, ora pel 2797 il creditore deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si pro­cederà alla vendita. L'intimazione dev'essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno. Se entro cinque giorni dall'intimazione non è proposta opposizione, o se questa è rigettata, il creditore può far ven­dere la cosa al pubblico incanto, o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti. Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del creditore, il termine per l'opposizione è determinato a norma dell'art. 166 cod. proc. civ. Il giudice, sull'opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito. Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse. Non occorre rilevare che — salvo il minimo di garanzia del debitore, come abbiamo innanzi visto al n. 2 le parti possono, come non possono per 'l'espropriazione immobiliare convenire forme diverse. Di questa maggior protezione del debitore nell’espropriazione immobiliare è ragione la già più volte rilevata predilezione dello stato per gli immobili: per essi non vige la lex contractus ma la legge territoriale : lex rei sitae : art. 22 preleggi e art. 7 preleggi al cod. civ. del 1865.

Le parti (così stabiliva l'art. 458 cod. com. del 1882) possono stipulare per la realizzazione del pegno forme diverse : generalmente sono le forme più semplici, termini più brevi. Possono anche convenire che la cosa sia venduta senza bisogno d'intimazione giudiziale, ma solo previo semplice avviso epistolare. È lecito pattuire che l'opposizione del debi­tore non sospende la vendita, come non la sospende nell'esecuzione coat­tiva, purché la vendita si faccia a mezzo di mediatore autorizzato. Questo patto, frequente in materia di commercio, non angaria il debi­tore. Egli è garantito dal doversi vendere al prezzo corrente (articoli 38 e 68 cod. com.).

Non è vendita giudiziale quella promossa dal creditore pignora­tizio : è sempre esecuzione privata, come l'esecuzione coattiva dell'art. 68 cod. com., anche se vi fu e fu rigettata l'opposizione del debitore. Dopo l'entrata in vigore del libro della tutela dei diritti (21 aprile 1942) avendo cessato di aver rigore l'art. 458 cod. com. si osservano solo le forme prescritte dall'art. 2797 ovvero queste forme sono derogabili da convenzioni delle parti ? Sono derogabili perché l'art. 2797 non è norma sottratta alla disposizione delle parti che stipulino diversamente.


Tempo e luogo della vendita del pegno

È in facoltà del creditore pignoratizio scegliere il momento della vendita. Se egli vende più tardi della scadenza del debito (e se per questo ritardo si ricava un prezzo più basso) egli non ne risponde. È sua facoltà, non suo obbligò, vendere non appena scaduto il pegno.

Perché questa diversità fra l'esecuzione coattiva e la vendita del pegno? Perché nell'esecuzione coattiva degli articoli 1515 e 1516 la parte adempiente è responsabile dei danni se, invece di vendere o comprare non appena scaduto il contratto, s'indugia e fa decorrere ancora qualche tempo ?

Normalmente il pegno superando il valore del debito, è interesse del debitore medesimo pagare il creditore (di regola pagarlo più tardi che possibile) per non esporsi al danno della vendita.

Più perciò il creditore attende, e più l'indugio è nell'interesse del de­bitore , mentre (attesa la concatenazione delle vendite commerciali, ove di regola ciascun compratore è a sua volta venditore ad altri) è interesse dell'inadempiente che all'esecuzione coattiva in suo danno si proceda rigorosamente proprio al momento in cui il contratto dovrebbe avere e non ha esecuzione. L'esercizio del diritto del debitore pignoratizio di riscattare il pegno è nei suoi voti, e li seconda il creditore che indugia la vendita. Superfluo dire che il costituente in ogni momento, purché un attimo prima dell'aggiudicazione, può evitare la vendita pagando. Il non debitore che diede la cosa sua in pegno, può essere ad es. l'usufruttuario che consentì alla rinunzia all'usufrutto per tutta la du­rata del pegno sperando che il debitore pagasse e facesse così risorgere l'usufrutto : ecco ora il suo interesse a pagare. Anche ogni altro estraneo di regola può evitar la vendita pagando : ma non può surrogarsi al cre­ditore nel pegno (art. ri8o cod. attuale ; art. 1238 cod. del 1865). Contro il debitore potrà il pagante agire solo con l'azione di gestione di negozio.

La vendita deve farsi nel luogo ov'era il pegno quando fu costituito (arg. articoli 1477 e 1510 cod. attuale ; art. 1468 cod. del 1865) ovvero dove in seguito è stato trasportato d'accordo fra le parti. Esse hanno ritenuto tal luogo l'optimum per la più vantaggiosa realizzazione, senza dire dell'economia di spese pel trasporto altrove. Se ad una sola delle parti fosse consentito trasportare altrove il pegno, ne potrebbe derivare un risultato meno vantaggioso.

