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Capo III - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Del pegno

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
1134 La collocazione del pegno in questo titolo accanto ai privilegi e alle ipoteche pone in evidenza il profilo funzionale dell'istituto e la profonda analogia con l'altra tipica garanzia reale che è l'ipoteca. Il che evidentemente non esclude che per la convenzione costitutiva del pegno trovino applicazione le norme generali sui contratti contenute nel libro delle obbligazioni. La disciplina dell'istituto si presenta nel nuovo codice più compiuta di quella che dettavano il codice civile del 1865 e il codice di commercio del 1882. Mi limiterò ad accennare alle più salienti innovazioni, modificazioni e aggiunte introdotte in materia. Nel determinare l'oggetto del pegno non si fa soltanto menzione dei beni mobili e dei crediti, ma la determinazione si completa con la menzione delle universalità di mobili e dei diritti in genere aventi per oggetto beni mobili (art. 2784 del c.c.). In tema di pegno di beni mobili si consente, allo scopo di offrire al costituente un mezzo di efficace cautela contro gli abusi del creditore pignoratizio, che la cosa o il documento che ne conferisce la disponibilità (si attenua così, ma non si elimina, il requisito dello spossessamento) siano posti in custodia del creditore e del costituente, in modo che il primo non possa disporne senza la cooperazione del secondo (art. 2786 del c.c.). Si esige, affinché la prelazione abbia luogo, che il pegno risulti da scrittura privata con data certa, se il valore del credito eccede le lire cinquemila (art. 2787 del c.c.), seguendo così il criterio adottato dal codice di commercio (art. 454), che al valore del credito faceva riferimento, e abbandonando - perché meno semplice e fonte di contestazioni — il criterio adottato dal codice civile del 1865 (art. 1880), che faceva riferimento al valore del bene dato in pegno. Si ammette però, derogando al disposto dell'art. 2704 del c.c., che, se il pegno risulta da polizza o da altra scrittura di enti, che, debitamente autorizzati, compiono professionalmente operazioni di credito su pegno, la data della scrittura sia accertata con ogni mezzo di prova (art. 2787, ultimo comma). Parlando di enti « debitamente autorizzati », non si è inteso alludere alla necessità, di una specifica autorizzazione a compiere operazioni di credito su pegno richiesta invece dall'art. 67, ultimo comma, della legge fallimentare, agli effetti dell'inapplicabilità di talune disposizioni sull'azione revocatoria, ma si è inteso alludere alla necessità che l'ente sia autorizzato all'esercizio del credito: in tale esercizio sono, infatti, normalmente ricomprese le anticipazioni su pegno di titoli o di merci. La deroga, giustificata dall'opportunità di non intralciare queste operazioni, non concerne, pertanto, solo le sovvenzioni effettuate dai monti di credito su pegno, già denominati monti di pietà, ma comprende le anticipazioni effettuate dagli istituti di credito in genere. Una lacuna del codice del 1865 si colma determinando l'estensione della prelazione per il credito degli interessi: la prelazione, oltre che per gli interessi anteriori, ha luogo anche per gli interessi dell'anno in corso alla data del pignoramento ovvero (poiché per il disposto dell'art. 502 cod. proc. civ. l'assegnazione o la vendita delle cose date in pegno può essere chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento) alla data della notificazione del precetto; si estende altresì - entro i limiti però della misura legale, affinché dall'eccessivo cumulo degli interessi non sia aggravata la situazione degli altri creditori che non hanno diritto di prelazione o godono di una prelazione inferiore - agli interessi maturati successivamente fino alla data della vendita o dell'assegnazione (art. 2788 del c.c.). Di nuova formulazione è la norma (art. 2791 del c.c.) che regola il pegno di cosa fruttifera: questo importa, salvo convenzione contraria, la facoltà del creditore di far suoi i frutti, imputandoli prima alle spese e agli interessi e poi al capitale. Parimenti di nuova formulazione è la norma (art. 2792 del c.c.) che vieta al creditore di usare della cosa senza il consenso del costituente, salvo che l'uso sia necessario per la conservazione di essa (in ogni caso il creditore dovrà imputare prima alle spese e agli interessi e poi al capitale l'utile ricavato), nonché di darla in pegno o di concederne ad altri il godimento. Meritevole di particolare rilievo è l'innovazione che introduce l'art. 2789 del c.c., il quale riconosce al creditore oche ha perduto il possesso della cosa ricevuta in pegno il potere di rivendicarla, se l'azione di rivendicazione spetta al costituente. Notevole è anche l'innovazione che introduce l'art. 2795 del c.c., regolando la vendita anticipata della cosa data in pegno: la vendita può essere chiesta così dal creditore, se la cosa si deteriora in modo da far temere che essa divenga insufficiente alla sicurezza del credito - salva la facoltà del costituente di evitare la vendita e di farsi restituire il pegno, offrendo altra idonea garanzia reale - come può essere chiesta dal costituente sia nel caso dì deterioramento o di diminuzione del valore della cosa, sia nel caso che si presenti per la vendita un'occasione favorevole. Innovazioni rilevanti non ho per contro introdotte nelle norme della vendita del pegno per mancato pagamento del credito, le quali si modellano, con lievi varianti (art. 2797 del c.c.), su quelle stabilite dagli articoli 363 e 458 del codice di commercio, e circa il diritto del creditore di chiedere l'assegnazione della cosa in pagamento, fino alla concorrenza del suo credito (art. 2798 del c.c., corrispondente all'art. 1884, primo comma, del codice civile anteriore). In tema di pegno di crediti, rimangono immutate (art. 2800 del c.c.) le condizioni prescritte dall'art. 1881 del codice del 1865, affinché la prelazione abbia luogo, equiparandosi, com'è ovvio, alla notificazione della costituzione del pegno al debitore del credito l'accettazione da parte del debitore medesimo con scrittura avente data certa; ma con una nuova norma (art. 2801 del c.c.) si dispone che, ove il credito dato in pegno risulti da un documento, questo debba essere dal costituente consegnato al creditore. Si dà così implicitamente soluzione affermativa alla questione se sia possibile la costituzione in pegno di un credito non documentato. Oggetto di particolareggiata disciplina - nei precedenti codici civile e di commercio incompleta e frammentaria - sono i diritti e gli obblighi del creditore a cui è dato in pegno un credito (articoli 2802-2804): preminenti tra gli obblighi quelli stabiliti al fine d'impedire che dalla prescrizione del credito dato in pegno o da altra causa sia danneggiato il costituente. Una disposizione di nuova formulazione (art. 2805 del c.c.) non consente al debitore del credito dato in pegno, se la costituzione del pegno è stata da lui accettata senza riserve, di opporre al creditore pignoratizio la compensazione verificatasi anteriormente: nella mancanza di ogni riserva è infatti da ravvisarsi un'implicita rinuncia alla compensazione. Circa il pegno di diritti diversi dai crediti, l'art. 2806 del c.c., facendo salve le disposizioni delle leggi speciali, rinvia, per la forma di costituzione, a quella che è rispettivamente richiesta per il trasferimento dei diritti stessi, ferma, in ogni caso, perché la prelazione abbia luogo, la necessità che il pegno risulti da scrittura con data certa se il credito garantito eccede le lire cinquemila.