Il luogo ove si trova il pegno è il luogo ove al proprietario del pegno riesce meno scomodo recarsi e trovarsi per assistere alla vendita, per sor­vegliarla, per trovarvi acquirenti a migliori condizioni. In tal luogo (prevedibilmente il meno pregiudizievole al proprietario del pegno) il pegno deve vendersi perché ne abbiano minor pregiudizio il proprie­tario ed il debitore stesso, se il pegno è stato dato da un terzo.

È la medesima ragione per cui (proprio perché ne abbia minor fa­stidio il convenuto) egli dev'essere citato innanzi all'autorità giudiziaria del luogo ove domicilia : ed in genere in tal luogo gli si deve intimare ogni notificazione : ciascuna notificazione (ed in genere ogni forma di pubblicità) non mirando che a recar danno e pregiudizio all'intimato od a chiunque a cui, dai vari mezzi di pubblicità, dev'essere fatta conoscere una notizia od una diffida.


Il creditore non può pignorare altri beni del debitore se non pignorando anche i beni gravati dal pegno

È comune intenzione delle parti che la cosa data in pegno od ipoteca sia come avulsa dal patrimonio del costituente : destinata a soddisfare il creditore garantito con prelazione rispetto ad ogni altro. Perciò l'art. 208o cod. del 1865, ritenuto estensibile anche al pegno già sta­biliva che il creditore senza il consenso del debitore, non può far substare gli immobili che non sono ipotecati a suo favore, se non quando i beni ipotecati pel suo credito sono insufficienti. Con dizione più gene­rica circa i beni gravati da pegno o ipoteca dispone ora l’art. 2911: il creditore che ha pegno su beni del 'debitore non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non sottopone ad esecuzione anche i beni gravati dal pegno : non, può parimenti, quando ha ipoteca, pigno­rare altri immobili, se noti sottopone a pignoramento anche gli immo­bili gravati dall'ipoteca. La stessa disposizione si applica se il creditore ha privilegio speciale su determinati beni.

Per l'art. 2911 occorre che il creditore dimostri l'insufficienza del pegno ? Può pignorare altri beni oltre quelli. sottoposti a pegno, senza dimostrare che il pegno non basta a coprire il debito ? Indubbiamente é necessaria tale dimostrazione : richiesta già dall'art. 2080 cod. del 1865 non può non esser richiesta dall'art. 2911 : in caso contrario il de­bitore sarebbe oppresso da ingiusto cumulo di atti esecutivi.

Come si spiega il beneficio del debitore di vietare atti esecutivi su beni diversi da quelli dati in pegno od ipoteca ?

In ogni esecuzione, collettiva i creditori privilegiati fanno parte a sé : hanno interessi così contrastanti con quelli della massa che non pos­sono partecipare alla votazione del concordato se non rinunziando al privilegio. Poiché i beni soggetti a garanzia reale sono come separati dal restante patrimonio, è giusto che i creditori chirografari siano mole­stati solo quando i beni sottoposti a vincolo reale non bastano a pagare il creditore privilegiato : questa limitazione è fondata sulla volontà delle parti (che volendo la separazione hanno voluto anche la limita­zione) e sull'equità. Per la medesima ragione si spiega la surroga del ere­ditare ipotecario perdente nel caso previsto dall'art. 2856 cod. attuale e art. 2011 cod. del 1865. Analogamente quando gli si è concesso il bene­ficio d'escussione, il fideiussore può essere escusso solo quand'è riuscita vana l'azione contro il debitore principale (art 1911, invece per l'articolo 1907 cod. del 1865 di regola al fideiussore spetta il beneficio di escussione) : e nelle vendite su documenti garantite da banche il vendi­tore può rivolgersi al compratore solo a seguito di rifiuto opposto dalla banca che ha aperto il credito e constatato all'atto della presentazione dei documenti, nelle forme stabilite dagli usi : art. 1530.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2797 Codice Civile

Cass. civ. n. 8881/2020

La vendita al pubblico incanto di cosa ricevuta in pegno, ai sensi dell'art. 2797 c.c., configura una forma di autotutela privata esecutiva, diversa e distinta dall'espropriazione forzata, sicché alla stessa non si applica la disciplina prescritta per la vendita forzata e, in particolare, l'art. 2922 c.c., che nega alla parte acquirente la possibilità di fare valere i vizi della cosa venduta, in quanto le cose ottenute in pegno non sono liberamente negoziabili dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme specifiche di costituzione del pegno. Deve, tuttavia, considerarsi lecita e meritevole di tutela, in ossequio al principio di autonomia privata ex art. 1322 c.c., la previsione regolamentare e convenzionale (desumibile anche in via implicita dal regolamento d'asta) di esclusione del diritto del partecipante all'asta di contestare i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta in base agli artt. 1490 e 1497 c.c., fatta salva la tutela riconosciuta in caso di vendita di "aliud pro alio".

Cass. civ. n. 5475/2020

L'opposizione alla vendita della cosa data in pegno di cui all'art. 2797, comma 2, c.c. ha la sostanziale natura di un'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. ed è perciò soggetta alle stesse regole processuali di quest'ultima, ivi compresa l'esclusione dalla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ai sensi dell'art. 3 della l. n. 742 del 1969, regola che trova applicazione anche al giudizio di cassazione, con conseguente rilievo d'ufficio della tardività ed inammissibilità del ricorso.

Cass. civ. n. 17268/2018

L'opposizione alla vendita della cosa data in pegno, prevista dall'art. 2797 c.c., ha la sostanziale natura di opposizione all'esecuzione, riconducibile all'art. 615 c. p.c., ed è perciò soggetta alle stesse regole processuali di quest'ultima, compresa quella dell'appellabilità della sentenza che la conclude in primo grado - ripristinata, per le sentenza pubblicate a partire dal 4 luglio 2009, dall'ulteriore riforma dell'art. 616 c.p.c., di cui all'art. 49 della l. n. 69 del 2009 -, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione proposto direttamente avverso la sentenza di primo grado.

Cass. civ. n. 27266/2008

Attraverso l'opposizione alla vendita della cosa pignorata, prevista dall'art. 2797 c.c., il debitore od il terzo datore di pegno possono far valere non solo eventuali vizi procedurali, ma anche eccezioni di merito relative al rapporto obbligatorio a garanzia del quale fu concesso il pegno. La suddetta opposizione, pertanto, è soggetta al regime dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c., e non al più restrittivo regime previsto per l'opposizione agli atti esecutivi dall'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 26898/2008

In tema di pegno, la possibile derogabilità consensuale della disciplina dettata dall'art. 2797 cod. civ. è applicabile sia al termine minimo di preavviso (ridotto nella specie ad un giorno) sia all'intimazione a mezzo dell'ufficiale giudiziario (sostituita con un preavviso al debitore dato in forma scritta); se poi la cosa ha "un prezzo di mercato", nel significato desumibile per analogia dall'art. 1515 cod. civ. relativo all'esecuzione coattiva della vendita e dunque "un prezzo corrente stabilito per atto della pubblica autorità ovvero risultante da listini di borsa o mercuriali", la vendita stessa può avvenire a mezzo delle persone autorizzate, ai sensi dell'art. 83 disp. att. cod. civ. o anche tramite commissionario, ciò implicando una "vendita a trattative private" ad un prezzo non inferiore al minimo del listino, così potendosi argomentare in via analogica dall'art. 532 cod. proc. civ. (in applicazione di tali principi è stata cassata con rinvio la sentenza che erroneamente, trattandosi di cose oggetto del pegno costituite da titoli del debito pubblico rilasciati a garanzia, non aveva valutato se esse avessero un prezzo di mercato e così pure se la banca, nella sua qualità di intermediario finanziario e quindi abilitato alla negoziazione di valori mobiliari, rivestisse la qualità di persona autorizzata alla vendita ex art. 2797 cod. civ.).

Cass. civ. n. 21908/2008

L'opposizione alla vendita della cosa data in pegno, prevista dall'art. 2797 c.c., ha la sostanziale natura di opposizione all'esecuzione, riconducibile all'art. 615 c.p.c., ed è perciò soggetta alle stesse regole processuali di quest'ultima, ivi compresa quella dell'impugnabilità della sentenza col solo ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 616 c.p.c., come novellato dall'art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52. Tali principi trovano applicazione sia nell'ipotesi di opposizione proposta dal debitore pignoratizio, sia - in virtù del richiamo di cui all'art. 1211 c.c. - nell'ipotesi in cui il creditore in "mora accipiendi" intenda opporsi alla vendita delle cose delle quali ha rifiutato la consegna.

Cass. civ. n. 13998/2008

In tema di pegno, la disciplina dettata dall'art. 2797 c.c. è derogabile consensualmente, non solo mediante la previsione di forme di vendita diverse da quelle prescritte dal secondo comma, ma anche mediante la dispensa dall'intimazione al debitore ed al terzo garante e dal rispetto del termine per l'opposizione, il cui unico scopo consiste nel consentire al debitore ed al terzo datore del pegno di adempiere spontaneamente o di opporsi alla vendita senza che l'omissione di tali forme faccia venir meno la riferibilità della vendita alla realizzazione della garanzia pignoratizia, purché essa sia il risultato dell'accordo intervenuto in proposito tra le parti per il soddisfacimento del creditore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale, preso atto dell'accordo intervenuto tra una banca ed il terzo datore di pegno per la vendita di titoli dati in garanzia ed il trasferimento del ricavato sul conto corrente del debitore principale, a riduzione del debito garantito, aveva escluso che tale accordo comportasse lo spossessamento della cosa data in garanzia e l'estinzione del pegno, negando pertanto la revocabilità del pagamento, a seguito del fallimento del terzo garante).

Cass. civ. n. 10111/2000

Nell'ipotesi in cui i beni mobili oggetto di privilegio di cui all'art. 2756 c.c. siano di proprietà di soggetto diverso dal debitore e il creditore privilegiato intenda procedere alla vendita, deve notificare l'intimazione prevista dall'art. 2797 c.c. anche al proprietario del bene; in mancanza di notificazione, quest'ultimo è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi per far valere il suo diritto al corretto svolgimento della procedura esecutiva, senza che possa aversi riguardo alla decorrenza del termine perentorio di cinque giorni previsto dall'art. 617 c.p.c., atteso che tale termine non può iniziare a decorrere dal compimento di un atto (notificazione dell'intimazione) che è stato omesso, e senza che possa in contrario sostenersi la possibilità di ricorrere all'opposizione prevista dal secondo comma dell'art. 2797 c.c., posto che tale possibilità è stata impedita al proprietario proprio dalla mancata notifica dell'intimazione che ha determinato il vizio iniziale della procedura esecutiva.

Cass. civ. n. 11893/1998

Nell'ambito della speciale procedura ex art. 2756. 2797 c.c. (nella quale l'interessato agisce senza uno speciale titolo esecutivo), deve ritenersi legittima la proposizione, da parte del debitore, di questioni non soltanto di rito, ma anche di merito. con riferimento al diritto ex adverso azionato, con conseguente preclusione della ulteriore proseguibilità della procedura de qua nel caso di contestazione della esistenza stessa del diritto vantato dal creditore privilegiato. (Nella specie, sulla base di un asserito credito da opere di revisione di un autoveicolo era stata proposta intimazione di pagamento ex artt. 2756, 2797 c.c., ma il debitore aveva, in tal sede, contestato la esecuzione stessa dei lavori, con conseguente pronuncia di improseguibilità della procedura di vendita coatta da parte del giudice di merito; la S.C., nel confermare la sentenza, ha affermato il principio di diritto di cui in massima).

Cass. civ. n. 3654/1997

Il risarcimento dei danni subiti a causa della vendita coattiva di un quantitativo di titoli, disposta dalla banca ai sensi dell'art. 2797 c.c., ancorché illegittima, non può essere invocato dal proprietario dei titoli stessi che assuma la nullità della vendita, atteso che, se per espresso riconoscimento della parte interessata la vendita è nulla, i titoli sono ancora nel suo portafoglio e questa non ha determinato alcun effetto pregiudizievole al suo patrimonio.

Cass. civ. n. 1333/1976

La norma di cui al secondo comma dell'art. 2797 c.c., la quale prescrive che il creditore pignoratizio, ove intenda vendere la cosa costituita in pegno, deve far trascorrere almeno cinque giorni dalla notificazione al debitore dell'intimazione di cui al primo comma del medesimo articolo, deve ritenersi derogabile, nel senso che può essere prevista dalle parti l'osservanza di un termine più breve.

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relative all'articolo 2797 Codice Civile

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ANTONIO G. chiede
mercoledì 14/11/2018 - Marche
“buonasera,
Sono amministratore e socio unico di una societa' srl, personalmente ho dei debiti con banche ed equitalia derivanti da una vecchia ditta fallita.
qualche anno fa' sulle quote della nuova societa' e' stato costituito un pegno in favore di un soggetto privato per un mio debito.
il valore nominale della quota ammonta ad euro 10.000,00 l'importo del pegno costituito e' invece di euro 20.000,00.
La societa' ha un patrimonio netto superiore ad euro 20.000,00.
Il mio quesito e' il seguente: se equitalia o le banche per cui io sono debitore a livello personale, intervengono con un pignoramento sulla quota, al terzo che attualmente e' beneficiario del pegno per euro 20.000,00, possono offrire a la somma a lui dovuta e prendere possesso delle quote? visto che valgono di piu' rispetto al valore del pegno? puo' il soggetto beneficiario del pegno opporsi alla liberazione del pegno?
Resto in attesa di Vs. cortese risposta.
Cordiali saluti.

Consulenza legale i 21/11/2018
Nel quesito si affronta l’ipotesi di un’esecuzione forzata (precisamente un pignoramento) che vada a colpire beni oggetto di pegno, e ci si chiede se tali beni possano essere ceduti dal terzo beneficiario di quest’ultimo al creditore pignorante in cambio del soddisfacimento del proprio credito nei confronti del debitore esecutato.
La risposta è negativa, per il semplice motivo che il creditore che abbia ottenuto una garanzia non è libero di escuterla nella modalità da lui preferita ma dovrà attenersi alle specifiche procedure di legge: in altre parole, tornando alla fattispecie concreta, egli non potrà cedere il bene a terzi con una semplice scrittura privata incassando il controvalore in denaro (come se si trattasse di una normale vendita tra due soggetti privati) ma dovrà muoversi nel rispetto delle regole dettate dal codice civile e dal codice di procedura civile.

Quali siano le procedure applicabili, tuttavia, dipende molto da un dato che nel quesito non è specificato, ovvero le modalità di costituzione del pegno convenzionale.
Quest’ultimo, infatti, dev’essere costituito con atto pubblico o scrittura privata autenticata e, nel caso specifico di quote di srl, dev’essere altresì iscritto nel Registro delle Imprese.
Solo così il vincolo potrà assumere efficacia esterna ed essere opponibile ai successivi creditori che procedano in esecuzione.

Ora, nel caso di specie, non è dato di sapere se la costituzione del pegno a favore dell’amico sia avvenuta nel rispetto delle formalità di cui sopra oppure no.
Nel primo caso, egli non solo parteciperà alla vendita forzata ma potrà soddisfarsi con preferenza sul ricavato rispetto agli altri creditori procedenti/intervenuti.
Nel secondo caso, invece, egli non potrà che “soccombere” di fronte ai creditori (banche ed enti di riscossione) che agiscono in esecuzione in forza di pignoramento successivo al suo e quindi non avrà alcun diritto di preferenza sul ricavato dell’eventuale vendita forzata.

A tale ultimo proposito, infatti, si precisa come chi goda del diritto di pegno – se ne sussistono i requisiti: nel caso delle quote, abbiamo detto, possesso e iscrizione presso il Registro delle Imprese – possa vendere il bene e soddisfarsi sul ricavato, ma con la peculiarità che potrà farlo ricorrendo a due modalità alternative, a sua scelta.

1) Egli potrà decidere di seguire la via ordinaria, procurandosi un titolo esecutivo e intraprendendo poi un’esecuzione forzata (pignoramento mobiliare presso il debitore o presso terzi).
2) Oppure può ricorrere alla vendita “stragiudiziale” disciplinata dagli articoli 2796 e seguenti del c.c.. Si tratta di una forma di autotutela consentita e regolamentata dall’ordinamento, in forza della quale il creditore pignoratizio può procedere alla liquidazione del bene senza ricorrere alle note procedure esecutive.
Il procedimento prevede dapprima un’intimazione a mezzo ufficiale giudiziario al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita.
Se poi, entro i cinque giorni successivi all'intimazione, il debitore non propone opposizione, o se questa è rigettata, il creditore può allora far vendere la cosa al pubblico incanto o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche al prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti (elenco all’art. 83 delle disposizioni di attuazione del c.c.). Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono, peraltro, anche convenire forme diverse.

Tornando al quesito, in mancanza di possesso delle quote, se il creditore pignoratizio sfornito di prelazione volesse giocare d’anticipo rispetto agli altri creditori, dovrebbe o avviare subito la procedura sopra descritta di c.d. esecuzione privata ex art 2797 c.c. (ma prima, attenzione, che gli altri creditori procedano con la notifica del proprio atto di pignoramento) oppure ricorrere alla ordinaria procedura esecutiva (e dunque costituzione di un titolo esecutivo, notificazione del precetto ed infine del pignoramento).
In mancanza di azione tempestiva nell’uno o nell’altro senso, come si diceva poc’anzi, egli sarà destinato a perdere la sua garanzia.

Da ultimo, per quanto riguarda la seconda domanda di cui al quesito, la risposta è automatica: nessuno dei soggetti coinvolti può opporsi all’applicazione delle procedure di legge, dunque nemmeno il soggetto beneficiario del pegno. L’unica forma di opposizione prevista, lo abbiamo visto, è quella del debitore cui sia stato intimato il pagamento nell’ambito della procedura ex art. 2797 c.c.